Daniel Vigne nel 1982 traspone con dovizia di particolari anche scenografici in un film più interessante che affascinante, che, sebbene pluripremiato con tre Cesar, rimane una fredda ricostruzione storica senza pathos, uno dei primi furti di identità documentati della storia d’Occidente accaduto nel 1500 in Francia e riportato nello scritto Arrest memorable del 1561 da uno dei giudici, Jean de Coras, chiamato a pronunciarsi all’epoca dei fatti sul caso giudiziario. Un giovane Depardieu bene interpreta la parte dell’astuto contadino alfabetizzato Arnaud du Tilh che si finge Martin Guerre, allontanatosi dieci anni prima dal suo villaggio per un diverbio avuto con suo padre, riuscendo ad ingannare per tre anni un’intera comunità e soprattutto la moglie del vero Martin, Bertrande, impersonata da Nathalie Baye.
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Daniel Vigne nel 1982 traspone con dovizia di particolari anche scenografici in un film più interessante che affascinante, che, sebbene pluripremiato con tre Cesar, rimane una fredda ricostruzione storica senza pathos, uno dei primi furti di identità documentati della storia d’Occidente accaduto nel 1500 in Francia e riportato nello scritto Arrest memorable del 1561 da uno dei giudici, Jean de Coras, chiamato a pronunciarsi all’epoca dei fatti sul caso giudiziario. Un giovane Depardieu bene interpreta la parte dell’astuto contadino alfabetizzato Arnaud du Tilh che si finge Martin Guerre, allontanatosi dieci anni prima dal suo villaggio per un diverbio avuto con suo padre, riuscendo ad ingannare per tre anni un’intera comunità e soprattutto la moglie del vero Martin, Bertrande, impersonata da Nathalie Baye. Vigne per il soggetto prende spunto dal romanzo della poetessa americana Janet Lewis nel 1941, La moglie di Martin Guerre, ma si attiene con scrupolo alle fonti e richiede per la sceneggiatura, da lui scritta con Jean-Claude Carriere, la consulenza della storica Natalie Zemon Davis. La storia, seppur alla lontana, ne ricorda un’altra avvenuta in Italia nel primo dopoguerra circa quattrocento anni dopo e trasposta cinematograficamente ne’ Lo smemorato di Collegno del 1962 diretto da Sergio Corbucci, un film che nonostante l’imperfezione dello stile, imparagonabile con quello di Vigne, è più coinvolgente dal punto di vista emotivo anche grazie alla magnifica interpretazione di Totò.
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