Les carabiniers

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un Ubu Re per les carabiniers Valutazione 0 stelle su cinque

di whitenow


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domenica 21 febbraio 2010

un mio pensiero costante durante la visione del film di godard è stato il ricordo della Grande guerra di monicelli. La datazione di qs ultimo (1959) lo porrebbe seguendo il percorso delle mie suggestioni in una posizione di primogenitura, ma il debito originario per il film di Monicelli, e quindi eventualmente anche per quello godardiano, è da attingere nei Due amici di Guy de Maupassant. Le scorribande scapestrate dell'accoppiata dei due compagni accomunano realmente i due film, ma quanta diversità poi a delineare poetiche profondamente differenti. L'incipit del film di Godard è assurdo, surreale, da Ubu re Jarryiano, con l'arrivo di due carabinieri, latori della lettera del Re, per la chiamata alla guerra dei due Ulysse e Michel-ange. I due carabinieri aprono e chiudono ciclicamente il film, delegando così nel proseguo il portato della loro figura ai due compagni soldati, che per parte loro si avventurano in una vicenda totalmente atemporale ed aspaziale. La ciclicità di cui sopra incornicia e focalizza ossimoricamente una narrazione che elude ogni sequenzialità e linearità spazio-temporale. La stessa guerra non si capisce bene a quale avvenimento reale faccia riferimento: stato di allerta generale, stato di diffusa violenza non solo esistenziale ma principalmente mediatica. Inserti di documenti televisivi o di reportage si affiancano a scene filmiche, in cui automobili anni '60, fotografie e cartoline di contemporanea datazione, incorrono e si disperdono fra fucili quasi di cartone, sorti di giocattoli anteguerra, al limite fra la fantasia immaginifica e la parabola futuribile. La denuncia principale è proprio nei confronti dei “discorsi” mediatici, di cui la citazione ex lettera da film delle origini della finzione cinematografica che induce lo spettatore a sfondare lo schermo nel tentativo di interagire con la realtà della scena, risuona quale monito nei confronti della finzione dei media e della necessaria decostruzione e trasversalità da adottare nella loro lettura e nel loro attraversamento. In fondo Ulysse e Michel-ange cosa altro sono se non dei navigatori delle temporalità, delle notizie, delle parole e di fatti. La loro grottesca indifferenza non è solo da leggere come una denuncia nei confronti di una certa apatia mediatica, ma da leggere come anche una diversa possibilità di vivere e gestire il rapporto con i media. Non mezzi come strumenti della comunicazione, ma come dispositivi, protesici in cui realizzare altre esperienze e in cui sviluppare altre modalità percettive: prima fra tutte la sbalorditiva, apatica surreale capacità di navigare e smascherare i discorsi del potere riconosciuto ed istituzionale, come anche quello contenuto nella narrazione filmica tradizionale.

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