paolo ciarpaglini
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mercoledì 30 dicembre 2009
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driver 'l'imperdibile'
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Non concedo le 5 stelle non perchè non le meriti, ma perchè trattasi di un film che pur essendo nel suo piccolo, un vero capolavoro, non credo ne abbia bisogno. Insomma; non ha importanza dire è un capolavoro, va visto e basta perchè è qualcosa di più. E quel qualcosa in più è proprio lui, il 'cow-boy', così come lo chiama l'agente che lo bracca senza tregua, né mezze misure. Ryan O'Neal riesce infatti nell'impresa pressochè impossibile, di far sembrare le epiche scene d'inseguimento girate dal mitico McQueen in Getway, roba da ragazzi, tale è il magnetismo e la freddezza che pervadono il suo volto quando è 'alla guida'. Steve era un vero pilota, tanto che una volta ebbe a dire: "non so ancora se sono un attore che corre, o un pilota che fa l'attore".
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Non concedo le 5 stelle non perchè non le meriti, ma perchè trattasi di un film che pur essendo nel suo piccolo, un vero capolavoro, non credo ne abbia bisogno. Insomma; non ha importanza dire è un capolavoro, va visto e basta perchè è qualcosa di più. E quel qualcosa in più è proprio lui, il 'cow-boy', così come lo chiama l'agente che lo bracca senza tregua, né mezze misure. Ryan O'Neal riesce infatti nell'impresa pressochè impossibile, di far sembrare le epiche scene d'inseguimento girate dal mitico McQueen in Getway, roba da ragazzi, tale è il magnetismo e la freddezza che pervadono il suo volto quando è 'alla guida'. Steve era un vero pilota, tanto che una volta ebbe a dire: "non so ancora se sono un attore che corre, o un pilota che fa l'attore". Non so niente di O'Neal in materia di driver 'reale', so soltanto che in questo straordinario film, le sue gesta sono elettrizzanti, e che rarissimamente un ruolo è stato così azzeccato per un attore da quando il cinema è cinema. Ho visto recentemente anche 'Il ladro che venne a cena', consigliatissimo. O'Neal possiede un quid, qualcosa che rarissimamente si vede sul serio al cinema. E pochi sono quelli che possono essere annoverati fra questi, perchè non è di pura recitazione che parlo, ma di qualcosa che va oltre e che potrebbe essere riassunto come: "la persona giusta al posto giusto nel momento giusto". Quando questi tre elementi confluiscono ha origine qualcosa che sprigiona una energia unica, irripetibile e genera simboli del loro tempo: da 'Jimmy' Dean a Elvis, da Bruce Lee a Rossella O'Hara, da 'lo spaccone' Paul Newman al 'taxista' De Niro. L'attore trascende il soggetto sostituendolo letteralmente perchè parte di lui, in qualche modo. Ben diretto e sostanzialmente un film 'semplice' come già detto, ha comunque una trama che cattura dal primo all'ultimo istante, grazie anche alla bravura di Bruce Dern. Il poliziotto pronto a giocarsi il distintivo pur di afferrarlo. Ma sarà una testimone oculare che ha visto in volto O'Neal a salvarlo infine dalla cattura. Entrambi resteranno infatti fregati: il 'cow-boy' in un modo, il poliziotto in un altro... Si usa dire 'cult', ma cosa significano quattro sillabe davanti a film del genere?.
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brian77
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venerdì 7 ottobre 2011
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thriller di confine
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Grande film, che alla fine degli anni '70 portò nel thriller americano un tipo di stilizzazione "alla giapponese" che all'epoca era decisamente insolita. Quasi astratto, senza quella concretezza materica che ha il grande cinema poliziesco Usa degli anni '70, annunciava le derive formali degli anni '80 ma sapeva ancora sperimentare il nuovo restando sul terreno di un cinema splendidamente classico. Non ho mai sopportato quell'Adjani quasi da fumetto, ma è un film eccellente. E che giganteggia al confronto con "Drive" di Refn (dignitoso, per carità, ma anche un po' finto). Mi infastidisce (posso dirlo?) il giudizio del Morandini, solo tre stellette, quante ne dà a cretinate bolse come "Maurice" di Ivory o sceneggiature filmate senza cinema come "Il giorno delle oche" (cito a caso, sfogliando il dizionario), per tacere dei filmetti italiani che nessuno ha voglia di guardare e mi annoia solo citare.
