paolo bisi
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giovedì 15 settembre 2011
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la notte del cacciatore
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Ben Harper, prima di essere arrestato e giustiziato per omicidio, nasconde un tesoro rivelando il nascondiglio soltanto ai suoi due bambini, John e Pearl. Sulle loro tracce si mette ben presto, vera incarnazione del male e della morte, Harry Powell, finto pastore e assassino di vedove. Per ottenere il denaro sposa la madre Willa, poi la uccide, ma i bambini cercheranno in ogni modo di difendere il tesoro e, più di ogni altra cosa, la propria vita. Opera prima e unica di Charles Laughton, è uno dei più grandi risultati mai ottenuti dalla settima arte, divenuta nel corso di pochi anni un vero e proprio oggetto di culto per tutti i cinefili. Film complesso, misterioso e profondo, riesce come pochissimi altri a far coesistere più generi, più tradizioni, più movimenti.
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Ben Harper, prima di essere arrestato e giustiziato per omicidio, nasconde un tesoro rivelando il nascondiglio soltanto ai suoi due bambini, John e Pearl. Sulle loro tracce si mette ben presto, vera incarnazione del male e della morte, Harry Powell, finto pastore e assassino di vedove. Per ottenere il denaro sposa la madre Willa, poi la uccide, ma i bambini cercheranno in ogni modo di difendere il tesoro e, più di ogni altra cosa, la propria vita. Opera prima e unica di Charles Laughton, è uno dei più grandi risultati mai ottenuti dalla settima arte, divenuta nel corso di pochi anni un vero e proprio oggetto di culto per tutti i cinefili. Film complesso, misterioso e profondo, riesce come pochissimi altri a far coesistere più generi, più tradizioni, più movimenti. Il noir altamente drammatico, il thriller e il racconto in forma di fiaba per bambini sono i percorsi fondamentali, che si affiancano lungo tutto il film al tema principale: la lotta tra il bene e il male (hate and love, le parole scritte sulle nocche delle mani del protagonista), tra i forti e i deboli, tra la vita e la morte. La fotografia, diretta in modo straordinario da Stanley Cortez, regala all'opera quel tocco cupo ed espressionista tipico del cinema classico, riuscendo a tracciare una linea netta e precisa sia per la descrizione dei personaggi sia per la narrazione degli avvenimenti. Indimenticabile la sequenza della fuga dei bambini a bordo della piccola barca, così come la figura di Rachel, un nido robusto in cui i deboli sanno trovare riparo e conforto. L'incredibile insuccesso commerciale costrinse Laughton a non tornare mai più alla regia, un vero peccato. Tappa da non mancare per qualsiasi cinefilo, è un film impossibile da dimenticare e non amare.
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rossano
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sabato 23 agosto 2008
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il tempo della maturità
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Che dire di un film così perfetto? Una novella incantevole, in cui il bene e il male si presentano con la stessa spada, la Bibbia, ora dalla parte dei poveri di spirito, ora pretesto per l'omicidio. Il tutto visto con gli occhi dell'innocenza, occhi in fuga, che amplificano ombre taglienti, minacciose, con la morte che si avvicina a grandi passi e si annuncia di volta in volta canticchiando un strana litania o mostrandosi come nera silhouette. Il viaggio verso la salvezza, accompagnato da spettatori notturni impassibili (il vento, i rumori, gli animali, le piante, il fiume...) è scandito solo dal giorno e dalla notte; è un viaggio in cui anche il tempo non ha misura, come avviene nell'infanzia, e che trova il suo naturale ritmo tra le braccia sicure di Rachel.
