andyflash77
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domenica 29 luglio 2012
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la vendetta è un piatto che si serve freddo
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A quindici anni di distanza dalla partita a carte della vigilia di Natale in cui perse 550 milioni di lire, Franco Mattioli torna a Bologna perché ha saputo che il suo amico Lele - di professione critico cinematografico, presente alla fatidica partita (era riuscito a vincere 500 mila lire) - ha un male incurabile. In tutti questi anni Franco ha pensato continuamente alla partita e adesso sa che è arrivato il momento della rivincita. Per questo decide di convincere le persone presenti nel 1986 (oltre a Lele, Ugo Cavara, Stefano Bertoni e Antonio Santelia) a giocare nuovamente.
Un'altra notte di Natale da profanare, come diciassette anni prima quando alle 5 e 30 del mattino si chiuse una partita a poker che costrinse Franco a lasciare assegni postdatati per oltre cinquecento milioni di vecchie lire.
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A quindici anni di distanza dalla partita a carte della vigilia di Natale in cui perse 550 milioni di lire, Franco Mattioli torna a Bologna perché ha saputo che il suo amico Lele - di professione critico cinematografico, presente alla fatidica partita (era riuscito a vincere 500 mila lire) - ha un male incurabile. In tutti questi anni Franco ha pensato continuamente alla partita e adesso sa che è arrivato il momento della rivincita. Per questo decide di convincere le persone presenti nel 1986 (oltre a Lele, Ugo Cavara, Stefano Bertoni e Antonio Santelia) a giocare nuovamente.
Un'altra notte di Natale da profanare, come diciassette anni prima quando alle 5 e 30 del mattino si chiuse una partita a poker che costrinse Franco a lasciare assegni postdatati per oltre cinquecento milioni di vecchie lire. La rovina o la rinascita? È la notte della rivincita, del riscatto, di un passato da chiudere e dal quale allontanarsi e soprattutto - come avverte la citazione di Cioran all'inizio del film - della vendetta, dell'animo, in ogni caso, avvelenato. A fare da mazziere è Pupi Avati che ritrova i suoi personaggi e i suoi bravissimi attori (Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Alessandro Haber, George Eastman e Carlo Delle Piane), trasformati naturalmente dal tempo, affinati nella tecnica e diretti benissimo, per chiudere la partita di una vita. Per rispondere a quella domanda impellente che balugina alla fine di ogni bella storia: ora che cosa accadrà ai protagonisti? Che cosa faranno? Dove andranno? Chi incontreranno? Cambieranno? Il cinema ha escogitato l'espediente dei sequel per vendere risposte e gadget. Avati pensa, invece, a una tradizione letteraria classica, sa come auscultare il cuore dei protagonisti e sa immaginarne le mosse, i segnali di intesa, le ferite, le frustrazioni, la voglia di rivalsa, l'intenzione di pareggiare i conti con il destino cinico e baro. L'azzardo di una puntata al buio, il rischio di un rilancio, il bluff e l'inganno sono "incidenti" ed espedienti abbastanza normali nell'esistenza condensata dei personaggi cinematografici e si verificano anche in quella più distesa degli spettatori. Questa connessione dona al poker un fascino metaforico che Avati, da ottimo regista, sa descrivere e proporre con un tocco preciso, incisivo, serrato. Il suo intreccio, in cui i flashback sono presi da Regalo di Natale, ha molte analogie con una partita ricca di sorprese, di dettagli (i riferimenti al cinema vanno aldilà delle multisale possedute da Franco o dell'impiego in Cineteca di Lele), di sfumature e di ribaltamenti. Una mano di gioco si può passare. Il tempo, con un'ombra di pessimismo, ci passa dentro e si accaparra tutte le poste. “È lecito non vendicarsi?
Non vendicarsi avvelena l’animo almeno quanto vendicarsi, se non di più” sostiene Emil Cioran in apertura. Più che una rivincita, al centro del sequel del cult movie del 1986 c’è la vendetta. Se è vero che si serve fredda, diciott’anni è un buon lasso di tempo per prepararla. A cucinarla ci pensa sempre il demiurgo Pupi nella fase più fertile della sua carriera, riproponendo quei cinque giocatori con qualche anno in più sulle spalle ed esperienze diverse. Franco, che si è ripreso dalla batosta e continua la sua attività gestendo sale cinematografiche, viene a sapere che a Bologna quella partita raccontata nel Regalo è diventata una leggenda nella città delle due torri e che Lele, decaduto a dipendente comunale alla cineteca, è gravemente malato. Franco allora ricontatta Stefano – rimasto sostanzialmente uguale – e Ugo – finito a servire in un ristorantino etnico – e ripesca l’avvocato Santelia, sempre più viscido. Ed ecco quindi il secondo round del gioco al massacro: chi la spunterà? E non si sottovaluti il fatto che spesso la vecchiaia inacidisce, rende più cinici, e se si coniuga con la disperazione sono, senza usare tante perifrasi perché il film è duro ed aspro, cazzi amari. Un film, ancor di più rispetto al prequel, sullo squallore e sulla solitudine, non lasciando per strada nemmeno una speranza, finendo col realizzare una delle opere più pessimiste e senza scrupoli dell’ultimo cinema nostrano.
