alexy8332
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mercoledì 6 gennaio 2016
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sly sempre e comunque protagonista
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Devo dire che è uno dei film che mi ha emozionato di più negli ultimi anni, era da tempo che non vedevo uno Sly così profondo ed essenziale nel suo ruolo.Forse dirò una bestemmia, sopratutto per chi è preso dai soliti scenari di Rocky del passato, ma questo Rocky Balboa insieme a quello del 2006 mi ha emozionato più di tutti gli altri, perchè torna il lato umano e non solo i muscoli e quelle atmosfere molto "cotonate" da anni 80.Nonostante Rocky sia malato, stia a malapena in piedi, e stia all'angolo, è come se ci fosse ancora lui sul ring, e riesce sempre a far passare in secondo piano chi invece sta al suo posto a combattere.Questo perchè il personaggio ancora oggi è grande, la gente si riconosce in lui, e Stallone è riuscito a mantenerlo campione, mostrando però le sue debolezze, ecco perchè ti emoziona, perchè è un eroe, ma come tutti noi.
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Devo dire che è uno dei film che mi ha emozionato di più negli ultimi anni, era da tempo che non vedevo uno Sly così profondo ed essenziale nel suo ruolo.Forse dirò una bestemmia, sopratutto per chi è preso dai soliti scenari di Rocky del passato, ma questo Rocky Balboa insieme a quello del 2006 mi ha emozionato più di tutti gli altri, perchè torna il lato umano e non solo i muscoli e quelle atmosfere molto "cotonate" da anni 80.Nonostante Rocky sia malato, stia a malapena in piedi, e stia all'angolo, è come se ci fosse ancora lui sul ring, e riesce sempre a far passare in secondo piano chi invece sta al suo posto a combattere.Questo perchè il personaggio ancora oggi è grande, la gente si riconosce in lui, e Stallone è riuscito a mantenerlo campione, mostrando però le sue debolezze, ecco perchè ti emoziona, perchè è un eroe, ma come tutti noi.Ovviamente da sottolineare anche l'interpretazione di Michael B. Jordan, forma con Sly una coppia complessa, diversa, ma in fondo uniti nello spirito, quello della strada.Questo film ufficialmente non fa parte della saga di Rocky, ma ho potuto notare alcune musiche della saga riproposte anche in questo film, la cosa mi è piaciuta molto, anche qui Stallone riesce ad imporsi nonostante non sia il soggetto principale della scrittura, questa è la sua forza, diventare protagonista anche quando in teoria vorrebbe solo fare da spalla.Grande film, Sly merita il premio della sua carriera.
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[+] «un passo, un pugno, una ripresa alla volta»
(di antonio montefalcone)
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laurence316
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sabato 15 luglio 2017
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ormai la serie ha fatto il suo corso
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7° film dell’interminabile saga di Rocky, spin-off dei precedenti, narra delle vicende che portano Adonis Johnson, figlio di Apollo Creed, a seguire le orme del padre. Scritto (con A. Covington) e diretto da Coogler, che già si era fatto notare con il film d’esordio, Prossima fermata Fruitvale Station (che aveva anch’esso come protagonista M. B. Jordan), Creed è un discreto film d’intrattenimento, confezionato impeccabilmente e perfetto per i fan della saga (che si pensava conclusa con il Rocky Balboa del 2006), un film che tenta di dare nuova vita al franchise di fatto spostando il punto di vista (ma non poi così tanto) dal protagonista assoluto dei film precedenti ad un giovane irrequieto, ma promettente con un cognome ingombrante.
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7° film dell’interminabile saga di Rocky, spin-off dei precedenti, narra delle vicende che portano Adonis Johnson, figlio di Apollo Creed, a seguire le orme del padre. Scritto (con A. Covington) e diretto da Coogler, che già si era fatto notare con il film d’esordio, Prossima fermata Fruitvale Station (che aveva anch’esso come protagonista M. B. Jordan), Creed è un discreto film d’intrattenimento, confezionato impeccabilmente e perfetto per i fan della saga (che si pensava conclusa con il Rocky Balboa del 2006), un film che tenta di dare nuova vita al franchise di fatto spostando il punto di vista (ma non poi così tanto) dal protagonista assoluto dei film precedenti ad un giovane irrequieto, ma promettente con un cognome ingombrante.