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Grande film, che alla fine degli anni '70 portò nel thriller americano un tipo di stilizzazione "alla giapponese" che all'epoca era decisamente insolita. Quasi astratto, senza quella concretezza materica che ha il grande cinema poliziesco Usa degli anni '70, annunciava le derive formali degli anni '80 ma sapeva ancora sperimentare il nuovo restando sul terreno di un cinema splendidamente classico. Non ho mai sopportato quell'Adjani quasi da fumetto, ma è un film eccellente. E che giganteggia al confronto con "Drive" di Refn (dignitoso, per carità, ma anche un po' finto). Mi infastidisce (posso dirlo?) il giudizio del Morandini, solo tre stellette, quante ne dà a cretinate bolse come "Maurice" di Ivory o sceneggiature filmate senza cinema come "Il giorno delle oche" (cito a caso, sfogliando il dizionario), per tacere dei filmetti italiani che nessuno ha voglia di guardare e mi annoia solo citare... D'altra parte, dà solo tre stellette anche a "I guerrieri della notte", mammamiaaaaa. Due film fondamentali, soprattutto The Warriors.
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gianleo67
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giovedì 14 giugno 2012
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disilluso western metropolitano
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'Cowboy' è un abilissimo ed inafferabile pilota d'auto che presta i suoi servigi per occasionali bande di rapinatori. Diviene l'ossessione di un ambiguo e rude ispettore di polizia che non esita ad utilizzare tutti i mezzi pur di braccarlo. Tra i due si inserisce una affascinante giocatrice d'azzardo. Redez-vous finale con sorpresa. Originale poliziesco giocato sui toni di un crepuscolare western metropolitano dove ai fedeli destrieri si sostituiscono rombanti bolidi cromati ed ai polverosi sentieri selvaggi il nero baluginante di strade asfaltate. E' un'epica in formato tascabile in cui l'etica rigorosa e quasi candida del cattivo si contrappone alla bieca doppiezza del 'tutore della legge' e dove il duello personale e senza tregua tra i due antagonisti si snoda sul filo sottile di uno spietato cinismo, in un gioco al massacro che si risolve nel nulla di fatto d'una valigia vuota.
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'Cowboy' è un abilissimo ed inafferabile pilota d'auto che presta i suoi servigi per occasionali bande di rapinatori. Diviene l'ossessione di un ambiguo e rude ispettore di polizia che non esita ad utilizzare tutti i mezzi pur di braccarlo. Tra i due si inserisce una affascinante giocatrice d'azzardo. Redez-vous finale con sorpresa. Originale poliziesco giocato sui toni di un crepuscolare western metropolitano dove ai fedeli destrieri si sostituiscono rombanti bolidi cromati ed ai polverosi sentieri selvaggi il nero baluginante di strade asfaltate. E' un'epica in formato tascabile in cui l'etica rigorosa e quasi candida del cattivo si contrappone alla bieca doppiezza del 'tutore della legge' e dove il duello personale e senza tregua tra i due antagonisti si snoda sul filo sottile di uno spietato cinismo, in un gioco al massacro che si risolve nel nulla di fatto d'una valigia vuota. Predilezione di Hill per le scenografie crepuscolari e metropolitane di squallide periferie, capannoni deserti e grigie stanze di infimi motel, ma anche classica sensibilità nel tratteggiare la mesta disillusione di psicologie alla deriva. Efficaci le scene d'azione tra rocamboleschi inseguimenti su auto rubate, una divertente caccia al topo sul treno in corsa e soprattutto la spettacolare 'prova di guida' in garage dove O'Neil demolisce con sistematica precisione una fiammante mercedes color arancio per dismostrare agli scettici complici la sua perizia alla guida. Singolar tenzone tra i due protagonisti: Ryan O'Neil è un biondo e solitario fuorilegge idealista che ascolta musica country ("dove ci sono sempre puttane, ubriachi e cuori infranti") ed è incapace di sfuggire al proprio destino e Bruce Dern un cinico 'sceriffo' che ha eletto il bar di un moderno saloon come ufficio per i suoi brutali interrogatori. Diafana e romantica la Adjani che attraversa la storia come una indolente e misteriosa 'femme fatale'. Finale di beffarda disillusione. Soggetto e ambientazioni simili per Drive di Nicolas Winding Refn, film del 2011 con il biondo e inespressivo Ryan Gosling (nomen omen).
