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Pablo Larraín

Pablo Larraín (Pablo Larraín Matte) è un regista, produttore, sceneggiatore, è nato il 19 agosto 1976 a Santiago del Cile (Cile).
Nel 2023 ha ricevuto il premio come miglior sceneggiatura al Festival di Venezia per il film El Conde. Pablo Larraín ha oggi 47 anni ed è del segno zodiacale Leone.

Raccontando il Cile...

A cura di Fabio Secchi Frau

Cantore ineguagliabile della Storia del suo Paese e delle sue molteplici contraddizioni, Pablo Larraín è capace, per ogni film, di adottare un registro differente, scegliendo di volta in volta l'estetica più adatta al genere cinematografico che intende affrontare e calando, immancabilmente, i suoi personaggi e gli spettatori in un contesto quasi onirico.
Con movimenti di camera talvolta bruschi, talvolta fluidi, mette in scena il veloce saliscendi emotivo dei suoi protagonisti, ma senza mai aderire, soprattutto nei biopic, al prevedibile unico punto di vista. La prospettiva è sempre originale e, spesso, certe inquadrature giocano con l'asimmetria, aumentando il progressivo confronto e contrasto tra i due personaggi-chiave della trama. Personalità che, quasi sempre, si rispettano tanto quanto si temono, anche quando è ben chiaro fin dall'inizio come uno dei due sia sempre subalterno rispetto all'altro.
L'occhio meticoloso e l'abilità nello spingere il proprio cast a performance pienamente realizzate, lo hanno trasportato da un cinema allegorico-politico alle intriganti potenzialità narrative di quello biografico.

La trilogia antipinochetiana
La sua opera più importante è indubbiamente la trilogia antipinochetiana, realizzata con gli acclamati Tony Manero (2008), Post Mortem (2010) e No - I giorni dell'arcobaleno (2012). Sfruttando l'ironia per ritrarre un'atmosfera tesa e inquieta della quale era vestita un'epoca molto oscura della storia cilena, Larraín diventa ambasciatore artistico di una presa di coscienza contro il regno di terrore, violento e senza scrupoli di Augusto Pinochet, che piombò sul suo paese dal 1974 al 1990.
L'efficacia di questa trilogia è tutta nella sua grande capacità di analizzare strategicamente e da diverse angolazioni le questioni politico-sociali più aberranti del regime politico, anche a costo di rompere, spezzettare e ricostruire il suo stile registico. Uno sforzo che lo ha portato a vedere proprio l'ultimo della trilogia candidato all'Oscar come Miglior film di lingua straniera (vincerà però Amour di Michael Haneke).
È opponendosi a Pinochet che Larraín parla contro tutte le dittature mondiali che orchestrano la limitazione delle libertà della popolazione e i rigidi controlli spingendo sull'abuso di potere e perpetrando audaci ingiustizie che opprimono uno Stato libero.

I biopic
Sbarcato a Hollywood si impone nel genere biografico. Pablo Neruda, Lady Diana e Jacqueline Kennedy sono le celebri personalità di cui narra l'esistenza sconvolta da lutti, odio familiare, nemici politici. Pellicole straordinarie che rappresentano non solo la cristallizzazione del mito, ma espongono i traumi che hanno permesso un rovesciamento della Storia.
L'occhio attento di Larraín guarda quasi sempre al loro momento esistenziale più controverso, con uno stile visivo audace e un approccio intelligente alla sceneggiatura e al montaggio, anche lì dove non ha partecipato alla scrittura. E questo sebbene il pubblico non auspichi ad altro che a un ritorno del regista al movimento del Novísimo Cine Chileno, di cui fa parte e che raccoglie altri registi affermati ed emergenti come lui.

Altre opere
Rimangono indefinite e sospese, quasi eteree, altre sue opere più intime come Ema e Il club, che sembrano seducenti costole esplorative della psicologia umana.

Studi
Figlio del Ministro della Giustizia e dei Diritti Umani del secondo Governo di Sebastián Piñera, Hernán Larraín, e dell'ex Ministro dell'Edilizia e dell'Urbanistica dello stesso governo, Magdalena Matte, Pablo Larraín ha studiato Comunicazione Audiovisiva all'Universidad UNIACC.

L'esordio
Socio fondatore della Fábula, una società dedicata allo sviluppo del cinema e degli spot pubblicitari, esordisce nel 2005 con il suo primo lungometraggio Fuga che ottiene numerosi riconoscimenti internazionali, per aver ben reso la tensione tra un talentuoso pianista mentalmente instabile e un suo collega che sembra volergli rubare le sue composizioni.

