Il Casanova di Federico Fellini

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Un film di Federico Fellini. Con Donald Sutherland, Tina Aumont, Daniel Emilfork, Olimpia Carlisi, Margareth Clementi.
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Biografico, durata 165 min. - Italia 1976. MYMONETRO Il Casanova di Federico Fellini * * * 1/2 - valutazione media: 3,53 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il nomade, il bidonista, il vitellone, il regista Valutazione 5 stelle su cinque

di Paolo 67


Feedback: 9827 | altri commenti e recensioni di Paolo 67
lunedì 7 novembre 2011

"Casanova è la vita! E' la forza, il coraggio, la fiducia! E' la gioia di vivere. Feffy, perchè ne hai fatto uno zombie?" diceva a Fellini il produttore americano della Universal. Casanova una marionetta funebre, solo Fellini poteva osare tanto. Il grande seduttore in chiave psicoanalitica è la geniale intuizione di Fellini per continuare in maniera decisiva il discorso iniziato con "La dolce vita" puntando la macchina da presa sul pescione mostruoso e scendendo nel ventre, nel sacco amniotico della civiltà mediterranea. A quel mostro nel quale Marcello vedeva la propria anima fa riferimento il testone di cartapesta (che oggi campeggia all'entrata di Cinecittà) di Casanova. Nato da una firma messa a cuor leggero sulla proposta di un produttore, girato con un'antipatia verso il personaggio che a conti fatti si rivelerà un inconscio amore e ammirazione ("Un tipo di italiano che c'è da augurarsi rinasca continuamente, ne avessimo così in politica, cinici in maniera poetica" confidava a Goffredo Fofi Fellini in una delle sue ultime interviste radiofoniche) ma che intanto definì un campo di battaglia teatro il povero Sutherland, continuamente frustrato sulle sue aspettative ma fermo nella professionalità e nell'amore per Fellini, sottoposto ogni giorno a ore di trucco che crearono un tipo diafano, inafferrabile, spettrale, perfettamente rappresentativo di quella vita fantasticata, disemozionata, smemorata in una specie di acquario, "un balletto meccanico, frenetico e senza scopo, da museo delle cere elettrizzato" (Fellini) che voleva rappresentare l'autore. Un individuo non cresciuto, sepolto per sempre nel ventre della madre. Come in "Amarcord" il genio di Fellini sintetizzava la piattezza dell'Italia fascista nell'evidenza della ricostruzione, ad un certo punto quasi esibita, qui arriva, in uno dei culmini di tutta la sua carriera, a identificare lo sguardo del libertino settecentesco col gelo dell'ultima sequenza, quello dello sguardo di Casanova moralista (e di Fellini) che si posa su tutto un secolo, colla morte dietro la facciata lussuosa e gaudente, in una visione allarmante e profetica, da simbolismo junghiano, che conclude il discorso iniziato col "Toby Dammit" e proseguito nel "Satyricon", "Roma" e "Amarcord" sulla decadenza della civiltà e l'apocalisse del destino umano. Perfetto Sutherland, il cui sguardo vagamente femmineo, timoroso, stupito, la sua neghittosità e pigrizia, il suo lasciarsi assorbire dalla dolce vita settecentesca hanno più di un punto in comune col Marcello del film del 1960. Nel panorama femminile, scelto in tutta la gamma dal deforme al bello ma con qualcosa di luttuoso (sottolineato dagli amplessi su letti lignei che hanno l'aspetto di una bara), spiccano una imponente Olimpia Carlisi nei panni dell'entomologa,  Margareth Clementi interprete di un personaggio con lo stesso nome de "La dolce vita" e l'ambigua Tina Aumont. Paragonato da George Simenon all'opera di Goya, e prediletto dallo stesso autore, "Casanova" è uno di quei film destinati a crescere nel tempo. Cinema che dimostra le potenzialità dell'arte onirica, completamente risolta nella perfezione formale di in una serie di quadri (parzialmente ispirati a Pietro Longhi, pittore dell'effimero della Venezia in declino della fine del  XVIII° secolo), è anche una possibile variante sul tema dei fili invisibili che controllano l'illusione di dirigere la (propria) vita, che ha avuto altri esempi nella Storia, altrettanto famosi ma non necessariamente fortunati.

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