olimpia
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lunedì 18 agosto 2008
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poesia sotto le bombe
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Pellicola che "corre" di gran carriera in una prima parte densa di momenti introspettivi e battute di una frizzante ironia per cambiare passo dopo la svolta rappresentata dallo scoppio della guerra che aleggerà sull'intera compagnia asserragliata in un bunker in attesa della sua fine. Non è facile far respirare ciò che essa rappresenta SENZA mostrare cadaveri o bandiere sventolanti, vale a dire la retorica propagandistica che la accompagna (e la giustifica) ma Lady Anderson con le sue parole, che suonano come una triste e ahimè, sempre di moda, verità: la gioia, o almeno la possibilità della gioia, in cambio della vita. Aspetti non secondari sono la cura dei particolari, la bellezza dei quadri viventi, veri e propri nudi artistici e i pezzi cantati, molto suggestivi.
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Pellicola che "corre" di gran carriera in una prima parte densa di momenti introspettivi e battute di una frizzante ironia per cambiare passo dopo la svolta rappresentata dallo scoppio della guerra che aleggerà sull'intera compagnia asserragliata in un bunker in attesa della sua fine. Non è facile far respirare ciò che essa rappresenta SENZA mostrare cadaveri o bandiere sventolanti, vale a dire la retorica propagandistica che la accompagna (e la giustifica) ma Lady Anderson con le sue parole, che suonano come una triste e ahimè, sempre di moda, verità: la gioia, o almeno la possibilità della gioia, in cambio della vita. Aspetti non secondari sono la cura dei particolari, la bellezza dei quadri viventi, veri e propri nudi artistici e i pezzi cantati, molto suggestivi.
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alessandro stefanini
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mercoledì 11 gennaio 2006
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lady handerson godibile
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Amore, teatro, belle musiche, mille costumi,luci della ribalta, il tutto condito in una Londra grigia con alle porte la seconda guerra mondiale e l'inizio del genocidio degli ebrei.
Protagonisti della vicenda una nobile e ricca donna che vive la sua vita come fosse un teatro. Accanto a lei un genio dello spettacolo che porta al successo un piccolo teatro di periferia, grazie anche all'aiuto di nudità femminili che rimangono sempre sullo sfondo e non risultano mai volgari.
Judi Dench e Bob Hoskins bravi come sempre, anche se non al meglio.Una commedia semplice e leggera a tratti commovente gustosa e godibile.
Alla fine il bene trionfa sul male,la gioia sul dolore,l'odio sull'amore e l'arte del teatro sulla guerra.
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maura
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venerdì 13 gennaio 2006
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magari tornasse il varietà!
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Non dirò nulla di accattivante, voglio solo dire che mi sono divertita in modo genuino, nonostante qualche momento di effettiva banalizzazione delle situazioni e qualche scelta a mio parere estrema e veloce (in dieci minuti la bellissima Maureen dalle forme di burro e dal cuore di ghiaccio si innamora, si licenzia perché è rimasta incinta, manifesta il suo dolore per la partenza del soldato, esce di corsa dal teatro e muore). Comunque non l'ho trovato così orripilante e banale, avevo voglia di una vera commedia e l'ho trovata. Peccato per certi dialoghi mielosetti nel finale, ma forse la sceneggiatura non voleva essere troppo impegnata. Squisita l'attrice protagonista, e squisito anche il bassotto.
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Non dirò nulla di accattivante, voglio solo dire che mi sono divertita in modo genuino, nonostante qualche momento di effettiva banalizzazione delle situazioni e qualche scelta a mio parere estrema e veloce (in dieci minuti la bellissima Maureen dalle forme di burro e dal cuore di ghiaccio si innamora, si licenzia perché è rimasta incinta, manifesta il suo dolore per la partenza del soldato, esce di corsa dal teatro e muore). Comunque non l'ho trovato così orripilante e banale, avevo voglia di una vera commedia e l'ho trovata. Peccato per certi dialoghi mielosetti nel finale, ma forse la sceneggiatura non voleva essere troppo impegnata. Squisita l'attrice protagonista, e squisito anche il bassotto. Mi si è riempito il cuore a vedere tutto quel grandioso spettacolo di varietà, con ballerine e cantanti e una scenografia ogni volta spettacolare e innovativa. Proprio quel varietà bello, artistico e divertente di cui (a mio ferreo giudizio) la nostra televisione e il nostro teatro sente molto la mancanza (e non ho 50 anni, ne ho 10 per gamba).
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a.l.