Questo sarà di certo utile al fine di produrre un’altra sterminata serie di sequel, ma non basta a fugare la costante sensazione di già visto. Di fatto, il film ha ben poche idee originali, e ricicla il più delle volte scene e sequenze dei film precedenti della saga. Questo non toglie che alcune sequenze, in particolare quelle di combattimento, siano girate con perizia e che, tutto sommato, il film riesca ad offrire un paio d’ore di divertimento senza troppe pretese.
Il problema sorge quando ci si sofferma ad osservare i momenti fra un match e l’altro, o fra un allenamento e l’altro. E qui, oltre che diventare talvolta melenso, il film scade nello stereotipo: al di là della storia d’amore quasi completamente inutile e molto banale, che dire della diagnosi di Rocky? Non sem- bra avere alcuna funzione narrativa se non quella di fare da pretesto ad un paio di scenette strappalacrime.
In ogni caso, si conferma il talento in cabina di regia di questo giovane regista-autore, e il film, che fa molto leva sul fattore nostalgia (come diversi altri rilanci di franchise famosi negli ultimi tempi), rimane un discreto film di genere, un film d’intrattenimento divertente e di buona fattura, recitato benino, anche se non adatto a chiunque si sia stancato del franchise già dai tempi di Rocky II.
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luca scial�
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lunedì 18 gennaio 2016
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credibile quanto basta
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Per i tanti nati tra gli anni '70 e '80 cresciuti col mito di Rocky Balboa, viene sempre da chiedersi che senso abbia fare un nuovo film avente come protagonista il campione della boxe di Philadelphia. Se lo sono chiesti già dieci anni fa, e figurarsi se non lo hanno fatto anche adesso. Eppure, alla fine, la curiosità c'è sempre. Un misto di nostalgia per tempi andati e passione per il cinema. E dopo averlo guardato con lo scetticismo dovuto, ti accorgi che in fondo il risultato finale è tutto sommato credibile.
Sì, certo. Creed è tecnicamente considerato uno "spin-off" della famosa saga. Ma per i fan si tratta sempre e comunque di Rocky VII.
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Per i tanti nati tra gli anni '70 e '80 cresciuti col mito di Rocky Balboa, viene sempre da chiedersi che senso abbia fare un nuovo film avente come protagonista il campione della boxe di Philadelphia. Se lo sono chiesti già dieci anni fa, e figurarsi se non lo hanno fatto anche adesso. Eppure, alla fine, la curiosità c'è sempre. Un misto di nostalgia per tempi andati e passione per il cinema. E dopo averlo guardato con lo scetticismo dovuto, ti accorgi che in fondo il risultato finale è tutto sommato credibile.
Sì, certo. Creed è tecnicamente considerato uno "spin-off" della famosa saga. Ma per i fan si tratta sempre e comunque di Rocky VII. Perchè, sebbene sempre tecnicamente venga definito un "attore non protagonista", Sylvester Stallone interpreta comunque Rocky e ha un ruolo tutt'altro che irrilevante. Poi ti accorgi che in sala ci sono tanti adolescenti. E allora ti rendi conto che il risultato finale non è solo credibile ai tuoi occhi di adulto, ma è anche riuscito.
Il protagonista, Adonis Creed, è figlio di Apollo. Ma nato da una relazione extraconiugale. Sebbene la moglie abbia deciso di prenderlo con sé sottraendolo dalla bruttura di un orfanotrofio, dato che Adonis non ha mai conosciuto il padre e ha perso la madre da piccolo. Nonostante sia un brillante impiegato, Adonis ha la passione della boxe nel sangue e combatte in Messico in incontri semi-clandestini. Ma vuole dedicarsi seriamente a questa professione, al punto da mettersi sulle tracce di Rocky, fino a convincerlo di allenarlo. Ma anche Stallone dovrà combattere un incontro, ben più gravoso.
