stefanocapasso
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domenica 4 maggio 2014
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l'esperienza della vita vita può salvare
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Il sapore della ciliegia è centrato sul tentativo di un uomo di suicidarsi. Gli occorre un complice, qualcuno che lo aiuti nel suo intento e al quale è disposto a dare una lauta ricompensa.
Gira in macchina in un percorso tortuoso su una montagna arida per trovarlo, ripetendo un rituale ossessivo che lo avvicina al suo intento nel suo evolversi.
Ci sono molti spunti di riflessione ben rappresentati dal simbolismo della fotografia e dalla sceneggiatura che rispecchia il percorso interiore di quest’uomo, tortuoso e ripetitivo al principio fino alla risoluzione del cambio di strada e prospettiva
Partendo dal concetto di cosa significa aiutare, qual è e il bene da perseguire e a quale ordine risponde Kiarostami dice che quello che aiuta e che salva è l’essere ascoltati e riconosciuti completamente nei propri bisogni.
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Il sapore della ciliegia è centrato sul tentativo di un uomo di suicidarsi. Gli occorre un complice, qualcuno che lo aiuti nel suo intento e al quale è disposto a dare una lauta ricompensa.
Gira in macchina in un percorso tortuoso su una montagna arida per trovarlo, ripetendo un rituale ossessivo che lo avvicina al suo intento nel suo evolversi.
Ci sono molti spunti di riflessione ben rappresentati dal simbolismo della fotografia e dalla sceneggiatura che rispecchia il percorso interiore di quest’uomo, tortuoso e ripetitivo al principio fino alla risoluzione del cambio di strada e prospettiva
Partendo dal concetto di cosa significa aiutare, qual è e il bene da perseguire e a quale ordine risponde Kiarostami dice che quello che aiuta e che salva è l’essere ascoltati e riconosciuti completamente nei propri bisogni.
E questo aiuto può arrivare solo da chi conosce ed ha vissuto realmente la vita, attraversandone i percorsi di dolore e trovando le proprie risposte. Non può essere il giovane militare, contadino e quasi privo di parole, nemmeno il seminarista che si appella agli insegnamenti religiosi. Nell’anziano uomo che Badii incontra per ultimo, la schiettezza, la semplicità la fede si fondono nell’esperienza di vita vissuta. E’ questa umanità che gli da la possibilità di accettare, pur non condiviendola, la richiesta di aiutare Badii nel tentativo di suicidarsi; allo stesso tempo la sua profonda accettazione e l’ascolto del bisogno di Badii, emozionano quest’ultimo ridandogli la speranza di vivere.
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luca scial�
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giovedì 2 aprile 2015
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domande sull'esistenza
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Abbas Kiarostami si interroga sull'esistenza, mediante i dubbi di un quarantenne che, stanco della vita, vorrebbe farla finita. Ma cerca anche un complice, qualcuno che lo sotterri o che lo rialzi se ha cambiato idea. E così gira in auto in cerca di chi potrebbe fargli questo favore, che in realtà è disposto a pagare profumatamente. Inbecca tre tipi di persone: una scettica che si rifiuta, una che cerca di convincerlo con l'arma della religione e chi invece cerca di farlo ragionare ponendogli alla mente tutte le cose belle a cui poi rinuncerebbe.
Un film sull'esistenza, sui dubbi, sulle difficoltà del vivere. Volutamente verboso, con dialoghi spesso noiosi e banali, lento e dalla non facile fruizione, va comunque assaporato lentamente.
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Abbas Kiarostami si interroga sull'esistenza, mediante i dubbi di un quarantenne che, stanco della vita, vorrebbe farla finita. Ma cerca anche un complice, qualcuno che lo sotterri o che lo rialzi se ha cambiato idea. E così gira in auto in cerca di chi potrebbe fargli questo favore, che in realtà è disposto a pagare profumatamente. Inbecca tre tipi di persone: una scettica che si rifiuta, una che cerca di convincerlo con l'arma della religione e chi invece cerca di farlo ragionare ponendogli alla mente tutte le cose belle a cui poi rinuncerebbe.
