riccardo-87
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giovedì 7 gennaio 2010
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quando comencini mette in scena la tragicità
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Film che pone l’attenzione sul dramma familiare, vissuto da un padre che ha perso la moglie ma in primo luogo da un figlio che ha perso la madre e che, non trovando nel padre la comprensione di cui necessita, si chiude in sé stesso. Memorabili le scene in cui il giovane Andrea parla al quadro della madre in salotto, chiedendo perché il babbo è così duro con lui e perché non vuole mai credere alle sue parole, o ancora la scena in cui tenta disperatamente di recuperare la registrazione della voce di sua madre che per sbaglio aveva cancellato da un nastro, senza riuscire a rassegnarsi alle parole che gli vengono proferite, “è inutile, non c’è più la registrazione”. Dall’altra parte troviamo un padre che, non riuscendo a comprendere il dolore interiore del figlio, sbilancia tutta la sua attenzione per il minore, Milo, che, avendo solo quattro anni, suscita la compassione e la dolcezza di lui e di fatto monopolizza tutte le sue attenzioni.
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Film che pone l’attenzione sul dramma familiare, vissuto da un padre che ha perso la moglie ma in primo luogo da un figlio che ha perso la madre e che, non trovando nel padre la comprensione di cui necessita, si chiude in sé stesso. Memorabili le scene in cui il giovane Andrea parla al quadro della madre in salotto, chiedendo perché il babbo è così duro con lui e perché non vuole mai credere alle sue parole, o ancora la scena in cui tenta disperatamente di recuperare la registrazione della voce di sua madre che per sbaglio aveva cancellato da un nastro, senza riuscire a rassegnarsi alle parole che gli vengono proferite, “è inutile, non c’è più la registrazione”. Dall’altra parte troviamo un padre che, non riuscendo a comprendere il dolore interiore del figlio, sbilancia tutta la sua attenzione per il minore, Milo, che, avendo solo quattro anni, suscita la compassione e la dolcezza di lui e di fatto monopolizza tutte le sue attenzioni. L’unico accenno da parte Anthony Quayle (il padre) di riavvicinarsi ad Andrea lo si vede quando lo zio Will, accorgendosi delle emozioni che il giovane reprime, avvisa il fratello di non sottovalutare il dolore del ragazzo e di non fidarsi della sua apparente spensieratezza, e prega il fratello di passare un po’ più di tempo con Andrea. Duncombe (Quayle) sembra avvicinarsi al ragazzo, promettendogli di portarlo con sé a Roma, cosa che ridà il sorriso ad Andrea; ma una nuova incomprensione con il giovane indurisce nuovamente il loro rapporto, facendo sì che Il ragazzo si isoli e si chiuda ancora maggiormente in sé stesso. La situazione crolla quando Andrea, solito ad arrampicarsi su un ramo che sporge su un fiume per acquietare la sua frustrazione, ripete il gioco: il ramo si spezza – causa è il piccolo Milo che sale dietro al fratello- ed Andrea precipita nel fiume, causandosi un danno alla colonna vertebrale. Tornato da Roma, Duncombe trova il figlio disteso su un divano di fronte al ritratto della madre, e i medici gli dicono che, anche qualora fosse riuscito a sopravvivere, sarebbe rimasto paralizzato; seguono qui i giorni in cui Quayle, ritrovata solo allora l’attenzione per il figlio, comprende, tramite i deliri del ragazzo, di aver sbagliato tutto nel loro rapporto, capendo inoltre di aver fatto idealmente di un bambino un uomo e di aver trascurato il suo dolore. Insieme i due finiscono un tema iniziato da Andrea ma mai completato – unica scena un po’ forzata a mio avviso- in cui il giovane raccontava il rapporto d’amicizia con suo padre, il quale rilevava tutte le mancanze di Duncombe, che non aveva mai rivolto parole di stima al ragazzo. Qui finalmente i due si ricongiungono davvero, ma il ragazzo, ormai allo stremo delle forze, muore, lasciando il padre nel dolore dei suoi errori. La parte finale sa un po’ di strappalacrime, ma, data la tragicità del tema, non vedevo altro modo per metterlo in scena; l’idea del tema incompiuto, come già detto, è un po’ forzata, anche se è soprattutto tramite quella che passa il profondo messaggio del film: il cercare sempre di "comprendere" il proprio figlio e il non dare mai niente per scontato, specialmente le sue sofferenze interiori.
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elgatoloco
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mercoledì 27 luglio 2016
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sembrerebbe"larmoyant", invece...
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Si direbbe un film"larmoyant"ma non lo è: è invece tratto da un romanzo di Florence Montgomery, dunque da un testo letterario(un romanzo, per la precisione)e diretto da un regista sensibile e intelligente come Luigi Comencini. Film di sentimenti, che tratta-ma en litteraire, non sul piano psicologico-il tema del bambino più grande dimenticato dal padre, console inglese, rimasto vedovo, che gli preferisce il bambino più piccolo, malaticcio. Tema importante ma che l'autore tratta, anche con competenza psicologica, ma "a volo d'uccello", sottolineando la necessità dle maternage, ossia dell'affetto di cui si ha bisogno ad ogni età, invero.
