fabio silvestre
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sabato 26 marzo 2022
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una storia piatta, scontata e noiosa.
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Deludente davvero questo film incentrato tutto su 2 protagoniste, Delphine scrittrice e autrice di un romanzo di successo ma entrata nella fase del blocco dello scrittore, ed Elle anch'essa scrittrice ma di autobiografie che diventa subito amica confidenziale della prima. La pellicola scorre piatta tra vari generi, commedia/thriller/drammatico, senza mai però appassionare e coinvolgere lo spettatore, anzi a tratti nella seconda parte subentra la percezione di una trama scontata e prevedibile nel suo epilogo risultando persino noiosa la visione. Unica nota positiva restano le 2 intense interpretazioni di Emmanuelle Seigner ed Eva Green ma ciò non basta a causa di una debole sceneggiatura che non le supporta.
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Deludente davvero questo film incentrato tutto su 2 protagoniste, Delphine scrittrice e autrice di un romanzo di successo ma entrata nella fase del blocco dello scrittore, ed Elle anch'essa scrittrice ma di autobiografie che diventa subito amica confidenziale della prima. La pellicola scorre piatta tra vari generi, commedia/thriller/drammatico, senza mai però appassionare e coinvolgere lo spettatore, anzi a tratti nella seconda parte subentra la percezione di una trama scontata e prevedibile nel suo epilogo risultando persino noiosa la visione. Unica nota positiva restano le 2 intense interpretazioni di Emmanuelle Seigner ed Eva Green ma ciò non basta a causa di una debole sceneggiatura che non le supporta. Regia nella media. Voto finale: 5/10.
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antonio miredi
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mercoledì 23 marzo 2022
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il libro e i fantasmi di lei
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Lei è Delphnine, scrittrice di successo con il suo ultimo libro, con protagonista la storia dolorosa della madre, best seller pronto per essere firmato per una dedica ai tanti lettori in coda. In questa coda ecco che si affaccia Elle, donna seducente e misteriosa che subito cattura l’attenzione della scrittrice, riuscendo a poco a poco sempre di più a insinuarsi negli angoli più bui della sua psiche. Nel momento in cui le chiede a quale nome deve dedicare il libro, la risposta imprevista è “A Lei”, “Lei chi?” Appunto, chi è la vera Lei? È la domanda che aleggia fin dall’inizio in questo thriller psicologico, in cui la violenza si installa in maniera sottile, inevitabile, ambigua, come in tanti altri film di Polànski.
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Lei è Delphnine, scrittrice di successo con il suo ultimo libro, con protagonista la storia dolorosa della madre, best seller pronto per essere firmato per una dedica ai tanti lettori in coda. In questa coda ecco che si affaccia Elle, donna seducente e misteriosa che subito cattura l’attenzione della scrittrice, riuscendo a poco a poco sempre di più a insinuarsi negli angoli più bui della sua psiche. Nel momento in cui le chiede a quale nome deve dedicare il libro, la risposta imprevista è “A Lei”, “Lei chi?” Appunto, chi è la vera Lei? È la domanda che aleggia fin dall’inizio in questo thriller psicologico, in cui la violenza si installa in maniera sottile, inevitabile, ambigua, come in tanti altri film di Polànski. Gli ingredienti di un noir tutto interiorizzato ci sono: il rapporto sempre più familiare e intimo fra carnefice e vittima, i rischi di cadere in un precipizio, la casa in campagna che può diventare una trappola, l’oscurità sotterranea di una cantina, il temporale e la musica che avvolge e ci entra dentro inquietante come lo squillo improvviso del cellulare nel cuore della notte o dell’alba. Le lei in questo film tutto giocato al femminile sono tante, fino a confondersi una con l’altra. La madre, la scrittrice, la donna che nella vita dice di fare la ghostwiter, quasi a suggerire subito il dramma fantasmatico che arriva a occupare l’io della scrittrice, al punto da riuscire poi a farle superare lo sgomento e il vuoto nel blocco della pagina bianca. E la Lei delle lettere anonime in cui Delphine viene accusata di essere stata cinica e spregiudicata nell’aver trattato il tema della sofferenza familiare come un marchio editoriale. Lettere anonime in cui non si fa fatica a pensare che siano state scritte da una donna, una donna che conosce bene la scrittrice. Roman Polànski torna alle verità profonde che sanno raccontare i libri con le loro storie reali ed immaginarie le quali si intrecciano in maniera così sovrapposta da non riuscire a capire davvero dove inizi il reale e dove la finzione. I fantasmi di un libro sono sempre sia reali che immaginari, espressioni dei fantasmi che abitano la nostra mente. (Antonio Miredi)
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rmarci 05
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martedì 27 agosto 2019
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molto interessante, ma non del tutto riuscito
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Dopo le due folgoranti esperienze “teatrali” di Carnage e Venere in pelliccia, Roman Polanski ripercorre un sentiero autoriale già intrapreso con L’uomo nell’ombra, in un film stilisticamente raffinato e sinuoso che, sopperendo parzialmente alla mancanza di suspense grazie a un fascino visivo quasi ipnotico, funziona meglio come dramma interiore che come thriller psicologico.