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materlab
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venerdì 29 agosto 2008
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bravo avati
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Dopo ben 18 anni (era il 1986) Avati riprende uno dei suoi migliori film e fa il punto della situazione: il protagonista Franco (Abatantuono magnifico) vuole rifarsi dalla sconfitta subita tanto tempo prima, e cerca di ricostituire il tavolo di allora, stando attento ai pericoli che si celano dietro alle false amicizie.
Tra una mano e l'altra, in un crescendo di tensione e segreti svelati, Franco avrà la sua rivincita, ma...
Film amaro, triste, ma allo stesso tempo capace di suscitare emozioni positive: Abatantuono alla fine se ne va ricco, ma solo, ma è l'unico che si è liberato dei fantasmi del suo passato, mentre per tutti gli altri c'è solo un grigio futuro.
La citazione iniziale di Cioran è semplicemente poetica, e tutto il film è denso di un'aria familiare che, bene o male, è quello che possiamo vedere ogni giorno nel nostro paese.
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Dopo ben 18 anni (era il 1986) Avati riprende uno dei suoi migliori film e fa il punto della situazione: il protagonista Franco (Abatantuono magnifico) vuole rifarsi dalla sconfitta subita tanto tempo prima, e cerca di ricostituire il tavolo di allora, stando attento ai pericoli che si celano dietro alle false amicizie.
Tra una mano e l'altra, in un crescendo di tensione e segreti svelati, Franco avrà la sua rivincita, ma...
Film amaro, triste, ma allo stesso tempo capace di suscitare emozioni positive: Abatantuono alla fine se ne va ricco, ma solo, ma è l'unico che si è liberato dei fantasmi del suo passato, mentre per tutti gli altri c'è solo un grigio futuro.
La citazione iniziale di Cioran è semplicemente poetica, e tutto il film è denso di un'aria familiare che, bene o male, è quello che possiamo vedere ogni giorno nel nostro paese.
Un ultima nota a Carlo Delle Piane, straordinario come sempre, ancora di più con Avati.
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fabio
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venerdì 6 febbraio 2004
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squallidamente splendida
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questa rivincita (o riperdita?) di indicibile violenza (senza una goccia di sangue).
Il tempo migliora? solo i vini (non tutti e non sempre), ma Pupi Avati sì.
Che bella Bologna e gli interni della villa dagli affreschi neoclassici che fanno da contrappeso alla depressione, quale mezzo, per ottenere la (auto)distruzione, quale scopo. Turbano Dalle Piane, commerciante realizzato e studente, non più giovanotto di balli latini e Eastman, gay fuori degli stereotipi. Anche il cancro ai polmoni di Haber diventa un'espediente e assume un nuovo ruolo: non più il fine (o la fine,come nella realtà), ma il mezzo.
Se Arancia meccanica ci ha insegnato che il male può diventare lo scopo (non più solo il mezzo) dell'esistenza, qui il tradimento e ciò che ne consegue può rappresentare la ragione di vita.
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questa rivincita (o riperdita?) di indicibile violenza (senza una goccia di sangue).
Il tempo migliora? solo i vini (non tutti e non sempre), ma Pupi Avati sì.
Che bella Bologna e gli interni della villa dagli affreschi neoclassici che fanno da contrappeso alla depressione, quale mezzo, per ottenere la (auto)distruzione, quale scopo. Turbano Dalle Piane, commerciante realizzato e studente, non più giovanotto di balli latini e Eastman, gay fuori degli stereotipi. Anche il cancro ai polmoni di Haber diventa un'espediente e assume un nuovo ruolo: non più il fine (o la fine,come nella realtà), ma il mezzo.
Se Arancia meccanica ci ha insegnato che il male può diventare lo scopo (non più solo il mezzo) dell'esistenza, qui il tradimento e ciò che ne consegue può rappresentare la ragione di vita. I soldi non c'entrano.