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Che dire di un film così perfetto? Una novella incantevole, in cui il bene e il male si presentano con la stessa spada, la Bibbia, ora dalla parte dei poveri di spirito, ora pretesto per l'omicidio. Il tutto visto con gli occhi dell'innocenza, occhi in fuga, che amplificano ombre taglienti, minacciose, con la morte che si avvicina a grandi passi e si annuncia di volta in volta canticchiando un strana litania o mostrandosi come nera silhouette. Il viaggio verso la salvezza, accompagnato da spettatori notturni impassibili (il vento, i rumori, gli animali, le piante, il fiume...) è scandito solo dal giorno e dalla notte; è un viaggio in cui anche il tempo non ha misura, come avviene nell'infanzia, e che trova il suo naturale ritmo tra le braccia sicure di Rachel. Via i brutti sogni, gli orchi e le paure dell'età infantile: da ora in poi l'orologio segnerà per John il tempo della maturità.
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adriano sgarrino
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domenica 2 agosto 2009
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la morte corre sul fiume
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Paese di prod.: USA Anno: 1955 di: Charles Laughton con: Robert Mitchum, Shelley Winters, Lillian Gish, Billy Chapin, Sally Jane Bruce.
Il falso predicatore pastore protestante, Harry Powell (Mitchum), sposa e uccide una vedova (Winters), perchè vuole impossessarsi del malloppo di una rapina compiuta dal marito. Ma sono i di lei figlioletti (Chapin e Bruce) gli unici a sapere dove si trova la refurtiva: si rifugiano presso un'anziana signora (Gish) che si prende cura di trovatelli, ma Powell non interrompe la sua caccia. Unica, straordinaria regia del grande attore Charles Laughton, che all'epoca fu poco amata dal pubblico. L'insuccesso commerciale della pellicola non consentì a Laughton di proseguire la carriera di regista.
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Paese di prod.: USA Anno: 1955 di: Charles Laughton con: Robert Mitchum, Shelley Winters, Lillian Gish, Billy Chapin, Sally Jane Bruce.
Il falso predicatore pastore protestante, Harry Powell (Mitchum), sposa e uccide una vedova (Winters), perchè vuole impossessarsi del malloppo di una rapina compiuta dal marito. Ma sono i di lei figlioletti (Chapin e Bruce) gli unici a sapere dove si trova la refurtiva: si rifugiano presso un'anziana signora (Gish) che si prende cura di trovatelli, ma Powell non interrompe la sua caccia. Unica, straordinaria regia del grande attore Charles Laughton, che all'epoca fu poco amata dal pubblico. L'insuccesso commerciale della pellicola non consentì a Laughton di proseguire la carriera di regista. Ma rivisto oggi, e con più attenzione, notiamo che il film sorprende per un geniale e calibratissimo alternarsi di generi (ora fiaba per bambini, ora thriller incalzante con venature quasi horror) e che Laughton riesce perfettamente a coniugare echi del cinema del cinema espressionista tedesco ed esigenze del classicismo hollywoodiano. Ai tempi nostri, a buon diritto, "La morte corre sul fiume" è ritenuto dai critici più eminenti quello che è: un vero capolavoro incompreso. Indimenticabile Robert Mitchum, che ha tatuate sulle nocche le parole "Love" e "Hate", in un personaggio che anticipa per certi versi lo psicopatico interpretato da lui stesso ne "Il promontorio della paura" (1962) di J. Lee Thompson.
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il cinefilo
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martedì 29 giugno 2010
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un film noir unico nel suo genere
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TRAMA:La storia si svolge sullo sfondo di un America intensamente puritana...un predicatore pazzo vuole impossessarsi di 10.000 dollari ma dovrà vedersela con due bambini che sono gli unici a conoscenza dell'ubicazione dei soldi...RECENSIONE:Charles Laughton dirige un film noir unico nel suo genere poichè è l'unica storia "thriller" diretta e raccontata con le cadenze di una fiaba nera nonchè una spietata denuncia dell'idea stessa di "fanatismo religioso".
Il film,all'epoca,pultroppo si rivelò un clamoroso insuccesso e non ottenne il successo che si sarebbe effettivamente meritato e solamente in seguito sarebbe stato rivalutato in quello che era:un capolavoro.