Dopo un primo film quanto mai attuale dedicato a un giovane nero ucciso da un poliziotto senza una ragione, Ryan Coogler torna a parlare di neri e riscatto. Ma scomodando il mito di Rocky. Sebbene non manchino passaggi pomposi (comunque tipici della serie) e semplificati (Adonis in quattro e quattrotto si trasferisce, si fidanza e sfida il campione del mondo), il film è coinvolgente e gradevole. Ben abbina due generazioni diverse, molto di più di quanto avevano fatto Rocky V e Rocky Balboa.
Un ottimo Stallone, dimesso, drammatico. Che ha finalmente smesso i panni ridicoli del vecchietto che gioca ancora con armi, muscoli o appunto guantoni. Dunque più vero. Che ha perso i suoi affetti più cari: la moglie già morta da tempo, il cognato Paulie morto qualche anno fa, un figlio che convive in Canada e che vede raramente. E dunque, anche la voglia di combattere e vivere. Così come credibile è la storia di Adonis, che rimette in luce anche il mito di Apollo, personaggio liquidato nel quarto capitolo sotto i colpi spietati di Ivan Drago.
Insomma, a chi si chiede: questo film ha senso? Si potrebbe tutto sommato rispondere di sì.
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claudiofedele93
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giovedì 14 gennaio 2016
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creed: il canto del cigno di rocky.
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Adonis, Donnie, Johnson, figlio illegittimo di Apollo Creed, ha paura di vivere nell’ombra di suo padre, il pugile campione del mondo morto poco prima della sua nascita, ma la passione per la boxe sembra essere insita in lui come una maledizione, tanto da condizionare profondamente la sua esistenza. Lasciati gli sfarzosi ambienti di Los Angeles, dove viveva assieme alla madre adottiva moglie del padre biologico, Adonis si reca a Philadelphia in cerca di Rocky, l’amico ed al contempo grande avversario di Apollo, il quale, ormai vecchio e stanco, tiene un ristorante con cui riesce a sbarcare il lunario e vivere modestamente.
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Adonis, Donnie, Johnson, figlio illegittimo di Apollo Creed, ha paura di vivere nell’ombra di suo padre, il pugile campione del mondo morto poco prima della sua nascita, ma la passione per la boxe sembra essere insita in lui come una maledizione, tanto da condizionare profondamente la sua esistenza. Lasciati gli sfarzosi ambienti di Los Angeles, dove viveva assieme alla madre adottiva moglie del padre biologico, Adonis si reca a Philadelphia in cerca di Rocky, l’amico ed al contempo grande avversario di Apollo, il quale, ormai vecchio e stanco, tiene un ristorante con cui riesce a sbarcare il lunario e vivere modestamente. L’incontro tra i due rappresenterà una vera e propria scintilla, capace di far rievocare ad uno il passato vissuto, nella gloria e nella fama, da campione ed all’altro di combattere le proprie paure e affermarsi come erede degno del nome che porta.
Si ritorna, finalmente, a parlare di boxe, quella dura e cruda, in un appuntamento che conferma già quanto visto in passato, capace di sottolineare come al cinema, questo sport, sembra non stancare mai, sposandosi benissimo con il grande schermo e adattandosi a alla perfezione a svariate interpretazioni ed innovazioni sia tecniche che contenutistiche; questa volta è Ryan Coogler a voler mettere il proprio nome accanto a quello di un pantheon di personaggi iconici ed immortali quali sono Rocky Balboa e Apollo Creed, protagonisti indiscussi non solo di lungometraggi che hanno fatto la storia della settima arte, lanciando attori come Sylvester Stallone, ma anche di veri e propri tormentoni che hanno segnato un’epoca, andando ben oltre i limiti imposti ed entrando nei cuori del pubblico senza mai abbandonarli.
