fabio 3121
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sabato 26 dicembre 2020
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la promessa dell''agricoltore australiano
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il film interpretato da Russel Crowe, al suo esordio come regista, è ispirato a fatti realmente accaduti. L'agricoltore Joshua Connor parte dall'Australia nel 1919 e giunge a Gallipoli in Turchia da dove, a seguito di una battaglia della 1^ guerra mondiale, i suoi 3 figli non sono più tornati. Avendo promesso alla moglia, prima che morisse suicida, di trovare i figli e riportarli a casa per dare loro una degna sepoltuta, Joshua alloggerà in un albergo dove legherà con la donna che serve la colazione anche essa affranta dal fatto che il marito non è più tornato dalla predetta battaglia. Questo padre, nonostante le difficoltà burocratiche ma con l'aiuto di qualche militare turco arriverà sulle colline alla ricerca dei resti dei 3 figli avvertendo quel senso di colpa per non averli fermati per andare in guerra in una terra così lontana.
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il film interpretato da Russel Crowe, al suo esordio come regista, è ispirato a fatti realmente accaduti. L'agricoltore Joshua Connor parte dall'Australia nel 1919 e giunge a Gallipoli in Turchia da dove, a seguito di una battaglia della 1^ guerra mondiale, i suoi 3 figli non sono più tornati. Avendo promesso alla moglia, prima che morisse suicida, di trovare i figli e riportarli a casa per dare loro una degna sepoltuta, Joshua alloggerà in un albergo dove legherà con la donna che serve la colazione anche essa affranta dal fatto che il marito non è più tornato dalla predetta battaglia. Questo padre, nonostante le difficoltà burocratiche ma con l'aiuto di qualche militare turco arriverà sulle colline alla ricerca dei resti dei 3 figli avvertendo quel senso di colpa per non averli fermati per andare in guerra in una terra così lontana. Non manca qualche colpo si scena ma il racconto è rappresentato in modo abbastanza lento e attraverso diversi e un pò ripetitivi flashback relativi ai 3 ragazzi sul fronte. Molto bella la fotografia e le scene esterne dei paesaggi sia delle ampie distese di terra in Australia che in Turchia vicino al mare, inoltre vediamo dei stupendi colori del cielo. È una storia drammatica che però si conclude con un parziale lieto fine. Buona la prova del cast anche se diversi dialoghi sono in lingua turca originale con i sottotitoli in italiano. Voto finale 6.
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onufrio
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mercoledì 31 maggio 2017
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l'odissea turca
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Russell Crowe, regista e protagonista di questo film ambientato nel periodo post prima guerra mondiale, siamo nel 1919, l'australiano Joshua Connor (R.Crowe) vive con la moglie nelle desolate terre australiane, i due non si rassegnano alla morte dei tre figli impegnati nel conflitto in Turchia, tanto che la moglie si suicida. A quel punto, Joshua decide di esaudire il desiderio della propria moglie, riportare i tre figli in terra australiana. Inizia così un avventuroso viaggio, un'odissea turca per il protagonista che nel suo tragitto incontrerà le avversità ma anche chi gli darà un prezioso aiuto alla ricerca dei figli compianti.
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giorpost
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martedì 4 aprile 2017
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miracolo a gallipoli
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Joshua Connor è un esperto rabdomante dello Stato del Victoria, proprietario di un terreno in aperta campagna australiana; vive con sua moglie in piena solitudine e con un grande rimorso: non aver saputo più notizie dei loro tre figli maschi, partiti come volontari un lustro prima alla volta dell'Impero Ottomano per affiancarsi all'esercito britannico in una guerra “di principio”, senza farvi mai ritorno. Non essendo riuscita ad elaborare un (presunto) lutto così grande e, al contempo, molto critica nei confronti del marito, la povera Eliza decide di farla finita, lasciando Joshua nel più totale sconforto; questi, tra l'altro, non troverà sostegno nemmeno nella chiesa locale, realizzando che l'unica cosa da fare è imbarcarsi per la Turchia e riportare a casa almeno i corpi dei suoi figli.
