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Chi sarà il prossimo a morire? Death Note è su Netflix

Light Turner trova un quaderno con poteri soprannaturali e lo usa per seminare la morte, attirando l'attenzione di un detective, di un demone e di una compagna di classe.
di Lorenza Negri

Death Note

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Lakeith Stanfield - Leone. Interpreta L nel film di Adam Wingard Death Note.
venerdì 25 agosto 2017 - Netflix

Un quaderno su cui segnare tutti i nomi delle persone che vorresti morte, per poi aspettare che, magicamente, questa li colga. L'oggetto del desiderio di tanti che non hanno l'efferatezza dell'Arya Stark di Il Trono di spade (lei preferisce portare a termine lo sterminio con le proprie mani), ma che sognano di vendicarsi nel modo più radicale del proprio vicino, collega, capo, partner, parente. È il Death Note, quadernetto satanico che dà il nome al lungometraggio di Netflix ora disponibile sulla piattaforma.

Il film è l'adattamento di uno dei manga, e successivamente anime (ma il franchise giapponese è così vasto che si estende anche a romanzi illustrati, live action, fiction, musical e videogames) più seguiti del mondo, a metà tra thriller psicologico e horror.
Lorenza Negri

Il quadernetto foriero di morte è l'inquietante regalo che Ryuk, uno shinigami (un dio della morte) fa a uno studente liceale brillante e solitario, Light. A differenza dei suoi predecessori, il giovane accantona piuttosto rapidamente la prospettiva limitante di utilizzare questo serial killer soprannaturale per rifarsi di bulli e prevaricatori a favore di una visione ben più grandiosa: utilizzarlo per ripulire il mondo dai criminali. Se speculare, immedesimandosi con Light, sull'atteggiamento che lo spettatore terrebbe messo di fronte a una tale seduzione è di per sé colpevolmente piacevole, ancora più appetibile è l'opportunità di condividere le velleità di onnipotenza del suo protagonista. Decidere, come un dio, chi vive e chi muore è, infatti, il secondo obiettivo di Light.


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In foto una scena del film.
La morale flessibile

Le premesse morbosamente seducenti del manga partorito dalla fantasia di Tsugumi Oba vengono riprese dall'adattamento: culturalmente, sia il pubblico orientale sia quello occidentale sono sensibili alla premesse di Death Note. Le prerogative oscene per cui opta Light dal momento in cui il quaderno gli compare miracolosamente tra le mani - dopo un cauto esperimento per verificarne l'efficacia e un singolare incontro con lo shinigami - sono votate a renderlo sempre più egocentrico. L'aspirante dio soffre di smania di attenzione, così la parabola morale del liceale è destinata a screziarsi di giallo quando un altro giovane detective altrettanto brillante, L, mette il suo talento investigativo al servizio di un'ossessione, quella di smascherare l'autore dei delitti, soprannominato Kira. Kira (tra le varie, è la traslitterazione di "killer" in giapponese) e L trasformano Death Note nello scontro tra un Moriarty e uno Sherlock in erba.

"L'umano il cui nome è scritto su questo quaderno morirà." È la prima regola del Death Note, la prima di un lungo elenco di istruzioni insidiose le quali, tra l'altro, impongono di conoscere l'identità di chi si desidera eliminare ("Il nome è il volto della vittima devono essere sempre presenti nella mente di chi scrive sul quaderno"), il che complica considerevolmente gli sforzi di Light per far fuori la sua nemesi, omertosa sulla propria identità quanto sul proprio aspetto.
Lorenza Negri

Le attenzioni di questo genietto incappucciato dalla postura rannicchiata che si nutre di caramelle sono il prezzo da pagare per la puerile brama di fama di Light. Per il medesimo bisogno di condivisione - e per la naturale attrazione adolescenziale che li unisce - il liceale coinvolgerà anche Mia, compagna di classe sardonica e ribelle (tra le varie, fuma, abitudine che gli americani considerano alla stregua delle più infime dipendenze) che condivide con lui i medesimi ideali.


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In foto una scena del film.
Dal manga al film

Grazie a Mia - interpretata da Margaret Qualley, attrice della serie The Leftovers e figlia di Andie McDowell - Death Note aggiunge una sfumatura romantica a questo teen drama horror evocativo degli anni '80. Prodotto da Masi Oka, attore americano di origini giapponesi conosciuto per la partecipazione alla serie Heroes, Death Note gioca sulle atmosfere retrò anche con la colonna sonora, firmata da Atticus Ross, premio Oscar per le musiche di The Social Network assieme a Trent Reznor (e ultimo acquisto dei Nine Inch Nails). L'influenza è evidente anche sul regista Adam Wingard, che vanta un piccolo seguito di estimatori grazie a una manciata di film horror come You're Next, Blair Witch e The Guest e che ha avuto la fortuna di riuscire ad arruolare nel cast Willem Dafoe nei panni (in lingua originale se ne può riconoscere la voce sinuosa) di Ryuk. Curiosamente, Dafoe e il dio della morte condividono una chiara e impressionante somiglianza.

Come per tutti i romanzi, i comics, i videogame e così via di culto, per Death Note vale l'ammonimento riservato ai seguaci dell'originale di non strapparsi le vesti in cerca di una fedeltà impraticabile: il film è ambientato negli USA, non più in Giappone, con protagonisti prevalentemente americani, la prima tappa di una riscrittura che differenzia sostanzialmente la produzione dai precedenti orientali.
Lorenza Negri

Wingard tratta i protagonisti come i teenager che sono, non come adulti anagraficamente incongruenti come fa Tsugumi Oba. Le modifiche sono numerose e sostanziali e partono dalla scelta di focalizzarsi più sui toni del teen drama che sulla cronaca di uno scontro tra avversari psicopatici e geniali, alla volontà di distanziarsi dal thriller psicologico a favore dell'horror. Light, Ryuk, L, Mia (figura che sostituisce quella originale della cantante pop Misa) hanno indoli, obiettivi e scopi diversi rispetto ai personaggi creati dal misterioso Oba. Wingard ha dovuto fare i conti non solo con la traduzione culturale, ma ha anche dovuto condensare in 90 minuti di film una mole di materiale consistente (il manga copre sette anni), quindi il consiglio resta: gli estimatori dell'originale non si avvelenino tra analogie e difformità.


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In foto una scena del film.

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