Creed - Nato per Combattere è un film che mantiene tutte le premesse di cui si fa carico, abbraccia il passaggio di consegne tra due generazioni e trascina lo spettatore in una storia avvincente, emozionante e appagante. Sotto questo punto di vista non si può chiedere molto di più alla fatica di Coogler, che, conscio del fardello e dell’onere che porta sulle spalle, non si limita solamente a rispolverare una saga immortale, ma destinata probabilmente ad un remake a breve, e con mano ferma e coraggio affronta un viaggio di crescita e maturità interiore, da parte nel protagonista, con cui mostra la genesi di un pugile che lentamente si crea dalle ceneri di un mito ormai caduto entrato nella leggenda.
Se da un lato quello a cui assistiamo rientra pienamente nei canoni del genere, grazie a sequenze ormai storiche immancabili in produzioni di questo tipo, come può essere l’allenamento, il riscatto, la vittoria, l’amicizia, dall’altro è assai efficace il cambio di direzione che questo Creed vuole fare per identificarsi come un prodotto capace di stare in piedi per conto proprio. Lasciati, infatti, i sobborghi abitati da italo-americani, sostituiti da quelli afro, diversi anche per la musica ed i costumi, Coogler opta per un’originalità capace di amalgamare passato e presente, cucendo addosso alla sua creatura una veste che goda degli echi epici, complice anche la musica che fa il suo dovere, di chi l’ha preceduta ed allo stesso modo non si riveli una semplice emulazione figlia di un’operazione di mercato per far leva sulla nostalgia degli appassionati.
C’è di più, non a caso, in tutto questo, un’irrefrenabile ambizione e rispetto per il materiale di partenza con cui deve fare i conti la pellicola, e Creed lo dimostra in tanti passaggi, a cominciare dai rimandi e dalle citazioni al primo Rocky o al quarto episodio, fino all’entrata in scena di Stallone, la cui prova rimane encomiabile. Il Balboa che vediamo adesso è un uomo ormai anziano, un gigante buono che nella sua semplicità si limita a dare consigli a chi gli sta intorno senza chiedere niente in cambio, un uomo di altri tempi, un filantropo a cui non piace farsi pubblicità, ma che abbraccia ogni cosa con una genuinità ed una calma quasi filosofica. Una figura quasi crepuscolare, romantica e decadente, che in questo spin-off si eleva a co-protagonista segnato dal tempo, ma dotato ancora di quel fascino immortale, arricchito da una sceneggiatura e dai dei dialoghi capace di fare di lui un comprimario completo e complesso, reale e sincero, che porta il volto di un Sylvester Stallone in un tale stato di grazia da meritarsi, indubbiamente, qualche riconoscimento. Se Stallone, infatti, ha sempre avuto dei limiti per la sua mono-espressività, che non ha mai giovato troppo alle sue performance relegandolo ad attore indirizzato unicamente a ruoli da macho, a questo giro Sly fa della sua debolezza, e delle sue mancanze, un vero e proprio punto di forza su cui fare leva, la faccia con cui affronta questa sfida, sciupata dagli anni e dal tempo, piena di rughe e preoccupazioni, è un insieme omogeneo di tristezza, compassione e solitudine, quel volto che ti aspetteresti di vedere in un uomo che ha perso moglie e amici, in attesa solo della morte.
Un lavoro davvero encomiabile, perciò, quello fatto da Coogler, che regge benissimo fino alle battute fine, dove, purtroppo, in più di un occasione scivola e inciampai stilisticamente e tecnicamente, lasciandosi andare a qualche eccesso di troppo, perdendo quella personalità che ben emerge per gran parte della pellicola, eppure Creed è una storia che si vive sulla pelle e si guarda senza mai stancarsi, un riscatto personale da parte del giovane protagonista che, pur di trovare se stesso, abbandona lavoro e lussi, compie un percorso di maturazione e consapevolezza, a cui non importa vincere per affermare il proprio nome, ma interessa lottare per convivere con il proprio passato e prendere atto di chi è davvero. Una favola capace di coinvolgere il pubblico e confezionare momenti di grande empatia, non andando mai troppo oltre il consentito e prendendo in analisi il mondo della boxe attraverso quei personaggi che ne hanno fatto la storia sul grande schermo.
