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Tutto questo è Ettore Scola. E non ho imbarazzo a dire una formula semplice. Uno così non ce l'abbiamo più.
Negli anni successivi e lungo tutti gli anni Settanta, firma quelli che sono i maggiori successi del cinema italiano: il mefistofelico L'arcidiavolo (1966), l'avventuroso Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968), Dramma della gelosia: tutti i particolari in cronaca (1969), Il commissario Pepe (1969) e Permette? Rocco Papaleo (1971). Nella rosa dei suoi interpreti preferiti spiccano senza alcun dubbio Gassman, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Mastroianni e Giancarlo Giannini che, sapientemente diretti, danno un contributo speciale a tutte le sue pellicole.
Poi, dopo il documentario-fiction post '68 Trevico-Torino: viaggio nel Fiat-Nam (1972), torna alla commedia regalandoci un capolavoro: C'eravamo tanto amati (1974), vincitore del Premio César come miglior film straniero, che vede la partecipazione di una Stefania Sandrelli, in stato di grazia, contesa dai due amici Gassman e Manfredi, lungo trent'anni di storia italiana contemporanea. Coinvolgente, considerato un vero e proprio cult per la grande eleganza formale e l'innovazione registica, Ettore Scola riesce a non deluderci e ci fa entrare nei meccanismi della trama, rendendosi quasi invisibile, come se non ci fosse affatto.
Successivamente, passa alla regia dell'aspro e satirico, ma esilarante e imperdibile, Brutti, sporchi e cattivi (1976) sempre con Nino Manfredi, che lo imporrà vincitore della Palma come Miglior Regista a Cannes. Seguirà il César come miglior film straniero, il Nastro d'Argento per la migliore sceneggiatura e il David di Donatello per la regia per la pellicola Una giornata particolare (1977), con la coppia Loren-Mastroianni in versione casalinga e gay, che si incontrano nel giorno della visita di Hitler a Roma (6 maggio 1938). Gli anni Settanta si concludono con il corale La terrazza (1979) incentrato su un salotto di intellettuali notturni romani. Ancora Nastro d'Argento per la sceneggiatura.
Seguiranno: Passione d'amore (1981), Il mondo nuovo (1982) e il trionfo di Ballando ballando (1983), dall'omonimo spettacolo del Théatre du Campagnol che racconta la storia della Francia senza dialoghi, ma con l'utilizzo di canzoni celebri che tratteggiano i suoi mutamenti (dalla vittoria del Fronte Popolare al '68), il tutto visto attraverso una sala da ballo. Meritevole del premio per la regia al Festival di Berlino, di due David di Donatello, di tre César e della nomination all'Oscar. E come non citare un altro dei suoi film corali, La famiglia (1987), che vanta un cast eccezionale e i migliori premi della critica?
Considerato uno dei maestri della cinematografia mondiale, a cavallo fra gli anni Ottanta e i Novanta, sforna due piccole commedie che si avvalgono della recitazione di Marcello Mastroianni e Massimo Troisi: Splendor (1989) e Che ora è (1989). Poi una delle sue perle: La cena (1998) con un istrionico Gassman, accompagnato, quasi "altmanianamente" da una sfilza di attori straordinari, bistrattato però dalla critica. Nello stesso anno, si investe perfino produttore del film di Gianfrancesco Lazotti Saremo felici (1988).
Con l'arrivo del nuovo millennio dirige Castellitto e Abatantuono in una storia che sa ancora di guerra: Concorrenza sleale (2000). Firma i documentari Un altro mondo è possibile (2001) e Lettere dalla Palestina (2002), tornando al lungometraggio a soggetto con uno spaccato della nostra capitale a metà strada fra il documentario e la fiction, Gente di Roma (2003). Nel 2013, dieci anni dopo Gente di Roma, torna al documentario con Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini, film che ricostruisce piccoli ma importanti episodi della vita del regista romagnolo.
Ettore Scola si spegne a Roma il 19 gennaio 2016. Aveva 84 anni.
