antonello chichiricco
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giovedì 28 agosto 2014
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gilda, riscatto riuscito, rita... no
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Avevo dodici anni quando vidi per la prima volta Gilda al cinema. A quell’età rimasi estasiato, quasi intimorito dalla potenza che emanavano i personaggi, dai dialoghi sferzanti, dalla profusione di sfarzosa modernità, dalla rutilanza scenografica degli interni, e ovviamente, dalla Stardivina Rita Haiworth. E pur non comprendendo granché dell’intrecciato sviluppo narrativo valutai questo film un capolavoro.
Come ho fatto con altri famosi film d’epoca ho voluto rivedere Gilda ai giorni nostri. A distanza di oltre mezzo secolo, in prima battuta, ho provato un senso di disagio misto a fastidioso stupore e ironica compassione per quelli che allora erano considerati valori, qualità, attributi identificanti quei personaggi, immersi com’erano in un alone quasi trascendente, personaggi oggi in apparenza decisamente ridicoli e anacronistici se rapportati all’attuale individuo medio e i suoi costumi estetici, culturali e mentali.
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Avevo dodici anni quando vidi per la prima volta Gilda al cinema. A quell’età rimasi estasiato, quasi intimorito dalla potenza che emanavano i personaggi, dai dialoghi sferzanti, dalla profusione di sfarzosa modernità, dalla rutilanza scenografica degli interni, e ovviamente, dalla Stardivina Rita Haiworth. E pur non comprendendo granché dell’intrecciato sviluppo narrativo valutai questo film un capolavoro.
Come ho fatto con altri famosi film d’epoca ho voluto rivedere Gilda ai giorni nostri. A distanza di oltre mezzo secolo, in prima battuta, ho provato un senso di disagio misto a fastidioso stupore e ironica compassione per quelli che allora erano considerati valori, qualità, attributi identificanti quei personaggi, immersi com’erano in un alone quasi trascendente, personaggi oggi in apparenza decisamente ridicoli e anacronistici se rapportati all’attuale individuo medio e i suoi costumi estetici, culturali e mentali.
Tutti o quasi fumavano, accendersi con studiata ritualità una sigaretta (estratta da un pacchetto ciancicato o da un elegante portasigarette in oro massiccio, poco importava) esprimeva a seconda dei casi disinvoltura, scioltezza, nervosismo. Ogni occasione era buona “per bere qualcosa”, drink, vodka, martini bourbon, scotch, con ghiaccio o senza (mai un bicchere d’acqua…). Battute taglienti, gestualità ad effetto, atteggiamenti da macho o da virago, tutto era proteso a creare un’immagine di sé – oggi potremmo dire – da gran ficacci. Nel darsi questo tono esclusivo, specie negli uomini, molto giocava una società ancora sostanzialmente maschiocratica e quindi discriminatoria nei confronti delle donne, la cui unica arma, quando possibile, era la seduzione (“cozze” a parte).
Trovo interessante approfondire i risvolti di quest’analisi fra le due società di ieri e di oggi. La rivisitazione - che va certamente considerata rapportando il mondo d’oggi a quel contesto storico e sociale - si offre infatti a un esame più minuzioso da cui l’individuo e la società attuale non escono affatto migliori o più emancipati come potrebbe sembrare.
La ruvida elementarità, la spietatezza, la pacchiana esibizione, lo sfarzo, di quegli uomini e di quelle donne, onesti o meno che fossero, era in fondo quello che era. Oggi abbiamo invece una società più camuffata, insospettabile, sofisticata come i nostri alimenti apparentemente curati, genuini, controllati, in realtà ben più alterati e contraffatti di una volta. Oggi i miliardari fanno i progressisti, i poveracci ostentano cellulari da 800 euro, i trasgressivi” (vedi pirsingati, tatuati, ecc.) sono dei poveri sciocchi omologatissimi e in realtà conformi alle mode, le missioni umanitarie dei paesi ricchi sono invasioni di stati sovrani, la privacy è un’utopia, le grandi istituzioni internazionali (ONU, Banca mondiale, OMS) generano o favoriscono sempre più disuguaglianze e ingiustizie sociali, i mezzi d’informazione disinformano, parole come “diritti umani” “democrazia”, “sviluppo”, “crescita” “economia” sono solo strumenti demagogici sulla bocca dei potenti, parole che rispetto ai loro significati originali risultano etimologicamente e semanticamente stravolte. Suadente metastatica pubblicità che pian piano crea un universo parallelo rendendoci schizoparanoici. Ideologie, valori sono liquidi ectoplasmi metamorfici in solidi vuoti a rendere, come tante bottigliette colorate di altrettanti naufraghi multicolori.
E allora… beh, allora preferisco di gran lunga la corazza fatal-conturbante di una Gilda con dentro una donna passionale romanticamente ferita che in fondo si riscatta. Sì, la preferisco alle nostre postmoderne maschere di ambiguità disinvoltamente annaspanti in un mondo dove ormai, per dirla alla Gaber: “Tutto è falso e il falso è tutto”.