Un film sull'esistenza, sui dubbi, sulle difficoltà del vivere. Volutamente verboso, con dialoghi spesso noiosi e banali, lento e dalla non facile fruizione, va comunque assaporato lentamente. Proprio come una ciliegia. A Cannes nel 1998 lo hanno fatto, premiandolo.
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nirva
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sabato 5 febbraio 2005
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danza dell 'esistenza
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Lento come una danza tra la vita e la morte, descrive in maniera così icastica e suggestiva gli incontri che non avvengono mai per caso o meglio per desiderato caso.
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dario
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martedì 2 giugno 2015
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mesto
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L'operazione di Kiarostami è insolita e interessante. E' tuttavia condotta con una certa monotonia, nella quale domina tanta mestizia. Si tratta di una mestizia sottotraccia, quasi una rassegnazione, alla quale il regista reagisce con un colpo estremo molto intellettualizzato. Finzione? Realtà? Non importa, importa la testimonianza che parla d'impotenza vitale diretta, riscattata da uno sguardo indiretto. Viaggio, dunque, interiore che dalla visione della vita passa alla considerazione dell'esistenza con una tenerezza e una disinvoltura che fanno ben sperare. Risoluzione fantasiosa? Autoinganno? Direzione impeccabile, attori molto bravi.
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tunaboy
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domenica 12 settembre 2021
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"il sapore della ciliegia": un film che puo' cambiarti la vita
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Una Land Rover color crema viaggia per le aride campagne al di fuori di Teheran. L'uomo alla guida sembra alla ricerca di qualcosa. Sul ciglio della strada compare una figura: avvicinandoci capiamo che si tratta di un soldato, un giovane soldato. L'uomo alla guida si offre di dargli un passaggio. I due cominciano a parlare: l’uomo alla guida gli offre un ricco compenso per un lavoro, del quale, però, non ci vengono spiegati i dettagli. L'uomo alla guida è alla ricerca di un aiutante. Arrivati in un punto sperduto nelle campagne, l’uomo alla guida scende dalla macchina. Qui scopriamo il suo nome, Signor Badii. Il Signor Badii spiega al giovane soldato che all’indomani, alle sei di mattina, si sarebbe dovuto recare in quello stesso punto, chiamare il suo nome due o tre volte e, se non avesse risposto, ricoprire il suo corpo ormai senza vita di terra.
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Una Land Rover color crema viaggia per le aride campagne al di fuori di Teheran. L'uomo alla guida sembra alla ricerca di qualcosa. Sul ciglio della strada compare una figura: avvicinandoci capiamo che si tratta di un soldato, un giovane soldato. L'uomo alla guida si offre di dargli un passaggio. I due cominciano a parlare: l’uomo alla guida gli offre un ricco compenso per un lavoro, del quale, però, non ci vengono spiegati i dettagli. L'uomo alla guida è alla ricerca di un aiutante. Arrivati in un punto sperduto nelle campagne, l’uomo alla guida scende dalla macchina. Qui scopriamo il suo nome, Signor Badii. Il Signor Badii spiega al giovane soldato che all’indomani, alle sei di mattina, si sarebbe dovuto recare in quello stesso punto, chiamare il suo nome due o tre volte e, se non avesse risposto, ricoprire il suo corpo ormai senza vita di terra. Il Signor Badii è alla ricerca di un compagno. Il giovane, spaventato, scappa verso la sua caserma.
