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GLOW, il potere alle donne nel wrestling al femminile

Le origini dello show e la formazione della squadra: un'immagine di forza, libertà e indipendenza femminile. Ora su Netflix.
di Lorenza Negri

G.L.O.W.

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Alison Brie (41 anni) 29 dicembre 1982, Pasadena (California - USA) - Capricorno. Interpreta Ruth nel film di Kate Dennis, Tristram Shapeero, Wendey Stanzler G.L.O.W..
lunedì 10 luglio 2017 - Netflix

Nel 1986 andava in onda in Italia per la prima volta "Corpo a corpo", episodio del telefilm action A-Team che vantava una guest prestigiosa: Hulk Hogan, uno dei più leggendari wrestler mai esistiti. Noto per i baffoni, l'abbronzatura esagerata e il costumino giallo canarino, l'inconfondibile eroe del piccolo schermo americano veniva introdotto a molti spettatori nostrani che fino a quel momento ne ignoravano l'esistenza. Lo stesso anno, negli USA, la televisione si arricchiva di un nuovo programma di intrattenimento legato a questo sport spettacolare, il GLOW (Gorgeous Ladies of Wrestling), che trent'anni dopo ha ispirato la serie omonima di Netflix. Un'ora settimanale di incontri preceduti da insulti variopinti e intervallati da scenette di vita quotidiana durante i quali le combattenti si concedevano qualche piccolo pettegolezzo sulle colleghe o rimettevano in riga qualche maschio impertinente, si trasformò, per quattro anni, in una trasmissione di grande successo, complice la procacità delle atletiche fanciulle e i loro look appariscenti (anche per i variopinti anni '80).

La prima stagione di GLOW di Netflix narra le origini dello show e la formazione della squadra: auspicabilmente, la descrizione del fenomenale riscontro di pubblico di un evento che fu tra i più originali e rappresentativi del decennio e delle sue ragioni sarà materia della seconda annata, ma le due creatrici della serie hanno già diffusamente argomentato in svariate interviste.
Lorenza Negri

Liz Flahive e Carly Mensch, incantate (come noi) dal documentario del 2012 What!? GLOW: The Story of Gorgeous Ladies of Wrestling, hanno commentato la parabola di queste star televisive osservando come "potere femminile e sfruttamento fossero entrambe presenti nel caso del fenomeno del wresting femminile di questa lega". L'idea di partenza di GLOW era "l''idea di una sorellanza di disadattate che vivono quest'esperienza insieme" ha spiegato la Mensch, rivelando come loro, da produttrici, abbiano chiesto a Alison Brie e alle altre protagoniste della serie di seguire lo stesso percorso delle artiste originali - anch'esse attrici arruolate per fingersi esperte wrestler - allenandosi strenuamente e imparando i trucchi del mestiere.


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In foto una scena di Glow.
In foto una scena di Glow.
In foto una scena di Glow.

La storia infatti è quella di Ruth - attrice che si prende troppo sul serio ma non azzecca un ingaggio - , di Debbie - sua collega dalla bellezza prorompente che ha visto la sua carriera dissiparsi dopo la gravidanza - e di altre attrici troppo poco avvenenti o semplicemente con il look e lo stile inadatti alle mode del momento. Vere "outsider", vere disadattate, che si ritrovarono tutte nel cast delle Gorgeous Ladies, in un periodo dove il wrestling impazzava ma gli incontri femminili erano semplici show di contorno a quelli maschili, affidati ad amazzoni mascoline e iperaggressive che scimmiottavano gli uomini. GLOW vedeva le wrestler protagoniste assolute di un'ora di intrattenimento femminile scatenato: dalla sigla, in cui, rappando, presentavano i loro personaggi, si passava agli incontri, dove ogni ragazza portava il suo personaggio (le fanciulle dovevano mantenere il nome del proprio alter ego anche a telecamere spente) sul ring per scontrarsi a suon di supplex e volate.

Il loro livello atletico era impressionante, nonostante le risicate quattro settimane di training che precedettero la messa in onda.
Lorenza Negri

Le ladies lo sfoggiavano strizzate in costumini sgambatissimi, (quelli che fecero la storia degli anni '80 in pellicole vacue e patinate come Perfect, nel quale la teutonica Jamie Lee Curtis mostrava al mondo com'è fatto un corpo perfetto). Capelli cotonati, make up esagerati, lustrini e modo di presentarsi: tutto era sopra le righe, così come le loro interpretazioni di personaggi stereotipati che, prima di battersi, si scontravano verbalmente con arguzia come antichi vichinghi. GLOW raccontava l'eterna lotta tra Bene e Male - e di solito vinceva chi rappresentava il primo. I personaggi erano figli della situazione politica corrente, dell'era reaganiana e della Guerra fredda, protagoniste di parabole dove il patriottismo e il capitalismo incarnate da figure come Americana e Mountain Fiji sconfiggevano puntualmente il terrorismo - impersonato dalla guerrafondaia Palestina - e il comunismo - incarnata dalle perfida Colonnello Ninotchka.


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In foto una scena di Glow.
In foto una scena di Glow.
In foto una scena di Glow.

La questione del potere femminile di contro allo sfruttamento, nel caso di GLOW, è articolato; alcune critiche, uscite in concomitanza della serie, si sono schierate a favore del secondo caso: le beltà delle wrestler esibite durante gli incontri da circo svilivano il genere femminile. Eppure la rete è piena di loro video che mostrano come le cose stessero diversamente: GLOW - che esisteva grazie a un momento storico in cui le televisioni locali americane cominciavano a creare programmi propri e abbandonavano le estenuanti repliche dei programmi nazionali - è stato un momento di gloria per le donne della TV. Non erano solo le più avvenenti a brillare, la più amata dal pubblico maschile era la gigantesca Mountain Fiji, signora corpulenta che incarnava valori di bontà, apprezzata ancor più della sensuale Tina Ferrari.

Le signore di GLOW erano mattatrici assolute: rappavano, cantavano, combattevano, recitavano, e nei loro intermezzi da Drive In si dimostravano emancipate, libere, cattive, coraggiose, e venivano adorate dal pubblico quando sbeffeggiavano i maschi arroganti.
Lorenza Negri

La serie riprende i personaggi originali: Col. Ninotchka è diventata Zoya the Destroya, Americana è mutata in Liberty Bell, Mountain Fiji in Macchu Pichu, Godiva in Britannica, She Wolf in Dementia, e così via. I nomi sono diversi, la sostanza non cambia: sotto i litri di lacca, i trucchi fluo e i calzerotti c'erano donne che incarnavano la forza femminile, che non battevano ciglio quando si rompevano gambe o braccia - gli scontri di wrestling sono coreografati ma ci si fa male lo stesso, come accade nel wrestling ancora oggi e come dimostrano icone attuali come Chris Jericho o Sheamus -, e che non si lasciavano intimidire - Lorilyn Palmer, che impersonava Colonel Ninotchka, viaggiava impavida senza uscire dal personaggio ma con la scorta perché il pubblico detestava il suo alter ego di stella del comunismo. Nessuna di loro ha fatto carriera - negli stessi anni star del wrestling maschile come André the Giant e Roddy Piper partecipano a film come La storia fantastica di Rob Reiner e Essi vivono di John Carpenter - ma tutte hanno contribuito a restituire, negli anni di Reagan e della Guerra fredda, un'immagine di forza, libertà e indipendenza femminile.


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