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Dopo le due folgoranti esperienze “teatrali” di Carnage e Venere in pelliccia, Roman Polanski ripercorre un sentiero autoriale già intrapreso con L’uomo nell’ombra, in un film stilisticamente raffinato e sinuoso che, sopperendo parzialmente alla mancanza di suspense grazie a un fascino visivo quasi ipnotico, funziona meglio come dramma interiore che come thriller psicologico. Perfettamente coerente con la sua poetica e rinnovati alcuni degli stilemi che lo hanno contraddistinto (per la prima volta nel suo cinema il “confronto” è fra due donne), il regista polacco costruisce un’opera meravigliosamente stratificata, ma non completamente riuscita. Anche se non al vertice dell’ispirazione, egli sa per esperienza che la vita privata di un artista si può conoscere approfonditamente, più che da una semplice biografia letta su Internet, proprio attraverso le sue opere, intese come risultati espressivi di particolari vicissitudini personali. Inoltre ribadisce che, in un’epoca in cui siamo travolti da prodotti che mirano al realismo più esasperato (Reality TV, film tratti da storie vere, realtà virtuali ecc.) la realtà quotidiana si può celare anche all’interno della finzione stessa. Proprio per questo motivo, il film trova il suo punto di forza nella descrizione dell’elaborazione del processo creativo. Grazie soprattutto a un’interpretazione eroica da parte di Emmanuelle Seigner e a una presenza misteriosa di Eva Green, Polanski mette in scena un rapporto morboso e simbiotico tra una donna e il suo possibile alter-ego, che la libera dai demoni del suo passato per poi farglieli riversare tutti nelle pagine del suo prossimo libro. Dunque, complici alcune prolissità, una suspense al di sotto delle aspettative e qualche forzatura nello sviluppo della vicenda, Quello che non so di lei si configura come un piccolo passo indietro rispetto alle opere precedenti del regista. Tuttavia, risulta altrettanto apprezzabile, estremamente interessante e sicuramente meritevole di una visione. Io, personalmente, continuo a considerare Polanski uno dei massimi autori contemporanei, per cui le tre stelle sono doverose, oltre che pienamente meritate.
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parsifal
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martedì 5 febbraio 2019
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fantasmi letterari
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Opera firmata dalla mente tagliente di Polansky, tratto dal romanzo di Delphine de Vigan e sceneggiato con l' aiuto della stessa autrice. mette in scena il mondo interiore di una scrittrice affermata Delphine , magnificamente interpretata dall'eterna musa del regista , la splendida E. Seigner, giunta al successo grazie ad un'opera interamente dedicata a sua madre ed alle sue sofferenze ( si potrebbe ipotizzare un'eventuale analogia con " Una morte dolcissima" di S.de Boivuaire). Oltre alla fama, le presentazioni e tutti i doveri imposti dall'editoria e dalle sue ferree regole, c'è dell'altro; Delphine si trova in un momento assai critico della propria esistenza, sia a causa delle vicissitudini personali ( i figli sono lontani e non la cercano, la sua storia d'amore è solo un'ombra che si affaccia di tanto in tanto) sia perchè è arrivato il momento che tutti gli scrittori temono; il foglio bianco, destinato a restare tale.
