pietro berti
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domenica 29 marzo 2009
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frozen river
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FROZEN RIVER
USA 2008 Genere Drammatico, durata 97 minuti, Regia Cortney Hunt con Melissa Leo, M. O’Chife, Distribuzione: Archibald Enterprise, Note: il film ha ricevuto due nomination all’Oscar per la sceneggiatura della regista Courtney Hunt e per la bellissima e reale prova da interprete con il ruolo di protagonista della quarantottenne Melissa Leo. Il film è uscito in Italia completamente in sordina nonostante sia stato considerato la vera sorpresa del SUNDANCE 2008 e premiato al Festival Noir di Courmayeur a dicembre scorso e riconsiderato recentemente per la nomination all’Oscar ricevuta dalla bravissima e poco conosciuta protagonista Melissa Leo (21 grammi).
Melissa Leo interpreta magistralmente il ruolo di una donna con due figlie a carico che per riuscire seppure a fatica a tirare avanti, intraprende un’attività rischiosissima: ossia, rendere possibile agli immigrati clandestini il transito dal confine del Sud del Canada con il Nord degli Stati Uniti, utilizzando una riserva indiana considerata da entrambi gli Stati “Zona Franca”.
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FROZEN RIVER
USA 2008 Genere Drammatico, durata 97 minuti, Regia Cortney Hunt con Melissa Leo, M. O’Chife, Distribuzione: Archibald Enterprise, Note: il film ha ricevuto due nomination all’Oscar per la sceneggiatura della regista Courtney Hunt e per la bellissima e reale prova da interprete con il ruolo di protagonista della quarantottenne Melissa Leo. Il film è uscito in Italia completamente in sordina nonostante sia stato considerato la vera sorpresa del SUNDANCE 2008 e premiato al Festival Noir di Courmayeur a dicembre scorso e riconsiderato recentemente per la nomination all’Oscar ricevuta dalla bravissima e poco conosciuta protagonista Melissa Leo (21 grammi).
Melissa Leo interpreta magistralmente il ruolo di una donna con due figlie a carico che per riuscire seppure a fatica a tirare avanti, intraprende un’attività rischiosissima: ossia, rendere possibile agli immigrati clandestini il transito dal confine del Sud del Canada con il Nord degli Stati Uniti, utilizzando una riserva indiana considerata da entrambi gli Stati “Zona Franca”. Tutti gli interpreti lavorano ad alto livello; la regista seppur crudamente riesce a far penetrare all’interno della vicenda lo spettatore rendendolo compartecipe delle azioni che si svolgono durante il film. Da notare il finale che arreca nello spettatore un impatto emotivo molto forte. Come al solito, un grande film ben girato, ben interpretato e che tratta di una tematica attualissima e reale nella sua drammaticità esce nel nostro Paese senza la benché minima pubblicità su quello che è la storia che narra e su quello che è la drammaticità dello status di clandestino tra i confini del Nord America e del Sud del Canada. E’ un film emozionante che gli amanti del genere drammatico condito da attualità storica non possono perdersi. Una vera chicca. Consiglio ai cinefili di ricercare le pochissime sale in cui il film viene proiettato e di estraniarsi dal mondo che li circonda per entrare nel mondo di cui narra il film. Azione questa che non costa la benché minima fatica per lo spettatore, infatti la bravura della regista sta proprio nel fatto che lo spettatore si sente sin da subito proiettato non solo con la mente ma anche con il corpo all’interno della storia che viene narrata. Buona Visione. Pietro Berti
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[+] film veramente drammatico
(di bernardinus)
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robin
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lunedì 5 aprile 2010
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uno sguardo diverso sulle donne
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Bello. Bello vedere finalmente le donne rappresentate così come sono nella realtà, con le loro debolezze, coi loro sbagli, ma soprattutto con la loro tenace fermezza nel perseguire il consolidamento degli obiettivi importanti delle loro vite. Che sì, molto spesso ruotano attorno alla famiglia, ma questo non deve essere visto come un'autolimitazione alla propria libertà di essere umano, ma bensì come il saper portare avanti imprese spesso (e sempre PIU' spesso purtroppo, ultimamente) addirittura eroiche. La donna madre, la donna che resta senza l'uomo, senza il padre dei suoi figli; che perciò deve darsi da fare immediatamente perché la vita dei propri figli continui a scorrere nella ormalità, perlomeno apparentemente: ad analizzare le sfumature "psicologico-affettive" ci potrà pensare poi.
