Il film racconta del complicato rapporto tra un uomo (Fosco Giachetti) e sua moglie (Mariella Lotti): lui autotrasportatore, lei commessa in un negozio di biancheria femminile. Il loro matrimonio naufraga in seguito alle “pretese” da parte della moglie di lavorare, e soprattutto a causa di una sempre più profonda distanza e incomprensione tra i due, al punto che la moglie abbandona la casa coniugale ed inizia a vivere una vita “leggera” (va a ballare ogni sera e si lascia corteggiare). Il marito cerca di raccogliere i cocci della sua vita e va ad abitare in un'altra casa, dove, in seguito ad una conoscenza fortuita, e ad un veloce e forse effimero innamoramento, ospita una donna, che pian piano da amante diventa quasi una seconda moglie (Luisa Ferida).
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Il film racconta del complicato rapporto tra un uomo (Fosco Giachetti) e sua moglie (Mariella Lotti): lui autotrasportatore, lei commessa in un negozio di biancheria femminile. Il loro matrimonio naufraga in seguito alle “pretese” da parte della moglie di lavorare, e soprattutto a causa di una sempre più profonda distanza e incomprensione tra i due, al punto che la moglie abbandona la casa coniugale ed inizia a vivere una vita “leggera” (va a ballare ogni sera e si lascia corteggiare). Il marito cerca di raccogliere i cocci della sua vita e va ad abitare in un'altra casa, dove, in seguito ad una conoscenza fortuita, e ad un veloce e forse effimero innamoramento, ospita una donna, che pian piano da amante diventa quasi una seconda moglie (Luisa Ferida). Nonostante il suo torbido passato, sembra volersi ravvedere: tenta di imparare a cucinare e a badare alla casa, ma pian piano la sua natura scostante di femmina in calore viene fuori, e così, quando capisce che è stato tutta un'illusione si fa lasciare dal suo uomo (che intanto ha ritrovato l'intesa con la moglie convertitasi ad angelo del focolare). Si tratta di un melodramma a tinte fosche che si segnala per diversi, interessanti motivi. In primo luogo l'interpretazione degli attori: Fosco Giachetti è una sorta di Hunphrey Bogart autarchico, Mariella Lotti una gatta con lo sguardo acuminato come un rasoio (meno credibile quando diventa “casta e pura”). Naturalmente la parte della leonessa spetta a Luisa Ferida, il cui trucco, le movenze e gli abiti ne fanno una vera vamp dell'Italia fascista. Basti pensare al momento in cui voluttuosa si affaccia alla vetrina del bar in cui ha ritrovato l'uomo che le fa girare la testa, lo vede allontanarsi mentre dà una boccata di fumo...e si capisce subito che la preda è ormai sua, senza via di scampo alcuna. Ci sono sicuramente molte ingenuità nella sua recitazione (quando ad esempio sembra risvegliarsi e ritornare alla realtà, e si dà uno scossone come se stesse prendendo una scossa elettrica...), ma in definitiva è l'impatto visivo che conta, la presenza scenica, e quella è assolutamente indiscutibile. La sceneggiatura è evidentemente legata ai condizionamenti sociali dell'epoca, secondo cui colei che si insinua tra moglie e marito è una poco di buono, ed alle poco di buono la vita non riserva mai grandi cose. Sempre per lo stesso assioma la redenzione c'è solo per la moglie. Le atmosfere sono visivamente molto suggestive, e ricordano la stessa aria torbida e nebbiosa di “Ossessione” e dei grandi noir americani dell'epoca.
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