moreno fabbri
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domenica 11 marzo 2012
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mauro bolognini. la corruzione con poesia
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[…] “Ma è appunto ne La corruzione che la creatività di Bolognini mi sembra dispiegarsi con un nitore poetico che a distanza di oltre nove lustri lo rende ancora attualissimo.
Certo molte cose sono cambiate nel costume e nei rapporti fra le classi sociali nei decenni che ci separano dall'uscita del film, ma questo non altera i caratteri di fondo del tipo di corruzione mostrataci da Bolognini, che è sostanzialmente la corruzione di un'anima, dei suoi fondamenti di integrità spirituale e morale al passaggio dall'età acerba della formazione intellettuale ed etica a quella dell'immersione matura nella vita con le sue contraddizioni, macinate e sfarinate dai tentacoli suasivamente “luciferini” del potere secondo la legge del più forte che consente ogni possibile licenza a chi ha gli strumenti per permettersela, e che non concede alcun appello a chi tali strumenti non possiede” […] “A dispetto di certa critica, anche autorevole, che pur cogliendo il modo "non casuale" di trattare i personaggi del film, si spinge ad affermare che "dietro la vicenda si agita una tematica piuttosto rozza", (Kezich) rilevando, essa sì, "frettolose" dicotomie (scienza/mistero) che ci paiono se non del tutto assenti, quanto meno inessenziali nell'economia del film; a rendere singolare per nitore e pregnanza poetica La corruzione non è tanto il soggetto di Ugo Liberatore - l'iniziazione di un giovane alla vita adulta è un tema ampiamente affrontato nella letteratura e nel cinema,anche dallo stesso Bolognini, e nemmeno le efficaci musiche di Giovanni Fusco dirette da Franco Ferrara; a persuaderci del mirabile risultato raggiunto da Bolognini con La corruzione, è la carica simbolica del film, la forte tensione evocativa delle immagini, che l'eleganza del bianco e nero prosciuga da quelle gratificazioni coloristiche e naturalistiche che risulterebbero fuorvianti rispetto alla squisita sottolineatura dei misurati ma intensi riscontri emotivi dei diversi personaggi indagati dal regista nelle pieghe espressive dei bravissimi interpreti, perfettamente aderenti ai rispettivi ruoli.
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[…] “Ma è appunto ne La corruzione che la creatività di Bolognini mi sembra dispiegarsi con un nitore poetico che a distanza di oltre nove lustri lo rende ancora attualissimo.
Certo molte cose sono cambiate nel costume e nei rapporti fra le classi sociali nei decenni che ci separano dall'uscita del film, ma questo non altera i caratteri di fondo del tipo di corruzione mostrataci da Bolognini, che è sostanzialmente la corruzione di un'anima, dei suoi fondamenti di integrità spirituale e morale al passaggio dall'età acerba della formazione intellettuale ed etica a quella dell'immersione matura nella vita con le sue contraddizioni, macinate e sfarinate dai tentacoli suasivamente “luciferini” del potere secondo la legge del più forte che consente ogni possibile licenza a chi ha gli strumenti per permettersela, e che non concede alcun appello a chi tali strumenti non possiede” […] “A dispetto di certa critica, anche autorevole, che pur cogliendo il modo "non casuale" di trattare i personaggi del film, si spinge ad affermare che "dietro la vicenda si agita una tematica piuttosto rozza", (Kezich) rilevando, essa sì, "frettolose" dicotomie (scienza/mistero) che ci paiono se non del tutto assenti, quanto meno inessenziali nell'economia del film; a rendere singolare per nitore e pregnanza poetica La corruzione non è tanto il soggetto di Ugo Liberatore - l'iniziazione di un giovane alla vita adulta è un tema ampiamente affrontato nella letteratura e nel cinema,anche dallo stesso Bolognini, e nemmeno le efficaci musiche di Giovanni Fusco dirette da Franco Ferrara; a persuaderci del mirabile risultato raggiunto da Bolognini con La corruzione, è la carica simbolica del film, la forte tensione evocativa delle immagini, che l'eleganza del bianco e nero prosciuga da quelle gratificazioni coloristiche e naturalistiche che risulterebbero fuorvianti rispetto alla squisita sottolineatura dei misurati ma intensi riscontri emotivi dei diversi personaggi indagati dal regista nelle pieghe espressive dei bravissimi interpreti, perfettamente aderenti ai rispettivi ruoli.
Le ottime conoscenze scenografiche di Bolognini, valorizzano efficacemente le scene ed i costumi di Maurizio Chiari, che contribuiscono alla preziosità del film: belle le inquadrature espressivamente ellittiche delle scene iniziali nel convento (che Stefano visita nel tentativo di chiarire la sua vocazione), la carrellata sull'opulenta home di Leo mostrato nell'intimo rapporto con i suoi cani, in antitesi alle numerose immagini che sottolineano la tensione ascetica che attraversa Stefano: notevole la pregnanza lirica di certi scorci panoramici, e memorabile il martellato crescendo iconico e musicale della scena conclusiva; ma tutto il film lumeggia con poetica persuasività il nucleo germinale di una corruzione che colora in modo eclatante, anzi tinge pervasivamente e con effetti inquietanti la realtà individuale, interpersonale e sociale del nostro tempo.”
