Uscendo dalla sala mi sono chiesto come sia possibile che produzioni cinematografiche così rinomate realizzino film così mediocri, privi di una analisi accurata della sceneggiatura. Forse il fatto è che loro stessi sono miopi come le storie che ci vengono raccontate. Ma perché dunque solo pochi registi, sceneggiatori, attori e produttori lavorano in Italia? In ogni caso partiamo dalla tesi del film: i soldi non sono tutto nella vita. Prescindendo dal valore della frase, che risulta molto ipocrita e poco originale, mi chiedo come questa premessa sia stata sviluppata attraverso il suo personaggio. Vediamo che il giovane ragazzo decide ad un certo punto di chiedere un subappalto. Questo in conseguenza della morte della moglie. Ben chiaro non era, agli sceneggiatori, il motivo che lo spinge a fare questo passo, o meglio, per quale motivo debba morire la moglie per far sì che lui compia questo passo. Bene, premessa vacillante nascosta dalla emozione di una morte dolorosa, ma andiamo avanti. Lui ottiene un subappalto, e fin qui nulla di strano, ma poi questo subappalto con lavoratori stranieri sembra fallire negli intenti per un complicarsi di cose che disordinatamente oscillano tra il privato e il professionale del protagonista. Ma guarda un pò! Da spiegarsi però rimane per quale motivo fallisca, dato che questi subappalti con forza lavoro straniera a nero nella realtà proliferano e arricchiscono i padroncini di turno. Andiamo avanti. A risolvere le cose arrivano dei bravi lavoratori italiani, anche loro in nero ovviamente, un esercito di professionisti arricchiti che rimette a posto le cose e permettono al giovane padroncino di aver fatto una brutta esperienza però a costo e guadagno zero. Un deus ex-machina per risolvere un brutto pasticciaccio di cui non si capisce bene l'origine. Alla fine il nostro protagonista ne esce incolume, grazie anche all'aiuto dei parenti - e non parliamo di una famiglia ricca, stracolma di capitali, ma di gente tenuta alla corda da miseri salari, credibile? - che suppongo, ma non si spiega, abbia permesso l'assunzione dei lavoratori italiani. Ora arrivati alla fine del film, ci chiediamo cosa abbia a che fare la morte della moglie con l'esito della faccenda. Vediamo però il nostro protagonista che tenta di riallacciare il rapporto d'amicizia con il figlio di una vittima del cantiere introdotto all'inizio. Ma il figlio gli risponde che non tutto si può comprare, cosa ripetuta anche dalla donna rumena che insegna cosa sia l'amore. Ma cosa c'entra con la premessa del film? Non era meglio comprare uno spry e scrivere la frase sulle strade di Roma invece di fare un film? A questo punto chiedo alla comune critica di valutare la banalità di una storia del genere, che sinceramente non ha nè capo nè coda, ma si regge solo sulla ideologica e miope volontà di dire che i soldi nella vita non sono tutto. E' il primo pensiero che sarà venuto in mente a questi professionisti del cinema nella volontà di fare un pò di soldi. Vedendo questo film mi chiedo: ma sarà poi vero che i soldi non sono tutto?
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edward teach
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lunedì 24 maggio 2010
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infatti
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E' una ruffianata vergognosa come quella frase detta da Germano alla premiazione; ruffianate italiote che hanno l'unico scopo di fare qualche soldino tirandolo via dalle tasche dei fessi. Ma finché la gente non se ne rende conto da sola non cambierà nulla; i critici in fondo mangiano alla stessa mensa di questi magliari cinematografari e capisci bene che è un circolo vizioso. La cosa che mi lascia un pò stupito è che in fondo è stato sempre così, anche negli anni 60 e 70, eppure in quegli anni accanto alle guittate ruffiane c'erano fior di registi che tiravano fuori fior di film; e non solo i "sommi capolavori" ma anche piccole perle come Scipione detto anche l'Africano con M. Mastroianni o Riusciranno i nostri eroi di Scola con Sordi.
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E' una ruffianata vergognosa come quella frase detta da Germano alla premiazione; ruffianate italiote che hanno l'unico scopo di fare qualche soldino tirandolo via dalle tasche dei fessi. Ma finché la gente non se ne rende conto da sola non cambierà nulla; i critici in fondo mangiano alla stessa mensa di questi magliari cinematografari e capisci bene che è un circolo vizioso. La cosa che mi lascia un pò stupito è che in fondo è stato sempre così, anche negli anni 60 e 70, eppure in quegli anni accanto alle guittate ruffiane c'erano fior di registi che tiravano fuori fior di film; e non solo i "sommi capolavori" ma anche piccole perle come Scipione detto anche l'Africano con M. Mastroianni o Riusciranno i nostri eroi di Scola con Sordi...oggi invece zero totale salvo delle microscopiche cosine di nicchia come Il vento fa il suo giro, De Reditu e un altro paio di film che ormai non sono nemmeno più su emule come Il sorriso dell' ultima notte di Cappuccio e Face Addict di Edo Bertoglio, il fotografo di Warhol. O tempora o mores!!!
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wakeih2br
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giovedì 29 luglio 2010
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non sono daccordo con te
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i soldi non solo tutto non è la morale del film ma solo un piccolo aspetto.l'attenzione è centrata su un uomo distrutto che dilaniato dal dolore sceglie di buttarsi a capofitto in qualche obiettivo, uno scopo che possa distrarlo almeno un pochino dal suo strazio interiore (ecco perchè lo fa solo dopo la morte della moglie)questo scopo sono nella fattispecie i soldi ma poteva anche essere il gioco d'azzardo o la droga.la morale sui soldi è assenteegli deve trovare una valvola di sfogo per fuggire dalla realtà e la trova nel Dio danaro. la storia è bella ed avvincente perchè emoziona ed è dannatamente reale !
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