okkiblu
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mercoledì 15 giugno 2005
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w il cinema italiano
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Sicuramente salvatores non sarà ricordato principalmente per questo film ma di sicuro la qualità non manca. Un film dall'aspetto un pò cupo si, ma contrastato da dialoghi freschi moderni e mai banali, geniale l'idea di far parlare il "passato" attraverso vhs lasciando trasparire nella protagonista tutta l'angoscia e la disperazione in poche scene MUTE, abilità non solo del regista ma anche della grintosa ma sensibilissima giorgia interpretata magistralmente da ANGELA BARALDI, attrice emergente (ma non troppo) e cantante di alto spessore,che non fa rimpiangere nemmeno un pò le DIVE di hollywood (tutte forme e poco cervello). Anche gli attori non protagonisti sono messi tutti al posto giusto e al momento giusto senza troppi fronzoli o frasi fatte.
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Sicuramente salvatores non sarà ricordato principalmente per questo film ma di sicuro la qualità non manca. Un film dall'aspetto un pò cupo si, ma contrastato da dialoghi freschi moderni e mai banali, geniale l'idea di far parlare il "passato" attraverso vhs lasciando trasparire nella protagonista tutta l'angoscia e la disperazione in poche scene MUTE, abilità non solo del regista ma anche della grintosa ma sensibilissima giorgia interpretata magistralmente da ANGELA BARALDI, attrice emergente (ma non troppo) e cantante di alto spessore,che non fa rimpiangere nemmeno un pò le DIVE di hollywood (tutte forme e poco cervello). Anche gli attori non protagonisti sono messi tutti al posto giusto e al momento giusto senza troppi fronzoli o frasi fatte. W le attrici italiane come ANGELA BARALDI che rappresentano noi donne italiane, belle e sensibili, dolci e grintose, w il cinema italiano originale come questo film con un finale non scontato e con dialoghi a volte divertenti a volte introspettivi ma sicuramente mai banali o patetici come i dialoghi dei film americani, w la musica italiana rappresentata alla grande in questo film con la fantastica voce rock e calda di ANGELA BARALDI e con pezzi poco "commerciali" ma che hanno fatto storia come PUGNI CHIUSI dei RIBELLI. Insomma un film dove c'è dentro tutta l'arte di una ITALIA che non ha niente da invidiare al cinema hollywoodiano.
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procinema
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domenica 26 giugno 2005
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bello il contenuto... ma attenti alla forma!
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Ieri sera sono andato a vedere Quo vadis baby di Salvatores, film girato in digitale.
Preciso subito che è proprio un gran bel film! Mi è piaciuto moltissimo.
Ero però anche molto curioso di vedere la qualità delle immagini (il cinema proiettava una copia su pellicola).
Durante i primi due minuti ho seguito il film con la morte nel cuore. "La pellicola è morta", ho pensato. La definzione era ottima, impeccabile. Poi pian piano che il film proseguiva (girato per il 95% in ambienti scuri ed in interni) mi accorgevo che qualcosa non quadrava. Mancanza assoluta di spazialità. Le immagini spalmate su un unico piano, l'illusione della tridimensionalità (fenomeno presente con le proiezioni in pellciola) era del tutto assente.
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Ieri sera sono andato a vedere Quo vadis baby di Salvatores, film girato in digitale.
Preciso subito che è proprio un gran bel film! Mi è piaciuto moltissimo.
Ero però anche molto curioso di vedere la qualità delle immagini (il cinema proiettava una copia su pellicola).
Durante i primi due minuti ho seguito il film con la morte nel cuore. "La pellicola è morta", ho pensato. La definzione era ottima, impeccabile. Poi pian piano che il film proseguiva (girato per il 95% in ambienti scuri ed in interni) mi accorgevo che qualcosa non quadrava. Mancanza assoluta di spazialità. Le immagini spalmate su un unico piano, l'illusione della tridimensionalità (fenomeno presente con le proiezioni in pellciola) era del tutto assente. Colori freddi, acidi. Gli interni sempre bluastri; gli esterni giallognoli. Certo è una scelta stilistica, ma la pellicola sa conferire ben altre dominanti, andate a vedere "Io non ho paura" dove l'uso del colore produce ben altre fotografie. Le ombre completamente chiuse (cioè troppo scure); le alte luci, miseramente sfondate. La facciata esterna di un palazzo nel punto più luminoso era addirittura solarizzata. La scelta di girare in digitale un film ambientato in interni bui è stata strategica. Un film "normale" non avrebbe "retto". Sin'ora il digitale si è comportato da "vigliacco": tenta delle sortite solo laddove riesce a nascondere i suoi difetti (si pensi a Star Wars, film quasi d'animazione, o a Profondo Blu, molto simile ad uno screen saver).
