gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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il miglior django dopo franco nero
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Quando arriva nelle sale Django il bastardo il pubblico da molto tempo si è abituato all’idea di no vedere sotto più Franco Nero il poncho e il cappello neri che caratterizzano il più famoso vendicatore del western all’italiana. Altri hanno preso il posto dell’attore che per primo ha prestato il suo volto al personaggio di Django nel celebre film di Sergio Corbucci. In Django il bastardo il ruolo del protagonista è affidato ad Anthony Steffen, uno dei protagonisti principali dell’epopea western all’italiana. Pur avendo interpretato una lunga fila di personaggi, da Garringo a Shango a Ringo, l’italo-brasiliano Antonio De Teffé, questo è il suo nome vero, è talmente innamorato del personaggio di Django da scrivere anche parte del soggetto e della sceneggiatura.
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Quando arriva nelle sale Django il bastardo il pubblico da molto tempo si è abituato all’idea di no vedere sotto più Franco Nero il poncho e il cappello neri che caratterizzano il più famoso vendicatore del western all’italiana. Altri hanno preso il posto dell’attore che per primo ha prestato il suo volto al personaggio di Django nel celebre film di Sergio Corbucci. In Django il bastardo il ruolo del protagonista è affidato ad Anthony Steffen, uno dei protagonisti principali dell’epopea western all’italiana. Pur avendo interpretato una lunga fila di personaggi, da Garringo a Shango a Ringo, l’italo-brasiliano Antonio De Teffé, questo è il suo nome vero, è talmente innamorato del personaggio di Django da scrivere anche parte del soggetto e della sceneggiatura. Tra i tanti attori che, dopo il fortunato film di Corbucci hanno prestato il loro volto allo spietato vendicatore, Anthony Steffen è quello che maggiormente è entrato nel cuore degli appassionati. Il suo esordio nei panni del personaggio risale al 1967 quando gira Pochi dollari per Django, il primo western di Enzo G. Castellari anche se attribuito nei crediti a Leon Klimovsky. Dopo Django il bastardo, che lo vede anche nel ruolo di soggettista e sceneggiatore, veste per l’ultima volta i panni dello spietato pistolero nel 1972 in W Django diretto da Edoardo Mulargia, uno dei film con il maggior numero di uccisioni della storia del western all’italiana.
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gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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il fantasma della vendetta
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La prima inquadratura è dedicata a una pozzanghera nella quale cadono, come lacrime che arrivano dal nulla, le gocce d’acqua staccatesi da una foglia bagnata. Poi la cinepresa insegue la lunga camminata di un uomo vestito di nero attraverso le vie di un villaggio deserto. Non si limita a inquadrarlo ma lo affianca, quasi come se lo accompagnasse, con riprese dal basso, soggettive dagli oggetti e riprese a mano che ondeggiano seguendone il movimento. Lo spettatore entra così nell’animo del protagonista, semplice e terribile al tempo stesso per la sua determinazione. Django, l’antieroe interpretato da Anthony Steffen non ha altro interesse che la vendetta. Si muove attraversando la realtà come un fantasma, come se anche lui fosse morto insieme ai suoi compagni nell’agguato dei nordisti favorito dal tradimento.
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La prima inquadratura è dedicata a una pozzanghera nella quale cadono, come lacrime che arrivano dal nulla, le gocce d’acqua staccatesi da una foglia bagnata. Poi la cinepresa insegue la lunga camminata di un uomo vestito di nero attraverso le vie di un villaggio deserto. Non si limita a inquadrarlo ma lo affianca, quasi come se lo accompagnasse, con riprese dal basso, soggettive dagli oggetti e riprese a mano che ondeggiano seguendone il movimento. Lo spettatore entra così nell’animo del protagonista, semplice e terribile al tempo stesso per la sua determinazione. Django, l’antieroe interpretato da Anthony Steffen non ha altro interesse che la vendetta. Si muove attraversando la realtà come un fantasma, come se anche lui fosse morto insieme ai suoi compagni nell’agguato dei nordisti favorito dal tradimento. A ben guardare le somiglianze con il primo Django di Sergio Corbucci si limitano al cappellaccio nero e al poncho dello stesso colore. Mentre il personaggio interpretato da Franco Nero era circondato da un alone di tristezza e dal tormento di sapere che la vendetta non poteva comunque ridargli ciò che aveva perduto, il protagonista di Django il bastardo ha nella vendetta la sua unica ragione di vita. Concettualmente è più vicino al mezzosangue interpretato da Thomas Milian in Se sei vivo spara di Giulio Questi. Come lui torna dall’inferno di un agguato in cui è creduto morto per vendicare i suoi compagni e si muove come se fosse un fantasma. Appare e scompare misteriosamente, sfugge come un serpente al cappio che Luke gli ha stretto intorno al collo e continua a rivivere il momento dell’agguato in un flashback che non l’abbandona neppure quando finalmente ha chiuso i conti con l’ultimo dei traditori. È il fantasma della vendetta che Alida vede sparire in un battito di ciglia.
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alessandro rega
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sabato 13 luglio 2013
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arriva django ! dovete fare i conti con voi stessi
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Un altro spaghetti western…un altro film con il protagonista che si chiama Django.
Diretto da Sergio Garrone, questo film del 1969 è stato probabilmente un’ispirazione per alcuni western diretti e interpretati dal grande Clint Eastwood.
Questo film non è un capolavoro imperdibile né pretende di sembrare tale.
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Un altro spaghetti western…un altro film con il protagonista che si chiama Django.
Diretto da Sergio Garrone, questo film del 1969 è stato probabilmente un’ispirazione per alcuni western diretti e interpretati dal grande Clint Eastwood.
Questo film non è un capolavoro imperdibile né pretende di sembrare tale.