Il nuovo film di Ettore Scola Che strano chiamarsi Federico, presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia e nelle sale dal 12 settembre, rappresenta la figura di Fellini e l'amicizia tra i due cineasti in modo poetico e magico. Soprattutto, racconta di un'Italia dove se avevi talento e bussavi a una porta qualcuno ti apriva. Potrà sembrare strano che si cominci una "politica degli autori" dedicata a un regista complesso e già parecchio celebrato come Scola da questa constatazione di costume sociale, eppure nell'avventura di Federico Fellini prima, e di Ettore poi, provinciali a Roma in giovanissima età (diciannovenne il primo, addirittura sedicenne il secondo) sta tutto il senso di un cinema civile (un tempo si sarebbe detto: «impegnato»). Federico arriva a 19 anni da Rimini, si presenta alla redazione del giornale satirico "Marc'Aurelio" con i suoi bozzetti e le sue storielle, persone come Metz, Marchesi e Steno lo accolgono e lo fanno lavorare come in una qualunque bottega artigiana. Dopo la guerra accade lo stesso a Ettore Scola, classe 1931, giunto da Trevico, il punto più alto dell'Appennino campano. Al "Marc'Aurelio" conosce Ruggero Maccari con il quale comincia un'altra straordinaria amicizia, oltre che una complicità artistica. Insieme scriveranno grandi film come La congiuntura (1965), Il commissario Pepe (1969) o Una giornata particolare (1977), il loro capolavoro. Continua »
Grande soddisfazione alla Mostra del Cinema di Venezia, ieri, per Sacro GRA di Gianfranco Rosi. Per la prima volta, nella lunga storia del festival, un documentario italiano partecipa in concorso. Già questo è un ottimo risultato, ma lo è ancor di più l'apprezzamento della critica e del pubblico. "Essere in concorso - ha affermato il regista in conferenza stampa - è già una vittoria per il cinema documentario, per quanto io abbia sempre cercato di non fare grandi distinzioni tra i generi. Il fatto, però, che questa distinzione venga superata dalla Mostra e dal suo direttore mi sembra molto importante". Con Sacro GRA Rosi racconta la capitale. Girando per tre anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma, il regista ha scoperto mondi invisibili, da cui emergono personaggi sfuggenti e apparizioni fugaci. "Questa - spiega Rosi - è una Roma poco conosciuta, un polmone esterno rispetto al pantano romano. Dopo molti film fuori dall'Italia, era il momento giusto per raccontare questa storia, un modo per conoscere meglio Roma e di riflesso il nostro paese, oggi in forte crisi di identità".
Molto elegante, dalla splendida fotografia in bianco e nero, La Jalousie di Philippe Garrel, presentato ieri in concorso. Al Lido, con il regista francese, gli attori Anna Mouglalis e Louis ed Esther Garrel, figli del cineasta. Questa intensa storia d'amore, fatta di passioni ed emozioni esasperate, si interroga sulla dicotomia tra il sentimento e il bisogno economico. Molto positiva l'accoglienza al festival, per un film ambientato in un mondo di attori di teatro che credono profondamente nella loro arte, ma faticano a spiccare.
Sempre in concorso, ha ricevuto lunghi applausi dal pubblico Jiaoyou (Stray Dogs) di Tsai Ming-liang, cantore malese della solitudine e dell'alienazione contemporanea, vincitore di un Leone d'oro al Lido nel 1994 e due Orsi d'argento a Berlino. Pressoché privo di dialoghi, dalle inquadrature molto ricercate ed estremamente dilatate, Jiaoyou (Stray Dogs) è il dramma di un uomo disoccupato e abbandonato dalla moglie, che vive per strada con i due figli, cercando di mantenere un'idea di famiglia. "Spero che sia il mio ultimo film - ha affermato il regista 55enne in conferenza stampa - ma credo nel destino". Chissà che la Mostra non lo induca a ripensarci.
Fuori concorso ieri si è imposto Walesa dello stimato cineasta polacco Andrzej Wajda. Il film racconta la vita del premio Nobel Lech Walesa, fondatore del sindacato anticomunista Solidarnosc, coraggioso elettricista operaio che ha dato la spallata decisiva al crollo del comunismo in Polonia. "Un eroe dei suoi tempi", come l'ha definito il regista, che è stato accompagnato al Lido proprio dal sindacalista settantenne. Sempre fuori concorso, abbiamo visto il documentario Pine Ridge di Anna Eborn, che racconta le vite di alcuni nativi americani nella riserva di Pine Ridge, nel South Dakota.
