I colori della passione

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Un film di Lech Majewski. Con Rutger Hauer, Michael York, Charlotte Rampling, Oskar Huliczka, Joanna Litwin Titolo originale The Mill and the Cross. Drammatico, durata 97 min. - Svezia, Polonia 2011. - CG Entertainment uscita venerdì 30 marzo 2012. MYMONETRO I colori della passione * * * 1/2 - valutazione media: 3,73 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

La perseveranza della storia Valutazione 4 stelle su cinque

di Immanuel


Feedback: 4237 | altri commenti e recensioni di Immanuel
venerdì 6 aprile 2012

Guardare il film è un po’ come osservare, scrutare, studiare una rassegna di dipinti di Bruegel. La pellicola ha come grande sfondo (in senso stretto, perché la roccia centrale e i colori sono proprio quelli del celebre olio) l’opera del maestro fiammingo. Si ha come l’impressione di leggere un libro e di costruire oleografie mentali quali solo la lettura di un testo può consentire di creare. Da principio alla fine una rassegna di pose, di particolari, di oggetti, di immagini pregne e espressive, proprio tipici della pittura fiamminga, scorrono sullo schermo, si susseguono come in una grande tela del bruegel, affollata, caotica, pulsante di vita, o di morte. Perché l’umanità rappresentata da bruegel è, come nel celebre “trionfo della morte”, o schiacciata dai castighi della vita, sofferente, cimiteriale, o rappresentata nei suoi tratti di insania, di follia, con contorni grotteschi; l’ironia è tipica del pittore e la si rintraccia di continuo nel film dove tra siparietti, macchiette e personaggi goffi gli uomini appaiono tradotti in un contesto circense, anzi sono parte attiva di esso, chi arrampicato su trampoli, chi impegnato in impacciati balletti. Ma sono i tratti degli individui, le movenze, i gesti, le fattezze a definire la maschera deforme che avvolge i personaggi, ne nasconde i volti a consegnarci una realtà trasformata, quasi irreale perché incredibile. Scene tenere di vita quotidiana si svolgono; i giochi dei bambini, il risveglio mattutino, tutto in un silenzio eloquente, perché sono le immagini e i suoni (quelli della natura e i rumori della quotidianità), non le voci, tranne qualche murmure, sospiro o verso belluino irriproducibile, a scandire il film. La resa caricaturale muta ogni individuo in un essere deforme, sgraziato, meschino che popola un mondo di figuranti, di comparse, il grande palcoscenico della vita, come in Borges, dove domina la dimensione della finzione, dell’assurdo. La disposizione delle figure, l’ermeneutica del dipinto si trasferiscono sulla scena: la processione del cristo procede accompagnata dalle tuniche rosse della milizia spagnola, seguita da una folla desolata e indifferente; tutto si svolge ai piedi della grande rupe che separa un cielo luminoso che irraggia una natura festante dalla tenebra che sovrasta un deserto (dove è il cerchio della morte): sullo sperone un mulino a vento, qui il “mugnaio del cielo” osserva la scena, guarda impassibile e tetro la rievocazione della vicenda. Alza le mani al cielo, le pale del mulino si fermano e poi riprendono il lento moto a scandire i momenti della scena. L’economia salvifica si compie, il cristo si sacrifica nuovamente, nel tempo della riforma luterana, come millecinquecento anni prima, nella medesima indifferenza della gente, in un contesto storico quasi parallelo a quello della giudea del I secolo, segnato dall’oppressione di milizie straniere (quelle spagnole come quelle romane), dall’intransigenza dell’ortodossia ufficiale (quella cattolica come quella ebraica); e così il profeta della riforma è ucciso, è sacrificato in nome di una supposta integrità dottrinale, la voce critica levatasi contro il clero sacerdotale (lo strapotere dei vescovi come quello del sinedrio) è spezzata, soffocata. Il buio, la tempesta nuovamente ripiomba sulla terra, a corroborare il significato della ripetitività della storia e della vicenda dell’uomo, dei cicli e dei ricorsi della storia, in un’immodificabile sequela di barbarie e di errori, cui è impossibile, quasi permanesse un disegno fatalistico, dare un corso diverso.

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