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dhany coraucci
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lunedì 18 gennaio 2016
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la vera vittoria non è vincere ma combattere
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“Se parli, non ascolti” : semplice, diretto, basilare. E' il primo consiglio che un vecchio Rocky dal fisico appesantito dagli anni e dal volto (quasi) irriconoscibile impartisce con una dolcezza modesta e malinconica al suo giovane pugile. Ed è un suggerimento che tutti dovremmo seguire, io per prima, che se avessi dovuto parlare di Rocky Balboa avrei detto, a sproposito, che è una leggenda finita negli anni '80. Ascoltare, quindi, in questo caso è stato una bellissima sorpresa perché il film, da appassionata di boxe quale sono, è veramente bello. E anche se ha uno sviluppo abbastanza classico, riesce comunque a dire qualcosa di nuovo.
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“Se parli, non ascolti” : semplice, diretto, basilare. E' il primo consiglio che un vecchio Rocky dal fisico appesantito dagli anni e dal volto (quasi) irriconoscibile impartisce con una dolcezza modesta e malinconica al suo giovane pugile. Ed è un suggerimento che tutti dovremmo seguire, io per prima, che se avessi dovuto parlare di Rocky Balboa avrei detto, a sproposito, che è una leggenda finita negli anni '80. Ascoltare, quindi, in questo caso è stato una bellissima sorpresa perché il film, da appassionata di boxe quale sono, è veramente bello. E anche se ha uno sviluppo abbastanza classico, riesce comunque a dire qualcosa di nuovo. Perché la vera vittoria, come ci insegna, non è vincere ma combattere: per la vita, per se stessi (bellissimo il passaggio nel quale Rocky mette il ragazzo di fronte a uno specchio dicendogli che sul ring l'avversario più temuto, quello contro il quale deve fare i conti, è lui e nessun'altro) e per tutto ciò in cui si crede. Poi, saggi consigli a parte, il film ha delle riprese grandiose, difficilmente ho visto un allenamento di boxe più entusiasmante e i combattimenti, con una telecamera svettante e rapidissima, sono davvero emozionanti e... non troppo scontati. Sylvester Stallone ha vinto il Golden Globe per questa sua ultima fatica e devo ammettere che nonostante la sua faccia sia talmente rappezzata da non consentirgli alcuna mimica, se lo merita appieno; Michael B. Jordan (il pugile Creed) conferma il talento che avevo già apprezzato nella serie prodotta da Ron Howard Parenthood: è un attore da tenere d'occhio, è bravo, ha un fisico magnifico ed è molto espressivo.
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orione95
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venerdì 5 febbraio 2016
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un fiacco omaggio ad una leggenda
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La mitica saga cinematografica dello "Stallone italiano" evidentemente non ha ancora "sentito la campana", ed eccola perciò ripresentarsi nel vasto ring che è il cinema, più agguerrita che mai...oppure no?
A conti fatti "Creed - nato per combattere" riesce e non riesce nel suo palese tentativo, di emulare il grande "Rocky", primo storico film della saga.
Innanzitutto è d'uopo sottolineare il cambio di regia: al timone non v'è più Stallone ma un giovanissimo Ryan Coogler, al suo solo secondo film. Fortunatamente l'evidente inesperienza della regia viene abbondantemente occultata da un Sylvester Stallone sempre presente, dentro e fuori la scena.
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La mitica saga cinematografica dello "Stallone italiano" evidentemente non ha ancora "sentito la campana", ed eccola perciò ripresentarsi nel vasto ring che è il cinema, più agguerrita che mai...oppure no?
A conti fatti "Creed - nato per combattere" riesce e non riesce nel suo palese tentativo, di emulare il grande "Rocky", primo storico film della saga.
