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La casa di carta: «il successo della serie è nella lotta contro il sistema»

Ospiti del See What's Next di Netflix, gli attori raccontano l'esperienza sul set e la fama inaspettata.
di Andrea Fornasiero

La casa di Carta

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Álvaro Morte . Interpreta Il professore nel film di Jesús Colmenar, Alex Rodrigo, Alejandro Bazzano, Miguel Ángel Vivas, Javier Quintas La casa di Carta.
venerdì 20 aprile 2018 - Netflix

In occasione dell'evento Netflix See What's Next sono venuti in Italia gli attori di La casa di carta María Pedraza (che interpreta Alison Parker), Miguel Herrán (Rio), Jaime Lorente (Denver), Álvaro Morte (il Professore) e Úrsula Corberó (Tokyo). I primi tre saranno anche fra i protagonisti della seconda serie originale di Netflix in Spagna, Élite, quindi li rivedremo già quest'anno, mentre Morte e Corberó torneranno l'anno prossimo con la terza stagione di La casa di carta, che per l'occasione diventerà interamente prodotta da Netflix.

Jaime Lorente ha precisato che «Élite e La casa di carta sono due serie che non hanno niente a che fare l'una con l'altra, noi siamo il filo comune perché siamo in tutti e due, è un dono poter interpretare personaggi che sono così diversi e in situazioni così diverse».
Andrea Fornasiero

Miguel Herrán ha parlato del passaggio di produzione da Antena 3 a Netflix: «Credo che si noterà decisamente il cambio, per lo meno per la diffusione della serie su più device e soprattutto per una promozione molto più massiccia». E ha continuato María Pedraza: «La serie avrà la possibilità di raggiungere molte più persone». Si è dilungato molto di più sulla questione Álvaro Morte, che ha raccontato anche come ha ricevuto la notizia: «Abbiamo saputo circa un mese fa che avremmo fatto la terza stagione e non potevano parlarne per contratto. Ricordo che ero sul treno e mi ha telefonato l'ideatore della serie, Álex Pina, ma il segnale andava e veniva e non riuscivo inizialmente a capire quello che mi stava dicendo, quando finalmente ce l'ho fatta non ho però potuto esultare per tutto il treno come avrei voluto! Siamo entusiasti all'idea di continuare anche se non sappiamo niente della trama per ora, ma Álex è molto contento di come sta procedendo il lavoro, è lui il vero Professore, il mastermind, ha una meravigliosa immaginazione e mi fido totalmente di lui. Ho visto tweet che si chiedono perché dopo un finale così perfetto si voglia riaprire di nuovo, ma io la vedo in modo diverso: se le prime due parti della serie sono state così buone perché non fidarsi che lo sarà anche la terza?»


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In foto una scena della stagione 2.
In foto una scena della stagione 2.

Naturalmente gli attori nutrono speranze riguardo i propri personaggi, per esempio Morte vorrebbe «vedere il Professore che conduce una vita modesta, per lui la rapina era una vendetta rivoluzionaria contro il sistema, una cosa filosofica, non per arricchirsi e godersi la bella vita. Non lo immagino in una grande villa sul mare, ma più in un piccolo cottage sulla spiaggia, insieme ai pescatori, che dà lezioni di storia ai bambini o una cosa del genere». Úrsula Corberó immagina che Tokyo «sia molto annoiata, stufa di pescare, quasi in astinenza da adrenalina dopo la "botta" della rapina. Starà con Rio ma avrà bisogno di una qualche distrazione eccitante».