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TRAMA:La storia si svolge sullo sfondo di un America intensamente puritana...un predicatore pazzo vuole impossessarsi di 10.000 dollari ma dovrà vedersela con due bambini che sono gli unici a conoscenza dell'ubicazione dei soldi...RECENSIONE:Charles Laughton dirige un film noir unico nel suo genere poichè è l'unica storia "thriller" diretta e raccontata con le cadenze di una fiaba nera nonchè una spietata denuncia dell'idea stessa di "fanatismo religioso".
Il film,all'epoca,pultroppo si rivelò un clamoroso insuccesso e non ottenne il successo che si sarebbe effettivamente meritato e solamente in seguito sarebbe stato rivalutato in quello che era:un capolavoro.
Quest'opera racconta ed esalta la classica lotta tra il bene e il male(i bambini sono "l'incarnazione" del bene)mentre il pastore Harry Powell(interpretato da uno strepitoso Robert Mitchum)è la personificazione del male(le nocche tatuate con le parole ODIO e AMORE sono memorabili)che assume le sembianze di coloro che dovrebbere essere portatori di amore e che si dichiarano "figli di Dio"(e qui scatta la critica alle società profondamente bigotte).
Il film in questione può vantare anche una sequenza bellissima come la fuga dei due piccoli protagonisti sulla barca e in cui si lasciano trasportare dalla corrente del fiume circondati dalle piccole meraviglie della natura e del cielo stellato,fino a quando non trovano rifugio in un granaio il tutto reso ancora più fiabesco e "surreale" dalla meravigliosa colonna sonora di Walter Schumann che contribuisce ad amplificare anche la dimensione oscura e tenebrosa della vicenda.
Questa grande opera prima(e unica)di Charles Laughton è una tappa importante per ogni cinefilo e quasi sicuramente andrebbe classificata tra i 100 migliori film americani.
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great steven
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mercoledì 6 aprile 2016
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le malevoli intenzioni di un predicatore a caccia.
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LA MORTE CORRE SUL FIUME (USA, 1955) diretto da CHARLES LAUGHTON. Interpretato da ROBERT MITCHUM, SHELLEY WINTERS, LILLIAN GISH, EVELYN VARDEN, PETER GRAVES, JAMES GLEASON, DON BEDDOE, BILLY CHAPIN, SALLY JANE BRUCE, GLORIA CASTILLO
Harry Powell, assassino maniaco e psicopatico, si traveste da pastore protestante e gira gli Stati Uniti recitando la pantomima del predicatore generoso e di buon cuore, diventato pastore protestante, ma il suo modo di intendere la missione affidatagli dal Padreterno non va certo a braccetto con la carità e la misericordia. L’uomo, dal carattere feroce e irruento, è convinto che il suo compito consista più nel condannare le anime che nel salvarle, tant’è che alla croce preferisce un pratico coltellino svizzero, quale arma per mettere in pratica il verbo divino.
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LA MORTE CORRE SUL FIUME (USA, 1955) diretto da CHARLES LAUGHTON. Interpretato da ROBERT MITCHUM, SHELLEY WINTERS, LILLIAN GISH, EVELYN VARDEN, PETER GRAVES, JAMES GLEASON, DON BEDDOE, BILLY CHAPIN, SALLY JANE BRUCE, GLORIA CASTILLO
Harry Powell, assassino maniaco e psicopatico, si traveste da pastore protestante e gira gli Stati Uniti recitando la pantomima del predicatore generoso e di buon cuore, diventato pastore protestante, ma il suo modo di intendere la missione affidatagli dal Padreterno non va certo a braccetto con la carità e la misericordia. L’uomo, dal carattere feroce e irruento, è convinto che il suo compito consista più nel condannare le anime che nel salvarle, tant’è che alla croce preferisce un pratico coltellino svizzero, quale arma per mettere in pratica il verbo divino. Arrestato dalla polizia e incarcerato per l’omicidio della ballerina di un night-club, conosce dietro le sbarre il ladro Ben Harper, padre di due adorabili bambini, John e Pearl, il quale, prima dell’imprigionamento, aveva loro affidato la custodia di un tesoro (10.000 dollari), sulle cui tracce Powell si mette immediatamente, una volta uscito dalla galera. I due fratellini (più John che