Madre e figlio |
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Un film di Aleksandr Sokurov.
Con Gudrun Geyer, Aleksei Ananishnov
Titolo originale Mutter und Sohn/Mat' i syn.
Drammatico,
durata 75 min.
- Russia 1997.
MYMONETRO
Madre e figlio
valutazione media:
3,34
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Madre e figliodi G. RomagnaFeedback: 16232 | altri commenti e recensioni di G. Romagna |
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lunedì 25 gennaio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un figlio adulto accompagna la madre gravemente malata, su sua esplicita volontà, a fare un giro nelle magnifiche ed incontaminate campagne circostanti tenendola in braccio per tutto il tempo. Egli la cura in maniera tenera, spontanea, silenziosa e carica d'affetto. Quando torna a casa la mette a letto e, dopo un breve dialogo, decide di uscire a fare una camminata. Al suo ritorno la madre è morta. Questo film di Sokurov è una piccola perla degna di grande ammirazione. Tutto, ogni parola, ogni gesto ed ogni immagine sono studiate nel più piccolo dettaglio pur di essere cariche di significato. Le piccole azioni del figlio nei confronti della madre sono estremamente cariche d'amore (le pettina i capelli, le pone un braccio sotto la testa sulla panchina per farle da cuscino, la abbevera con un biberon), i dialoghi sono scarni, franchi, teneri, lontani da qualunque tipo di retorica o sentimentalismo ed incapaci di risolvere alcunchè, perchè nulla può chiarificare l'ineluttabilità del dolore che entrambi si trovano a dover affrontare, E poi ci sono le immagini: magnifiche nella loro estrema artificiosità, curatissime, spaventosamente cariche di significato. Ogni paesaggio è circondato da una nebbia lattiginosa, da una leggera sfocatura, la prospettiva con cui è inquadrato è occludente, angosciosa, ed anche i colori più vivi sono attenuati per partecipare alla tristezza infinita di cui sono prigionieri i protagonisti. In alcuni frangenti sembra di assistere a delle pitture di Friedrich, in altri a dei dipinti espressionisti ed in altri ancora a delle opere di Turner, con la potenza degli eventi atmosferici che incombe ma che non si palesa tuttavia (solo nel finale, non per niente, a fatti compiuti, udiamo, ma senza vederle, le nuvole, durante i titoli di coda, che si sfogano in pioggia liberatoria). La passeggiata solitaria del figlio è una progressiva escalation di lirismo figurativo, con la sua presenza sulla cima di quel dirupo di fronte a quel grande blocco di roccia bianca a simboleggiare come un contatto tra l'uomo ed il Sublime kantiano, tra l'infinita ed inspiegabile magnificenza della Natura e l'altrettanto inspiegabile morte che il protagonista si trova nel cuore, così come la distesa marina inquadrata subito dopo e riempita da un solo, piccolo veliero altro non è che un palesamento dell'infinita piccolezza dell'individuo di fronte all'ineluttabilità degli eventi. L'ovvio culmine questo quieto turbinio di leopardiane immagini non può che essere un sincero e liberatorio pianto, cui segue il ritorno a casa per constatare l'avvenuta dipartita. L'angoscia è grande, apparentemente insormontabile, umana, ma è la speranza a vincere su tutto nelle poche, ultime parole espresse dal figlio: "Noi ci reincontreremo dove sai, dove avevamo detto: ricordi? Aspettami, con pazienza, mamma, aspettami...". Meraviglioso, davvero.
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