Feeling: quello di un colossale televisore, straordinariamente nitido, ma un televisore. Ero con degli amici, i quali non se ne fregano nulla della pellicola, eppure uno di loro ha efficacemente detto:
"io vengo al cinema e non mi vedo i film in DVD proprio PER NON VEDERE COSI'. Se questo è il cinema del futuro allora mi fanno passare la voglia di vedere il cinema al cinema."
Non ditemi che una proiezione con un DLP avrebbe risolto questi problemi, giacché i difetti osservati (colore, contrasto e scarsa latitudine) non dipendono dalla proiezione.
La morale è: inseguire l'altissima definizione con scansioni a 2, 4 o 8K è una chimera. La pellicola ha ben altre frecce al suo arco.
Tutti quelli che hanno a che fare col cinema penso che dovrebbero stare molto attenti: le "sirene incantatrici" dei risparmi, dell'efficienza e della praticità d'uso, rischiano di distruggere il cinema come noi lo conosciamo.
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[+] un film alla salvatores, cioè brutto.
(di red)
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michele il critico
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venerdì 3 giugno 2005
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quo vadis, baby
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In una Bologna cinematografica e prevalentemente notturna, un'investigatrice privata riceve un passato "dimenticato", che la riguarda, in un pacco sigillato: al suo interno vi sono videocassette contenenti le ultime confessioni della sorella suicidatasi sedici anni prima. Inizia così il calvario della protagonista che, attraverso l'indagine sul dimenticato (che però incombe e limita), cerca di ritrovare sè stessa in un contesto pulsionale condizionato che nasconde una verità traumatica. Deciderà di recuperare la normalità liberandosi da questo senza però andare a fondo.
Salvatores, rinunciando ad una dimensione naturalistica e razionale, cerca di far emergere l'inconscio come motore dell'intreccio: l'atmosfera buia, i dialoghi spogli e simbolici, il passato che si sovrappone al presente attraverso ricordi e parole che ricorrono e si incastrano, gli eventi che si determinano quasi spinti da forze superiori e l'uso di estranianti e fluidi movimenti di macchina che sembrano quasi voler scavare all'interno di qualcosa evidenziano tale operazione.
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In una Bologna cinematografica e prevalentemente notturna, un'investigatrice privata riceve un passato "dimenticato", che la riguarda, in un pacco sigillato: al suo interno vi sono videocassette contenenti le ultime confessioni della sorella suicidatasi sedici anni prima. Inizia così il calvario della protagonista che, attraverso l'indagine sul dimenticato (che però incombe e limita), cerca di ritrovare sè stessa in un contesto pulsionale condizionato che nasconde una verità traumatica. Deciderà di recuperare la normalità liberandosi da questo senza però andare a fondo.
Salvatores, rinunciando ad una dimensione naturalistica e razionale, cerca di far emergere l'inconscio come motore dell'intreccio: l'atmosfera buia, i dialoghi spogli e simbolici, il passato che si sovrappone al presente attraverso ricordi e parole che ricorrono e si incastrano, gli eventi che si determinano quasi spinti da forze superiori e l'uso di estranianti e fluidi movimenti di macchina che sembrano quasi voler scavare all'interno di qualcosa evidenziano tale operazione.
Ricco di citazioni cinefile (anzi pregno di una strutturale cinefilia), il film ha il pregio di saper raccontare per immagini in maniera mai convenzionale ed appassionante.
VOTO ***
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martedì 14 giugno 2011
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"da morire..."
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-"Ti sei divertito?" - "Da morire..." - Così dice il bimbo vestito da "scheletro" al ritorno da una festa in costume. Una delle divertenti battute di questo thriller tutto italiano di Salvatores. La trama non è banale, gli attori sono scelti bene e la colonna sonora è ai massimi livelli. Non bisogna paragonarlo a un "polar" francese, altrimenti ne esce sconfitto, perchè qua manca la crepuscolarità del cinema di Melville, Lautner, Bresson. Va visto come una novità. La protagonista (Angela Baraldi), inquieta e tormentata, vuole capire di più del suicidio della sorella, un mistero che dura da sedici anni, e svolge così indagini personali andando incontro alla verità, che le riserverà notizie sconvolgenti e tristissime.