In questo modo il maestro del cinema iraniano Abbas Kiarostami ci introduce ad un tema tanto tetro quanto pressante: esiste un motivo per continuare a vivere? Il resto del film è composto da altri due incontri: il primo sarà con un seminarista afgano, il quale rifiuterà il lavoro, essendo in contrasto con i dettami della sua religione; il secondo incontro, invece, sarà con un umile signore turco. Egli racconterà al nostro protagonista come anche lui, da giovane, si trovò in una situazione analoga alla sua, ma che, estasiato dal sapore di una bacca di gelso caduta dall’albero dal quale si stava per impiccare, decise di non rinunciare alla bellezza del nostro mondo e abbandonò le sue cupe intenzioni. È proprio in questa scena che si sviluppa, a mio parere, uno dei dialoghi più belli a cui io abbia mai assistito: attraverso poche immagini, infatti, Kiarostami, attraverso le labbra dell’anziano, riesce a fornirci una validissima risposta alla domanda eterna sopra citata, accompagnata da una poeticità a dir poco commovente. Quello che ci fornisce Kiarostami, infatti, non è un semplice film, ma una intera filosofia, un nuovo modo di vivere. Per questo credo che “Il Sapore della Ciliegia” sia un film che, se visto nei giusti momenti, sia capace di cambiarti la vita.
Voto: 5/5
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carloalberto
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venerdì 5 novembre 2021
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ambiguamente teso tra verità e finzione
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Nel 1977 Nanni Loy realizzava per la RAI “Viaggio in seconda classe”. Mediante una telecamera nascosta in un vagone ferroviario ed un attore che provocava le reazioni degli ignari viaggiatori, Loy raccolse una serie di ritratti spontanei di gente comune, offrendo uno spaccato veritiero della società italiana degli anni ’70. Vent’anni dopo, Kiarostami, con “Il sapore della ciliegia”, pur con tutt’altro stile, utilizzando attori non professionisti che interpretano sé stessi o presi dalla strada alla maniera del neorealismo italiano, ne inserisce le storie di vita nella finzione di un racconto drammatico esistenziale di un uomo che progetta il suicidio e va in cerca di chi, dietro compenso, lo ricoprirà nella buca che egli stesso si è scavato sotto un albero.
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Nel 1977 Nanni Loy realizzava per la RAI “Viaggio in seconda classe”. Mediante una telecamera nascosta in un vagone ferroviario ed un attore che provocava le reazioni degli ignari viaggiatori, Loy raccolse una serie di ritratti spontanei di gente comune, offrendo uno spaccato veritiero della società italiana degli anni ’70. Vent’anni dopo, Kiarostami, con “Il sapore della ciliegia”, pur con tutt’altro stile, utilizzando attori non professionisti che interpretano sé stessi o presi dalla strada alla maniera del neorealismo italiano, ne inserisce le storie di vita nella finzione di un racconto drammatico esistenziale di un uomo che progetta il suicidio e va in cerca di chi, dietro compenso, lo ricoprirà nella buca che egli stesso si è scavato sotto un albero.
Il timido ed impacciato soldato di leva originario del Kurdistan, l’umile raccoglitore di plastica che lavora nelle discariche a cielo aperto, il guardiano del cantiere ed il suo amico seminarista, entrambi immigrati dall’Afghanistan per sfuggire alla guerra, questi sono i veri protagonisti del film, come risulta chiaro dal finale metafilmico, che lascia in sospeso la storia dell’aspirante suicida per riprendere un gruppetto di soldati, in un momento di pausa dalla marcia, mentre scherzano e ridono tra di loro accanto alla troupe di Kiarostami e all’attore che è appena uscito dalla fossa.
Il documentario-intervista sarebbe stato un mezzo più diretto ed idoneo allo scopo e sin dall’inizio più onesto verso lo spettatore, il cui approccio sarebbe stato diverso e forse gli avrebbe evitato di domandarsi per circa due ore, trascorse in auto con il protagonista, nel suo girovagare per le strade polverose e sterrate della periferia di Teheran, del perché volesse metter fine ai suoi giorni.
Si ha l’impressione che il plot pur essendo solo un pretesto distragga dalla dura realtà delle immagini di quella povera gente. In un film di solito ci si concentra sulla storia principale e si empatizza con la vicenda umana del protagonista e non con quella delle comparse. In questo caso dovrebbe accadere il contrario.
Rimane il dubbio se Kiarostami abbia voluto stimolare ad una riflessione sul rapporto tra società civile e cinema, sottolineando come il secondo abbia un senso soltanto se in funzione servente rispetto alla prima, o se, invece, il suo obiettivo sia stato quello di cogliere la drammaticità delle misere condizioni di vita del suo popolo sfuggendo alla probabile censura del regime islamico dell'epoca.