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Bello. Bello vedere finalmente le donne rappresentate così come sono nella realtà, con le loro debolezze, coi loro sbagli, ma soprattutto con la loro tenace fermezza nel perseguire il consolidamento degli obiettivi importanti delle loro vite. Che sì, molto spesso ruotano attorno alla famiglia, ma questo non deve essere visto come un'autolimitazione alla propria libertà di essere umano, ma bensì come il saper portare avanti imprese spesso (e sempre PIU' spesso purtroppo, ultimamente) addirittura eroiche. La donna madre, la donna che resta senza l'uomo, senza il padre dei suoi figli; che perciò deve darsi da fare immediatamente perché la vita dei propri figli continui a scorrere nella ormalità, perlomeno apparentemente: ad analizzare le sfumature "psicologico-affettive" ci potrà pensare poi. Interessante anche il rapporto tra le due protagoniste, la donna bianca (a cui dovrebbe riuscire più facile aggirare lo sguardo delle forze dell'ordine in quanto la si presuppone rispettosa delle leggi), abbandonata senza un dollaro, a pochi giorni da natale, da un marito dedito al gioco, che non vediamo mai ma che non possiamo che disprezzare da subito; e la donna indiana, che vive come una disgraziata in una roulotte barcollante, il cui marito è morto e il cui bambino le è stato sottratto dalla nonna, con il consenso più o meno scontato e tacito del Consiglio. Le due donne parlano pochissimo, si dicono solo lo stretto indispensabile proprio perché non hanno tempo da perdere: il loro solo fine è e resta quello di salvaguardare la prole a qualunque costo. Azzeccato poi ho trovato anche l'inserto della madre pakistana e del suo neonato, gettato come un rifiuto fuori dalla macchina perché nascosto dentro una borsa che poteva contenere qualunque cosa...La madre "paki" pare quasi voglia nascondergli il degrado e lo squallore in cui lei stessa, col marito, lo stava trascinando, probabilmente ben sapendo che questo avrebbe potuto anche costargli la vita. Ma proteggerlo comunque, nascondendolo, innanzitutto. E alla fine tutte e tre queste madri riusciranno nell'intento, anche se con sofferenza e comunque sempre scontando a caro prezzo ogni scelta. Piuttosto realistico, direi. Bravissima Courtney Hunt per la regia essenziale, le immagini sempre ben pesate e il ritmo perfetto.
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[+] patrizia, e non robin.
(di robin)
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francesco2
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mercoledì 7 aprile 2010
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il(vero)confine della solitudine
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Dunque,ci sono registe che prendono spunto dal ghiaccio per costruire film che, man mano che procedono, sprigionano calore e mi(Ci?)coinvolgono sempre di più.
Specificare che il ghiaccio è FISICO(Tra due stati AL CONFINE tra di loro, proprio come le esistenze delle due protagoniste: in sospeso quella della bianca, con una storia finita e due figli,e una promozionE(Sic!) che non arriva per motivi non meglio precisati, ma anche quella dell'indiana)sia quello materiale della vita delle due donne, che ricorda la Marsiglia che guédiguan descrive(Anche) con "La ville est tranquille", è addirittura superfluo.Solo che la Hunt non è Arriaga, che nel suo "Burning Plain"(Anche lì certi personaggi abitano in una roulotte) costruisce stori(ell)e di abbandoni, coppie e infelicità soapoperesche, né Sarah Polley, attrice del "Dolce domani",che nel suo "Away for her" prende spunto dal ghiaccio ma rischia di annoiarci con la (solita) coppia americana insieme da quarant'anni.
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Dunque,ci sono registe che prendono spunto dal ghiaccio per costruire film che, man mano che procedono, sprigionano calore e mi(Ci?)coinvolgono sempre di più.
Specificare che il ghiaccio è FISICO(Tra due stati AL CONFINE tra di loro, proprio come le esistenze delle due protagoniste: in sospeso quella della bianca, con una storia finita e due figli,e una promozionE(Sic!) che non arriva per motivi non meglio precisati, ma anche quella dell'indiana)sia quello materiale della vita delle due donne, che ricorda la Marsiglia che guédiguan descrive(Anche) con "La ville est tranquille", è addirittura superfluo.Solo che la Hunt non è Arriaga, che nel suo "Burning Plain"(Anche lì certi personaggi abitano in una roulotte) costruisce stori(ell)e di abbandoni, coppie e infelicità soapoperesche, né Sarah Polley, attrice del "Dolce domani",che nel suo "Away for her" prende spunto dal ghiaccio ma rischia di annoiarci con la (solita) coppia americana insieme da quarant'anni.No, il suo nonostante certe semplificazioni è veramente cinema abrasivo,soprattutto nella seconda parte.Vediamo perché.