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parsifal
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giovedì 21 giugno 2018
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purezza e potere
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Opera considerata a torto minore del Maestro Bolognini, uno degli autori di maggior spessore del cinema italiano del '900, ruota intorno all' interiorità del giovane protagonista Stefano ( J.Perrin) inquieto e tormentato, dall'animo candido e molto fragile. Egli è figlio di una donna dai nervi assai fragili, che trascorre gran parte del suo tempo nelle cliniche di lusso, dove viene sottoposta a massicce cure a base di psicofarmaci, nel tentativo inutile di calmare il suo disagio psichico. Suo marito, il padre di Stefano ( A, Cuny) è Leonardo , un ricco imprenditore editoriale, dispotico e tirannico, del tutto anaffettivo e fin troppo legato alla realtà materiale, tanto da sembrare totalmente privo di qualsivoglia sensibilità.
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Opera considerata a torto minore del Maestro Bolognini, uno degli autori di maggior spessore del cinema italiano del '900, ruota intorno all' interiorità del giovane protagonista Stefano ( J.Perrin) inquieto e tormentato, dall'animo candido e molto fragile. Egli è figlio di una donna dai nervi assai fragili, che trascorre gran parte del suo tempo nelle cliniche di lusso, dove viene sottoposta a massicce cure a base di psicofarmaci, nel tentativo inutile di calmare il suo disagio psichico. Suo marito, il padre di Stefano ( A, Cuny) è Leonardo , un ricco imprenditore editoriale, dispotico e tirannico, del tutto anaffettivo e fin troppo legato alla realtà materiale, tanto da sembrare totalmente privo di qualsivoglia sensibilità. IL ragazzo vive un aspro conflitto con l'autorità paterna che non tiene minimamente conto delle sue istanze interiori: Quando Stefano manifesterà, con estrema difficoltà, la sua volontà di dedicarsi alla vita ecclesiastica, il padre, neanche a dirlo, farà di tutto per dissuaderlo , poichè vuole fortemente che egli segua le sue orme, senza discutere. Organizzerà una crociera sul suo yacht, diretto all'Isola di Ponza, sul quale sarà invitata Adriana ( R.Schiaffino), giovane e conturbante amante del maturo imprenditore e la sua presenza non sarà affatto casuale. Lei dovrà dissuadere il giovane dai suoi intenti spirituali, usando la carnalità che le è peculiare. L'impresa avverrà senza alcuna difficoltà, ma avfrà esiti imprevisti. Stefano , preso da i sensi di colpa , tenta la fuga, inutilmente. NOn si sfugge dai tentacoli paterni, specie quando il padre è un satrapo potente e senza scrupoli. Talmente cinico da non avere pietà neanche di un suo impiegato , morto suicida all'interno dell'azienda a causa di un'accusa infondata. Sistemerà tutto con il suo denaro e la collaborazione del suo avvocato , degno sodale di un simile figuro. Stefano comprende dolorosamente che non potrà mai cambiare l'ordine delle cose. Ottima caratterizzazione dei personaggi, svolgimento della v icenda assai avvincente e buona interpretazione diegli attori principali. Da riscoprire.
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stefano capasso
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domenica 23 luglio 2023
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tra purezza e corruzione
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Terminati gli studi, Stefano torna a casa con la convinzione di farsi prete: il mondo con la sua corruzione morale, siamo in pieno Boom economico, non lo attira, forse lo spaventa. Il padre, facoltoso industriale milanese non ne vuole sapere e arriverà a fare qualsiasi cosa pur di farlo desistere, non ultimo lo scontro fisico.
Quello di Bolognini è un film duro, decisamente austero, seppur indebolito dal tempo nei temi che tratta. Attuale e credibile invece è l’intensità e il rigore con cui è affrontato il lavoro, tanto da fa rimpiangere certi film di quel periodo. Il tema della verità, della pulizia morale in contrasto all’avere, al potere e alla ricchezza è ovviamente un tema immortale ed è affrontato da Bolognini come si affronta una battaglia fisica.
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Terminati gli studi, Stefano torna a casa con la convinzione di farsi prete: il mondo con la sua corruzione morale, siamo in pieno Boom economico, non lo attira, forse lo spaventa. Il padre, facoltoso industriale milanese non ne vuole sapere e arriverà a fare qualsiasi cosa pur di farlo desistere, non ultimo lo scontro fisico.