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Opera firmata dalla mente tagliente di Polansky, tratto dal romanzo di Delphine de Vigan e sceneggiato con l' aiuto della stessa autrice. mette in scena il mondo interiore di una scrittrice affermata Delphine , magnificamente interpretata dall'eterna musa del regista , la splendida E. Seigner, giunta al successo grazie ad un'opera interamente dedicata a sua madre ed alle sue sofferenze ( si potrebbe ipotizzare un'eventuale analogia con " Una morte dolcissima" di S.de Boivuaire). Oltre alla fama, le presentazioni e tutti i doveri imposti dall'editoria e dalle sue ferree regole, c'è dell'altro; Delphine si trova in un momento assai critico della propria esistenza, sia a causa delle vicissitudini personali ( i figli sono lontani e non la cercano, la sua storia d'amore è solo un'ombra che si affaccia di tanto in tanto) sia perchè è arrivato il momento che tutti gli scrittori temono; il foglio bianco, destinato a restare tale. Più che vivere , subisce il tempo in maniera passiva, quando ecco apparire una presenza assai singolare nella sua vita ; Elle (Lei) ,interpretata dalla giovane diva Eva Green. Carismatica, sicura di sè , con un irresistibile sguardo magnetico, non impiegherà molto ad entrare nella vita della sofferente scrittirice. Apparentemente per aiutarla, ma l'apparenza inganna, in ogni dove. Elle diventa di giorno in giorno sempre più pressante, molto invadenti , vuole essere messa a conoscenza dei segreti familiari di Delphine ( che riceve strane e minacciose lettere anonime con evidenti riferimenti al suo passato con i genitori), del suo passato sentimentale , il rapporto con i figli.Inoltre dimostra di avere un temperamento molto, troppo aggressivo, andando incontro a scatti di ira incontrollati ed immotivati. Delphine non riesce a sottrarsi a questa morsa che si stringe lentamente attorno a lei. Fino a quando non comprenderà l'effettivo pericolo in cui si trova. Rischierà la Vita e verrà salvata dal fidanzato Francois ( V.Perez) accorso da lei, insospettito dalla sua prolungata e silenziosa solitudine. Qualcosa però non quadrerà a perfezion...Chi era davvero Elle? Vicenda che inizia in modo introspettivo e vira , in maniera decisa e vigorosa , al noir delle migliori ttradizioni, scritta con estrema perizia e diretta magistralmente, trova nelle sue atmosfere e nell'interpretazione delle due splendide e talentuose attrice, il giusto compimento che merita.Ottima anche la colonna sonora, a cura di A. Desplat
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no_data
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mercoledì 25 luglio 2018
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variazione sul tema
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Tre stelle Polanski se le merita di default, però il film è di quelli che restano impressi a lungo. Eva Green è formidabile sempre, la Seigner non sembra nella sua forma migliore. Il film ha una sua logica, i temi e i contenuti sono quelli cari a Polanski che abbiamo imparato a conoscere in tutti questi anni. Il rapporto a due è pieno di intrecci e cose gustose, però l'allucinazione non è potente, non ha tratti di originalità. Resta il ritmo, l'eleganza e una certa autoindulgenza. Non è poco ma è tutto lì.
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eugenio
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domenica 17 giugno 2018
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misery edulcorato al femminile
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Un Misery edulcorato senza violenza espressiva, privo della paura fisica che vive di inquietudini, incertezze, del rapporto ambiguo tra due donne.
Alla regia un tal, quidam Roman Polanski che dell’incasinamento e dell’angoscia è maestro, supportato in questa occasione dalla sceneggiatura da Olivier Assayas (Sils Maria e Personal Shopper) che ha fatto della ricerca dell’identità, quella vera, la sua missione di cinema.