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[+] la rivinvita di natale
(di renderman)
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filippo catani
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mercoledì 17 luglio 2013
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un ottimo sequel
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A 15 anni di distanza dall'ultima e tragica sfida, i quattro amici bolognesi e l'algido avvocato si ritrovano attorno a un tavolo da poker; questo perchè il grande sconfitto della partita precedente non ha pensato ad altro che a godersi una rivincita. Troverà sulla sua strada diversi ostacoli più o meno inaspettati.
Il film si apre con una citazione secondo la quale il non potersi vendicare finisce per logorare le persone più della vendetta stessa. Alla fine è così perchè il personaggio di Abbatantuono, uscito tragicamente sconfitto e senza una lira dall'ultima partita, non solo è riuscito a costruire un impero con i cinema ma non ha mai messo da parte la voglia di sfidare nuovamente l'acerrimo avvocato.
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A 15 anni di distanza dall'ultima e tragica sfida, i quattro amici bolognesi e l'algido avvocato si ritrovano attorno a un tavolo da poker; questo perchè il grande sconfitto della partita precedente non ha pensato ad altro che a godersi una rivincita. Troverà sulla sua strada diversi ostacoli più o meno inaspettati.
Il film si apre con una citazione secondo la quale il non potersi vendicare finisce per logorare le persone più della vendetta stessa. Alla fine è così perchè il personaggio di Abbatantuono, uscito tragicamente sconfitto e senza una lira dall'ultima partita, non solo è riuscito a costruire un impero con i cinema ma non ha mai messo da parte la voglia di sfidare nuovamente l'acerrimo avvocato. Questo inizialmente non ne vuole sapere ma finirà per farsi coinvolgere nuovamente. Il film ci fa insomma anche vedere come sono andate le cose dopo la fine della tragica ultima partita per tutti i personaggi e più o meno lo spettatore non rimane sconvolto da come si sono evolute le cose. Il film continua sulla falsa riga del primo tra battute dissacranti e altroe riesce ad essere annoverato come un ottimo sequel che molto spesso è la cosa più difficile. Allo stesso tempo però allo spettatore a cui era molto piaciuto Regalo di Natale questo seguito va diciamo a riprendere una vicenda che era meravigliosamente stata lasciata aperta quasi con un intento riparatore per il personaggio di Abbatantuono. Detto questo il film di Avati è ottimo e anche il cast si conferma su altissimi livelli.
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kappawhite
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martedì 10 febbraio 2004
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piacevole pellicola
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Film che mi è piaciuto: abbastanza.
Di buono c'è una sceneggiatura avvincente, interpretata da tre grandi attori e da altri due che sembrano ritagliati per la parte. I cinque, diversissimi sul lato umano, mettono in scena un dramma dove in ognuno glorie e miserie pareggiano il conto e vincente non ne esce nessuno e nessuno è buono o cattivo. Realismo d'autore.
Di grandioso c'è la metafora con la società di oggi, la caduta di quel velo di romanticismo che aveva accompagnato i nostri eroi nel capolavoro della serie, Regalo di Natale. Tutta la cinica spietatezza della odierna morale, l'assenza di sentimento e di umanità, oggi considerati nient'altro che scrupoli di complessati, si delinea come la coloritura emotiva che accompagna questa pellicola.
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Film che mi è piaciuto: abbastanza.
Di buono c'è una sceneggiatura avvincente, interpretata da tre grandi attori e da altri due che sembrano ritagliati per la parte. I cinque, diversissimi sul lato umano, mettono in scena un dramma dove in ognuno glorie e miserie pareggiano il conto e vincente non ne esce nessuno e nessuno è buono o cattivo. Realismo d'autore.
Di grandioso c'è la metafora con la società di oggi, la caduta di quel velo di romanticismo che aveva accompagnato i nostri eroi nel capolavoro della serie, Regalo di Natale. Tutta la cinica spietatezza della odierna morale, l'assenza di sentimento e di umanità, oggi considerati nient'altro che scrupoli di complessati, si delinea come la coloritura emotiva che accompagna questa pellicola. In questo senso, la bionda rappresenta una pugnalata a quanti, come Abatantuono, credono ai valori dell'amore.