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Joshua Connor è un esperto rabdomante dello Stato del Victoria, proprietario di un terreno in aperta campagna australiana; vive con sua moglie in piena solitudine e con un grande rimorso: non aver saputo più notizie dei loro tre figli maschi, partiti come volontari un lustro prima alla volta dell'Impero Ottomano per affiancarsi all'esercito britannico in una guerra “di principio”, senza farvi mai ritorno. Non essendo riuscita ad elaborare un (presunto) lutto così grande e, al contempo, molto critica nei confronti del marito, la povera Eliza decide di farla finita, lasciando Joshua nel più totale sconforto; questi, tra l'altro, non troverà sostegno nemmeno nella chiesa locale, realizzando che l'unica cosa da fare è imbarcarsi per la Turchia e riportare a casa almeno i corpi dei suoi figli. Dopo un viaggio in mare lungo tre mesi si trova in quel di Istanbul, al cospetto di un popolo che guarda ancora con sospetto, a giusta ragione, gli invasori, ma trovando -tuttavia- accoglienza e rispetto. Ospitato in un piccolo albergo gestito da Ayshe (sensuale vedova con un bambino da crescere), Connor inizia la proibitiva ricerca, persuaso dal fatto che tutti e tre i suoi eredi si trovino nel medesimo luogo in quanto incapaci di separarsi; inaspettatamente, l'esperto contadino potrà contare sull'aiuto di un militare turco, il maggiore Hasan, che prende a cuore la sua storia, ancora tutta da decifrare e raccontare...
Russell Crowe esordisce dietro la macchina da presa raccontando fatti parzialmente (e realmente) accaduti. The water diviner (AUS, Turkey, 2014) sembra solo apparentemente un lavoro cucito addosso al gladiatore che tutti conosciamo, mentre in realtà scava nell'animo di un popolo, quello australiano, che a distanza di cent'anni porta ancora orgoglioso una ferita mai del tutto guarita. L'Australia (ma anche la Nuova Zelanda) pagò un prezzo fin troppo alto per quel conflitto, nel quale vi partecipò non certo per rivendicazioni territoriali, ma piuttosto per spirito di appartenenza a quel Commonwealth che (probabilmente) all'epoca portava più danni che benefici. Pur con qualche inevitabile critica dal punto di vista tecnico che muovo al patriotico Russell, tengo a sottolineare alcuni aspetti che mi hanno colpito, come le sequenze della campagna dei Dardanelli, crude e necessariamente violente (i tre fratelli gravemente feriti portano lo spettatore quasi sul campo di battaglia di Gallipoli), od anche le ottime performance degli interpreti turchi, in particolare i due Yilmaz (per uno è un cognome, per l'altro un nome) che fanno da ottimo contorno. Certo è difficile non trovare un parallelismo tra Crowe e il suo regista-mentore, ovvero Ridley Scott: lo stile è ricercatamente simile e la storia (impossibile) con la bella Ayshe ricorda molto quella tra Di Caprio e l'infermiera giordana in Bodies of Lies, pellicola del 2008 nella quale Scott stava dietro la cinepresa e Crowe davanti.
Opera dignitosissima e densa di significati, questa: il rituale del caffè nella cultura turca mi è piaciuto molto, come pure il mulino a vento che, a prescindere dalle latitudini, funge da faro nella ricerca di un padre disperato. Considerando il budget assai limitato di appena 12 milioni di dollari australiani utilizzati per la produzione e la piega inaspettata della storia, direi che possiamo parlare di miracolo a Gallipoli...
Bravo Russell: per me, prova superata.
Voto: 7
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filippo catani
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mercoledì 8 giugno 2016
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una buona rappresentazione storica
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Al termine del primo conflitto mondiale un padre australiano parte in cerca dei figli scomparsi al termine della terribile battaglia di Gallipoli per poter dar loro sepoltura accanto al corpo della madre.
Russell Crowe si mette dietro alla macchina da presa per dirigere se stesso in quello che se vogliamo è primariamente un dramma familiare con un padre alla disperata ricerca di risposte sulla sorte dei figli partiti per una guerra lontana migliaia di miglia da casa. Allo stesso tempo però il film non sfugge a dare una fulgida rappresentazione di quello che è stato il dramma del disfacimento dell'impero Ottomano e di quello che ha comportato senza dimenticare le centinaia di vittime da una parte e dall'altra della barricata.
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Al termine del primo conflitto mondiale un padre australiano parte in cerca dei figli scomparsi al termine della terribile battaglia di Gallipoli per poter dar loro sepoltura accanto al corpo della madre.
Russell Crowe si mette dietro alla macchina da presa per dirigere se stesso in quello che se vogliamo è primariamente un dramma familiare con un padre alla disperata ricerca di risposte sulla sorte dei figli partiti per una guerra lontana migliaia di miglia da casa. Allo stesso tempo però il film non sfugge a dare una fulgida rappresentazione di quello che è stato il dramma del disfacimento dell'impero Ottomano e di quello che ha comportato senza dimenticare le centinaia di vittime da una parte e dall'altra della barricata. C'era il rischio di scadere nella retorica o nel machismo ma Crowe mostrando grande maturità si tiene lontano da entrambe queste sirene restando legato al palo di una trama essenziale e di buon respiro.
