Inferno |
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Un film di Dario Argento.
Con Eleonora Giorgi, Alida Valli, Leopoldo Mastelloni, Gabriele Lavia, Feodor Chaliapin Jr..
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Horror,
durata 106 min.
- Italia 1980.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 7 febbraio 1980.
MYMONETRO
Inferno
valutazione media:
3,20
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'occulta legge della bellezzadi simoneFeedback: 0 |
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martedì 8 maggio 2007 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Inferno è il film dell'occulto. Cioè del segreto, del mistero, del pertugio buio, di ciò che è nascosto e non dovrebbe tornare alla luce, ma che minaccia costantemente di tornare: il ritmo lento e macabro di uno zombi che torna sulla terra dei vivi da cui è stato cacciato. Questo è l'occulto, più o meno (impossibile definire un termine chiave come questo nell'immaginario della cultura occidentale). In Inferno di zombi non ce ne sono, ma l'aria malsana e sepolcrale che lo permea, le luci, i suoi ritmi lenti e spezzati, l'eccentrica inconsistenza della trama sono la rappresentazione più perfetta dell'occulto che il cinema abbia saputo regalare. E' normale che alcuni abbiano percepito un qualcosa di deludente in questo film: è facile contrapporgli la vertiginosa fluidità di Suspiria per dire che qui qualcosa non gira bene... ma la chiave estetica di questo film è molto semplice: mentre Suspiria era un film sulla stregoneria, Inferno è dedicato all'alchimia. Due discipline esoteriche profondamente diverse: dove la stregoneria è volta a produrre il male altrui, l'alchimia ha come autentico scopo il segreto dei segreti (impronunciabile) avvolto in un sitema di segreti, al massimo rappresentabili attraverso un linguaggio esoterico, cioè occulto, cioè oscuro, nascosto, incomprensibile a chi è fuori del cerchio. Segreto: e quindi Inferno è esteticamente (ed eticamente) il film della bellezza che sta nell'inesprimibile segreto. Ecco perchè il suo procedere infinitamente attraverso un susseguirsi d'indovinelli privi di risposta: apparente non-senso, là dove il senso è solo segreto. Ecco perchè anche il grottesco, la matericità dell'orrore, il Grand Guinol, ovvero il teatro (un cinema del tutto predigitale, baviano): la maschera, metafora fasulla del senso che deve rimanere inespremibile. E i simboli che colpiscono inconsciamente con significati potenzialmente infiniti e per questo sempre fuorvianti rispetto al senso vero. Difficile leggere Inferno con gli strumenti che si usano nella critica di un film: il rischio è quello di essere schiacciati dal suo potere sublime e ipnotico, così che l'unica triste difesa che rimane è quello di vederlo come "uno scadente prodottino" (definizione peraltro eccessiva anche sotto il profilo di una critica seria), non vedere (nell'occulto non si può vedere) altro che un finale "da barzelletta". Rimanere triturati nel perverso meccanismo che produce adepti e gli altri li confina al ruol di stolti, superficiali, banali ciarlatani che non conoscono la parola che sta all'inizio e alla fine del percorso, che non vogliono vedere la luce nelle tenebre.
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