Nel mentre gli interpreti possono godersi però l'adrenalina del successo da cui sono stati travolti. María Pedraza dice di vivere: «tra le nuvole, senza toccare terra» e Miguel Herrán racconta di essersi reso conto della situazione solo dopo essere atterrato a Roma: «perché in Spagna non abbiamo avuto lo stesso successo. Qui c'è gente che ci ferma per strada e ci dice "Ciao sono italiano" o "Ciao sono peruviano", sono così tanti che non possiamo camminare! Ho visto gruppi di persone sbracciarsi per salutarmi».
Andrea Fornasiero

Una sensazione condivisa anche da Úrsula Corberó: «Sono abituata a un certo grado di fama, a essere fermata qualche volta per strada, per via di Fisica o chimica, ma non credo di essere stata preparata a questo incredibile successo. Perché un conto è essere spagnola ed essere riconosciuta in Spagna, ma è molto diverso se succede anche in Italia. Se vivi e lavori a Madrid è normale che lì ti riconoscano, ma ora c'è gente che vuole farsi fotografie con me. È curioso sapere che fai parte di un progetto che è visto anche all'estero e dove interpreti una protagonista, tanto che mi piacerebbe fare il giro del mondo e vedere come cambiano le cose in base ai vari Paesi. Per esempio da Buenos Aires, che è da dove viene il mio ragazzo e dove vado spesso per staccare, i suoi amici mi stanno dicendo che sono diventata molto popolare, circolano le mie foto sui social e ci sono cartelloni in giro di La casa di carta e alcune delle discoteche che frequento ora hanno un pubblico che canta Bella ciao! È bizzarro essere riconosciuta anche così lontano da casa». E a queste stranezze Álvaro Morte aggiunge: «C'è chi si fa persino tatuaggi del mio volto! Sono molto orgoglioso del successo della serie, anche i critici sono stati generosi».


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In foto una scena della stagione 1.
In foto una scena della stagione 1.

Sulle ragioni di questo trionfo spiega: «Credo che ci siano vari ingredienti e uno di questi è sicuramente la lotta contro il sistema, l'essere piccoli pesci nel mare contro l'enorme squalo che controlla i soldi e il potere. Credo che la ricchezza nel mondo non sia affatto ben distribuita e l'1% che controlla tutto è una cosa assolutamente ingiusta e in molti sono arrabbiati. È facile connettere con questa rabbia, indicare cosa non va nel mondo. Credo che però anche i personaggi e la loro umanità abbiano contribuito al successo, perché sono criminali ma gli si vuole anche bene, inoltre c'è il mix di commedia e azione. E poi c'è un altro elemento che non sappiamo quale sia, che non si può spiegare, ed è per questo che la serie è un successo anche se non ne conosciamo esattamente la ragione: è una cosa magica».

Quindi ha parlato più dettagliatamente della costruzione del suo personaggio: «È stato difficile per noi: il regista, io e Álex Pina abbiamo parlato molto di lui, volevamo che fosse speciale, ma non un nerd, per lo meno non uno stereotipato».
Andrea Fornasiero

«Il personaggio principale di una serie - ha continuato - è quello che accompagna il pubblico nel racconto, quindi devi suscitare empatia. È un criminale che pianifica una rapina ma volevamo che la gente se ne innamorasse. Abbiamo deciso che doveva avere questo carisma attraverso l'inazione, nell'essere timido e piccolo, poco capace di controllare le sue relazioni sentimentali. Eppure il suo carisma doveva essere tale che questa banda di criminali lo seguisse in ogni circostanza e si fidasse di lui anche nei momenti di crisi. È stato molto difficile trovare questo sottile equilibrio, tra lo strano e l'amabile». Infine riguardo Bella ciao: «Io conoscevo la canzone ma non la cantavo al mattino sotto la doccia, come faccio ora! Già nelle sceneggiature era scritto che il nonno del Professore aveva combattuto i fascisti. Mi piaceva questa immagine del professore da bambino e del suo legame con il nonno, che gli insegna l'importanza di dover combattere e la canzone Bella ciao, che diventa per lui una sorta di inno e tiene insieme tutta la serie. In spagna abbiamo Ay Carmela, ma è meno internazionale, è stato un bel colpo trovare Bella ciao».


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