dandy
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venerdì 6 novembre 2015
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il fico che tutto può.
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Primo vero successo di Avati(sceneggiatore col fratello Antonio).Comincia come una commedia acida con toni grotteschi talora strampalati,talora irresistibili e finisce come una vacua tragedia maliconica con molto meno interesse.Un'operazione ibrida che regge egregiamente finchè non comincia la "conversione" di Anteo,che già reca in se molti aspetti tpici dei futuri protagonisti dei film del regista.L'inizio irriverente sembra sbeffeggiare "L'Armata Brancaleone".Grande Tognazzi,spregiudicatissimo e immenso(sebbene zoppo,impotente e persino vergine).Più sguaiato che divertente Villaggio,con parrucca di riccioli bianchi.Reduce da "Fantozzi",qui ripropone i suoi personaggi televisivi "cattivi" involgarendoli.
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Primo vero successo di Avati(sceneggiatore col fratello Antonio).Comincia come una commedia acida con toni grotteschi talora strampalati,talora irresistibili e finisce come una vacua tragedia maliconica con molto meno interesse.Un'operazione ibrida che regge egregiamente finchè non comincia la "conversione" di Anteo,che già reca in se molti aspetti tpici dei futuri protagonisti dei film del regista.L'inizio irriverente sembra sbeffeggiare "L'Armata Brancaleone".Grande Tognazzi,spregiudicatissimo e immenso(sebbene zoppo,impotente e persino vergine).Più sguaiato che divertente Villaggio,con parrucca di riccioli bianchi.Reduce da "Fantozzi",qui ripropone i suoi personaggi televisivi "cattivi" involgarendoli.Il pelosissimo Lucio Dalla è il Fava.
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elgatoloco
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mercoledì 6 maggio 2020
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grottesco a suo modo geniale
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"lA mAZURKA DEL BARONE, DELLA sANTA E DEL FICO fIORON E"(1975), di Pupi Avati, scritto con il fratello Antonio e con la collaborazione di Gianni Cavina, vecchio amico e collaboratore di Avati, vede, dopo un esordio un po'in sordina, di questo vero autore del cinema italianol, la presenza di due stars assolute del cinema made in Italy, un serissimo e dalla comicità solo involontaria, Ugo Tognazzi(peraltro all'epoca, sembra, già in fase para-depressiva)e un "aggressivo"Paolo Villaggio, rispettivamente nel ruolo del barone detto"Gambina maledetta", per un incidente accorsogli da giovane quando, da atleta, aveva scalato l'albero del "miracolo"(dalla"santa"che aveva sacrificato la propria verginità per salvare le ragazze che, da monaca, custodiva, contro le intemperanze dei Longobardi"invasori"), da allora anticlericale durtissimo, ossessionato dlalla volontà di estirpare l'albero"maledetto"ma poi "convertito"dalla visione di una prostituta, che lui crede"santa", compagna(insieme a un'altra, di colore)di Paolo Villaggio, propagandista libertino(di oggetti sessuali) e "maquereau" delle due ragazze, Siamo a Bagnacavallo(ROmagna).
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"lA mAZURKA DEL BARONE, DELLA sANTA E DEL FICO fIORON E"(1975), di Pupi Avati, scritto con il fratello Antonio e con la collaborazione di Gianni Cavina, vecchio amico e collaboratore di Avati, vede, dopo un esordio un po'in sordina, di questo vero autore del cinema italianol, la presenza di due stars assolute del cinema made in Italy, un serissimo e dalla comicità solo involontaria, Ugo Tognazzi(peraltro all'epoca, sembra, già in fase para-depressiva)e un "aggressivo"Paolo Villaggio, rispettivamente nel ruolo del barone detto"Gambina maledetta", per un incidente accorsogli da giovane quando, da atleta, aveva scalato l'albero del "miracolo"(dalla"santa"che aveva sacrificato la propria verginità per salvare le ragazze che, da monaca, custodiva, contro le intemperanze dei Longobardi"invasori"), da allora anticlericale durtissimo, ossessionato dlalla volontà di estirpare l'albero"maledetto"ma poi "convertito"dalla visione di una prostituta, che lui crede"santa", compagna(insieme a un'altra, di colore)di Paolo Villaggio, propagandista libertino(di oggetti sessuali) e "maquereau" delle due ragazze, Siamo a Bagnacavallo(ROmagna). Bravissimi gli interpreti, con Cavina che fa il"servo"(poi liberato)del barone, Delia BOccardo, la"santa", l'amico-nemico di Avati(la storia l'ha raccontata lui stesso tante volte, ossia proprio Avati, invidiooso del grande musicista...), Lucio Dalla in un breve, efficacissimo ruolo, Lucienne Camille, la prostituta di colore, Gianfranco Barra il brigadiere e altri/e, ttra cui Patrizia de Clara, l'atroce cantante-cugina del barone Anteo. Un film nel quale emerge la bravura e l'intelligenza di Avati che, da Bolognese(dunque con l'amore-.avversità verso la Romagna tipica del cittadino della "capitale", ma con la giusta intelligenza)coglie di quella regione a sé(ogni Emiliano ma a fortiori ogni Romagnolo lo sa bene, sulla propria pelle)la passionalità talora acritica, sempre entusiasta ai limiti dell'arssurdo, che fa cogliere aspetti dell'esistenza altrimenti inesplorati/ineseplorabili, con una passione per gli ideali che viene ad essere totale e totalizzante, "assoluta". Con una consapevolezza da etno-.antropologo, Avati procede già allora, ossia 45 anni fa con una maestria straordinaria, un senso del cinema che glifa alternare "realtà"e"sogno"(anche allucinatorio)in maniera straordinaria, a livelli che diremmo"felliniani", ma con un'originalità totale, che dunque al"maestro"non deve più nulla, essendo ormai Avati autore totale, autoconsapevole in maniera appunto assoluta. Immagini e sequenze sono di un onirismo che non ha nulla di"surrealista", se intendiamo il"surrealismo"In senso stretto.dognatico, ma apportano al cinema italiano quel"senso in più"che aveva già, ma che allora era quasi latente, incriptato da anni, a casua del neorealismo da un lato, dell'onirismo felliniano dall'altro, del cinema di"Puro impegno politico"dall'altro ancora. Un cinena nuovo, che ha saputo mantenersi coerente, rinnovandosi sempre, nel contempo, fino a opere anche televisive, di valore noteovlissimo, ben distanti dal livello medio(francamente scarso, con poche eccezioni)della TV "dominante". El Gato
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