Innanzitutto è d'uopo sottolineare il cambio di regia: al timone non v'è più Stallone ma un giovanissimo Ryan Coogler, al suo solo secondo film. Fortunatamente l'evidente inesperienza della regia viene abbondantemente occultata da un Sylvester Stallone sempre presente, dentro e fuori la scena. Ad ogni modo la principale nota dolente è, a mio avviso, il personaggio protagonista, Adonis Creed (e non Micheal B. Jordan, promettente nuova stella di Hollywood). Si sa, l'intera saga del pugile di Philadelphia non ha mai goduto di particolare realismo, ma qui si esagera: il protagonista, adottato dalla moglie del suo defunto padre (la leggenda dei primi due film della saga, Apollo Creed), abbandona per sempre l'infanzia violenta al riformatorio, e comincia a vivere nel lusso, se non che, il giorno della sua promozione sul posto di lavoro si licenzia, perché lui è "nato per combattere". Non prendiamoci in giro, l'espediente narrativo iniziale fa davvero acqua da tutte le parti.
Giungiamo dunque a Rocky, coriaceo pugile d'altri tempi, che nonostante l'età (e la davvero approssimata malattia) è ancora la leggenda che fu. Grandissimo Sylvester Stallone, davvero. Non sente assolutamente il peso degli anni, fornendo una performance degna del massimo riconoscimento.
Numerosi, dicevo, gli omaggi a "Rocky", alcuni riusciti, altri no (come "I'm gonna fly now", da brividi nel match finale del film, e la corsa d'allenamento di Adonis che ben presto diventa una volgare e rumorosa corsa di motociclisti al suo seguito, e che palesemente vuole imitare la scena del primo storico film della saga in cui Rocky corre in allenamento e ben presto viene seguito da centinaia di persone, formando così una piccola e poetica maratona).
Tra l'altro la mancanza di Talia Shire (la storica Adriana) e Burt Young (il simpaticissimo Paulie) si fa inevitabilmente sentire, ma del resto era inevitabile, per esigenze di trama in primis.
In conclusione "Creed - nato per combattere" va giudicato per quello che è: un film giovane ed inesperto, come il suo regista che si spera migliori negli altri film di questa nuova saga che sicuramente seguiranno negli anni a venire.
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harloch74
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lunedì 7 marzo 2016
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malinconico e riflessivo
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A distanza di 10 anni Stallone torna a vestire i panni del suo personaggio sicuramente più amato e lo
fa nel migliore dei modi regalando al pugile di Philadelphia una carica di tristezza e umanità esemplari.Rochy ormai è un vecchio pugile malato e solo,quando all'improvviso viene a trovarlo il figlio di Apollo.Costui non vuol vivere all'ombra di quel padre che non ha mai conosciuto e vuol dimostrare al mondo che nella boxe può farcela da solo.Rochy accetta di allenarlo anche se quel cognome inevitabilmente verrà fuori costringendo il ragazzo a fare i conti con se stesso e con le sue paure,parallelamente aiuterà Balboa a credere ancora in se stesso e ad affrontare la sua malattia.
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A distanza di 10 anni Stallone torna a vestire i panni del suo personaggio sicuramente più amato e lo
fa nel migliore dei modi regalando al pugile di Philadelphia una carica di tristezza e umanità esemplari.Rochy ormai è un vecchio pugile malato e solo,quando all'improvviso viene a trovarlo il figlio di Apollo.Costui non vuol vivere all'ombra di quel padre che non ha mai conosciuto e vuol dimostrare al mondo che nella boxe può farcela da solo.Rochy accetta di allenarlo anche se quel cognome inevitabilmente verrà fuori costringendo il ragazzo a fare i conti con se stesso e con le sue paure,parallelamente aiuterà Balboa a credere ancora in se stesso e ad affrontare la sua malattia.Il film è bello,l'interpretazione degli attori credibile, in particolare Stallone riesce a rimettere in gioco Balboa dietro un altra ottica,rendendolo plausibile senza snaturarlo e amalgamando perfettamente le vicende di questo film ai precedenti capitoli.C'e anche un ultima simpatica curiosità: nell'incontro a porte chiuse voluto da Apollo alla fine del terzo capitolo come rivincita chi vinse ?Rochy in Creed ci dice come andò a finire ..