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Si direbbe un film"larmoyant"ma non lo è: è invece tratto da un romanzo di Florence Montgomery, dunque da un testo letterario(un romanzo, per la precisione)e diretto da un regista sensibile e intelligente come Luigi Comencini. Film di sentimenti, che tratta-ma en litteraire, non sul piano psicologico-il tema del bambino più grande dimenticato dal padre, console inglese, rimasto vedovo, che gli preferisce il bambino più piccolo, malaticcio. Tema importante ma che l'autore tratta, anche con competenza psicologica, ma "a volo d'uccello", sottolineando la necessità dle maternage, ossia dell'affetto di cui si ha bisogno ad ogni età, invero. Film di sentimenti delicati, anche quando si esprimono in forma più diretta e quasi gridata, ha momenti particolarmente importanti, anche quando sembrano passaggi intermedi, quasi"interludi": è così nell'attraversamento del giardino da parte del "grande", nelle gite fiorentine(e Firenze, qui, nell'anno della tragica alluvione, è pienamente al centro del film, come in pochi altri film, se non in in bici e anche nei momenti di delicata sofferenza, come quando il"piccolo"trema al passaggio di un temporale pieno di fulmini e tuoni("La notte fu piena di lampi", inevitabile ricordarsene, non solo per lo spettatore-lettore made in Italy...)e naturalmente anche altrove. Film di sentimenti, si diceva, pienamente"interiore", è realizzato in piena anti-spettacolarità, con primi piani anche lunghi, non lunghissimi e quasi mai primissimi piani, con una concentrazione su vicenda, ambiente e soprattutto personaggi, nella loro dinamica interiore, appunto, totale. Interpreti particolarmente sensibili, da Anthony Quayle a John Sharp a un'insolita(per la parte)Giorgia Moll, per non dire dei bambini, naturalmente, di cui non conosco le ulteriori vicende umane ed eventualmente nel mondo dello"spettacolo". El Gato
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vero2
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giovedì 9 giugno 2011
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comencini e i suoi bambini
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Trama del tragico film del maestro Luigi Comencini.
Andrea e Milo, due fratelli rimasti orfani di madre, vivono a Firenze con il padre.
Milo, il minore, riceve tutte le attenzioni e i privilegi mentre Andrea, il maggiore, è sempre solo, deriso dal fratello e incompreso.
Nell'ultima parte (ovvero la più triste) Andrea, per rimanere da solo, si reca nel bosco e si arrampica su un albero che pendeva sul lago.
All'improvviso arriva Milo che si arrampica all'altra estremità dell'albero.
Andrea glielo impediva perchè era pericoloso, ma il fratello non lo ha ascoltato e l'albero che non reggeva tale peso, cadde nel lago e con esso Andrea che riportò gravissime ferite.
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Trama del tragico film del maestro Luigi Comencini.
Andrea e Milo, due fratelli rimasti orfani di madre, vivono a Firenze con il padre.
Milo, il minore, riceve tutte le attenzioni e i privilegi mentre Andrea, il maggiore, è sempre solo, deriso dal fratello e incompreso.
Nell'ultima parte (ovvero la più triste) Andrea, per rimanere da solo, si reca nel bosco e si arrampica su un albero che pendeva sul lago.
All'improvviso arriva Milo che si arrampica all'altra estremità dell'albero.
Andrea glielo impediva perchè era pericoloso, ma il fratello non lo ha ascoltato e l'albero che non reggeva tale peso, cadde nel lago e con esso Andrea che riportò gravissime ferite.
Saputo questo fatto, il padre dei due tornò subito a casa dal lavoro e si interessò solo a Milo che era sano come un pesce.
La cameriera disse lui che era Andrea che stava male; velocemente il padre andò in salotto dove sul divano c'era Andre moribondo.
Il padre disse ad Andrea che gli voleva bene ma lui rispose: "Mi vuoi bene? Allora perchè non me l'hai detto prima, non mi hai mai dato un bacio o una carezza?".
Andrea era mezzomorto. Milo, troppo piccolo per capire certe cose, se ne stava tranquillo in giardino a giocare con la palla.
D'un tratto Andrea si ricordò del tema che non aveva fatto per compito e cominciò a dire: "Signor maestro non l'ho fatto il tema del migliore amico anche se ce l'ho ed è il mio papà".
Andrea disse altro e arrivò anche Milo che vicino al padre che era vicinissimo al capezzale del figlio.
Detta l'ultima parola Andrea spirò e il piccolo Milo chiese al padre: "Papà, Andrea sta dormendo vero?".
Il padre, con gli occhi pieni di lacrime, rispose: "Si Milo, Andrea sta dormendo. Ora torna a giocare".
Finale? Dette queste parole appare una scritta con scritto "fine" e qui ho iniziato a piangere.
Grande Comencini!
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(di critichetti)
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