Pearl) sono fermamente intenzionati a non rivelare a chicchessia l’ubicazione del tesoro, ma quando Harry, per ottenerlo, ne sposa la madre Willa e poi la uccide, la situazione si fa molto complicata e pericolosa. I presupposti per imbastire un capolavoro inoppugnabile e travolgente oltre ogni dire, malgrado la rigidissima regolarità della struttura, ci sono stati tutti: sceneggiatura (James Agee), tratta dal romanzo The Night of the Hunter ( Il terrore corre sul fiume, 1954) di David Grubb (1919-1980), di levatura impeccabile e ritmo alacre e incalzante; fotografia (Stanley Cortez) splendidamente a disposizione della mirabolante invenzione visiva della regia, debitrice verso l’espressionismo tedesco e il cinema scandinavo, con qualche eco riconducibile perfino a David Wark Griffith; magnifica partitura musicale composta da Walter Grauman e impreziosita da numerose canzoni e due inni religiosi tradizionali ( Leaning on the Everlasting Arms e Bringing in the Sheaves); interpretazione stupefacente di R. Mitchum, qui nel ruolo più crudele e affascinante di tutta la sua carriera, magistralmente diretto da C. Laughton (1899-1962) alla sua prima e unica esperienza dietro alla macchina da presa. Il mistero che avvolge quest’opera, la cui grandezza dipende ed è alimentata dai molteplici binari espressivi su cui viaggia, ne fa un prodotto fruibile da più punti di vista, che si presta tanto a letture psicanalitiche quanto a percorsi induttivi che non forniscono, con tutta la buona volontà, risposte soddisfacenti alle innumerevoli domande che pone. Film di eccelsa complessità, popolato di mostri che sono anche vittime, di personaggi innocenti che ciononostante combattono col valore di eroi, di donne pronte al sacrificio ma che restano attaccate ad appigli sentimentali e morali comunque solidi, il tutto animato da un pessimismo cosmico che contrasta nettamente con l’impianto fiabesco che il film veicola soprattutto attraverso le figure, meno passive di quel che sembra, dei due fanciulli. Accanto ad un protagonista irripetibile e in forma smagliante, c’è una S. Winters più sbarazzina e vivace del solito, nelle vesti di una moglie campestre che continua a credere nella speranza di un ricongiungimento amoroso, il che la rende una preda facile e nella fattispecie ideale per il sadico predicatore che mira egoisticamente ad impinguare le proprie tasche e placare la sua diabolica sete di sangue (anche infantile). Spiega in modo alquanto significativo i motivi che spingono gli esseri umani a commettere delitti, in particolar modo chiamando in causa l’avidità (più assatanata e spietata che mai) e la xenofobia, intesa etimologicamente come paura del diverso e dell’altro. La durata contenuta è un ulteriore punto a suo favore: concentrare una storia di una tensione drammatica così elevata e ritmata non era impresa da poco, ma Laughton, coadiuvato da uno stuolo di contributi tecnici di primissima e innegabile qualità, è riuscito a far l’impossibile, regalando al pubblico (che all’uscita nelle sale non lo premiò adeguatamente) novanta minuti di incrollabile intensità e di superba potenza narrativa. Vedendolo più di una volta, emergono le sue qualità di racconto di formazione e la sua origine letteraria: è un’ulteriore dimostrazione che i libri adattati al cinema vengono migliorati una volta trasposti sul grande schermo e, grazie al fatto di dare corpo e voce a dei personaggi romanzeschi, le storie si abbelliscono e acquistano un valore che permette un loro più felice e benevolo apprezzamento. Un bianco e nero tipico degli anni 1950 di forza implacabile e un modo di narrare che si è ormai perso nei meandri del tempo, non solo cinematografico. L’esclusione dagli Oscar è senza ombra di dubbio un merito, e la mancanza di un qualunque riconoscimento ufficiale ne accentua il valore non solo agli occhi dei critici più attenti, ma anche a quelli di spettatori "comuni" che magari vogliono solo vedere rappresentate vicende che sappiano emozionare, commuovere, divertire o riflettere. O tutte e quattro le cose assieme. La qual cosa, in rari casi, avviene. E la rarità va sovente a braccetto con un ottimo balzo verso l’impegno e la ricompensa.