Il monologo del vecchio tecnico, che inneggia alla bellezze della vita enumerando i doni che Madre Natura provvida fa agli uomini per conto di Dio, anzichè essere un momento altamente poetico risulta banalmente retorico e convenzionale, in linea con i dettami religiosi dello stato islamico che condanna i suicidi alle pene dell’inferno.
La sensazione è che Kiarostami sia rimasto ambiguamente diviso tra l’aspirazione a fare cinema verità, denunciando miseria e povertà nel paese degli ayatollah, e l’inconscio desiderio di compiacere il regime, fornendo così, inconsapevolmente, un’immagine falsata del suo popolo, attraverso un campionario umano edulcorato, composto inverosimilmente tutto da bravi ragazzi onesti e timorati di Dio, lavoratori indefessi e responsabili e vecchietti saggi e cerimoniosi.
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blackredblues
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sabato 10 marzo 2012
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quel buon sapore di emmental svizzero.
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E' dura al giorno d'oggi trovare qualcuno che ti seppellisca malgrado tu gli offra una lauta ricompensa per tale ingrato compito!
Scherzi a parte l'idea non è malvagia e ricorda molto la struttura di quelle barzellette in cui vi sono persone di diversa nazionalità (per capirci: ci sono un tedesco, un americano, un francese e un'italiano...ecc) messe a confronto con una situzione che si ripete ossessivamente. Sarà la nazionalità e quindi gli stereotipi che costruiamo attorno ad essa congiuntamente alla strategia di problem solving adottata da uno di essi a portarci (si spera) alla risata.
Ecco, io questo film l'ho inteso così.
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E' dura al giorno d'oggi trovare qualcuno che ti seppellisca malgrado tu gli offra una lauta ricompensa per tale ingrato compito!
Scherzi a parte l'idea non è malvagia e ricorda molto la struttura di quelle barzellette in cui vi sono persone di diversa nazionalità (per capirci: ci sono un tedesco, un americano, un francese e un'italiano...ecc) messe a confronto con una situzione che si ripete ossessivamente. Sarà la nazionalità e quindi gli stereotipi che costruiamo attorno ad essa congiuntamente alla strategia di problem solving adottata da uno di essi a portarci (si spera) alla risata.
Ecco, io questo film l'ho inteso così. Il protagonista aspirante suicida chiede a diversi personaggi che incontra in una cava di essere seppellito dopo la sua morte, promettendo una paga per il lavoro da beccamorto. Alcuni rifiutano e poi alla fine uno di loro pare accettare.
Il film è lento e onestamente dopo 1 ora di visione avrei voluto sapere quanto mancava per decidere se cedere e quindi dormire oppure resistere. Non osando palesare il mio stato alla persona che mi ospitava, e che con entusiasmo aveva proposto il titolo in questione, ho deciso di resistere concedendomi sporadici momenti di assenza (scelta discutibile lo so...soprattutto se il giorno dopo si ha la pretesa di recensire il film). La tecnica è minimale (per non dire di di peggio) ma effettivamente questo tipo di film rende meglio se girato un po' alla cazzo (pare acquisti in artisticità e piace al pubblico radical chic). L'idea è carina e bisogna lasciarsi trasportare nel mondo di Morf...nel mondo di Kiarostami senza porsi troppe domande. L'epilogo è sospeso (onestamente, dati i miei momenti di assenza, ho dovuto chiedere delucidazioni in merito a chi guardava la pellicola con me).
Ottimo per intavolare discussioni su cinema "alternativi" e come strumento per baccagliarsi fricchettone vegetariane e no global.
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[+] ...che ti vada per traverso
(di prynne)
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[+] l'ortografia!...
(di sable7)
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elcensore
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da vedere in una fase depressiva della vita
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Tematica sicuramente importante ma non meritevole di un film, i cui tempi risultano gravosamente rallentati ed a volte noiosi.
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