goldy
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venerdì 10 settembre 2021
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l''america che pensa
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E' una storia e che storia! Stringnete e incalzante l'America sbarca in Europa. Il regista sceglie la Francia campione di garantismo a confronto con lo sbrigativo concetto di giustizia fai da te di derivazione Western . Perchè questo confronto? Per riflettere, per uscire da schemi incrostati e immutabili.
Emerge piuttosto la condizione degli individui di fronte a accadimenti drammatici. Si è sostanzialmente soli senza un codice sicuro a cui fare ricorso. La consapevolezza che la vita sia crudele viene rinadita due volte nel corso della storia ed è questa la consapevolezza che anima i protagonisti.
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E' una storia e che storia! Stringnete e incalzante l'America sbarca in Europa. Il regista sceglie la Francia campione di garantismo a confronto con lo sbrigativo concetto di giustizia fai da te di derivazione Western . Perchè questo confronto? Per riflettere, per uscire da schemi incrostati e immutabili.
Emerge piuttosto la condizione degli individui di fronte a accadimenti drammatici. Si è sostanzialmente soli senza un codice sicuro a cui fare ricorso. La consapevolezza che la vita sia crudele viene rinadita due volte nel corso della storia ed è questa la consapevolezza che anima i protagonisti. Non sono il sentimento della speranza e della consolazione ad avere il sopravvento. Il giudici dice: "C'è il tempo della speranza e poi c'è il tempo dell'accettazione". Ecco il film sembra dire proprio questo. E' finito il termpo della speranza, ora è il tempo dell'accettazione. Accettare cosa? Per esempio che il nostro agire non ha più una bussola certa e siamo soli nell'Universo. I recenti eventi afghani e il virus ce lo indicano in modo inequivocabile. Possiamo anche arrenderci davanti a una giustizia che non trionfa ,come si svela al termine della storia ma ammetterlo, oggi, non sgomenta più nessuno.
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felicity
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lunedì 31 gennaio 2022
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un saggio sull''america conservatrice e trumpiana
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Ad una prima rapida e superficiale occhiata, Il caso Spotlight e La ragazza di Stillwater rappresentano due facce di una medesima medaglia narrativa, due opere dall'identica struttura e innervate dai medesimi stilemi e concetti. Siamo sempre dalle parti del film-inchiesta, ma Spotlight è un lavoro asettico, freddo e distaccato. Stillwater sceglie invece il percorso opposto: una volta messi a conoscenza della situazione iniziale, riguardante una ragazza americana condannata per omicidio a Marsiglia e la volontà di suo padre di provarne l'innocenza, veniamo travolti dall'umanità, in modo persino fuorviante. L'attenzione non è tanto rivolta ad Allison quanto a lui, Bill Baker, operaio trivellatore dell'Oklahoma e “action hero imbolsito, stanco, a tratti ingenuo, non privo di ambiguità ma animato da una fede genuina”.
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Ad una prima rapida e superficiale occhiata, Il caso Spotlight e La ragazza di Stillwater rappresentano due facce di una medesima medaglia narrativa, due opere dall'identica struttura e innervate dai medesimi stilemi e concetti. Siamo sempre dalle parti del film-inchiesta, ma Spotlight è un lavoro asettico, freddo e distaccato. Stillwater sceglie invece il percorso opposto: una volta messi a conoscenza della situazione iniziale, riguardante una ragazza americana condannata per omicidio a Marsiglia e la volontà di suo padre di provarne l'innocenza, veniamo travolti dall'umanità, in modo persino fuorviante. L'attenzione non è tanto rivolta ad Allison quanto a lui, Bill Baker, operaio trivellatore dell'Oklahoma e “action hero imbolsito, stanco, a tratti ingenuo, non privo di ambiguità ma animato da una fede genuina”. Uno stereotipo vivente – tra cappellini da baseball e camicie a quadri, musica country e preghiera prima dei pasti – che si scrolla di dosso i luoghi comuni con immensa fatica, assemblato con grande sottigliezza e pathos.
E quindi questa è la storia di un essere umano, prima ancora che di un “caso”, un saggio sociologico sull'America conservatrice e trumpiana prima di un pamphlet sulla fallacia del sistema giudiziario. È su questa intelaiatura che si innestano le idee più interessanti, come quella della seconda possibilità di paternità grazie all'incontro a Marsiglia con Maya e Virginie, o come quella del fallimento esistenziale come caratteristica ereditaria.
