I figli della violenza

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Un film di Luis Buñuel. Con Miguel Inclan, Estela Inda, Alfonso Mejia, Roberto Cobo, Alma Delia Fuentes Titolo originale Los olvidados. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 88 min. - Messico 1950. - Cineteca di Bologna MYMONETRO I figli della violenza * * * 1/2 - valutazione media: 3,56 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

I giovani e la violenza Valutazione 4 stelle su cinque

di Stefano Franzoni


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giovedì 5 aprile 2007

C'è Pedro, il giovane ragazzino sporco lercio che per combattere la fame è costretto a rubare un pezzo di pane dalla cucina per poi scappare dalla madre. Meche, la ragazza dai biondi capelli (che non ha mai lavato) che riceve apprezzamenti da tutti ma nella sua apparente impotenza nasconde un coltello tra le vesti. Ojitos, un bimbo che ogni giorno aspetta il padre al mercato nel posto in cui questi gli aveva detto di aspettarlo (prima di fuggire, probabilmente). E poi c'è Jaibo, un pò più grande degli altri ragazzini, più alto e più malizioso, più spietato. Loro sono i figli della violenza. Vittime più del mondo in cui vivono che non di se stessi. Vittime della povertà, della vita della strada, che non insegna il perdono o l'altruismo, ma il sopraffare il prossimo per avere di più, per sopravvivere. Tutti sono vittime e tutti sono carnefici. A partire da Jaibo, da cui risalgono la maggior parte delle azioni più nefaste del film, fino ad arrivare ad Ojitos, che, nella sua apparente timidezza e bontà d'animo, solleva un pietrone con l’intento di uccidere il suo "padrone" Don Carmelo. “I figli della violenza” fu il terzo film del periodo messicano del regista iberico Luis Bunuel Ritroviamo numerosi elementi tipici del mondo di Bunuel: la predilezione per particolari e risvolti macabri (un po’ in tutto il film) la valorizzazione dell’inconscio e dell’onirico (nella sequenza del sogno di Pedro), la presenza delle galline (rappresentanti un che di nefasto), le inquadrature delle su particolari di corpi femminili (Meche che si lava le cosce con latte fresco), la presenza di storpi (Il cieco Don Carmelo e l’uomo senza gambe che viene buttato giù dal suo “carretto” da Jaibo). La vicenda ha per protagonisti un gruppo di ragazzi di strada la cui già difficile vita viene complicata dal ritorno del loro membro più carismatico (e cattivo): Jaibo, che, fuggito dal carcere, ritorna i città con l’unico scopo di vendicarsi di Julian (colui per colpa del quale era finito in carcere) e riprendere la sua sconsiderata vita di soprusi e violenze sui più deboli. Con estremo realismo Bunuel anticipa di mezzo secolo “City of God” e tutti gli altri film sulla miseria giovanile di varie zone del mondo. Qui i giovani di strada ancora non si uccidono a colpi di pistole, ma i loro coltelli e bastoni sono gli antecedenti dei proiettili del 3° millennio. Crudo e secco. Impedibile per gli ammiratori di Bunuel.

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