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enzo70
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lunedì 25 gennaio 2016
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buon esordio alla regia per un grandissimo attore
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Crowe si cimenta, per la prima volta da regista, in uno dei suoi generi preferiti, il film di ambientazione storica; e questa volta lo scenario è in Turchia, durante la prima guerra mondiale. Le forze alleate cercano di colpire al cuore l’impero Ottomano a Gallipoli, nello stretto dei Dardanelli; è uno delle più clamorose sconfitte dell’esercito guidato dagli inglesi, e da tutte le potenze che si erano alleati con l’esercito britannico; tra cui gli australiani. E così l‘agricoltore Joshua Connor si trova dall’altra parte dal mondo a piangere il dolore dei tre figli dispersi e a cercare di consolare, inutilmente, la moglie.
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Crowe si cimenta, per la prima volta da regista, in uno dei suoi generi preferiti, il film di ambientazione storica; e questa volta lo scenario è in Turchia, durante la prima guerra mondiale. Le forze alleate cercano di colpire al cuore l’impero Ottomano a Gallipoli, nello stretto dei Dardanelli; è uno delle più clamorose sconfitte dell’esercito guidato dagli inglesi, e da tutte le potenze che si erano alleati con l’esercito britannico; tra cui gli australiani. E così l‘agricoltore Joshua Connor si trova dall’altra parte dal mondo a piangere il dolore dei tre figli dispersi e a cercare di consolare, inutilmente, la moglie. Ma quando questa si suicida Joshua decide di partire per la Turchia per dare una degna sepoltura ai figli. Le splendide ambientazioni e la capacità dell’attore neozelandese rendono perfettamente il senso di una delle tante tragedie degli uomini. Ma la speranza alla fine rinasce dalla scoperta che uno dei tre figli è sopravvissuto. E’ un film molto tradizionale nel ritmo del racconto, nella fotografia e nella regia; ma non per questo meno gradevole.
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luigi chierico
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mercoledì 13 gennaio 2016
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un rabdomante alla ricerca dei figli
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Un padre si mette alla ricerca dei tre figli andati a combattere dalla lontanissima Australia in Europa,in Turchia,durante la prima guerra mondiale.Quella guerra che vide morire oltre 17.000.000 di persone e con 20.000.000 di feriti e mutilati.Le scene sono tutte molto belle sebbene riportino molti momenti strazianti di corpi orribilmente mutilati:per uscire dalle trincee occorreva scavalcare montagne di morti e moribondi,”le anime devastate da tutti quei morti”,come scrive V.A.Loprieno nel bel libro Pudore. Le terribili esplosioni nascondevano col fumo nero e denso dei mortai tutto quanto cambiava volto, dune, montagne,case,corpi e volti umani;brandelli di uomini che si trascinavano.Ed ancora G.
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Un padre si mette alla ricerca dei tre figli andati a combattere dalla lontanissima Australia in Europa,in Turchia,durante la prima guerra mondiale.Quella guerra che vide morire oltre 17.000.000 di persone e con 20.000.000 di feriti e mutilati.Le scene sono tutte molto belle sebbene riportino molti momenti strazianti di corpi orribilmente mutilati:per uscire dalle trincee occorreva scavalcare montagne di morti e moribondi,”le anime devastate da tutti quei morti”,come scrive V.A.Loprieno nel bel libro Pudore. Le terribili esplosioni nascondevano col fumo nero e denso dei mortai tutto quanto cambiava volto, dune, montagne,case,corpi e volti umani;brandelli di uomini che si trascinavano.Ed ancora G.Battiato in “L’amore nel palmo della mano” <…soltanto il busto ed un braccio,intorno un diluvio di fuoco, un burattino senza testa….villaggi irriconoscibili,ammassi di cadaveri.. che ostacolano la sua corsa…>.Ecco un po’ di quella guerra che Joshua Connor rivive durante la sua ricerca dei tre figli. Attraverso le difficoltà burocratiche più ostili di un territorio arido e polveroso,sconvolto da una guerra che ha fatto nemici anche i propri fratelli,dall’incerto governo oramai affidato a chi ha vinto,Joshua con l’aiuto del maggiore turco