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-"Ti sei divertito?" - "Da morire..." - Così dice il bimbo vestito da "scheletro" al ritorno da una festa in costume. Una delle divertenti battute di questo thriller tutto italiano di Salvatores. La trama non è banale, gli attori sono scelti bene e la colonna sonora è ai massimi livelli. Non bisogna paragonarlo a un "polar" francese, altrimenti ne esce sconfitto, perchè qua manca la crepuscolarità del cinema di Melville, Lautner, Bresson. Va visto come una novità. La protagonista (Angela Baraldi), inquieta e tormentata, vuole capire di più del suicidio della sorella, un mistero che dura da sedici anni, e svolge così indagini personali andando incontro alla verità, che le riserverà notizie sconvolgenti e tristissime. Tutto il film è imperniato sulla solitudine accettata di Giorgia ed è arricchito da musiche eccellenti che accompagnano ogni sequenza al meglio. Una storia coinvolgente, a patto di vivere minuto per minuto al fianco della protagonista, nelle sue notti insonni, nelle ricerche a Roma, nelle sue uscite a cena con amici e colleghi di lavoro. La pellicola è molto buia, ma questo è un pregio e aumenta il mistero della vicenda. Tre belle sequenze: Giorgia mentre canta malinconica "Impressioni di Settembre" in casa sua. L'incontro con il suo bizzarro amico venditore di "hot dog" che ama alla follia le canzoni anni '60. Le sue assurde, ma divertenti, battute al ristorante con il nuovo amico e corteggiatore che... Salvatores ha fatto di meglio, questa è forse una "divagazione", ma di thriller così malinconici e ben girati in Italia se ne sono visti davvero pochi. - di "Joss" -
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marta
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mercoledì 25 maggio 2005
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finalmente un film che fa il film
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NN centra niente con gli ultimi di Salvatores. Finalmente un film che fa il film. C'è una trama, un bella sceneggiatura, delle inquadrature notevoli (si vede tutto uno studio dietro: le luci calde, l'inquadratura nn è mai simmetrica ma tiene sempre i personaggi al centro della scena, molto stiloso come ambientazione e curato nei dettagli). Mi è piaciuto alquanto, finalmente un film dove le donne nn sono rappresenate solo come isteriche malete insicure e il mondo ha solo problemi esistenzaiali, come praticamente tutti i film dopo l'ultimo bacio di muccino, ma è un noir ispsirato ad un romanzo di Grazia Verasani (e qui ho capito come mai la figura del personaggio principale nn era stereotiapata, solo un'altra donna poteva rappresentarci cosi bene!) Grande la colonna sonora
Per me è da andare a vedere.
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lucariello roundabout
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venerdì 24 giugno 2005
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una provocazione...
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Una provocazione tanto per cominciare: Salvatores può considerarsi il Kubrick italiano? Nello scavare a fondo nei generi sicuramente. Dopo la trilogia sull'amicizia e sul viaggio, dopo l'impegno politico, la fantascienza, la filosofia, lo scontro generazionale e la cronaca Salvatores approda al noir. Lo fa con un film asciutto, monocromatico e a sprazzi ben recitato (con il cameo di Bebo Storti da ricordare). Qualche spruzzata di buona musica (la maestosa "Impressioni di settembre" assurge finalmente a colonna sonora) e una storia che intreccia le vicende di vari personaggi tra passato e presente, tra vita e morte. La tecnica di ripresa è eccellente, la maturazione di Salvatores è ormai evidente.