Alla base di Quello che non so di lei c’è un romanzo di Delphine de Vigan: D'après une Histoire Vraie. Delphine è appunto la protagonista, interpretata dalla sempre capace Emmanuelle Seigner che di Polanski è musa oltre che moglie, una scrittrice in crisi creativa dalla relazione scialba e senza emozione con un marito perso agli angoli del pianeta per intervistare scrittori famosi.
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Un Misery edulcorato senza violenza espressiva, privo della paura fisica che vive di inquietudini, incertezze, del rapporto ambiguo tra due donne.
Alla regia un tal, quidam Roman Polanski che dell’incasinamento e dell’angoscia è maestro, supportato in questa occasione dalla sceneggiatura da Olivier Assayas (Sils Maria e Personal Shopper) che ha fatto della ricerca dell’identità, quella vera, la sua missione di cinema.
Alla base di Quello che non so di lei c’è un romanzo di Delphine de Vigan: D'après une Histoire Vraie. Delphine è appunto la protagonista, interpretata dalla sempre capace Emmanuelle Seigner che di Polanski è musa oltre che moglie, una scrittrice in crisi creativa dalla relazione scialba e senza emozione con un marito perso agli angoli del pianeta per intervistare scrittori famosi.
Durante un firmacopie, evento da cui la scrittrice non può sottrarsi -suo malgrado-, conosce la particolare quanto insistente “fan” (anche lei scrittrice) Elle - Lei appunto- una piccata Eva Green, che tanto fa e tanto insiste fino a introdursi inesorabilmente nella vita di Delphine in maniera inquietante.
Inizia quindi un gioco, molto particolare, quasi di ruolo tra due scrittrici in qualche modo accumunate da un senso di solitudine e straniamento. Delphine, affermata ma ora in crisi creativa e Elle, ghost writer delle vite degli altri, sono in realtà lo specchio della stessa donna, parassita alla ricerca di un alimento, un rapporto amniotico fatto prima di sopportazione, poi di aiuto fino al classico crescendo di possessione e angoscia.
Ma in Quello che non so di lei, Polanski non cerca di emulare Misery non deve morire, anche se il rapporto tra le due donne ricorda per certi versi, con l’incidente alla gamba nella seconda parte e la relativa “segregazione forzata” di Delphine, parte dell’atmosfera del romanzo kinghiano. La venatura horror che qui si traduce in thriller non è l’oggetto di questa pellicola che ruota attorno a un conturbante intrigo tra donne.
No, a Polanski interessa innescare quella sottile scintilla di dubbio, facendo sì che le sue protagoniste si cerchino, si allontanino, si completino, si respingano. In altre parole, restituisce sullo schermo una grande indagine interiore sottendendo un fil rouge di eterna tensione, a tratti insopportabile, che spinge lo spettatore a domandarsi: Dunque? Dove mi vuoi condurre? Perchè?
Basta poco all’abile regista per saper come inquietare lo spettatore. Lo aveva già fatto nei suoi film “d’oro”: Rosemary’s baby, il Coltello nell’acqua, il mitico Repulsion.
E a quest’ultimo film, in qualche modo, che Quello che non so di lei rende tributo: nello stile quasi picassiano, nella regia convulsa ma fluida e robusta, e nella capacità di giocare con facilità quasi sconcertante con la tensione, l'umorismo e la dimensione più ambigua e allucinata della mente umana. Dietro la quale si nasconde sottilmente l’io interiore, il libro nascosto della nostra anima, con tutte le sue vacue fragilità e debolezze.