Intanto il rapporto tra le due donne ha spesso(O sempre?) connotati ambigui:sin dall'inizio,quando si minacciano anche usando armi da fuoco, non si instaura una più o meno dolcistra solidarietà femminile, ma solo l'esigenza di collaborare che (contrad)distingue i reietti della società.Il rapporto coi figli,narrato avvalendosi di alcune semplificazioni didascaliche, non è privo di tenerezza ma neanche di tensione(Meglio, in ogni caso, delle "Stanze del figlio" nostrane).rapporto tra le due donne.Ma quello che imprime la vera svolta al film è la seconda parte:nei loro traffici, che non sono quelli alla portata del grande pubblico del pur bravo Sodersbergh, si accorgono che rischia di andarci di mezzo una vita umana.Ecco che si accorgono che un altro CONFINE è stato superato:quello che distingue(Almeno) gli esseri umani.Riporteranno a destinazione il bambino, forse morto forse no, dopo avere corso il rischio di essere identificate.Se ho definito il film abrasivo,è perché partendo da qui la Hunt approfitta per introdurci in un mondo di aguzini e vittime in fuga(bellissima la scena di quelle ragazze che fuggono), introducendoci allo stesso tempo ad una rilettura del rapporto tra le due donne.Complice anche la tensione che si respira tra madre e figlio(Mai giudicati, sono entrambi vittima e colpevole l'uno dell'altro), persino il "Lieto fine", dove la bianca si sacrifica momentaneamente per l'altra, finisce per non apparirmi dolciastro o ipocrita.
Quando alla fine del lavoro la regista ci mostra le scuse del ragazzo ad una vecchietta che aveva infastidito, e poco dopo la scena di un bambino su una giostra, costruisce in pochi
secondi due ritratti duri e teneri; ciò illumina sulla cifra stilistica dell'intero film, di fronte al quale sfigurano i simpatici lavori citati di Arriaga e della Polley, e che fa apparire anche "Thelma e Louise" una(parziale)ruffianata fatta per il grande pubblico,Peccato per due cose:la scarsa distribuione italiana(Sto a palermo, e qui il film non è neanche uscito, e il rapporto madre/figlio, non sempre purtroppo lontano da stereotipi del genere.
Molto brava l'interprete "bianca".
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filippo catani
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mercoledì 15 maggio 2013
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due donne e la clandestinità
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Una donna di mezza età si ritrova improvvisamente sola con due figli a carico. Il tutto perchè il marito è un giocatore d'azzardo incallito che si è giocato tutti i risparmi della coppia. I tre vivono in una casa fatiscente di lamiera e sognano di potersi trasferire in un prefabbricato. Per racimolare i soldi necessari, la donna in collaborazione con un'indiana pure lei con diversi problemi inizierà a fare il corriere per trasportare clandestini cinesi e non dal confine del Canada in America. Il tutto facendo una breve ma pericolosissima traversata di un fiume ghiacciato.
Vincitore al Soundance 2009, questo film ci interroga su diverse problematiche.
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Una donna di mezza età si ritrova improvvisamente sola con due figli a carico. Il tutto perchè il marito è un giocatore d'azzardo incallito che si è giocato tutti i risparmi della coppia. I tre vivono in una casa fatiscente di lamiera e sognano di potersi trasferire in un prefabbricato. Per racimolare i soldi necessari, la donna in collaborazione con un'indiana pure lei con diversi problemi inizierà a fare il corriere per trasportare clandestini cinesi e non dal confine del Canada in America. Il tutto facendo una breve ma pericolosissima traversata di un fiume ghiacciato.
Vincitore al Soundance 2009, questo film ci interroga su diverse problematiche. Innanzitutto vediamo una donna che tra una sigaretta e l'altra deve cercare di tirare avanti la propria famiglia. I soldi sono sempre troppo pochi e quindi molto spesso colazione, pranzo e cena si risolvono con il solito menu: popcorn e aranciata. Purtroppo la famiglia vive il terribile dramma di avere in casa (si fa per dire visto che è sempre assente) un padre con il vizio del gioco; un problema che anche dalle cronache recenti abbiamo visto assumere un peso importante e drammatico anche nel nostro paese. Il lavoro che la donna deve fare e avvilente e poco remunerato e soprattutto l'aumento tanto promesso non le è stato mai accordato al contrario di quanto avvenuto per una commessa decisamente più avvenente e capace di mostrare al capo le sue "grazie". Allora non resta che la clandestinità ed ecco allora la conoscenza con una giovane e problematica ragazza indiana anche lei madre di un figlio che le è stato sottratto dalla suocera. E cos' due ragazze al confine della società cercheranno di aiutare dei clandestini a varcare quello stesso confine (non posso credere che delle persone paghino per venire quì afferma la bravissima e candidata all'Oscar Leo). Bisognerà fare i conti con la mafia cinese che gestisce il traffico di esseri umani ma anche di piccoli delinquenti che cercano di fare soldi con questo "commercio". Due traghettatrici disperate per persone altrettanto disperate che impiegheranno anni di lavoro per ripagare il passaggio ricevuto verso l'America. Un film tosto e duro che prende allo stomaco lo spettatore e lo scuote profondamente.