Non mi è piaciuto, invece, il modo in cui colpi di scena intriganti siano stati sviluppati. Troppa frenesia e desiderio di schiaffarlo in faccia allo spettatore; poca calma, suspence, pudore, crisi. La macchinazione che sta dietro ad Haber e Cavina è solo accennata (si intuisce ma non si delineano gli sviluppi); ed il tradimento di Haber, da sommo dramma della Rivincita diventa quasi una banale ripicca. Manca tutta quella carica di pathos interiore che un tale tradimento avrebbe comportato in un uomo del genere; la sua crisi, i dubbi, l'ingominia che lo accompagnano qui sono troppo semplicemente stereotipati dietro a due mignon di vodka e ad un desiderio vile di fuga in California. Giuda è tutto meno che un personaggio banale e scontato, e a riprova di questo fatto c'è la constatazione di quanto egli abbia ispirato le menti di tanti artisti e letterati nel corso della storia dell'umanità.
La seconda nota negativa riguarda la partita stessa, troppo breve, concisa, senza alcuna profondità al di fuori di questa benedetta rivincita. Mentre in Regalo il poker è eternamente lungo, lento, infarcito di una noia esistenziale spezzettata da repentini colpi di scena che preparano il dramma finale -perchè nel primo di vero dramma si può parlare-, la Rivincita è invece breve, piatta e senza alcun interesse per ciò che alla fin fine i Nostri stanno facendo: giocare a poker. La rissosità, anziché il piacere, condisce questa partita dall'esito francamente scontato e per nulla emozionante. Si potrebbe argomentare che se Regalo mostra un poker teatrale, Rivincita mostra un poker televisivo.
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aristoteles
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venerdì 22 gennaio 2016
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natale tra gli infami
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Discreto Sequel che non eguaglia il fascino del primo capitolo.
Qui infatti c'è molta più strategia e più "tattica",in "Regalo di Natale" si respirava una tensione più genuina e c'era più attenzione nei dettagli e nelle vite private dei protagonisti.
Anche il mitico Delle Piane non ci viene riproposto nella sua versione più subdola e cinica,quasi cattiva,che tanto avevo apprezzato.
Il finale ,che era quasi scontato già dal titolo,tuttavia ci conserva qualche colpo di scena che però mi aspettavo ancora più "corposo".
Lo scontro finale infatti doveva ,secondo me, regalarci una battaglia all'ultima carta tra il buon Abatantuono ed il "professionista" e non mi dilungo per non rovinare il finale a quei pochi che non hanno visto il film.
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Discreto Sequel che non eguaglia il fascino del primo capitolo.
Qui infatti c'è molta più strategia e più "tattica",in "Regalo di Natale" si respirava una tensione più genuina e c'era più attenzione nei dettagli e nelle vite private dei protagonisti.
Anche il mitico Delle Piane non ci viene riproposto nella sua versione più subdola e cinica,quasi cattiva,che tanto avevo apprezzato.
Il finale ,che era quasi scontato già dal titolo,tuttavia ci conserva qualche colpo di scena che però mi aspettavo ancora più "corposo".
Lo scontro finale infatti doveva ,secondo me, regalarci una battaglia all'ultima carta tra il buon Abatantuono ed il "professionista" e non mi dilungo per non rovinare il finale a quei pochi che non hanno visto il film.
Comunque una domanda mi viene spontanea,ma ,tranne Carletto,gli altri quattro protagonisti saranno mai stati veramente amici?
Mi sembra che in tal senso si ecceda un poco troppo viste le molteplici infamità.
Siamo comunque indiscutibilmente davanti a un buon prodotto che non delude.
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sabri92
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mercoledì 13 novembre 2019
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splendido!
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Diciotto anni dopo Regalo di Natale, Pupi Avati regala al pubblico un sequel, con i medesimi personaggi. Franco Mattioli (Diego Abatantuono), che si è ampiamente rifatto della sconfitta patita nel primo film, ed è diventato imprenditore di successo in Lombardia; Ugo Cavara (Gianni Cavina), cameriere in un ristorante africano ed alle prese con problemi giustizia; Stefano Bertoni (George Eastman), omosessuale dichiarato e mantenuto dal convivente; Gabriele Lele Bagnoli (Alessandro Haber), che ha perso il posto di critico cinematografico e lavora per il Comune; l'avvocato Santelia (Carlo Delle Piane), sempre alle prese con improponibili fantasie sessuali. Attori di contorno sono Osvaldo Ruggieri e Petra Khruz, nei ruoli del sedicente oncologo Delai e della di lui moglie Elisa.