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il cinefilo
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sabato 11 giugno 2011
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l'amore,la morte e l'orrore
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"Love"ovvero amore e"hate"ovvero odio sono le due parole incise sulle nocche del malvaggio reverendo Powell...e subito balza agli occhi l'evidente,e raccapricciante,fanatismo che traspare dal personaggio(la presunta fedeltà a Dio contrapposta al disprezzo per le donne"impudiche"come si evince dalla scena del folle davanti ad alcune ballerine...a loro volta entrambi contrapposti alla sua tendenza all'omicidio in nome di un altro presunto"Dio"e cioè quello del denaro)e che,paradossalmente,riesce a ingannare tutti tranne il ragazzino che,quasi da subito,intuisce le sue intenzioni.
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"Love"ovvero amore e"hate"ovvero odio sono le due parole incise sulle nocche del malvaggio reverendo Powell...e subito balza agli occhi l'evidente,e raccapricciante,fanatismo che traspare dal personaggio(la presunta fedeltà a Dio contrapposta al disprezzo per le donne"impudiche"come si evince dalla scena del folle davanti ad alcune ballerine...a loro volta entrambi contrapposti alla sua tendenza all'omicidio in nome di un altro presunto"Dio"e cioè quello del denaro)e che,paradossalmente,riesce a ingannare tutti tranne il ragazzino che,quasi da subito,intuisce le sue intenzioni.
Ma come sarebbe possibile,dunque,che un bambino riesca a svelare l'inganno mentre un intera comunità di adulti invece no?ecco la mia spiegazione:un"falso profeta"può facilmente raggirare una società accecata dal puritanesimo più bieco(o almeno così viene lasciato intendere)mentre un bambino ancora,fortunatamente,"non iniziato"a quel tipo di visione della religione cristiana ha più possibilità di chiunque altro di smascherare il male oltre che facendo ricorso all'uso della semplice logica come si evince in uno dei dialoghi tra Powell e il ragazzino quando quest'ultimo intuisce una contraddizione tra le parole del padre poco prima di essere catturato dalla polizia e quanto gli viene detto dal"falso profeta"pazzo e omicida.
Il giuramento iniziale del ragazzo fatto al padre di difendere la sorella da qualsiasi minaccia trova quindi una sua piena concretezza anche nel momento in cui la madre di famiglia(l'attrice è Shelley Winters)viene"insidiata"dal losco individuo(sotto l'inquietante sostegno della bigotta comunità,ovviamente comunque ignara della sua vera natura)che prima la sposerà e poi finirà per uccidere anche lei.
La follia di Harry Powell/Robert Mitchum corre parallela a quella più sottile ma altrettanto infida della società da cui si ritrova circondato e che amplifica"l'orrore del presente"rispetto anche a quello del passato(i precedenti delitti del pazzoide)e che quindi riesce a trovare per se stesso una sua agghiacciante"collocazione sociale"tesa a cercare una qualche forma di giustificazione per i suoi abominevoli misfatti.
I bambini riescono a fuggire dopo la morte della madre mentre il"mostro"(perchè si conferma di essere proprio questo)li insegue per impossessarsi del"maledetto denaro"ma loro si mettono in salvo su una barca che(dopo aver attraversato,nella notte,un fiume degno di un sogno tanto velatamente fanciullesco quanto scopertamente affascinante)raggiungono una fattoria dove tentano di trovare la salvezza.
Il fiume è costellato di rane,ragnatele cosparse di rugiada e volatili notturni che"accompagnano"i bambini nella loro lenta traversata verso la disperata ricerca di"un domani"ovvero di un futuro.