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emaspac
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domenica 18 marzo 2018
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elle non esiste in carne ed ossa
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giusto per suggerire la chiave di lettura di questo film, che leggo sia irragiungibile per molti: non ci sono due donne, elle non è in carne ed ossa,.è il super-io della scrittrice. o il dopplerganger della scrittrice. elle non parla con nessuno tranne che con la protagonista, non si fa vedere da nessuno, chiude le porte quando altre le aprono, etc. etc. per tutto il film polanski lo sottolinea e ce lo suggerisce. il fatto che il "doppio" sia ambiguamente reale/irtreale è proprio la sua firma stilistica: eppure di situazion isurreali e metaforiche ce ne sono, che dovrebbero far capire il tutto allo spettatore. elle è nella testa della scrittrice, o meglio è il suo inconscio, viste le (durissime) verità che ai porta dentro.
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giusto per suggerire la chiave di lettura di questo film, che leggo sia irragiungibile per molti: non ci sono due donne, elle non è in carne ed ossa,.è il super-io della scrittrice. o il dopplerganger della scrittrice. elle non parla con nessuno tranne che con la protagonista, non si fa vedere da nessuno, chiude le porte quando altre le aprono, etc. etc. per tutto il film polanski lo sottolinea e ce lo suggerisce. il fatto che il "doppio" sia ambiguamente reale/irtreale è proprio la sua firma stilistica: eppure di situazion isurreali e metaforiche ce ne sono, che dovrebbero far capire il tutto allo spettatore. elle è nella testa della scrittrice, o meglio è il suo inconscio, viste le (durissime) verità che ai porta dentro. chi non conosce polanski magari non l'ha capito il film, chi conosce la sua filmografia l'ha capito dalla prima inquadratura di elle. per me un ottimo film, non certo un capolavoro, ma nella tradizione polanskiana originale. poche le cadute di stile, tra tutte le sequenze oniriche, e purtroppo eva green non è una grande attrice.
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ritacirrincione
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mercoledì 14 marzo 2018
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un’occasione mancata
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Delphine è una famosa scrittrice di bestseller. Durante il tour promozionale del suo ultimo romanzo incontra Elle, una giovane ammiratrice, affascinante e dai modi seduttivi, che in poco tempo entra a far parte della sua vita occupandovi un posto sempre più rilevante. Delphine attraversa un momento di crisi creativa e di stanchezza anche a causa delle accuse di cinismo e di opportunismo che le vengono rivolte per avere rivelato nel suo ultimo libro aspetti intimi della sua vita familiare. La ragazza, una gostwriter dal passato misterioso, arriva proprio in questa fase non facile della sua vita e all’inizio sembra la persona giusta per prendersi cura di lei e per farle compagnia in una periodo di quasi totale solitudine (i figli sono andati a vivere da soli e il compagno è assente per lavoro).
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Delphine è una famosa scrittrice di bestseller. Durante il tour promozionale del suo ultimo romanzo incontra Elle, una giovane ammiratrice, affascinante e dai modi seduttivi, che in poco tempo entra a far parte della sua vita occupandovi un posto sempre più rilevante. Delphine attraversa un momento di crisi creativa e di stanchezza anche a causa delle accuse di cinismo e di opportunismo che le vengono rivolte per avere rivelato nel suo ultimo libro aspetti intimi della sua vita familiare. La ragazza, una gostwriter dal passato misterioso, arriva proprio in questa fase non facile della sua vita e all’inizio sembra la persona giusta per prendersi cura di lei e per farle compagnia in una periodo di quasi totale solitudine (i figli sono andati a vivere da soli e il compagno è assente per lavoro). Ma poco alla volta il rapporto si fa sempre più intrusivo e ambiguo: Elle alza il tiro e finisce con l’insinuarsi morbosamente nella vita della donna, con il condizionarne le scelte arrivando a sostituirsi a lei e a impossessarsi della sua identità. Poi, quando Delphine sembra completamente in balia di Elle, i giochi di manipolazione sembrano capovolgersi: è lei che strumentalizza la ragazza, che cerca di carpirne segreti e memorie per trovare ispirazione per il nuovo romanzo. Ma la narrazione si avviluppa in un crescendo di vicende sempre più improbabili finché, sfiorata la tragedia, inaspettatamente – come per intervento di undeus ex machina – l’esistenza di Delphine riprende il suo corso normale.