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Diciotto anni dopo Regalo di Natale, Pupi Avati regala al pubblico un sequel, con i medesimi personaggi. Franco Mattioli (Diego Abatantuono), che si è ampiamente rifatto della sconfitta patita nel primo film, ed è diventato imprenditore di successo in Lombardia; Ugo Cavara (Gianni Cavina), cameriere in un ristorante africano ed alle prese con problemi giustizia; Stefano Bertoni (George Eastman), omosessuale dichiarato e mantenuto dal convivente; Gabriele Lele Bagnoli (Alessandro Haber), che ha perso il posto di critico cinematografico e lavora per il Comune; l'avvocato Santelia (Carlo Delle Piane), sempre alle prese con improponibili fantasie sessuali. Attori di contorno sono Osvaldo Ruggieri e Petra Khruz, nei ruoli del sedicente oncologo Delai e della di lui moglie Elisa. Sosteneva Alexandre Dumas (padre) che «ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po' d'attenzione, a distinguerla dal volto». Molto più di recente, Roberto Gervaso ha rincarato la dose, affermando che «non abbiamo amici, ma interessi». La pellicola, in un certo senso, e soprattutto durante la partita a poker, è una rappresentazione di quelle due massime di enorme saggezza, in quanto la cupidigia, il tentativo di inganno, il disincanto, il desiderio di vendetta, appaiono, in maniera evidentissima, molto più forti rispetto, appunto, all'amicizia. In ogni modo, i circa cento minuti di durata del film sono molto ben spesi, poiché sia la regia sia le interpretazioni sono di altissima qualità. Molto curata anche l'ambientazione: meravigliosa la villa in cui si svolge la partita a carte, mentre è decisamente misero l'alloggio, in quel di Bologna, dell'avvocato Santelia, a voler significare il carattere d'un uomo ricchissimo, ma avido e che si nutre soltanto di patate. Addirittura miserrimo l'appartamento di Gianni Cavina, in pieno ossequio alle sue disastrose condizioni economiche. Addirittura, non ci sono i denari neppure per acquistare un modestissimo portafotografie, con la conseguenza che l'immagine di un'automobile va a sovrapporsi a quella della mamma dello stesso Ugo. Fra le note negative dl film, qualche pausa nel ritmo, un paio di dialoghi lunghi e noiosi, altrettante scene piuttosto melense. Nulla di rilevante, però. La rivincita di Natale rimane un ottimo film ,la cui visione è ampiamente consigliata.
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elgatoloco
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lunedì 3 agosto 2015
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sempre importanti i film di avati
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"La rivincita di Natale", ossia un'altra"zampata"del "vecchio leone"Pupi Avati, innamorato del jazz, del cinema, delle donne, della Trascendenza, che appare qui nel"Natale"comunque evocato come tempo "altro". Ci sono ancora, i protagonisti del suo cinema e del suo film precedente dedicato al gioco: Cavina, Haber, Abatantuono, Delle Piane, Eastman. Tutti come pedine di un gioco che è metafora di quello della vita. Un game, con caratteristiche del"play"(pause, intervalli, momenti"aleatori"), con finte malattie e finti medici, dirsi ciò che non si è(in particolare dal punto di vista pecuniario, ovviamente), in quel poker che scandisce, appunto, i momenti topici di questi"amici-nemici", "compagni di niente"che però, puntualmente(pur se tre lustri dopo)si ritrovano per un'ennesima sfida, sfida che è rivolta all'altro, ma anche a sé, al Sé, alla vita.
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"La rivincita di Natale", ossia un'altra"zampata"del "vecchio leone"Pupi Avati, innamorato del jazz, del cinema, delle donne, della Trascendenza, che appare qui nel"Natale"comunque evocato come tempo "altro". Ci sono ancora, i protagonisti del suo cinema e del suo film precedente dedicato al gioco: Cavina, Haber, Abatantuono, Delle Piane, Eastman. Tutti come pedine di un gioco che è metafora di quello della vita. Un game, con caratteristiche del"play"(pause, intervalli, momenti"aleatori"), con finte malattie e finti medici, dirsi ciò che non si è(in particolare dal punto di vista pecuniario, ovviamente), in quel poker che scandisce, appunto, i momenti topici di questi"amici-nemici", "compagni di niente"che però, puntualmente(pur se tre lustri dopo)si ritrovano per un'ennesima sfida, sfida che è rivolta all'altro, ma anche a sé, al Sé, alla vita. E Avati, spesso poco considerato(diversissimo il suo cinema, per ex., da quello di Sorrentino, per fare solo un nome emblematico)o comunque escluso da giudizi critici magari affrettati, è invece da considerare per ciò che è, un valore sicuro del cinema italiano ed europeo(quantomeno), dove anche le auto-citazioni sarebbero da rivalutare e ri-considerare. Ma tan'è... El Gato
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