ralphscott
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sabato 19 novembre 2011
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un noir di altissimo livello
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Una pellicola molto sapida,tutta da gustare. Le prodezze registiche non si contano:abbondano magnetici piani sequenza,campi lunghi,intensi primi piani,con la cinepresa che apre il film calandosi come un predatore sui due dannati protagonisti. Personalmente apprezzo il tutto anche perchè la trama è chiara,nonostante l'uso dei flasch-back;spesso,nel genere noir,perdo il gusto della visione distratto da storie troppo complesse. Plauso al giovane Lancaster che rende con piglio ed intensità tutti i tormenti di un amante disperato. Finale nerissimo
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johngarfield
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venerdì 4 novembre 2011
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una vetta del noir
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Si tratta di uno dei film più fedeli alla filosofia interna che pervade il film noir. In effetti, vi troviamo alcuni dei segni più caratteristici: il pessimismo, l’ineluttabilità di un destino avverso che sembra perseguitare i protagonisti, la presenza della donna-ragno o dark lady, personaggio che tesse la tela di intrighi a danno di coloro che ella vuole sedurre. C’è inoltre l’uso sapiente della fotografia (magistrali certe sequenze come quella finale),l’assenza della famiglia,Steve (Burt Lancaster) ne ha una, ma si sottrae ad essa man mano che riallaccia i rapporti con Anna, l’ex-moglie (Yvonne De Carlo). La regia poi è straordinaria: la sensazione della tragedia incombente, di un destino già segnato, la mdp fissa su una porta che dà nel buio o una pallina che rotola giù per le scale e il terrore che attanaglia i protagonisti.
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Si tratta di uno dei film più fedeli alla filosofia interna che pervade il film noir. In effetti, vi troviamo alcuni dei segni più caratteristici: il pessimismo, l’ineluttabilità di un destino avverso che sembra perseguitare i protagonisti, la presenza della donna-ragno o dark lady, personaggio che tesse la tela di intrighi a danno di coloro che ella vuole sedurre. C’è inoltre l’uso sapiente della fotografia (magistrali certe sequenze come quella finale),l’assenza della famiglia,Steve (Burt Lancaster) ne ha una, ma si sottrae ad essa man mano che riallaccia i rapporti con Anna, l’ex-moglie (Yvonne De Carlo). La regia poi è straordinaria: la sensazione della tragedia incombente, di un destino già segnato, la mdp fissa su una porta che dà nel buio o una pallina che rotola giù per le scale e il terrore che attanaglia i protagonisti. E’ un film dalla doppia trama: quella del ritorno di fiamma verso l’antico amore e quello della preparazione e realizzazione della rapina. Ma in fondo è una discesa inarrestabile,nel tunnel dell’autodistruzione.Alla base dell’importanza del film, c’è la libertà quasi totale concessa al regista dal capo produzione dell’Universal, William Goetz. Tutto nasce da un soggetto abbozzato da Mark Hellinger, produttore indipendente ma legato allo Studio, (di lui si dovrebbe scrivere un capitolo a parte per il contributo che diede al successo del film noir). Questi, muore prematuramente nel 1948 di infarto, lasciando, tra l’altro, appunto questo abbozzo di soggetto e una proposta di contratto per realizzarne un film con Burt Lancaster con la regia di Siodmak. E’ un manoscritto che in realtà è un adattamento incompiuto di un romanzo poliziesco di Don Tracy, CRISS CROSS. Hellinger voleva farne un film su una rapina ad un ippodromo (tema poi ripreso da Kubrick in RAPINA A MANO ARMATA), ma non era riuscito, malgrado le sue conoscenze (sospette) dell’ambiente malavitoso, a cavare un ragno dal buco. Goetz si fidava di Hellinger (i successi de I GANGSTERS e LA CITTA’ NUDA erano eloquenti)e dà carta bianca. Siodmak sceglie il meglio della Casa: Franz Planer come operatore e Miklos Rosza (vero e proprio interprete del noir) per la musica. Poco