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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frozen river di courtney hunt - da non perdere
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Nel Nord dello Stato di New York, Ray Eddy (Leo) vive in una roulotte e sogna una vita migliore. Quando il marito la lascia e si porta via i soldi con cui intendeva pagare la casa, la donna è costretta, per mantenere i due figli, a trovarsi un lavoro redditizio: il contrabbando di clandestini verso il Canada. Film d’esordio della regista-sceneggiatrice Hunt, premiato al Sundance e al San Sebastian e nominato a due Oscar (attrice e sceneggiatura originale). Girato a basso costo in quattro settimane, è un livido ritratto dell’America che non si conosce che Tarantino ha definito “il miglior thriller dell’anno…mozzafiato”. È infatti un bel thriller, con numerose sequenze di alto livello, che si avvalgono anche dell’interpretazione della Leo, che racconta una storia disperata per la sopravvivenza in un mondo dove nessuno aiuta gli altri.
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Nel Nord dello Stato di New York, Ray Eddy (Leo) vive in una roulotte e sogna una vita migliore. Quando il marito la lascia e si porta via i soldi con cui intendeva pagare la casa, la donna è costretta, per mantenere i due figli, a trovarsi un lavoro redditizio: il contrabbando di clandestini verso il Canada. Film d’esordio della regista-sceneggiatrice Hunt, premiato al Sundance e al San Sebastian e nominato a due Oscar (attrice e sceneggiatura originale). Girato a basso costo in quattro settimane, è un livido ritratto dell’America che non si conosce che Tarantino ha definito “il miglior thriller dell’anno…mozzafiato”. È infatti un bel thriller, con numerose sequenze di alto livello, che si avvalgono anche dell’interpretazione della Leo, che racconta una storia disperata per la sopravvivenza in un mondo dove nessuno aiuta gli altri. Finale un po’ scontato con Ray che si sacrifica per l’amica Lila (Upham) accettando di finire in prigione al posto suo. Bei paesaggi, che in certe parti contano quasi più che non l’azione in sé. Comunque lascia aperta una porta per un eventuale lieto fine.
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ultimoboyscout
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domenica 11 dicembre 2011
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un grido forte di denuncia.
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Due donne, dopo aver vinto una naturale diffidenza iniziale, si troveranno ad unire i loro destini, aumentando una tacita intesa. Infatti si alleeranno per aiutare lavoratori clandestini stranieri a passare il confine tra Canada e Stati Uniti attraverso un fiume, il San Lorenzo, che nella stagione fredda congela. Prodotto fin troppo reclamizzato, si è anche gridato al capolavoro da più parti ma con troppa fretta, perchè se melissa Leo è brava e la Hunt pure (con riserva, è all'esordio) e il film comunque gira bene, sa fin troppo di rivisto, di convenzionale e soprattutto appare superato. La retorica prende il largo, il film appare minimalista mantenendo un profilo bassissimo, è scarsamente parlato e si aggrappa solo a volti ed eventi e simboli, come il fiume stesso, che da il titolo alla pellicola.
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Due donne, dopo aver vinto una naturale diffidenza iniziale, si troveranno ad unire i loro destini, aumentando una tacita intesa. Infatti si alleeranno per aiutare lavoratori clandestini stranieri a passare il confine tra Canada e Stati Uniti attraverso un fiume, il San Lorenzo, che nella stagione fredda congela. Prodotto fin troppo reclamizzato, si è anche gridato al capolavoro da più parti ma con troppa fretta, perchè se melissa Leo è brava e la Hunt pure (con riserva, è all'esordio) e il film comunque gira bene, sa fin troppo di rivisto, di convenzionale e soprattutto appare superato. La retorica prende il largo, il film appare minimalista mantenendo un profilo bassissimo, è scarsamente parlato e si aggrappa solo a volti ed eventi e simboli, come il fiume stesso, che da il titolo alla pellicola. La maternità è il tema centrale e la regista la racconta mescolando generi che sembrano non azzeccarci troppo come action e thriller all'immancabile dramma, con uno script essenziale e scolastico ma coraggioso che non vuole impietosire lo spettaore e nemmeno avvicinarlo alle disgraziate protagoniste, indurite da povertà, mediocrità e squallore quotidiano. Più delle parole contano i silenzi e le espressioni e proprio dall'espressività della Leo il film trae forza e giovamento. E' un ritratto di amicizia e solidarietà che sa tanto di difficoltà e disperazione, teso, intenso, che ha scelto la natura, il freddo e il ghiaccio (non il deseto, l'afa e la polvere del confine messicano) come co-protagonisti delle due donne sole che combattono contro qualcosa di puù grosso di loro, delle autorità e dei trafficanti di uomini: la voglia di fuga e di normalità.
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