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elgatoloco
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giovedì 14 aprile 2016
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eroii romantici
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Scene prevalentemente notturne, gioco di sguardi e personaggi in contrasto(prevalenza della psicologia sull'azione), con qualche elemento violento(la donna minacciata e poi uccisa, quando sembra che narratologicamente il"play"sia concluso...), ma senza eccessi, in particolare, nonostante le corse in auto e i relativi inseguimenti, un film non tanto d'azione, ma di suspense e basato sulla psicologia(primi piani e piani americani). Tipico il contrasto(duale, se non "dualistico")tra due "eroi romantici", certo a modo loro, come il driver per rapine, "the cowboy"e un ispettore di polizia violento e vendicativo, ma più che altro nevrotico, comunque a suo modo assertore e propugnatore della giustizia, interpretati da un Ryan O'Neal ancora in piena forma giovanile e un Bruce Dern ancora aitante, con in più, quasi"enigmatica", Isabelle Adjani, quasi al suo esordio, decisamente interessante.
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Scene prevalentemente notturne, gioco di sguardi e personaggi in contrasto(prevalenza della psicologia sull'azione), con qualche elemento violento(la donna minacciata e poi uccisa, quando sembra che narratologicamente il"play"sia concluso...), ma senza eccessi, in particolare, nonostante le corse in auto e i relativi inseguimenti, un film non tanto d'azione, ma di suspense e basato sulla psicologia(primi piani e piani americani). Tipico il contrasto(duale, se non "dualistico")tra due "eroi romantici", certo a modo loro, come il driver per rapine, "the cowboy"e un ispettore di polizia violento e vendicativo, ma più che altro nevrotico, comunque a suo modo assertore e propugnatore della giustizia, interpretati da un Ryan O'Neal ancora in piena forma giovanile e un Bruce Dern ancora aitante, con in più, quasi"enigmatica", Isabelle Adjani, quasi al suo esordio, decisamente interessante. Walter Hill regista esprime qui tutte le sue potenzialità, sempre poi confermate e migliorate, ovviamente, anche in film d'"impegno"sociale e politico; ma qui, a ben vedere, sia sul piano espressivo sia su quello della produzione di senso, c'è già quasi tutto... El Gato
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bobdex
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lunedì 10 gennaio 2011
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driver, un cult
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Un buon thriller, fatto tutto di sguardi, lunghi silenzi e corse frenetiche in auto che rendono i 90 minuti molto scorrevoli e interessanti. Spettacolari le scene d'inseguimento in macchina, così come il duello a distanza fra il pilota, il detective e i malavitosi. Una sorta di western metropolitano dove le pistole sono le automobili. Un vero cult del genere.
p.s.: Per chi ricordasse l'ormai vecchia Play station, questo film ispirò il celebre gioco "Driver", che ebbe un gran successo e che ritoccò, anche se con diversa trama, le ambientazioni e le sfide automobilistiche cittadine del film stesso.
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