È già tempo di tirare le somme, per un festival che non ha regalato grandi sussulti cinematografici, rispetto a edizioni passate. Oggi, nella penultima giornata prima della chiusura, arriva l'ultimo film in concorso, Es-stouh (Les Terrasses) dell'apprezzato regista algerino Merzak Allouache, che porta avanti la sua peculiare indagine sulla complessa e tormentata società algerina, dove i tetti delle case, un tempo luoghi di relax e incontro, sono oggi scossi dalla violenza e dalla morte. Cinque terrazze di Bab El-Oued, quartiere popolare di Algeri, ospitano cinque storie diverse, che si svolgono nell'arco di una sola giornata. Molteplici personaggi, reali o immaginari, si avvicendano, con racconti a volte tragici, a volte divertenti.
Fuori concorso oggi vedremo Unforgiven di Lee Sang-il, remake giapponese del capolavoro di Clint Eastwood Gli spietati. Il film è ambientato a Hokkaido nel 1880. Jubei Kamata è un killer molto temuto. Scomparso dalla circolazione per dieci anni, l'uomo riappare, vedovo e con due figli a carico, costretto a riprendere la spada per le disperate condizioni economiche in cui versa la sua famiglia. Due grandi registi a confronto sul terreno dell'amicizia, nel documentario fuori concorso intitolato Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini. Ettore Scola fruga nel suo cassetto dei ricordi, per ricostruire piccoli ma importanti episodi della vita di Federico Fellini. Ricordi che riportano alla luce i luoghi e le emozioni provate in quasi cinquant'anni di amicizia.
Nella sezione Orizzonti vedremo La prima neve di Andrea Segre, tornato al cinema di finzione dopo lo stupefacente esordio nel 2011 con Io sono Li. Il regista italiano mette ancora una volta a frutto la sua esperienza di documentarista attento ai problemi dell'immigrazione, per raccontare una storia incentrata sul rapporto tra un undicenne che vive tra le montagne del Trentino, e soffre per la perdita recente del padre, e un giovane originario del Togo, fuggito dalla Guerra in Libia e incapace di accettare la propria paternità. Sempre in Orizzonti sarà presentato l'iraniano Mahi Va Gorbeh di Shahram Mokri, girato in un unico piano sequenza e basato su una storia vera, quella di tre cuochi alla ricerca della carne per il ristorante per cui lavorano, in una remota regione del Caspio. Ma nei dintorni l'unica carne presente è quella di un gruppo di studenti giunti per una gara di aquiloni.
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La Biennale di Venezia e Jaeger-LeCoultre annunciano che è stato attribuito al maestro del cinema italiano Ettore Scola il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2013 della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo. Continua »
Per la saggistica il Primo Premio è andato a: "Lo specchio dipinto. Ettore Scola e dintorni" a cura di Paola Dei, Falsopiano Editore. L'elegante saggio con la prefazione di N. Borrelli, contiene interviste estratte dalle Teche RAI e ha visto la collaborazione fra gli altri di Paolo Virzì, Stefania Sandrelli, Giuliano Montaldo, Pupi Avati, Enrico Lucherini, Roberto Girometti, Sergio Staino, Daniela Poggi, Milena Vukotic, Luciano Tovoli, Valerio Caprara, Gregorio Napoli. Arricchiscono il testo che vuol essere un tributo al l'indimenticabile Maestro o della commedia all'Italiana, immagini e opere di Sergio Manni, Antonio Sodo, Maria Pina Costanzo, Paola Dei, Alessia Chielli le foto dello studio Lucherini.
La premiazione, alla quale presenzierà Gigliola Fantoni Scola, sarà l'occasione per ricordare il grande Maestro della Commedia all'Italiana Ettore Scola, un indimenticabile cineasta che ha saputo cogliere vizi e virtù degli italiani con tenerezza, cinismo e ironia regalandoci capolavori entrati nel persempre della storia del cinema.