Essi si rifugiano in un granaio ma,anche lì,possono scorgere all'orizzonte la figura del terribile maniaco alla loro ricerca mentre canta l'ambiguo"motivo"musicale...fortunatamente avranno dalla loro parte,però,un anziana e coraggiosa signora del posto(interpretata da Lillian Gish,ex attrice dell'era del cinema muto)che,a differenza degli altri puritani,non si farà ingannare dal pazzoide e,con l'aiuto della fede e della sua tenacia dura ed efficace riuscirà a prevalere sulle forze del male e ad assicurare il malvagio alla giustizia:nella sequenza del processo la società si rivolta contro il"mostro"avendone scoperto i crimini(mentre una ragazza,fuori dal tribunale,continua a subirne l'orribile fascino e a considerarlo innocente)e tenta di linciarlo,ma fallisce e il maniaco viene portato via dalla polizia.
"I bambini sono forti e resistono"dice Rachel Cooper nel finale"natalizio"elogiando con ferma convinzione la grandezza spirituale della fanciullezza e qui,invece,emerge la parte più"luminosa"e nobile del cristianesimo.
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martedì 8 novembre 2016
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la vita corre sul fiume
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
Anno difficile il 1955 per un regista esordiente (pur con l'esperienza da attore di Charles Laughton): Gioventù bruciata, La valle dell'Eden, Guerra e Pace, sono solo alcuni dei titoli usciti quell'anno che cambiano il panorama culturale americano e materializzano la ribellione allo status quo sociale.
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
Anno difficile il 1955 per un regista esordiente (pur con l'esperienza da attore di Charles Laughton): Gioventù bruciata, La valle dell'Eden, Guerra e Pace, sono solo alcuni dei titoli usciti quell'anno che cambiano il panorama culturale americano e materializzano la ribellione allo status quo sociale. Ma Laughton non si inserisce direttamente in questo filone, ha qualcosa di impellente, di personale da raccontare e lo fa utilizzando una sceneggiatura piana e sinuosa che non trascura nessun dettaglio e una fotografia che è più efficace di mille parole. Prende in prestito qualcosa da Steinbeck (la grande depressione), qualcosa da Hitchcok (la tensione del racconto), qualcosa dal western e dalla favola, e su tutto questo innesta il suo tema principale, la questione che gli sta a cuore: la lotta tra il bene e il male, tra l'amore e l'odio, che si intrecciano, si mescolano e si confondono come le mani e la testa del predicatore Harry Powell. Cambiano verso e rovesciano il loro significato, l'amore diventa odio e viceversa, finché nel finale, ancora acerrimi nemici, cantano la stessa canzone, un inno religioso, in una immagine e un emozione di straziante e moderna attualità.
La finalità di tutto questo sta alla base di ogni spirito ribelle: spingere lo spettatore al dubbio e all'uso del libero arbitrio, per non limitarsi alle apparenze e per non accettare nulla di scontato ma per valutare e decidere in modo consapevole e libero la strada da intraprendere.
Se esistesse un mago del cinema che avesse la possibilità di cancellare i titoli del 2016 e sostituirli con quelli del 1955, questi renderebbe a Charles Laughton ed al suo film la possibilità del meritato apprezzamento del pubblico e della critica che non ha avuto al suo tempo. La morte corre sul fiume è un film di moderna attualità perché parla di noi e della nostra capacità di confrontarsi con quello che sta intorno e dentro noi, love or hate, ogni giorno della nostra vita.
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p0vr0
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martedì 8 novembre 2016
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la vita corre sul fiume
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
Anno difficile il 1955 per un regista esordiente (pur con l'esperienza da attore di Charles Laughton): Gioventù bruciata, La valle dell'Eden, Guerra e Pace, sono solo alcuni dei titoli usciti quell'anno che cambiano il panorama culturale americano e materializzano la ribellione allo status quo sociale. Ma Laughton non si inserisce direttamente in questo filone, ha qualcosa di impellente, di personale da raccontare e lo fa utilizzando una sceneggiatura piana e sinuosa che non trascura nessun dettaglio e una fotografia che è più efficace di mille parole. Prende in prestito qualcosa da Steinbeck (la grande depressione), qualcosa da Hitchcok (la tensione del racconto), qualcosa dal western e dalla favola, e su tutto questo innesta il suo tema principale, la questione che gli sta a cuore: la lotta tra il bene e il male, tra l'amore e l'odio, che si intrecciano, si mescolano e si confondono come le mani e la testa del predicatore Harry Powell. Cambiano verso e rovesciano il loro significato, l'amore diventa odio e viceversa, finché nel finale, ancora acerrimi nemici, cantano la stessa canzone, un inno religioso, in una immagine e un emozione di straziante e moderna attualità.