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Una provocazione tanto per cominciare: Salvatores può considerarsi il Kubrick italiano? Nello scavare a fondo nei generi sicuramente. Dopo la trilogia sull'amicizia e sul viaggio, dopo l'impegno politico, la fantascienza, la filosofia, lo scontro generazionale e la cronaca Salvatores approda al noir. Lo fa con un film asciutto, monocromatico e a sprazzi ben recitato (con il cameo di Bebo Storti da ricordare). Qualche spruzzata di buona musica (la maestosa "Impressioni di settembre" assurge finalmente a colonna sonora) e una storia che intreccia le vicende di vari personaggi tra passato e presente, tra vita e morte. La tecnica di ripresa è eccellente, la maturazione di Salvatores è ormai evidente. La sceneggiatura, però, arranca. Non mi hanno convinto l'uso del flashback, troppo distante dalle intenzioni stilistiche del film (godibile, invece, la trovata delle videocassette che sostituiscono le classiche memorie scritte), e le invadenti citazioni cinefile stile Bertolucci. In più per raccontare una storia cupa, quasi claustrofobica, si assurge al ricorso di una scrosciante pioggia stile "Seven", con il risultato che non si capisce se l'ambientazione del film sia Bologna o Piovarolo. In definitiva un passo indietro rispetto a "Io non ho paura", ma tutto sommato un buon prodotto per il cinema italiano e una pellicola non minore nella filmografia di Salvatores. La battuta da ricordare: "Nel frattempo abbiamo questa vita con una data di scadenza ben definita. Tutto sommato siamo messi peggio rispetto ai replicanti di Blade Runner"
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(di ilaria)
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oscardabagno
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domenica 5 giugno 2005
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beato chi si accontenta
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Sarà forse la necessità di essere critici (leggasi ‘severi’) a tutti i costi, ma non mi trovo completamente d’accordo con moltii giudizi espressi dalla critica. Non perché non siano interessanti, ma perché una volta enucleati i motivi del ‘perché no’ andrebbero espressi, credo, anche quelli del ‘perché sì’, a prescindere dal finale dell’articolo di Jattarelli, che così testualmente recita: “Quo Vadis, Baby? rischia di essere ricordato come il primo film italiano dotato di product placement (una volta si chiamava pubblicità occulta) in piena regola. Beato chi si accontenta.”
Ecco la prima critica che muovo, ossia sul ‘come’ si critica. Dov’è la proposta? Proprio perché adoro la critica propositiva, mi deprime leggere ancora finali come quello sopra riportato.
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Sarà forse la necessità di essere critici (leggasi ‘severi’) a tutti i costi, ma non mi trovo completamente d’accordo con moltii giudizi espressi dalla critica. Non perché non siano interessanti, ma perché una volta enucleati i motivi del ‘perché no’ andrebbero espressi, credo, anche quelli del ‘perché sì’, a prescindere dal finale dell’articolo di Jattarelli, che così testualmente recita: “Quo Vadis, Baby? rischia di essere ricordato come il primo film italiano dotato di product placement (una volta si chiamava pubblicità occulta) in piena regola. Beato chi si accontenta.”
Ecco la prima critica che muovo, ossia sul ‘come’ si critica. Dov’è la proposta? Proprio perché adoro la critica propositiva, mi deprime leggere ancora finali come quello sopra riportato. Che avrebbe dovuto fare il buon Totti per trovare i quattrini per il film? E quella conversazione fra loro ve l’immaginate?: “Vabbè, Gabriele, accettalo come il minore dei mali. Tutto sommato molti neanche se ne accorgeranno...”. Chi scrive, infatti, non se n’era accorto, ma notava e nota altri dettagli, probabilmente più legati alla sceneggiatura e alla regia.
E iniziamo proprio da Salvatores, il quale è professionalmente molto cresciuto in questi ultimi anni, soprattutto perché ora nella scelta degli interpreti pensa un po’ meno agli amici e un po’ più alla credibilità dei loro volti rispetto alla sceneggiatura. Salvatores (finalmente autonomo) muove oggi la macchina con una tecnica linguistica e una disinvoltura decisamente apprezzabili e spendibili sul piano internazionale. Salvatores risolleva innanzitutto le sorti di quel punto indebolitosi e, per dirla con Troisi, ‘ricomincia da tre’, facendo cioè tesoro del proprio passato di cineasta sperimentale.
La sceneggiatura è debole (?), ha dei buchi (?), per cui non si sa nemmeno se, oltre al gatto, quel videotape alla fine sia stato visto da altri (a parte noialtri ‘spioni’ in sala, naturalmente)? Ma in fondo che fa? Perché dobbiamo essere così severi con un film di genere che nulla pretende se non di salire nel gradimento settoriale e che illumina oggi Salvatores in modo diverso dal solito, mostrandocelo forse più divertito (a fare il film) che impegnato? Tutto sommato meglio rigenerarsi e bagnarsi in altre acque, magari sperimentando nuovi generi, piuttosto che sclerotizzarsi con serial cine–televisivi abbrutenti (per lui e per noi…).
Daniele Iosimi, Roma
oscardabagno@tiscali.it
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(di laurent)
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