Hasan (Yilmaz Erdogan)detto l’assassino,tenta di rintracciare i corpi dei suoi 3 figli.Si ha così modo di raccogliere anche un episodio, una testimonianza di carità tra nemici.Uno dei figli di Joshua,durante una breve interruzione,attraversa lo spazio che lo divide dal nemico con un fazzoletto bianco, reca in braccio un corpo.E’ il corpo di un ferito che restituisce al suo nemico turco Hasana.Un gesto nobile per chi ha visto morire, impotente,due suoi fratelli” in un angoscioso lamento:Sono morto! Mamma mia!” come leggo in Pudore,perché le guerre ed i morti e il dolore sono sempre uguali per tutti ed in tutte le guerre,il nome doi Mamma è sempre invocato sulla bocca di tutti.Il film è condotto molto bene,interpretato da buoni attori tra cui spicca Russell Crowe nella parte di Joshua Connor,il rabdomante capace di trovare sotto terra non solo l’acqua ma anche il sangue dei suoi figli.Una ricerca quella di Joshua che ricorda quella raccontata da David Grossman nel bellissimo libro,lirico,Caduto fuori dal tempo.”silenzio..incantato nella solitudine..la tristezza di un uomo sulla terra…da lontano giungono i suoni sommessi della notte,sopra di me soffiano pesanti nuvole basse,nascondono il cielo ai miei occhi” ed è così che si muore in guerra.Inutile ricordare i tanti film che ci hanno mostrato gli orrori della guerra che ancora non sono bastati a non farle promuovere.In “Salvate il soldato Ryan” c’è da salvare il terzo fratello. Russell Crowe,regista oltre che interprete,conduce l’intero film con scioltezza di dialogo,con tempi ben collegati tra il passato ed il presente,tra quello che è accaduto in Guerra e quello che vive nel 1919 perché,dice Joshua:“ho promesso alla loro madre che li avrei trovati e riportati a casa” , lui accusato dalla moglie: ”Riesci a trovare l’acqua ma non sei capace di trovare i tuoi figli”. Spinto dall’amore e sorretto “dalla speranza che è necessaria ad aiutarci”, come lui stesso dice, è “l’unico padre che va a cercare i suoi figli”.Mi piace fargli dire, come ho scritto altrove “Mi misi ad ascoltare il suo silenzio ed ascoltai la voce del suo cuore “. Per l’impegno e il messaggio di pace,per l’umana pietà che rimane allo spettatore, credo giusto classificarlo ottimo.chibar22@libero.it
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liuk!
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mercoledì 19 agosto 2015
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avventura in mezzo alla guerra
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Un bel lavoro di Crowe and company che fanno diventare interessante una storia che non lo è. Un
film di guerra, azione, amore, dramma etc simil kolossal ma non pesante o troppo incentrato sugli effetti speciali.
lo consiglio.
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alexander 1986
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venerdì 12 giugno 2015
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la buona turchia di crowe
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Turchia, 1919. La prima guerra mondiale è finita per tutti tranne che per i genitori che hanno perso i figli in guerra. Per mantenere una promessa fatta alla moglie, l'agricoltore australiano Joshua Connor (Russell Crowe) compie un lungo viaggio fino a Istanbul e dintorni alla ricerca delle salme dei suoi tre figli. È come cercare un ago in un pagliaio ma Joshua è uno di quegli uomini capaci di trovare l'acqua anche nel deserto.
Al suo esordio alla regia, Crowe fa qualcosa di straordinario rispetto ad altri illustri colleghi e neofiti della macchina da presa: utilizza i mezzi che ha imparato a usare, senza strafare. La sua è una regia scolastica ma molto efficace, come efficace è il racconto nel suo complesso: trama lineare ma non piatta, bella fotografia, messaggi semplici ma non banali e in più il proverbiale carisma dell'ex-Gladiatore.
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Turchia, 1919. La prima guerra mondiale è finita per tutti tranne che per i genitori che hanno perso i figli in guerra. Per mantenere una promessa fatta alla moglie, l'agricoltore australiano Joshua Connor (Russell Crowe) compie un lungo viaggio fino a Istanbul e dintorni alla ricerca delle salme dei suoi tre figli. È come cercare un ago in un pagliaio ma Joshua è uno di quegli uomini capaci di trovare l'acqua anche nel deserto.