La finalità di tutto questo sta alla base di ogni spirito ribelle: spingere lo spettatore al dubbio e all'uso del libero arbitrio per non limitarsi alle apparenze e per non accettare nulla di scontato, ma per valutare e decidere in modo consapevole e libero la strada da intraprendere.
Se esistesse un mago del cinema che avesse la possibilità di cancellare i titoli del 2016 e sostituirli con quelli del 1955, questi renderebbe a Charles Laughton ed al suo film la possibilità del meritato apprezzamento del pubblico e della critica che non ha avuto al suo tempo. La morte corre sul fiume è un film di moderna attualità perché parla di noi e della nostra capacità di confrontarsi con quello che sta intorno e dentro noi, love or hate, ogni giorno della nostra vita.
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itimoro
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mercoledì 16 novembre 2016
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odio vs. amore
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Concordo con molto di ciò che è stato bene scritto da altri e non starò a ripetere. Vorrei solo aggiungere una ulteriore sottolineatura sulla rilevanza del sentimento religioso che traspare dal film e che immagino debba avere contribuito al suo insuccesso commerciale.
Il reverendo Mitchum è un folle assassino, ma portatore di un credo religioso integralista e puritano non lontano dai sentimenti dell'America profonda di quel tempo (e forse non solo di quel tempo), improntato all'odio nei confronti del peccato e, forse soprattutto, nei confronti del peccatore. E' lui il personaggio negativo, che si batterà per la vittoria della sua interpretazione della Parola con la vecchia signora che raccoglie i bambini.
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Concordo con molto di ciò che è stato bene scritto da altri e non starò a ripetere. Vorrei solo aggiungere una ulteriore sottolineatura sulla rilevanza del sentimento religioso che traspare dal film e che immagino debba avere contribuito al suo insuccesso commerciale.
Il reverendo Mitchum è un folle assassino, ma portatore di un credo religioso integralista e puritano non lontano dai sentimenti dell'America profonda di quel tempo (e forse non solo di quel tempo), improntato all'odio nei confronti del peccato e, forse soprattutto, nei confronti del peccatore. E' lui il personaggio negativo, che si batterà per la vittoria della sua interpretazione della Parola con la vecchia signora che raccoglie i bambini.
Anche lei è portatrice di una interpretazione della Sacra Scrittura, una visione improntata però alla serenità e all'amore, forse considerata lassista dalla maggioranza puritana.
Questo scontro si dichiara con evidenza in una delle ultime sequenze, quando il predicatore, seduto di notte fuori della casa della donna, in attesa del momento buono per l'attacco, canta la sua nenia ricorrente: una canzone religiosa che parla di morte e che più volte gli abbiamo sentito cantare durante tutta la storia.
Ad un certo punto anche la vecchia signora si mette a cantare la stessa canzone, ma una strofa diversa, dove viene nominato Gesù e si parla di speranza.
Le due voci si sovrappongono, e in quel momento è evidente che stanno entrambi pensando alla stessa cosa, ma con una interpretazione totalmente diversa, e su quella si scontreranno.
E alla fine, a vincere sarà lei.
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andrea alesci
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venerdì 18 novembre 2016
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la suadente violenza della malvagità
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Segni manifesti come lettere incise nella carne, chiari come stelle nel fondo nero del cielo. Segni che ci colpiscono come uno schiaffo celato nel quieto scorrere di una forzata vita domestica. Sta racchiuso entro questa cornice il film diretto da Charles Laughton, l’unico che vide l’attore inglese dietro la macchina da presa.