convinto della trama, la riscrive e chiama Daniel Fuchs (BANDIERA GIALLA di Elia Kazan)ad aiutarlo.Ne esce una trama che si avvicina a quella de I GANGSTERS, dove il colpo è ora la rapina a un blindato porta valori ma passa in secondo luogo rispetto alla storia amorosa dei due protagonisti. Passa quindi dall’azione a un dramma psicologico, contaminato dalle cupe atmosfere del noir, qui al punto più alto. Tutto è indovinato in questo film, perfino la descrizione degli ambienti, del bar (Rondo Club), degli interni familiari della classe operaia, degli scorci di una Los Angeles ben nota agli scrittori di polizieschi come Chandler e cioè Bunker Hill, il quartiere malfamato. Planer dimostra qui tutto il suo talento in felice connubio con le idee del regista. C’è anche l’irruzione dell’incubo, del sogno cattivo nella famosa scena dell’ospedale, dove è ricoverato Steve. La sua ossessione (quella di cadere vittima della vendetta di Dundee) diventa realtà, i suoi incubi si avverano. Quello che è un semplice commesso viaggiatore diventa un sicario di Dundee(Dan Duryea).Niente ormai può sottrarlo al destino tragico. La porta che dà sul buio, alla fine, è da antologia: tra poco apparirà Dundee e tutto finirà nel peggiore dei modi.L’attesa è dilatata all’estremo e lascia senza fiato. Magistrale.
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faba
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giovedì 4 dicembre 2008
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nessuna pietà per i vinti
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Film noir di indubbio valore grazie alla "solita" buona regia di Siodmak, secca stringata e diretta e ad una sceneggiatura senza nessuna pietà per i vinti.
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breberto
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sabato 12 gennaio 2008
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stavolta il film non è invecchiato
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Sto vedendo o rivedendo alcuni film noir, sulla scorta della lettura del saggio di Renato Venturelli e sto trovando film che hanno resistito male agli anni, anche se un tempo molto celebrati (L'ombra del passato) altri sono invecchiati meglio (La città nuda) altri (come questo DOPPIO GIOCO) si lasciano vedere ancora con molto interesse e giustificano le lodi che vengono tributate nei saggi che trattano del genere noir. I meriti del film di Siodmak: una sceneggiatura solida, impostata sul solito, ma efficace sistema narrativo - tipico del noir - del flash back - che non è espediente gratuito; una notevole tensione nel finale, e soprattutto due straordinari attori (Lancaster e la De Carlo) che sono essenzialmente presenze fisiche (che corpi e che volti!) di grande evidenza.
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Sto vedendo o rivedendo alcuni film noir, sulla scorta della lettura del saggio di Renato Venturelli e sto trovando film che hanno resistito male agli anni, anche se un tempo molto celebrati (L'ombra del passato) altri sono invecchiati meglio (La città nuda) altri (come questo DOPPIO GIOCO) si lasciano vedere ancora con molto interesse e giustificano le lodi che vengono tributate nei saggi che trattano del genere noir. I meriti del film di Siodmak: una sceneggiatura solida, impostata sul solito, ma efficace sistema narrativo - tipico del noir - del flash back - che non è espediente gratuito; una notevole tensione nel finale, e soprattutto due straordinari attori (Lancaster e la De Carlo) che sono essenzialmente presenze fisiche (che corpi e che volti!) di grande evidenza. Come succede spesso nei migliori film noir, la fotografia in bianco e nero è splendida, senza però quella esagerazione nei contrasti ombra-luce che in altri film del genere sono un po' troppo insistiti (es. Morirai a mezzanotte - di Anthony Mann). Dunque stavolta non un mito da sfatare, ma un film che consiglio agli appassionati del vecchio cinema americano di rivedere, anche perchè la versione in DVD è molto buona. Merita tre stelle e mezzo.
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