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Lui è tornato... su Netflix


di Olivia Fanfani

venerdì 6 maggio 2016 - Netflix

Quando la commedia grottesca sul leader del terzo reich è uscita in Germania, nessuno poteva immaginarne il successo dirompente. "Lui" è Adolf Hitler e il film di David Wnendt, tratto dall'omonimo romanzo del 2012 di Timur Vermes, racconta senza tanti giri di parole come verrebbe accolto - e come ci accoglierebbe - se per uno strano cortocircuito spazio-temporale venisse catapultato ai giorni nostri.

Hitler torna tra noi, non un sosia, non un pazzo travestito da dittatore, non un nostalgico del terzo reich, il Führer in carne ed ossa sembra essersi teletrasportato nel cespuglio di un cortile di Marzhan, nella zona est di Berlino, in una tranquilla mattina del 2014, portando con sé un articolato vocabolario politico.
Olivia Fanfani

Spaesato e malconcio, si fa subito notare da un reporter televisivo per le movenze desuete e un gergo anacronistico. Più che un commediante grottesco sembra aderire al personaggio con una facilità inquietante, tanto che non sarà difficile trainarlo verso l'attenzione pubblica, subito pronta ad accoglierlo con ilarità e fascinazione.


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Tra commedia e mockumentary

Il risultato è un film con una struttura simile al mockumentary in cui s'inseriva anni fa il demenziale Borat di Sacha Baron Cohen, con la differenza che qui Hitler sembra avvicinarsi a una rara fusione tra l'Hynkel chapliniano e l'Adolf de La caduta per la verosimiglianza dei suoi discorsi che in breve si adattano al contesto televisivo contemporaneo.

Di caricaturale questo Adolf ha solo lo sguardo del pubblico e la discrepanza con l'ambiente. Se l'Hynkel di Chaplin era bisbetico e vanitoso, l'Adolf di Lui è tornato aderisce al lucido leader di Hirschbiegel.
Olivia Fanfani

Interviste, gag o semplici riprese en plein air, dimostrano come la provocazione ambigua di "un dittatore", che cammina indisturbato sotto la Porta di Brandeburgo, sia letta con la leggerezza di chi ormai è dimentico della barbarie.


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L'esperimento sociologico è servito

Il cinema aveva più volte tentato di esorcizzare la figura hitleriana, nel tentativo di allontanare i fantasmi di un passato non proprio edificante, ma mai la scrittura si era spinta dove riesce ad arrivare il personaggio interpretato da Oliver Masucci.

Quando le comparse sono sostituite da ignari passanti, l'esperimento sociologico è servito, e il risultato in certi casi sfiora l'apologia del nazismo.
Olivia Fanfani

Complice un'emittente che redarguisce Hitler sul limitare i riferimenti all'olocausto, questo "nuovo" pericoloso soggetto rimodella il suo discorso sul fenomeno televisivo e sullo Youtuber di successo. Grazie invece all'ironia generalizzata con cui le persone accolgono baffetto e divisa del Reich, può studiare i comportamenti di questa nuova società destrutturata. 

I passanti sanno bene di trovarsi di fronte a un attore, ed è proprio il distacco graduale dalla verità, in virtù di una finzione congeniale, che li conduce a una sincerità che spaventa lo stesso Oliver Masucci nei panni del dittatore, circondato da assensi e consensi.


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