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alexmanfrex
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lunedì 11 aprile 2016
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clan di guerrieri
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Ho visto Creed-Nato per combattere poco dopo aver rivisto Rocky e Rocky II, quelli che reputo essere i più bei film dell'intera saga ...
L'idea è così semplice quanto vincente: focalizzare la continuazione di questa interminabile saga (che ha letteralmente cavalcato età e generazioni ...) riprendendola dall' "altro" clan, cioè quello Creed, così poco esplorato nei primi film ...
Questa, che potrebbe sembrare come un agevole trampolino di lancio, in realtà comportava non pochi rischi.
Rocky rappresenta l'esempio più significativo della mitologia del guerriero: che parte dal basso e dal nulla, coltiva sogni e talenti a suon di pugni verso la vita, conosce la gloria del successo, la difficoltà del mantenimento, la caduta, e la lenta quanto silenziosa risalita .
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Ho visto Creed-Nato per combattere poco dopo aver rivisto Rocky e Rocky II, quelli che reputo essere i più bei film dell'intera saga ...
L'idea è così semplice quanto vincente: focalizzare la continuazione di questa interminabile saga (che ha letteralmente cavalcato età e generazioni ...) riprendendola dall' "altro" clan, cioè quello Creed, così poco esplorato nei primi film ...
Questa, che potrebbe sembrare come un agevole trampolino di lancio, in realtà comportava non pochi rischi.
Rocky rappresenta l'esempio più significativo della mitologia del guerriero: che parte dal basso e dal nulla, coltiva sogni e talenti a suon di pugni verso la vita, conosce la gloria del successo, la difficoltà del mantenimento, la caduta, e la lenta quanto silenziosa risalita ... Trasporre questo modello su un Creed comporta portare un "principe" (si ok che ha passato i suoi primi anni in un istituto ...) verso il basso, laddove tutto ha inizio ... Seppure improbabile, questo schema riesce tutto sommato a reggere il film, che però da lì in poi inanella tutta una serie di tematiche sostanzialmente già viste e cioè: l'insegnamento del vecchio saggio, l'allenamento, un rivale difficile da battere ma che con grande sorpresa si riesce a reggere ...
Tutte cose che negli anni 70/80 gasavano da matti, ma che oggi risultano meno forti, soprattutto dopo aver avuto esempi di cinema di box come "The Fighter" ...
Lo sviluppo narrativo è molto prevedibile (lo spettatore potrebbe indovinare abbastanza facilmente cosa succede durante la prossima scena ...) e la portata del "villain" non è all'altezza (non si avvicina minimamente al carisma che fu di Apollo per Rocky ...).
Belle le interpretazioni dei due protagonisti: Jordan credibile e cazzuto, Stallone che forse non è così di impatto come coach ma più come maestro di vita (difficile), così come belle le coreografie dei combattimenti.
Il tutto condito da rimandi e ricordi che ci fanno però sempre apprezzare ogni film di questa saga immortale.
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elpiezo
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giovedì 21 gennaio 2016
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uno sly malinconico e toccante!!!
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Nove anni dopo l'ultimo episodio, Rocky torna sul grande schermo in una sorta di spin off che porterà l'oramai anziano pugile nelle vesti di allenatore per preparare al meglio il figlio illegittimo del compianto amico Apollo Creed.
Stallone interpreta sagacemente un Rocky espressivo e taciturno, un maestro di vita avvolto da un sudario malinconico e vittima di una solitudine senza fine, un uomo stanco che ritrova la voglia di vivere a bordo di quel ring che lo ha reso celebre in passato.
Vincitore del Golden Globe, l'eterno Sly ci offre un Balboa umano, capace di emozionare ancora e di mostrare attraverso le rughe il volto da campione che noi tutti conosciamo.
