|
Sebbene nei film di Ozu ci sia sempre un riferimento alla morte, simbolo dell’impermanenza di tutte le cose e della fugacità della vita, accettate con spirito di rassegnazione grazie alla visione del mondo del buddhismo zen, in questo film l’utilizzo di segni tangibili, come l’immagine del fumo che esce dalla ciminiera del forno crematorio, e l’insistenza con cui sono riprese le lapidi del cimitero ed i corvi che macchiano di nero l’assolata riva di un fiume, inducono suggestivamente a pensare che l’autore non ne parli in generale ma piuttosto manifesti il precorrimento della propria morte. Il tema ricorrente e assillante dell’accasamento delle giovani donne, preoccupazione costante di genitori e parenti vari, pur presente, questa volta resta sullo sfondo. In primo piano ci sono le vicende del vecchio ma arzillo capofamiglia, che, sebbene malato di cuore, divide le sue giornate tra i giochi con i suoi nipotini e le visite clandestine alla vecchia amante, ritrovata per caso dopo molto anni. Le sue fughe mattutine sono il tentativo estremo di sfuggire al tempo ed alle convenzioni sociali che lo hanno relegato alle cure dei nipoti ed infantilizzato tenendolo fuori dalle decisioni importanti. Nella famiglia alternativa il vecchio si sente di nuovo uomo e dimostra la sua gioia di poter essere nuovamente utile offrendosi finanche di lavare il pavimento. Ma il tentativo di percorrere a ritroso il corso del tempo sarà frustrato dal sopraggiungere improvviso della fine. Più marcati che negli altri film dello stesso periodo appaiono i simboli della colonizzazione culturale americana, i bar moderni che servono whisky al bancone, le insegne colorate e luminose ovunque a pubblicizzare la cocacola e l’invadenza minacciosa del soverchiante progresso tecnologico delle grandi imprese che mettono in crisi quelle a conduzione familiare, come quella della famiglia Kohayagawa, fino a fagocitarle. Non è un capolavoro come Tarda primavera o Viaggio a Tokyo ma è pur sempre un’opera di delicata bellezza fatta di piccoli tocchi impressionisti, che, nelle sfumature di mille particolari, rivela la grandezza di un affresco sul Giappone degli anni ’60. E’ lo stile di Ozu, che, con apparente minimalismo, in realtà affronta tutti i temi universali della vita degli individui e del destino delle tradizioni al tramonto del suo popolo sconfitto. La figlia della vecchia amante che esce con i giovanotti americani e veste come le starlette delle riviste patinate o del cinema d’oltreoceano ricorda la figlia del protagonista della Napoli milionaria di Eduardo che si fidanza, come tutte le sue amiche, con i soldati delle truppe occupanti. La prostituzione e l’asservimento culturale dei Paesi che hanno perso la guerra è stato simile dappertutto. Il confronto con l’opera di Eduardo non si ferma a quel particolare richiamato e sarebbe da approfondire, ma occorre tempo e spazio che qui non ci sono, basti dire che in entrambi gli autori lo stile della commedia serve a rappresentare il tragico e la narrazione delle vicissitudine di piccoli nuclei familiari è lo spunto per trattare temi universali che travalicano i confini di una singola nazione e appartengono all’intera umanità. Da qui la loro grandezza.
[+] lascia un commento a carloalberto »
[ - ] lascia un commento a carloalberto »
|
twitter
diventa fan