Al di là della mia analisi psicosociale, Gilda resta un film noir, di buon impianto scenografico, un cupo menage a trois ben girato e recitato (grandissimo Glenn Ford). Pellicola storica, seconda forse solo a Sangue e arena, un cult movie (mitiche le performances ballereccio-canore Amado mio e Put the blame on mame) specie per gli aficionados di Margarita Carmen Cansino, in arte la sensualissima Rita Hayworth, in realtà una creatura fragile, controversa, travolta e massacrata dalla stampa e dal successo. Una donna infelice, per amara ironia definita “Dea dell’amore”, amore assoluto che inseguì invano per tutta la vita fra passioni travolgenti, scomuniche, fallimenti matrimoniali, dissesti finanziari, disillusioni professionali. Dacché nel ’53, trentaciquenne nel pieno della sua prorompente bellezza, dopo aver interpetato Pioggia, una prostituta che vuol redimersi, dichiarò alla stampa di non trovarsi più nella sexy symbol e che avrebbe voluto interpretare ruoli di donne vere, autentiche, senza trucco, fu decisamente osteggiata e la sua carriera si fece più difficile. Finì distrutta dall’alcool e dall’Alzheimer.
Un appunto a MyMovies: il materiale documentàle (biografia e filmografia) riguardante Rita Hayworth è pressoché nullo.
Antonello Chichiricco
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carlo276
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mercoledì 3 settembre 2014
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film capolavoro
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Ho visto "Gilda" per la prima volta a 19 anni, alla fine degli anni '90 e non ho più smesso di guardarlo, credo di conoscerlo a memoria.
La Hayworth rappresenta la quintessenza della bellezza e della sensualità femminile, non mi stupisce che l'abbiano poi definita "La Dea dell'Amore".
Io trovo il film molto moderno, sia nei dialoghi, che nell'intreccio sentimentale (tra l'altro si intuisce anche una relazione omosessuale tra i due pratogonisti maschili: Glenn Ford e George Macready), ma certo non lo si può considerare un film attuale, visto che è ambientato ai tempi della guerra.
Capisco lo scalpore per la scena del tentato striptease della Hayworth, che suscitò in quegli anni, quella scena cattura l'attenzione ancora oggi, ma immagino che se dovesse essere girata oggi, porterebbe la protagonista al nudo quasi totale e non al semplice sfilarsi i guanti come fa Gilda, ma questo, secondo me, rende ancora di più la Hayworth, un'attrice dalle grandi doti espressive.
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Ho visto "Gilda" per la prima volta a 19 anni, alla fine degli anni '90 e non ho più smesso di guardarlo, credo di conoscerlo a memoria.
La Hayworth rappresenta la quintessenza della bellezza e della sensualità femminile, non mi stupisce che l'abbiano poi definita "La Dea dell'Amore".
Io trovo il film molto moderno, sia nei dialoghi, che nell'intreccio sentimentale (tra l'altro si intuisce anche una relazione omosessuale tra i due pratogonisti maschili: Glenn Ford e George Macready), ma certo non lo si può considerare un film attuale, visto che è ambientato ai tempi della guerra.
Capisco lo scalpore per la scena del tentato striptease della Hayworth, che suscitò in quegli anni, quella scena cattura l'attenzione ancora oggi, ma immagino che se dovesse essere girata oggi, porterebbe la protagonista al nudo quasi totale e non al semplice sfilarsi i guanti come fa Gilda, ma questo, secondo me, rende ancora di più la Hayworth, un'attrice dalle grandi doti espressive.
Film ricchissimo di colpi di scena, con dei bellissimi dialoghi e un'ottima fotografia.
Si parla di amore e di odio e di quanto l'uno spesso si rifletta nell'altro.
FILM DA VEDERE E RIVEDERE
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stefanocapasso
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venerdì 29 dicembre 2017
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la paura che ostacola la vita
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Dopo avergli salvato la vita, Frank affida a Johnny la gestione del suo locale notturno che comprende un casinò. Man mano che entra in confidenza col lavoro e col boss, Johnny scopre un giro di affari losco che è coperto dalla sala da gioco e soprattutto che il suo datore di lavoro ha da poco sposato Gilda, che era stata sua amante. Gilda ha una natura indomabile e tenta in tutti i modi di sedurre Johnny, così quando Frank muore i due si sposano. Ma quella di Frank era una messa in scena e al suo ritorno cercherà di ottenere le sue vendette.
Grande film di Charles Vidor, un classico noir con tinte melodrammatiche che si fonda sull’interpretazione travolgente della straordinaria Rita Hayworth.
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Dopo avergli salvato la vita, Frank affida a Johnny la gestione del suo locale notturno che comprende un casinò. Man mano che entra in confidenza col lavoro e col boss, Johnny scopre un giro di affari losco che è coperto dalla sala da gioco e soprattutto che il suo datore di lavoro ha da poco sposato Gilda, che era stata sua amante. Gilda ha una natura indomabile e tenta in tutti i modi di sedurre Johnny, così quando Frank muore i due si sposano. Ma quella di Frank era una messa in scena e al suo ritorno cercherà di ottenere le sue vendette.
Grande film di Charles Vidor, un classico noir con tinte melodrammatiche che si fonda sull’interpretazione travolgente della straordinaria Rita Hayworth. E’ proprio la storia d’amore tormentata tra i due protagonisti che è il nucleo centrale del film., una storia d’amore che si svolge in differenti continenti e sempre caratterizzata dalla scarsa fiducia reciproca. Per la verità tutti i protagonisti condividono il sentimento della paura, sulla base del quale mettono in moto grandi macchine di difesa che alla fine si rivelano controproducenti. Cosi Johnny riesce a poter vivere il suo amore quando capisce che è il momento di mettere da parte la paura.
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