nicola pice
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lunedì 23 ottobre 2006
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delirio prossimo venturo.
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La visione di Tetsuo, uomo di ferro (o d'acciaio che dir si voglia), rappresenta qualcosa di unicamente "altro", perchè Shinya Tsukamoto è probabilmente uno dei più sconvolgenti cineasti contemporanei.
Il film è un viaggio allucinato ed ipercinetico nel delirio della mutazione cyber-tecnologica dell'umanità.
In particolare con Tetsuo, l'uomo di ferro, Tsukamoto dà vita ad un piccolo film tra i più assurdi e sperimentalmente innovativi della storia del cinema.
Spiegare ciò che può essere solo visto, diventa vano esercizio retorico: in più la banale trama di Tetsuo è solo un pretesto per mettere in scena una riflessione potente, anarcoide e disturbata sul futuro.
Il tema della mutazione cyborg è solo un interrogativo sulle conseguenze del progresso tecnologico e scientifico, un'analisi grottesca e violenta sui rischi futuri latenti in un presente avvilente, la proiezione in un avvenire non si sa quanto vicino di un'umanità ormai non più-umana.
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La visione di Tetsuo, uomo di ferro (o d'acciaio che dir si voglia), rappresenta qualcosa di unicamente "altro", perchè Shinya Tsukamoto è probabilmente uno dei più sconvolgenti cineasti contemporanei.
Il film è un viaggio allucinato ed ipercinetico nel delirio della mutazione cyber-tecnologica dell'umanità.
In particolare con Tetsuo, l'uomo di ferro, Tsukamoto dà vita ad un piccolo film tra i più assurdi e sperimentalmente innovativi della storia del cinema.
Spiegare ciò che può essere solo visto, diventa vano esercizio retorico: in più la banale trama di Tetsuo è solo un pretesto per mettere in scena una riflessione potente, anarcoide e disturbata sul futuro.
Il tema della mutazione cyborg è solo un interrogativo sulle conseguenze del progresso tecnologico e scientifico, un'analisi grottesca e violenta sui rischi futuri latenti in un presente avvilente, la proiezione in un avvenire non si sa quanto vicino di un'umanità ormai non più-umana.
Complice un montaggio velocissimo e sconnesso che a volte confonde la vista impedendo la comprensione della scena stessa, vittime di immagini in bianco e nero disturbate da effetti neve, infastiditi da una musica elettro-metallica in sottofondo, preparatevi ad assistere alla visione di innesti tra uomini e metalli, in un crescendo di disgusto in cui alla fine non c'è più distinzione fra esseri umani e macchine, ma resta solo una sensazione di degrado livido post-atomico.
Tsukamoto impasta horror e fantascienza con una riflessione allucinata e critica della società, ma più di tutto strapazza lo spettatore, lo bombarda con una così veloce sequenza di immagini da lasciare un senso sì di straniameto inquieto, ma anche di stupefazione ammirata.
E' il cinema per il cinema, la forza unica, potente e quasi primitiva delle immagini che lasciano il languore fastidioso di aver vissuto un incubo notturno.
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darjus
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martedì 17 aprile 2007
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incubo biomeccanico
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Con una folle padronanza delle immagini e dei rumori ed una straziante visionarietà disumanizzante, che angustia e ammorba come un cancro di ferro e d’acciaio, Tsukamoto mette in scena un incubo delirante, che si espande con debordante corrosività nell’ossessione/repulsione per la tecnologia. L’uomo moderno è destinato ad un’autodistruzione parziale, nella quale la Techne lo avrà tramutato in un mostro pericoloso, ma la rimozione di un solo pezzo lo distruggerà definitivamente. Nella sua inevitabile anabasi, compulsiva ed iper-veloce (esemplificata dalle continue accelerazioni), verso un futuro quanto mai cupo, egli è destinato a fondersi alle altre macchine, in un mostruoso connubio bio-meccanico.
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Con una folle padronanza delle immagini e dei rumori ed una straziante visionarietà disumanizzante, che angustia e ammorba come un cancro di ferro e d’acciaio, Tsukamoto mette in scena un incubo delirante, che si espande con debordante corrosività nell’ossessione/repulsione per la tecnologia. L’uomo moderno è destinato ad un’autodistruzione parziale, nella quale la Techne lo avrà tramutato in un mostro pericoloso, ma la rimozione di un solo pezzo lo distruggerà definitivamente. Nella sua inevitabile anabasi, compulsiva ed iper-veloce (esemplificata dalle continue accelerazioni), verso un futuro quanto mai cupo, egli è destinato a fondersi alle altre macchine, in un mostruoso connubio bio-meccanico. Eccellenti simbolismi e metafore, come i rumori metallici durante l’atto della nutrizione, che dovrebbe essere quanto di più naturale, e l’ironico «trapano fallico». ***
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