fabrizio dividi
|
domenica 10 novembre 2013
|
una vita in scatola
|
|
|
|
5 anni prima di Air doll, Koreeda sembra voler prepararsi alla sua meravigliosa fiaba di Noriko-Pinocchio raccontando la vicenda del dodicenne Akira, in una sorta di rielaborazione contemporanea di "Una tomba per le lucciole" di Miyazaki. La storia è di quelle che non lasciano speranza: una madre in fuga dalle proprie responsabilità abbandona i suoi 4 figli in un appartamento di 16 metri quadri e come unica forma di educazione detta regole più adatte ai Greemlins che non a dei bambini di 8 anni: mai urlare, mai uscire di casa, dunque mai esistere.
[+]
5 anni prima di Air doll, Koreeda sembra voler prepararsi alla sua meravigliosa fiaba di Noriko-Pinocchio raccontando la vicenda del dodicenne Akira, in una sorta di rielaborazione contemporanea di "Una tomba per le lucciole" di Miyazaki. La storia è di quelle che non lasciano speranza: una madre in fuga dalle proprie responsabilità abbandona i suoi 4 figli in un appartamento di 16 metri quadri e come unica forma di educazione detta regole più adatte ai Greemlins che non a dei bambini di 8 anni: mai urlare, mai uscire di casa, dunque mai esistere. Akira ci prova a dare senso alla anomala forma familiare di cui si fa carico con la sorella più grande, ma il tragico fallimento è inevitabile e senza sconti.
Le analogie con il seguente Air doll però sono talmente evidenti da non essere casuali e meritano senz'altro una breve escursione. Anche 'Nessuno sa' infatti è una storia di maturazione personale che da un mondo limitato e limitante (una stanza angusta, in entrambi i casi) porta ad una esplorazione progressiva di un mondo esterno (la città, ovviamente) fatto di piccoli spazi, di eroi del quotidiano, di incontri solidali e di avventure apparentemente insignificanti ma che fanno crescere un po' alla volta. Quello esterno è anche il mondo del lavoro che affranca, dei sentimenti spesso distorti ma liberatori e delle merci ben impilate nei tipici store giapponesi che rappresentano l'ordine sociale in contrapposizione alla caotica accumulazione privata che rispecchia la dis-integrazione sociale dei protagonisti.
'Solo come un gioiello nel fango nessuno mi avvicina; sto crescendo' recita la canzone finale e s'intonia perfettamente con quel diamante che è Noriko e come la eterea protagonista di Air doll che vola nella sua stanza per esplorare i pianeti artificiali appesi al soffitto della sua stanza, in 'Nessuno sa' sono gli aerei a rappresentare la estrema forma di fuga, agognata, impossibile da realizzare anche solo nei sogni più estremi.
E infine l'analogia più simbolica e dichiarata: la casa di Akira è pervasa di scatole. Scatole di cartone, confezioni di cibo riutilizzate che diventano vasi, giocattoli, piatti e bicchieri. La casa stessa è una scatola che contiene i bambini come quegli scatoloni che contengono peluche e robot. Ma soprattutto borsoni e valige, in entrambi i film luogo di nascita e morte, ventri e bare per bambole gonfiabili, orsetti ed esseri umani: principio e fine di esistenze sintetiche e artificiali con la condivisione sociale, rara e preziosissima, come unica forma di salvezza possibile.
@fabdividi
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabrizio dividi »
[ - ] lascia un commento a fabrizio dividi »
|
|
d'accordo? |
|
paola di giuseppe
|
giovedì 23 giugno 2011
|
quattro bambini nella giungla
|
|
|
|
Un libro della giungla, ma senza i lupi, Bagheera e Baloo.
Solo la giungla, quella metropolitana, Tokyo, con i grattacieli, le strade perfette e la sua bella monorotaia che arriva all’aeroporto di Haneda, dove si vanno a vedere gli aerei ed eventualmente a seppellire, di notte, in una buca scavata alla meno peggio, il corpicino di Yuki, caduta dalla sedia sulla veranda e mai più rialzatasi.
La giungla e quattro bambini, Akira è il più grande, 12 anni, e fa da padre, madre e fratello maggiore.
Fa la spesa, cucina, lava, cerca qualche soldo quando finiscono quelli lasciati dalla madre che li ha abbandonati, non ruba, ha un senso morale straordinario, probabilmente innato perché nessun progetto educativo è stato attuato per lui, vorrebbe tanto andare a scuola ma può solo guardare l’edificio da lontano.
[+]
Un libro della giungla, ma senza i lupi, Bagheera e Baloo.
Solo la giungla, quella metropolitana, Tokyo, con i grattacieli, le strade perfette e la sua bella monorotaia che arriva all’aeroporto di Haneda, dove si vanno a vedere gli aerei ed eventualmente a seppellire, di notte, in una buca scavata alla meno peggio, il corpicino di Yuki, caduta dalla sedia sulla veranda e mai più rialzatasi.
La giungla e quattro bambini, Akira è il più grande, 12 anni, e fa da padre, madre e fratello maggiore.
