The Libertine |
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Un film di Laurence Dunmore.
Con Johnny Depp, Samantha Morton, John Malkovich, Rosamund Pike, Tom Hollander.
continua»
Drammatico,
durata 130 min.
- Gran Bretagna 2005.
uscita venerdì 10 febbraio 2006.
MYMONETRO
The Libertine
valutazione media:
2,52
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Le solite cose retoriche.di Michele PietragalloFeedback: 0 |
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lunedì 20 febbraio 2006 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Opera prima di Dunmore, regista proveniente dal videoclip, The Libertine è un film basato sulla vita di John Wilmot, secondo Conte di Rochester, personaggio vicino alla corte di Carlo II, re d’Inghilterra dal 1660. “Uomo di lettere nonché criminale dissoluto ed ubriacone vilipese la decenza ed i costumi pubblici, senza nessun contegno morale né religioso; sprecò senza ritegno la sua giovinezza in vizi e stravizi”, morendo a 33 anni. (Samuel Johnson). Un soggetto adatto allo scavezzacollo Johnny Depp che torna a dare di sé (solo sullo schermo però) un’immagine dannata e autodistruttiva e che non teme di mostrarsi abbruttito e pieno di pustole e di pisciarsi addosso come da copione. Una recitazione teatrale (anche nel senso letterale della parola, non dimentichiamo infatti che la versione originale del film annovera spezzoni in autentico inglese settecentesco) e sopra le righe, ma adattissima al ruolo. Una bella fotografia dai colori densi e tenui rende al meglio i paesaggi e le atmosfere mattutine della campagna inglese e il fango degli slums dell’East End londinese. Spiccano le caratterizzazioni di contorno (un irriconoscibile John Malkovich nel ruolo di Carlo II), momenti di vera ilarità (Alcock, il servo “tutto-cazzo” o la pièce scritta dal Conte per il re) e scene realmente scandalose (i rapporti carnali del Conte e il suo linguaggio osceno). Non si capisce perché lo sceneggiatore (Stephen Jeffreys che adatta una sua pièce sullo stesso argomento) abbia voluto rovinare tutto questo con un personaggio insopportabile che calca il solito cliché della ridicola attricetta (una Samantha Morton brutta ed irritante) che prima respingerà inspiegabilmente Wilmot e che poi diventerà (grazie a lui) una delle più grandi attrici del teatro della restaurazione. Un personaggio che suona falso come una campana di plastica: chi respingerebbe nel 1670 un nobile bellissimo e dissoluto che vuol renderti grande? Tutti naturalmente, tranne la vera Elizabeth Barry che di sicuro non ci pensò neanche. L’altro grande problema di questo film è che somiglia a tanti altri film sul teatro inglese del cinque e seicento venuti prima di lui (su tutti Shakespeare in love e il più recente Stage beauty)con una retorica sul teatro come ragione di vita tutta hollywoodiana e spaventosamente convenzionale che uccide la carica genuinamente irriverente di un film che si riduce a semplice vetrina per bravi attori che servono soltanto da specchietto per le allodole e che presto sarà dimenticato.
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