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themaster
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sabato 6 febbraio 2016
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spin off riuscito
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La saga di Rocky non è certo tra le migliori che ci siano,anzi,almeno per quanto mi riguarda gli unici che si salvano sono il primo che è un film magnifico e l'ultimo Rocky Balboa che riportava in auge il personaggio e godeva di una regia di stampo classico ma sempre efficace curata sempre dallo stesso Stallone. Il buon vecchio Sly in questo Creed è stato molto bravo tanto in sceneggiatura,da lui co-scritta che nella sua interpretazione,egli è infatti riuscito a dare quell'effetto che Star Wars Episodio 7 non è riuscito a dare,ovvero quell'idea e volontà di voler dare un taglio netto al passato tuttavia rimanendo sempre rispettosi della materia trattata e della sua valenza culturale e popolare,inoltre l'idea di fare quasi un mezzo remake del primo Rocky,tuttavia cambiandone alcune cose è un'idea apprezzabile,che mi ha dato fastidio come era successo per il già citato Star Wars ma che qui,complice una maggiore ricercatezza sia stilistica che registica,sono riuscito a mandare giù.
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La saga di Rocky non è certo tra le migliori che ci siano,anzi,almeno per quanto mi riguarda gli unici che si salvano sono il primo che è un film magnifico e l'ultimo Rocky Balboa che riportava in auge il personaggio e godeva di una regia di stampo classico ma sempre efficace curata sempre dallo stesso Stallone. Il buon vecchio Sly in questo Creed è stato molto bravo tanto in sceneggiatura,da lui co-scritta che nella sua interpretazione,egli è infatti riuscito a dare quell'effetto che Star Wars Episodio 7 non è riuscito a dare,ovvero quell'idea e volontà di voler dare un taglio netto al passato tuttavia rimanendo sempre rispettosi della materia trattata e della sua valenza culturale e popolare,inoltre l'idea di fare quasi un mezzo remake del primo Rocky,tuttavia cambiandone alcune cose è un'idea apprezzabile,che mi ha dato fastidio come era successo per il già citato Star Wars ma che qui,complice una maggiore ricercatezza sia stilistica che registica,sono riuscito a mandare giù.
Michael B.Jordan nel ruolo di Adonihs Creed ha fatto un buonissimo lavoro,tuttavia quando ci viene mostrato alle prese con la vita di tutti i giorni risulta un bamboccione e non mi ha esaltato la sua espressività,mentre quando c'è da fare a botte si capisce che si è allenato veramente una cifra e la velocità raggiunta in combattimento è impressionante,ma a questo punto ci arriverò tra non molto.
Sly come già detto è stato bravo anche nel recitare per una volta nella sua vita e gli altri interpreti sono funzionali ma nulla di eccezionale.
Il film sarebbe una mediocrata bella e buona se non fosse per il regista,questo giovinastro che risponde al nome di Ryan Coogler è un vero asso con la macchina da presa e dirlo di uno che è solamente al secondo film non è cosa da poco. Egli infatti sviluppa tutti i combattimenti (non moltissimi ma ad avercene) tramite piani sequenza e segue l'azione in maniera precisa,senza risultare pacchiano o barocco ma scivolando con classe e leggerezza con la macchina da presa tra gli attori e gli stunt che svolgono un lavoro a dire poco enorme. Vi sono inoltre alcune scene simboliche che fanno riflettere sulla valenza del pugilato non solo come sport ma anche come metafora di vita,il battersi fino allo sfinimento per qualcosa che si vuole a tutti i costi,il prendersi a pizze con la vita sono tutti concetti che mi piacciono veramente tantissimo,ad esempio c'è una scena in cui si può vedere chiaramente Rocky accompagnare sul ring Adonihs e restare in disparte e questo rappresenta in chiaro passaggio di testimone e la volontà di rispettare il passato e tutto ciò che è stata la figura di Rocky,ma anche di distaccarsene in maniera netta.
Creed è uno spin off riuscito decisamente che fa della regia e della bravura di Coogler il suo punto forte,oltre ad offrire diversi spunti di riflessione e colpendo moltissimo da un punto di vista emotivo,soprattutto i fan di Rocky,un film furbo quindi ma almeno offre qualcosa di nuovo ed è ben fatto nel suo essere parzialmente di comodo. Voto 8/10
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