La storia dell’incontro di queste due donne – l’una scrittrice di successo nel pieno della maturità che cerca nell’altra la possibilità di rivitalizzarsi e trovare nuove fonti di ispirazione; l’altra, scrittrice di serie B, giovane e intraprendente, che cerca di carpire il misterioso meccanismo della creatività e del successo – pur rappresentando un interessante spunto narrativo e pur affrontando temi congeniali alla drammaturgia di Polanski come quelli dell’identità e del doppio, della realtà e della finzione, finisce con il diventare un’occasione mancata per una serie di forzature che rendono poco credibile e a tratti quasi caricaturale la narrazione.
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(di emaspac)
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ralphscott
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domenica 11 marzo 2018
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almeno ci resta polanski
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Verità e sogno si sovrappongono indissolubilmente in questa vicenda affascinante,dove gli equilibri rientrano appieno nelle dinamiche del sado-masochismo. Lei(la) è la furia di cui Delphine (Seigner da applausi) diventa succube,il mostro cui si offre in sacrificio,pur essendoci tutte le avvisaglie di aver davanti una pericolosa seduttrice. La colonna sonora di strumenti ad arco completa perfettamente le immagini. Morto Chabrol,il regista polacco/francese resta forse l'unico ad offrirci ancora queste sublimi storture dell'animo umano.
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udiego
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venerdì 9 marzo 2018
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quello che non so di me
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Roman Polansky, con “Quello che non so di Lei”, porta al cinema la storia, tratta dal romanzo di Delhine De Vighan, di una scrittrice in grande crisi di identità e con un forte blocco creativo. Solo riuscire a scavare nel profondo della sua anima e delle sue emozioni riuscirà a farle ritrovare se stessa. Questo viaggio dentro di sé è reso possibile dall’instaurarsi di un rapporto speciale con una donna, che apparentemente rappresenta in tutto l’esatto opposto di Delphine.
Il regista parigino fonda la sua struttura narrativa sul continuo contrasto delle due personalità dei personaggi principali del film.
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Roman Polansky, con “Quello che non so di Lei”, porta al cinema la storia, tratta dal romanzo di Delhine De Vighan, di una scrittrice in grande crisi di identità e con un forte blocco creativo. Solo riuscire a scavare nel profondo della sua anima e delle sue emozioni riuscirà a farle ritrovare se stessa. Questo viaggio dentro di sé è reso possibile dall’instaurarsi di un rapporto speciale con una donna, che apparentemente rappresenta in tutto l’esatto opposto di Delphine.
Il regista parigino fonda la sua struttura narrativa sul continuo contrasto delle due personalità dei personaggi principali del film. Delphine e Leila si incontrano e scontrano in un rapporto contorto, per certi versi perverso, dove i due caratteri si completano nella loro totale distanza. Le forze dell’una sono le debolezze dell’altra, le ansia della prima sono le certezze della seconda, in un continuo scavare nell’animo umano fino a quasi toccare il fondo prima di ritrovare se stessi.
L’opera procede così per buona parte della sua durata, riuscendo a suscitare un certo interesse da parte dello spettatore nello scoprire lo sviluppo di questo rapporto. Certo le sfaccettature dei personaggi non arrivano ai livelli a cui Polansky ci aveva abituato in passato, ma tutto sommato grazie anche ad una buona prova da parte delle due attrici protagoniste, Emmanuelle Seigner ed Eva Green, l’opera risulta complessivamente godibile. Purtroppo lo script tende a divagare nelle battute finali, evidenziando anche una certa confusione, cercando di giungere ad un colpo di scena allo stesso tempo prevedibile ed esagerato.
Vero è che forse l’intento dell’autore non è quello di regalarci una storia logica ma quello di entrare il più possibile nel profondo dei suoi personaggi, ma è altrettanto vero che è lo stesso regista ad imboccare una strada forse un pò troppo contorta per essere gestita al meglio. “Quello che non so di lei” in definitiva si mostra un film sufficiente, a tratti anche affascinante, ma a cui manca quel mordente tipico del Polansky che ben conosciamo.
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