Comunque, ci sono alcuni aspetti che ricordano un po’ i più grandi western.
Ha come tema centrale la vendetta di Django, un sudista della guerra di secessione,.
Però, qui non si tratta di un uomo che ha perso qualcosa e che vuole vendicarsi per appagare se stesso o per sentirsi gratificato. Niente affatto !
Si intuisce che il protagonista di questo film si comporta come se fosse un “angelo della vendetta” e certe volte ricorda un po’ la figura del giustiziere.
Attenzione però a non confondervi, nel film Django non si comporta come Charles Bronson (mi spiego?), non lo fa perché ha perso qualcosa o qualcuno, è come se non ci fosse un perché, egli è il fantasma della vendetta.
Mi spiego meglio: quando Django vuole sterminare i cattivi si comporta ambiguamente, è come se appunto fosse un fantasma che mette giustizia…un po’ ricorda l’angelo sterminatore.
Comunque sia, questa mia tesi è anche un po’ confermata dagli avvenimenti del film:
vi accorgerete che prima che ognuno dei cattivi muoia si ritrova dinnanzi una fossa e una croce con su scritto il nome suo…lì egli giacerà…perché merita di morire.
A un certo punto del film celo dice quasi che Django è un fantasma…è come se non fosse vivo e quando rifiuta una donna e i soldi e poi dice “Rifiuto perché ho già avuto la mia vita” un po’ capiamo che il suo scopo sulla terra è fare giustizia…a modo suo…
In ogni caso, fantasma o meno, questo resta un film di discreta bellezza…sicuramente è un film che non pretende nulla, la storia è semplice ma sono i dettagli che lo rendono un film godibile e ben fatto.
A proposito…ad interpretare Django è Anthony Steffen…forse non possedeva la giusta fisicità e forse neanche il volto giusto, però è stato molto bravo in questo film…mi è piaciuto molto…credo che questa sia stata una delle migliori interpretazioni di Django.
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gianni lucini
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lunedì 7 maggio 2012
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l’attrice che piace ai grandi registi
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Nel 1969, quando interpreta in Django il bastardo il complesso personaggio di Alida, la donna che ha sposato per soldi lo psicopatico Luke, Rada Rassimov non è alla sua prima esperienza nel western all’italiana. Se dal grande pubblico è ricordata soprattutto per il personaggio di Maria, la prostituta di cui ha vestito i panni nel 1966 in Il buono, il brutto e il cattivo del “maestro Sergio Leone, gli appassionati non hanno dimenticato che nello stesso anno ha dato vita anche alla tormentata Isabel in Per il gusto di uccidere, il primo western di Tonino Valerii. La sua presenza nell’epopea del western all’italiana, pur non così intensa come quella di altre attrici, lascia un segno importante.
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Nel 1969, quando interpreta in Django il bastardo il complesso personaggio di Alida, la donna che ha sposato per soldi lo psicopatico Luke, Rada Rassimov non è alla sua prima esperienza nel western all’italiana. Se dal grande pubblico è ricordata soprattutto per il personaggio di Maria, la prostituta di cui ha vestito i panni nel 1966 in Il buono, il brutto e il cattivo del “maestro Sergio Leone, gli appassionati non hanno dimenticato che nello stesso anno ha dato vita anche alla tormentata Isabel in Per il gusto di uccidere, il primo western di Tonino Valerii. La sua presenza nell’epopea del western all’italiana, pur non così intensa come quella di altre attrici, lascia un segno importante. Il film di Sergio Garrone non è neppure la sua unica frequentazione con il personaggio di Django. Prima di essere Alida in Django il bastardo, infatti, è stata addirittura la sorella dell’implacabile giustiziere in Non aspettare Django, spara diretto da Edoardo Mulargia nel 1967. Tra le sue frequentazioni western c’è da ricordare anche la partecipazione a Quel caldo maledetto giorno di fuoco di Paolo Bianchini nel 1968. Nella sua carriera Rada Rassimov ha lavorato con quasi tutti i grandi registi che hanno fatto la storia del cinema italiano del Novecento. La lista dei film che l’hanno vista recitare, non è lunghissima ma attraversa più di quarant’anni e va dalla breve presenza in Senilità diretto nel 1960 da Mauro Bolognini a Perduto amor il film del 2003 diretto da Franco Battiato nel quale interpreta la parte di Clara Pasini. In mezzo ci sono lungometraggi significativi come Il seme dell’uomo di Marco Ferreri nel 1969, Umano non umano di Mario Schifano, Il leone a sette teste di Glauber Rocha e Il gatto a nove code di Dario Argento nel 1971, Gli orrori del castello di Norimberga del maestro dell’horro Mario Bava e La grande scrofa nera di Filippo Ottoni nel 1972, Il quartetto Basileus del 1983 di Fiorenzo Carpi e molti altri. Attrice vera ha lasciato un segno anche nella produzione televisiva per le sue interpretazioni in Caligola diretto da Luigi Squarzina, Gli angeli del potere di Giorgio Albertazzi o Bel ami di Sandro Bolchi. Nutrito è anche il suo curriculum teatrale dove figura in vari lavori diretti da registi come Giorgio Albertazzi, Giulio Bosetti e Giuseppe Patroni Griffi.
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brando fioravanti
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giovedì 3 gennaio 2013
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buona l'idea
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Un pistolero di nome Django decide di vendicare i propri compagni sugli ufficiali che l'avevano traditi. Primo western della storia ad avere dei risvolti sovrannaturali.Non si capisce se Django sia un superstite al massacro o un fantasma che riesce ad apparire e scomparire come vuole. Originale la storia, ma la regia non è all'altezza ad un film cosi e i dialoghi sono davvero troppo scontati
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