Quello di Bolognini è un film duro, decisamente austero, seppur indebolito dal tempo nei temi che tratta. Attuale e credibile invece è l’intensità e il rigore con cui è affrontato il lavoro, tanto da fa rimpiangere certi film di quel periodo. Il tema della verità, della pulizia morale in contrasto all’avere, al potere e alla ricchezza è ovviamente un tema immortale ed è affrontato da Bolognini come si affronta una battaglia fisica. Quello tra padre e figlio è un vero corpo a corpo, ma è un incontro/scontro fisico anche quello tra Stefano e Adriana, usata dal padre come arma sessuale per indebolirlo. È anche il corpo disarticolato del giovane dipendente del padre, suicida per non poter affrontare la realtà. I corpi negli anni 60 hanno ancora un valore antico, fondamentale per la sopravvivenza, portano con sé ancora il retaggio di una cultura popolare, dell’uomo che ancora poco si interroga sulla condizione umana
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gianleo67
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mercoledì 12 dicembre 2012
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i turbamenti del giovane...perrin
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Finito il ginnasio, giovane e idealista rampollo di un magnate dell'editoria esprime la vocazione per il noviziato, prontamente osteggiata dallo spregiudicato genitore che cerca di farlo invaghire della sua audace e attraente accompagnatrice. Il dissidio interiore lo porterà ad una irrisolta crisi di cosienza.
Il diavolo indossa... il bikini, verrebbe da dire ammirando la sinuosa e provocante Schiaffino che si aggira sullo yacht del 'commenda' come una ammaliante e languida creatura tentatrice, cecando di sedurre con le sue grazie in bella mostra l'ingenuo promesso novizio di un imberbe Jacques Perrin. Ma il diavolo, o la tentazione, o la corruzione dello spirito è un concetto troppo sfuggente perche sia credibilmente evocato dal ricorso a categorie dicotomiche che ne escludano, con geometrico rigore, l'implicito relativismo etico e psicologico.
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Finito il ginnasio, giovane e idealista rampollo di un magnate dell'editoria esprime la vocazione per il noviziato, prontamente osteggiata dallo spregiudicato genitore che cerca di farlo invaghire della sua audace e attraente accompagnatrice. Il dissidio interiore lo porterà ad una irrisolta crisi di cosienza.
Il diavolo indossa... il bikini, verrebbe da dire ammirando la sinuosa e provocante Schiaffino che si aggira sullo yacht del 'commenda' come una ammaliante e languida creatura tentatrice, cecando di sedurre con le sue grazie in bella mostra l'ingenuo promesso novizio di un imberbe Jacques Perrin. Ma il diavolo, o la tentazione, o la corruzione dello spirito è un concetto troppo sfuggente perche sia credibilmente evocato dal ricorso a categorie dicotomiche che ne escludano, con geometrico rigore, l'implicito relativismo etico e psicologico. Il dramma esistenziale di Bolognini sembra perciò attagliarsi (complice una sceneggiatura non priva di un rigido schematismo di fondo e la quasi totale assenza di slanci lirici) sulla netta contrapposizione ideologica tra religiosità e materialismo, moralità e cinismo, sensualità e sentimentalismo, pragmatismo e idealismo, mantenendo tuttavia sia la debolezza espressiva di personaggi che mancano la complessità di una credibile dimensione umana (il prototipo di industriale ingordo che mira solo a tramandare potere e denaro, la bella arrivista che usa il suo corpo come merce di scambio per la scalata sociale, il casto giovinetto animato solo da un vago e astratto ascetismo), sia una fredda dialettica psicologica che sfugge al naturalismo di opere più riuscite ('La notte brava' - 1959) per ridursi ad un ridondante esercizio di stile , tra didascalismo e generica critica sociale (l'incipit con il preside che, alla consegna dei diplomi, prospetta ai suoi allievi maturandi le due correnti dominanti del 'pensiero occidentale' tra 'cattolicesimo borghese' e 'ateismo comunista'). Un film a tesi, si direbbe, che resta imbrigliato in una declamatoria verbosità, riscattato qua e là da una regia attenta, capace di una indiscussa originalità di linguaggio e momenti di migliore riuscita estetica (il baluginante gioco degli specchi che prelude, con pudico ardimento, alla iniziazione sessuale del giovane Raffaele; la crudele trappola con cui il gommone del 'commenda' preclude la fuga a nuoto dell'inquieto e ribelle figlioletto). Bravi comunque gli interpreti di cui si assecondano i peculiari caratteri fisionomici. Alain Cuny magnate dell'editoria dalla maschera severa e inflessibile; Jacques Perrin quale tenero e turbato adolescente cedevole al sensuale richiamo di 'Venere' ( come già ne 'La ragazza con la valigia' di Valerio Zurlini - 1961); La Schiaffino, angelo tentatore dal flessuoso corpo di sirena e il magnetico sguardo ferino.
Finale mesto e disincantato di emblematico simbolismo.
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