Lasciami entrare

Dall'omonimo libro svedese, il cui autore Lindqvist è sceneggiatore del film stesso, regia di Tomas Alfredson, "Let the right one in" è acclamato da molti critici come miglior "horror" dell'anno 2008. Addirittura lo steso "rivsle in campo" G. Del Toro si è espresso con commenti entusiasti. La critica oscilla tra i 9/10 e i 10/10 per questa tenerissima storia che ha un pochissimo di fantasy, qualcosa di anime-manga (l'andamento lento sulla musica sinfonica, gli scenari immensi di neve e luce, e di carta da parati e ombre, gli immensi silenzi propri dell'immaginario svedese), pocco horror dosato e giusto, un po' di romanticismo nordico, e molto, molto scavo psicologico in un inaspettato realismo sociale: la sporcizia delle case di gattari e del bar di vecchi alcolisti, la pedofialia, il bullismo e la gratuita violenza che ne discende (la velata omofobia) e l'incapacità di difesa del diverso in cui si insinua l'istinto omicida, il padre assente velatamente omosessuale, la scoperta tra adolescenti di un acerbo amore diverso (per razza e per genere sessuale: il personaggio Eli era un bambino poi castrato e diventato vampiro dalle sembianze androgine). Pratogonista assoluta è la solitudine: 2 solitudini si incontrano e si scambiano la propria emarginazione e gli abusi subìti, hanno in comune l'essere dei diversi, emarginati, soli, privi di affetti. L'uno (dodicenne) nutre vendetta, l'altra (dalle sembianze di dodicenne) deve nutrirsi di sangue. Il film mostra continuamente, ossessivamente il corpo bianchissimo dell'adolescente coperto solo dalle mutandine, e, in una scena, il pube reciso del vampiro. Il ragazzino seminudo che dà la mano al suo riflesso sul vetro: la fotografia del regista indugia su queste scene, sulla pelle bianca. C'è poco horror e molta carnalità, ma tutto rimane estremamente innocente, non detto: nessun riferimento ad atti sessuali, nè tra adulti nè tra bambini. Molto pudore nel "ci mettiamo insieme? Va bene lo stesso se non sono una femmina?" . Siamo agli antipodi di Twilight e dei suoi belloni collegiali privi di caratterizzazione e pieni di ormoni, qui siamo molto più vicini a Elephant, e probabilmente questo è il film che Gus Van Sant avrebbe voluto girare come capolavoro: la complicità del primo bacio di una coppia di un ragazzo e un ex-ragazzo sigilla la vendetta sul bullismo: vendetta che si fa macello di carni e allo stesso tempo si fa poesia sullo sfondo dei lucenti paesaggi innevati di Stoccolma. Niente di scontato o di prevedibile, incluso il finale, dolcissimo, inatteso, che lo spettatore vorrebbe non arrivasse mai. Davvero qui siamo davanti a un'opera che merita un sequel. Per il momento, in USA si sono già aggiudicati i diritti per farne un remake americano con l'intenzione di partire dal romanzo originale tralasciando il film in questione. Assurdo come non l'abbiano candidato agli Oscar come miglior film straniero. In conclusione: un film di bambini, vietato ai minori: Del Toro incontra Gus Van Sant.