Fa la spesa, cucina, lava, cerca qualche soldo quando finiscono quelli lasciati dalla madre che li ha abbandonati, non ruba, ha un senso morale straordinario, probabilmente innato perché nessun progetto educativo è stato attuato per lui, vorrebbe tanto andare a scuola ma può solo guardare l’edificio da lontano.
Non è surreale, questo film, è solo un film che si può definire minimalista, se possiamo surrogare il termine da altre arti.
Spostamenti minimi, sembrano le variazioni per quattro organi di Steve Reich, nessuna direzione imposta dall’autore, un’ architettura costruita sulla ripetitività.
Più di due ore durante le quali questi bambini vivono l’unica vita che sia dato loro di vivere, figli di padri diversi ma tranquillamente decisi a rimanere uniti, non finendo in mano ai servizi sociali che li separerebbero.
E allora non escono di casa per non farsi scoprire dai vicini, l’unico che risulti ufficialmente è Akira che va e viene con le borse della spesa (fin quando può farla), la madre c’è solo all’inizio, poi sparisce del tutto, ed è una giovane totalmente irresponsabile, un vero caso clinico, dolce, allegra e irresponsabile. Affida ad Akira i fratelli e segue l’ultimo amore, dice che tornerà per Natale ma poi, forse, si dimentica.
Al singolare gruppo di famiglia si unirà, nel finale, la malinconica Saki, sembra di buona famiglia, ma anche lei è totalmente sola e quasi venuta dal nulla.
Il mondo adulto scorre totalmente indifferente ai margini di questo ménage, nessuno lo sa, questi bambini sono inesistenti per la società che non si accorge di loro, il regista ci fa respirare il vuoto che li circonda.
Il caso è di cronaca “Nel giugno del 1988 il proprietario di un appartamento in affitto a Tokyo, sospettando che vi abitassero solo dei bambini, non avendo più visto la loro madre, chiamò la polizia. Furono trovate due bambine, di 7 e 3 anni, in condizioni di grave malnutrizione, e il corpo di un bambino appena nato, nascosto in un sacchetto di plastica. Più tardi fu rinvenuto il fratello più grande, di 14 anni.”, dunque nessuno stupore, cose così accadono, ma quel che conta è la scelta stilistica di Hirokazu Koreeda, il suo intento espressivo nel coinvolgere chi guarda con micro-variazioni sul tema.
Nulla di esibito, solo primi piani sul viso di Akira nei momenti più significativi, c’è un registrare meticoloso il tempo che passa assolutamente vuoto e senza prospettive, nessun rimando allusivo, quei bambini vivono come credono sia la vita e non reagiscono, piuttosto cercano di incunearsi in quella nicchia di sopravvivenza con un silenzio remissivo, che fa crescere nello spettatore un profondo senso di disagio.
S’instaura così un dialogo percettivo lungo il quale si consolida un’empatia totale con quelle vite sconosciute, ignote.
Resta, alla fine, uno smarrimento profondo misto a dolcezza nel vederli camminare insieme, ancora uniti, ora sono solo quattro, ripresi di schiena nel fermo immagine che chiude il film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paola di giuseppe »
[ - ] lascia un commento a paola di giuseppe »
|
|
d'accordo? |
|
luca scial�
|
lunedì 3 febbraio 2014
|
figli abbandonati alla prova della vita
|
|
|
|
In un piccolo appartamento di Tokyo prendono casa una signora e il suo figlio 11enne. Ma la donna nasconde altri tre figli, due nascosi in valigie e una andata a prendere successivamente alla stazione, perché avuti con uomini diversi e neanche registrati all'anagrafe. Non possono uscire di casa, neppure affacciarsi al balcone. Dopo un breve soggiorno insieme, fatto di andirivieni da parte della donna, a un certo punto sparisce andandosene con l'ennesimo nuovo amore. Così Akira, il più grande dei quattro, deve badare a loro. Ma è un peso troppo grande per un ragazzino.
Capolavoro di Hirokazu Koreda, ispirato a una reale vicenda di cronaca, raccontata magistralmente, coinvolgendo emotivamente lo spettatore.
[+]
In un piccolo appartamento di Tokyo prendono casa una signora e il suo figlio 11enne. Ma la donna nasconde altri tre figli, due nascosi in valigie e una andata a prendere successivamente alla stazione, perché avuti con uomini diversi e neanche registrati all'anagrafe. Non possono uscire di casa, neppure affacciarsi al balcone. Dopo un breve soggiorno insieme, fatto di andirivieni da parte della donna, a un certo punto sparisce andandosene con l'ennesimo nuovo amore. Così Akira, il più grande dei quattro, deve badare a loro. Ma è un peso troppo grande per un ragazzino.
Capolavoro di Hirokazu Koreda, ispirato a una reale vicenda di cronaca, raccontata magistralmente, coinvolgendo emotivamente lo spettatore. Minuto dopo minuto, ora dopo ora, si assiste al lento declino di quelle giovani vite, che hanno come unica colpa quella di essere figli di una donna senza scrupoli. Il piccolo Akira fa quello che può, ma la tragedia è inevitabile.
Peccato non sia stato distribuito in Italia come avrebbe meritato. Per fortuna a Cannes non è passato inosservato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luca scial� »
[ - ] lascia un commento a luca scial� »
|
|
d'accordo? |
|
|