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lunedì 9 gennaio 2006
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noblesse oblige
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“Lady Henderson presenta”, l’ultimo lavoro di Stephen Frears, più che un bel film, pare un’elegante lezione di stile impartita, con una certa dose di ironia, al mondo dello spettacolo, che è, o appare, caratterizzato da trivialità e cinismo. Già la personalità bizzarra dei due protagonisti della vicenda, un’eccentrica miliardaria londinese e il direttore del glorioso Windmill Theatre, sembrano essere usciti fuori dalla estrosa e assai poco attuale penna di un Oscar Wilde o di un Bernard Shaw. Invece nel raccontare il burrascoso rapporto fra un tirannico mecenate e un artista orgogliosissimo del proprio talento l’autore si è ispirato a persone e a fatti reali, confidando per la loro riproduzione sullo schermo quasi esclusivamente su due colossi della scena inglese, Judi Denk e Bob Hoskins, e sulla briosa sceneggiatura di Martin Sherman.
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“Lady Henderson presenta”, l’ultimo lavoro di Stephen Frears, più che un bel film, pare un’elegante lezione di stile impartita, con una certa dose di ironia, al mondo dello spettacolo, che è, o appare, caratterizzato da trivialità e cinismo. Già la personalità bizzarra dei due protagonisti della vicenda, un’eccentrica miliardaria londinese e il direttore del glorioso Windmill Theatre, sembrano essere usciti fuori dalla estrosa e assai poco attuale penna di un Oscar Wilde o di un Bernard Shaw. Invece nel raccontare il burrascoso rapporto fra un tirannico mecenate e un artista orgogliosissimo del proprio talento l’autore si è ispirato a persone e a fatti reali, confidando per la loro riproduzione sullo schermo quasi esclusivamente su due colossi della scena inglese, Judi Denk e Bob Hoskins, e sulla briosa sceneggiatura di Martin Sherman. Ci si può chiedere quale affinità abbia trovato il regista di “Piccoli affari sporchi” fra l’emarginazione delle suburre londinesi e un rutilante palcoscenico del West Ende, che mentre cadevano le bombe della seconda guerra mondiale sulla città faceva spogliare per i soldati le sue showgirl: in realtà, per deboli e perdenti non c’è mai pace , e chi è vittima della trincea, reale o metaforica, lo è inutilmente; astuzia, senso dell’ironia, eros ed arte non riscattano una società iniqua ma consentono di sopravvivere nell’unica maniera possibile. Nello spumeggiante battibecco fra Lady Henderson e l’impresario ebreo Van Damm vengono allo scoperto gradualmente le ragioni etiche del loro modo di essere e la profonda serietà con cui essi intendono il loro mestiere: sui campi di battaglia giovani uomini perdono la vita senza aver conosciuto la bellezza del corpo femminile ed allora offrire sulla scena una raffinata esposizione di Veneri nude, immobili come fossero quadri, è pura filantropia. Il frizzante anacronismo del lungometraggio consiste proprio in questo rappresentare, in una forma a metà tra il musical e la commedia brillante, una concezione morale del fare spettacolo antitetica a quella che emerge oggi con tanta ossessione ed elementare chiarezza nei vari“Saranno famosi”: fame e dignitose necessità materiali motivano le dee della “Revue-de-ville”e non il “quarto d’ora “di celebrità da raggiungere a qualsiasi prezzo, nessuno sciacallaggio o bieco interesse di altro genere o disprezzo contaminano un ambiente di lustrini e seni al vento paradossalmente integerrimo e persino puritano, un grande involucro familiare e protettivo, dove conta solo la dedizione alla nobile missione di consolare una Nazione in affanno. In effetti la pellicola in un saggio dedicato a una storia della nudità meriterebbe una nota a pie’ di pagina, assieme a “Cantando dietro i paraventi” di Ermano Olmi, dove emerge la stessa contrapposizione fra fascino muliebre e armi: “Mr Henderson presenta” nei suo quadri viventi rimanda alle divinità svestite dei musei(combinazione fortunata: fino al 29 gennaio 2006 saranno esposti alle Reali Poste, a Firenze, sotto il titolo “Nel giardino dell’Eden e nelle selve di Olimpo” 36 capolavori sul concetto di nudità fra il sacro ed il profano) e ci pone di fronte alla sconsolante perdita di potere perturbante del corpo svestito. Il mito greco racconta dell’indovino Tiresia punito con la cecità per aver visto Atena fare il bagno nuda nell’acque di un fiume. I calendari patinati delle nostre “bambole”, non hanno mai accecato nessuno, che si sappia…
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