Al suo esordio alla regia, Crowe fa qualcosa di straordinario rispetto ad altri illustri colleghi e neofiti della macchina da presa: utilizza i mezzi che ha imparato a usare, senza strafare. La sua è una regia scolastica ma molto efficace, come efficace è il racconto nel suo complesso: trama lineare ma non piatta, bella fotografia, messaggi semplici ma non banali e in più il proverbiale carisma dell'ex-Gladiatore. Il difetto, oltre a una Turchia da cartolina stereotipata - uomini rigorosamente con fez, visita (ovviamente ricostruita) alla Moschea blu e persino una sosta al bagno turco - è l'improbabilità della protagonista femminile: l'ucraina Olga Kurylenko, pur brava almeno nell'imparare un po' di lingua locale, è veramente troppo bella per essere madre di un bambino di tredici anni e, soprattutto, vedova da due.
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rosenkreutz
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giovedì 19 marzo 2015
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distorce la realtà storica
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Il film narra le vicende di un agricoltore e rabdomante australiano alla ricerca delle tombe dei suoi tre figli, mai più tornati dalla battaglia di Gallipoli (Turchia) del 1915. È ben fotografato e ben recitato, tuttavia distorce la realtà dei fatti storici quando fa apparire, nella parte finale del film, i Turchi le vittime e i Greci i carnefici. Le cose stanno esattamente all'inverso. Furono i Turchi a massacrare Greci e Armeni (il genocidio degli Armeni, riconosciuto da moltissimi Paesi, e che la Turchia ancora oggi si ostina a negare) e non viceversa. Un film che pretende di basarsi su una storia vera dovrebbe rispettare la realtà degli avvenimenti, come sono stati documentati da innumerevoli testimoni e dal lavoro degli storici.
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ultimoboyscout
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domenica 8 marzo 2015
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un galdiatore alla ricerca dei figli.
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Alcuni anni dopo la fine della battaglia di Gallipoli (in Turchia) in cui, durante la Prima Guerra Mondiale, morirono quasi 9mila soldati dell'ANZAC, l'esercito composto da australiani e neozelandesi, un agricoltore aussie col sesto senso per trovare l'acqua, parte alla volta di quei luoghi alla ricerca dei tre figli dispersi per riportarli in patria o almeno dar loro degna sepoltura. Più che con i turchi, così diversi da lui, dovrà lottare con la burocrazia eretta dai suoi connazionali. Opera prima per Russell Crowe regista, neozelandese di nascita ma cresciuto in Australia, che confeziona una pellicola poetica e soave in cui il novello cineasta ci offre il suo lato melodrammatico, rubando qualcosa al suo mentore Ridley Scott ma anche a Ron Howard.
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Alcuni anni dopo la fine della battaglia di Gallipoli (in Turchia) in cui, durante la Prima Guerra Mondiale, morirono quasi 9mila soldati dell'ANZAC, l'esercito composto da australiani e neozelandesi, un agricoltore aussie col sesto senso per trovare l'acqua, parte alla volta di quei luoghi alla ricerca dei tre figli dispersi per riportarli in patria o almeno dar loro degna sepoltura. Più che con i turchi, così diversi da lui, dovrà lottare con la burocrazia eretta dai suoi connazionali. Opera prima per Russell Crowe regista, neozelandese di nascita ma cresciuto in Australia, che confeziona una pellicola poetica e soave in cui il novello cineasta ci offre il suo lato melodrammatico, rubando qualcosa al suo mentore Ridley Scott ma anche a Ron Howard. Crowe sottolinea come in guerra non ci siano cattivi ma solo vittime, non tratta i turchi come nemici ma anzi si immedesima in loro, sentendosi lui stesso un po' invasore. La storia è emozionante, con aspetti sentimentali subito attutiti da attimi di pura brutalità e con i flashback sull'agonia dei figli che difficilmente lo spettatore dimenticherà. Ovviamente, nonostante l'impegno, la professionalità, l'esperienza e le ottime intenzioni il Crowe regista è largamente imperfetto e ha ancora molto da imparare dai suoi già citati maestri. La sua interpretazione è invece notevole e intensa, seppure il rabdomante Joshua sia tratteggiato a dovere solo in parte, un uomo normale a metà tra l'eroe che non si sente tale e il pesce fuor d'acqua in un romanzone epico, bello e romantico che a tratti rallenta e si dilunga senza diventare mai noioso o pesante. In più, Crowe, è spalleggiato da co-protagonisti d'eccezione, ovvero i magnifici paesaggi e i tramonti sul Bosforo, da brividi! Il neo regista paga il suo tributo all'Australia mostrando per l'ennesima volta di aver coraggio e di essere un artista vero dotato di sguardo ampio e profondo.
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