Inseguire Bill nella sua quotidianità significa passare attraverso diversi generi e sottogeneri cinematografici: Stillwater inizia come un film modello Liam Neeson ultima maniera, con un rude padre in missione disposto a fare a cazzotti col mondo; diventa un procedural, con la raccolta di indizi e l'indagine legale delle prove a disposizione; e si trasforma in un dramma amoroso.
Il tutto prima di un'ultima parte più sbilanciata e fuori misura, che mina la verosimiglianza fino a quel punto tutto sommato mai messa a repentaglio e che rischia di vanificare quanto di buono espresso fino a quel momento. Mentre è affascinante considerare la vena autodistruttiva di Bill, il modo in cui si esprime appare selvaggio e implausibile, come se provenisse da una pellicola completamente diversa. Un problema essenzialmente di scrittura, che fatica a far convergere linee di trama incompatibili e registri disomogenei in modo armonico e coeso, portando i personaggi a spiegare troppo nel dettaglio le loro motivazioni.
Ma la regia di McCarthy resta generosa, sicura, soprattutto umana, restituendo allo spettatore un'esperienza assieme stimolante e rassicurante: quella del thriller adulto a medio budget che Hollywood non fa quasi più.
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figliounico
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giovedì 11 maggio 2023
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coinvolgente ed avvincente dramma familiare
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Film molto complesso di McCarthy che coniuga il dramma familiare con la denuncia sociale del razzismo e del pregiudizio omofobo e che alterna sapientemente e senza apparenti cesure momenti intimisti ed introspettivi a scene movimentate da classico thriller d’azione. La protagonista, in carcere per omicidio, è lesbica e questo ha concorso a determinare se non la sua condanna giudiziale la certezza della sua colpa presso l’opinione pubblica più retrograda. Il sospettato, pur essendo di carnagione chiara, è arabo e per questo è giusto indagarlo e perseguirlo. La Razionalità illuministica, personificata dall’attrice di teatro d’avanguardia, l’intellettuale di sinistra, Virginie, interpretata da Camille Cottin, ed il Sentimento, incarnato nel personaggio di Matt Damon, l’uomo naturalmente buono di Rousseau, l’ex trivellatore su piattaforme petrolifere, l’ex drogato e alcolista, improvvisatosi detective per scagionare la figlia, si uniscono nella lotta per ristabilire verità e giustizia se non nella società almeno nella sfera privata del protagonista.
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Film molto complesso di McCarthy che coniuga il dramma familiare con la denuncia sociale del razzismo e del pregiudizio omofobo e che alterna sapientemente e senza apparenti cesure momenti intimisti ed introspettivi a scene movimentate da classico thriller d’azione. La protagonista, in carcere per omicidio, è lesbica e questo ha concorso a determinare se non la sua condanna giudiziale la certezza della sua colpa presso l’opinione pubblica più retrograda. Il sospettato, pur essendo di carnagione chiara, è arabo e per questo è giusto indagarlo e perseguirlo. La Razionalità illuministica, personificata dall’attrice di teatro d’avanguardia, l’intellettuale di sinistra, Virginie, interpretata da Camille Cottin, ed il Sentimento, incarnato nel personaggio di Matt Damon, l’uomo naturalmente buono di Rousseau, l’ex trivellatore su piattaforme petrolifere, l’ex drogato e alcolista, improvvisatosi detective per scagionare la figlia, si uniscono nella lotta per ristabilire verità e giustizia se non nella società almeno nella sfera privata del protagonista. Inquadrature non convenzionali di Marsiglia completano l’opera rendendola esteticamente interessante con uno sguardo più attento alla banlieue degradata abitata dagli emarginati e dagli immigrati di seconda e terza generazione, che richiama alla mente per somiglianza architettonica e non solo le Vele di Scampia di Napoli, e uno più distratto e occasionale a quella che viene presentata come l’altra Marsiglia, ovvero gli amici dell’attrice appartenenti alla classe benestante che vive nelle ville lussuose che si affacciano sul panorama mozzafiato della città. Finale non scontato per un film emozionante e coinvolgente che conferma la capacità di Damon di grandi performances attoriali in ruoli drammatici.
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