Inland Empire - L'impero della mente

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Un film di David Lynch. Con Laura Dern, Jeremy Irons, Justin Theroux, Harry Dean Stanton, Julia Ormond.
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Titolo originale Inland Empire. Drammatico, durata 172 min. - USA, Polonia, Francia 2006. - Bim Distribuzione uscita venerdì 9 febbraio 2007. MYMONETRO Inland Empire - L'impero della mente * * * 1/2 - valutazione media: 3,74 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

I meandri della mente secondo Lynch Valutazione 0 stelle su cinque

di BlackDragon89


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mercoledì 9 maggio 2012

Una prostituta sottomessa, un uomo in ardente ricerca di un ingresso, una ragazza in lacrime davanti al televisore. Sono queste le premesse che introducono all'impervio mondo dell'attrice Nikki Grace, la cui carriera sta per avere una svolta. Una misteriosa vicina le fa visita, frammentando ogni concezione di spazio e tempo tramite un discorso apparentemente privo di logica; i presupposti ora ci sono tutti, e la stravagante donna mostra alla padrona di casa quel ciò avverrà il giorno successivo. Nikki viene scelta per un film, ma quando il regista (Jeremy Irons) svela a lei e al co-protagnonista Devon che il soggetto è un remake dall'oscuro passato, il caos Linciano ha finalmente il suo incipit. Nulla sembra avere più senso, e il Nastro di Möbius si arrotola senza sosta in un intricato volume di eventi assurdi e inspiegabili, di cui si fatica a tenere il filo. E come aveva predetto la fantomatica vicina il tempo perde di significato, l'oggi può diventare il domani, il domani ieri; realtà, finzione e sogno si mescolano senza indugio, e persino i racconti e le visioni dei protagonisti rimandano a concetti di allucinazione e pazzia, moltiplicando all'infinito le ardue sensazioni. Nel suo lindo euforico Nikki intravede spesso un gruppo di ragazze, quasi a rappresentare le fattezze di una personalità multipla; ma si tratta veramente di Nikki, o ci troviamo al cospetto di Susan, sua controparte cinematografica? Il dilemma preponderante non fa che infittirsi, grazie anche ad abili presupposti che ne sdoppiano la corporatura. Come in "Mulholland Drive" Lynch ripropone lo strumento del film dentro il film, in modo tale da aumentare il distacco dalla realtà e incrementare le sensazioni, nascondendole però sotto un doppio velo; e così la mente si ritrova incarnata da molteplici personalità, una ragazza guarda una storia che diventa la storia, intrappolando la protagonista nel suo stesso film. Le molte facce dell'accidentato percorso si agganciano a una trama fittizia in maniera eterogenea, in una sorta di linea principale dotata di parecchie traverse, al pari quindi delle diverse interpretazioni che si prestano all'occhio dello spettatore. Gli eventi si rincorrono, in perenne fuga, fuga dalla storia o dalla mente stessa, in una cornice di un pericolo opprimente, forse proveniente dal passato e abilmente rappresentata dalla metonimia della sitcom "Rabbits", recente lavoro dello stesso Lynch. 
Una struttura senza dubbio lontana dall'essere lineare, che intreccia le proprie fasi in maniera casuale, obbligando il pubblico a forzare la memoria per ripercorrere l'istante di riferimento. E tramite una duplice modalità di ripresa, amatoriale o prettamente cinematografica, la pellicola viene incollata agli occhi dello spettatore, balzando tra una prospettiva e l'altra tra i corridoi e le stanze, rendendo impossibile distinguere la linea di demarcazione tra realtà ed illusione; il simbolismo poi è pane per i denti del regista, che ancora una volta torna a raffigurare l'arcano all'interno degli oggetti, mentre l'universo tocca punti che l'immaginazione non riesce a raggiungere: in fondo alla strada è la casa dell'enigmatica vicina, in fondo alla strada avviene un omicidio, e in fondo alla strada si trova un luogo di natura ancora indecifrabile.
Un'esperienza più che un mero prodotto cinematografico, "Inland Empire" è un collage nel quale prendono vita molti degli esperimenti compiuti e non del colosso statunitense, che insieme costituiscono quello che è il suo intricato ideale della psiche umana. Una panoramica dei mondi presenti all'interno della mente, che di certo si presta puramente all'interpretazione dello spettatore, il quale ha il decisivo compito di intuirne i costumi in base a ciò che vede e sente in una miscela di immagini e suoni che non possono non dare nell'occhio. E così come il cast si presenta colmo di vecchie "conoscenze" (Laura Dern, Harry Dean Stanton, Justin Theroux e Grace Zabriskie) così il prodotto finito, dai forti contenuti esageratamente celati, è considerato adatto solo a un pubblico fedele al genere, che ne possa apprezzare quindi lo scisma dalla prassi comune.

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