La trilogia contro il Cile di Pinochet
Dirige poi Tony Manero, ambientato alla fine degli Anni Settanta e che vede come protagonista Raùl Peralta, un ragazzo analfabeta, violento e ossessionato dal personaggio filmico di Tony Manero, al punto tale da sacrificare senza alcun rimorso anche la sua fedina penale, già minacciata dai controlli della polizia segreta. Un film forte e spietato, che richiama alcuni elementi del neorealismo in quel disperato tentativo di riscatto dall'orrore sociale, e che vorrebbe essere una metafora dell'identità di una nazione sotto dittatura. L'amoralità di Peralta è, infatti, l'amoralità del cinico, crudele e volgare regime, in un gioco di specchi grandioso e massmediologico.
Da questo film, svilupperà poi quella che è la sua fortunata e allegorica trilogia storico-politica. Accanto a Tony Manero, arriva infatti Post Mortem, un titolo che consolida il suo successo, raccontando le vicende di un impiegato di un obitorio che, nella confusione del colpe che aveva rovesciato il governo Allende, si sente spinto a indagare sulla misteriosa scomparsa della sua vicina di casa, della quale è segretamente innamorato.
Sfruttando registri cinematografici diversi, il film trova la sua esplicazione in un viaggio che è in realtà senza scopo, se non quello di riempire la vita di un uomo abietto, che sembra non voler vivere il presente, ma un futuro che è in realtà impossibile. E indirettamente, sul tavolo dell'obitorio finisce proprio il Cile di ieri e i suoi morti, importanti e non, che rappresentano le conseguenze di un tentativo di cambiamento di rotta politica. Il ritmo lento, le scenografie desolate e funeree, la regia geometrica inquietano spettatori e critica.
Dopo aver diretto la serie televisiva Prófugos (2011), ispirato all'opera teatrale "El Plebiscito" di Antonio Skàrmeta, arriva No - I giorni dell'arcobaleno che chiude la trilogia, con la descrizione della campagna pubblicitaria a favore del "No" del plebiscito del 1988, che impedì ad Augusto Pinochet di rimanere al potere. Sfruttando una telecamera d'epoca (che sgrana l'immagine) e usando materiali d'archivio, Larraín batte l'ultimo chiodo sulla bara del periodo più nero della storia cilena del Novecento, affrontando il tema della propaganda.

Altre opere
Nel 2015, esce il suo quinto film, The Club, che vince l'Orso d'Argento alla Berlinale. Si tratta di un dramma incentrato su un gruppo di sacerdoti che, per aver commesso atti di pedofilia, vendite di minori, comportamenti omertosi verso torture e omicidi perpetrati dall'esercito di Pinochet, sono tenuti nascosti in una remota casa dalla Chiesa Cattolica, sotto l'occhio vigile di una suora. Una pellicola minuziosa e disturbante, perché tenebrosa nel suo approfondimento sulle tematiche dell'impunità e della coercizione, nonché dell'insondabile seduzione che il potere esercita sull'uomo nel momento in cui comincia a raccogliersi nelle loro mani. Ma non giudica, né cerca espiazione in questi uomini. Lascia che la poetica dell'isolamento e della complessità degli esseri umani faccia il suo corso anche visivo, esplicandosi in assoluti primi piani, le uniche inquadrature che possano trasmettere la fosca ambiguità dell'ipocrisia clericale.

I biopic
A questo punto, Hollywood comincia a corteggiarlo, ma prima di cadere nelle sue proposte, esordisce nella direzione di video musicali (firma il videoclip della canzone "Detrás del alma" degli Electrical Appliances) e nella regia lirica (dirige "Katia Kabanova" di Leoš Janáek), per poi realizzare il biopic Neruda nel 2016, che gli permetterà di accedere alla realizzazione di altri film biografici.
Incentrato sulla fuga dal Cile del noto Premio Nobel, il film è ritenuto eccellente dalla critica, che ne esalta la sceneggiatura e il guizzo registico. Il gioco del gatto col topo che Larraín mette in scena dissacra lo stesso genere biografico, espropriandolo di quelli che sono i suoi confini e trasformandolo in un racconto senza definizione, merito anche di richiami felliniani, di quel sapore di road-movie off-Hollywood e di contenuti sessuali, onirici e politici che rendono il tutto irresistibilmente sfumato.
Più rigoroso Jackie (2016), che racconta i giorni immediatamente successivi all'omicidio del Presidente Kennedy, dal punto di vista della sua vedova. La protagonista diventa un mezzo per snocciolare, con una lucidità affascinante, la determinazione di un progetto politico e il conseguente uso dei mezzi di comunicazione di massa per arrivare allo scopo. Seppur non partecipando alla scrittura del film, per la sua prima pellicola hollywoodiana, Larraín costruisce un'opera corente al suo stile e ai suoi contenuti, concependo inquadrature sulle quali lo spettatore è necessariamente portato a riflettere sul potere delle immagini in mano alla politica, che ne sfrutta la messa in scena e l'assemblaggio emotivo. Una pellicola non convenzionale sulla manipolazione e sulla finta ingenuità, sulla fragile freddezza e sulla disperata mistificazione, che poteva rivelarsi un'impressa difficile, ma che si è dimostrata una grande conferma nella carriera del regista cileno.
Riprende aria con Ema (2019), su una ballerina di danza sperimentale che, dopo un violento e scioccante incidente, è costretta ad abbandonare il figlio adottivo, ma poi si rituffa nel genere biopic con l'atteso Spencer (2021), dove affonda l'obiettivo sulla Principessa Diana e su quel fine settimana natalizio, nella tenuta della famiglia reale del Norfolk, durante il quale decise di separarsi dal Principe Carlo.
Ritornerà al piccolo schermo con il telefilm Lisey's Story, tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King, dirigendo Julianne Moore, Clive Owen, Joan Allen e Dane DeHaan. Nel 2023 porta alla Mostra del Cinema di Venezia El Conde.

Vita privata
Pablo Larraín è stato sposato con l'attrice Antonia Zegers, dalla quale ha avuto due figli, Juana e Pascual. L'unione è terminata con la separazione della coppia nel 2014.

Ultimi film

Commedia, (Cile - 2023), 110 min.
Biografico, (USA - 2021), 111 min.
Drammatico, (Cile - 2019), 102 min.
Biografico, (USA, Cile - 2016), 91 min.
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Focus

I film più famosi

Biografico, (USA - 2021), 111 min.
Drammatico, (Cile - 2019), 102 min.
Biografico, (USA, Cile - 2016), 91 min.
Drammatico, (Cile - 2015), 98 min.
Drammatico, (Cile, Brasile - 2008), 98 min.
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