Chi mi conosce, sa che sono uno solito ad andare spesso controcorrente. Cosa ha di grande questo film? Non molto, sostanzialmente è solo un film di narrativa, una biografia molto coccolata cinematograficamente parlando. La storia insomma è quella che è, ne abbiamo viste tante simili, no di certo si può accusare Ficher di svogliatezza, infatti, Fincher, dopo la sua rinascita artistica con Zodiac, parallelamente all'inizio della sua devozione verso le telecamere digitali, crea un universo che è tutt'altro che svogliato, in più alla lontana, fotografia e alcune situazioni ricordano vagamente "Zodiac". Il peso più grande dell'anonimato del film lo mette la sceneggiatura come il montaggio, i dialoghi sono esageratamente anfetaminici, e per niente pungenti, lo si capisce già dalla prima scena, tipico dialogo intelletualoide all'americana. Il montaggio eccessivamente veloce, brucia le tappe e banalizza scene che avrebbero bisogno di maggior calma. Una buona parola la si spende sicuramente per lodare il dipartimento attori come la direzione degli attori, perchè pur essendo in preda a una logorrea più che irritante, Jesse Eisenberg recita davvero in modo lodevole, apprezzabile ancora di più nella versione originale che in quella italiana. Ma il personaggio più profondo è l'Eduardo Saverin di Andrew Garfield, anche se nessun personaggio viene approfondito più di tanto, mentre lo Sean Parker di Timbarlake (che mi sta proprio sul ... ah mi stava per uscire...) è adagiato sul tipico giovenco intelligente che non mette mai il piede sul freno ed ha sempre una passera sotto mano (per usare il suo linguaggio). Per dirla tutta, il film prende un po' alle palle alla lunga, se la tira annunciando la grande idea del terzo millennio, una cosa di relativa importanza solo a livello sociale, un simbolo della perdita di personalità della gente, in cui le proprie credenziali vengono esposte in una bacheca di bit, invece della classica e umana conoscenza faccia a faccia, ma tutto questo il film lo fa solo annusare, senza mai concedere l'essenza. Non è neanche un peccato, perchè meglio di così questo film non era fattibile, nella sua sufficienza è un film realizzato al meglio, non si poteva sperare oltre ciò che ci è stato proposto. per di più, un ultima parola la vorrei spendere per le orride musiche originali di merda di Trent reznor e Atticus Ross, che non sono musiche ma rumori di acciaieria su un nastro con una sonata di piano. I due se la tirano con la New Age e l'elettronica, credendo di essere alla stessa stregua di Burkhard Dallwitz e riarrangiando in chiave elettronica il quarto movimento della suite n. 1 Peer Gynt n. 1 op. 46 di Edvard Grieg, io spero non vogliano neanche lontanamente paragonarsi a Wendy Carlos. Peccato tanti compositori sarebbero potuti essere adatti a comporre musica per un film del genere: Michael Nyman, Craig Armstrong, Philip Glass, anche lo stesso Dallwitz, o Norman Cordbeil, c'erano tanti e sono stati scelti i due più evitabili.
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