Ed è una cornice dalle forti tinte espressioniste quella scelta da Laughton per una narrazione predatoria (The Night of the Hunter in originale) che ci porta a seguire la storia del (finto) predicatore Harry Powell (Robert Mitchum) lungo le strade di un villaggio violato dai tempi della Depressione, in luoghi indistinti definiti da un’unica costante: quel fiume che trasporterà incubi superficiali e sommersi.
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Segni manifesti come lettere incise nella carne, chiari come stelle nel fondo nero del cielo. Segni che ci colpiscono come uno schiaffo celato nel quieto scorrere di una forzata vita domestica. Sta racchiuso entro questa cornice il film diretto da Charles Laughton, l’unico che vide l’attore inglese dietro la macchina da presa.
Ed è una cornice dalle forti tinte espressioniste quella scelta da Laughton per una narrazione predatoria (The Night of the Hunter in originale) che ci porta a seguire la storia del (finto) predicatore Harry Powell (Robert Mitchum) lungo le strade di un villaggio violato dai tempi della Depressione, in luoghi indistinti definiti da un’unica costante: quel fiume che trasporterà incubi superficiali e sommersi.
Il fiume dove ogni nodo cruciale si stringe. Sin da quando Harry Powell entrò nella vita della vedova Wila Harper (Shelley Winters), dopo averne conosciuto il marito in prigione: il primo dentro per un furto d’auto, il secondo condannato a morte per rapina a mano armata e duplice omicidio. Dietro le sbarre del carcere dove riuscì a carpire il segreto di quei soldi rubati e nascosti in chissà quale posto.
Così, eccolo il reverendo Powell presentarsi al cospetto della famiglia Harper. Eccolo penetrarvi con l’inganno (e la benedizione del moralismo bigotto della signora Icey Spoon) per carpire quel segreto sepolto nel giuramento dei due piccoli di casa: John e Pearl. Eccolo, il reverendo che va predicando la storia tatuata sulle nocche delle sue mani in forma di quattro lettere in perpetuo combattimento: L-O-V-E e H-A-T-E; amore e odio che si combattono sin dal principio del film entro un’atmosfera subito percepibile come distorta.
Siamo dentro un quadro espressionista in movimento, dipinto a tinte fosche dalla fotografia di Stanley Cortez e dalle soffocanti musiche di Walter Schumann. Siamo sospesi entro il perimetro di una realtà da incubo e lo capiamo dal motivetto cantato da una donna che ritroveremo in Rachel Copper (Lillian Gish), salvifico angelo per le peripezie di John e Pearl.
Due bambini in fuga dalle grinfie di un patrigno capace di convincere con le parole, di alterare la realtà per il suo maligno tornaconto personale. Capace di mentire con la naturalezza di chi odia e di atterrire grazie alle suadenti espressioni e alla pesante voce di un bravissimo Robert Mitchum, che buca il tempo con quel suo demoniaco urlo quando i due piccoli riescono a scappargli.
È il tempo senza tempo di un incubo disegnato solo in apparenza con i tratti della realtà. Le stesse architetture delle case si stagliano su fondali come costruzioni fittizie, dalle proporzioni disturbanti. Anche l’aspetto bizzarro della piccola Pearl contribuisce all’effetto straniante cercato da Charles Laughton nel tratteggiare questo sempiterno duello tra amore e odio, tra bene e male, messo in atto infine dallo scontro fra Rachel Cooper e Harry Powell.
Scopriamo così il tempo di una pellicola che con lungimirante e inestinguibile abilità attraversa gli anni e supera quella scarsa considerazione che ricevette all’uscita nel 1955. Una pellicola che fu anche sfida al Codice Hays con la potente riflessione sulla sessualità (vedi l’amore negato in luna di miele da Henry a Wila le uscite di Ruby in cerca di uomini) e una critica alla fede intransigente.
La morte corre sul fiume ha la forza delle grandi opere, quelle che sanno smascherare attraverso una congerie di segni abbozzati. I segni di un espressionismo più reale della realtà.
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