russtorm
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giovedì 6 febbraio 2014
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quando manca poco per essere eccellenti
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Peccato che il "poco" in questione sia la sceneggiatura. Scritta a quattro mani dallo stesso regista Giuliano Montaldo e Andrea Purgatori manca di chiarezza e riflessione, proprio quello su cui avrebbe dovuto fare leva un film con un tema del genere.
I due protagonisti, Laura (Carolina Crescentini) e Nicola (Pierfrancesco Favino) sono fidanzati(?) e vengono entrambi da famiglie benestanti. Nicola erede dell'azienda del padre (che a quanto pare non era un esempio di persona con molti scrupoli) si trova in gravi difficoltà economiche e non vuole scendere a compromessi sporchi per salvare la situazione, ma indìce una battaglia contro la crisi per restare onesto.
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Peccato che il "poco" in questione sia la sceneggiatura. Scritta a quattro mani dallo stesso regista Giuliano Montaldo e Andrea Purgatori manca di chiarezza e riflessione, proprio quello su cui avrebbe dovuto fare leva un film con un tema del genere.
I due protagonisti, Laura (Carolina Crescentini) e Nicola (Pierfrancesco Favino) sono fidanzati(?) e vengono entrambi da famiglie benestanti. Nicola erede dell'azienda del padre (che a quanto pare non era un esempio di persona con molti scrupoli) si trova in gravi difficoltà economiche e non vuole scendere a compromessi sporchi per salvare la situazione, ma indìce una battaglia contro la crisi per restare onesto.
In questo contesto si sviluppa una crisi di coppia che viene assolutamente data per scontata dalla sceneggiatura, e, in alcuni tratti resa pure controversa. Non c'è un motivo plausibile per cui Laura cominci ad allontanarsi dal marito visto che è quasi completamente d'accordo col suo modus operandi di uomo onesto, e soprattutto le vengono fatti assumere comportamenti contradditori maldistribuiti nella trama; come quando viene rappresentata sicura e fedele al punto da rifiutare fermamente le avance dell'affascinante corteggiatore rumeno per poi trovarcisi a frequentarlo abitualmente senza che nella trama vi sia stato quel "gradno" che abbia influito su questo suo cambiamento.
La fotografia è ottima, atmosfere permeate da un celestino-grigio che a volte quasi sfocia nel bianco e nero, come a voler dare lo stato d'animo che si prova in una giornata sempre uggiosa, di quelle che ti lasciano dentro casa prigioniero. Prigioniero come un imprenditore, attanagliato dai debiti e costretto a scegliere tra la sua tenuta morale e la salvezza economica.
Magistrali le interpretazioni di Pierfrancesco Favino e di Carolini Crescentini, assolutamente credibili e naturali.
La regia non smentisce la sua firma, Montaldo gestisce bene le inquadrature e le ambientazioni sono straordinarie.
Il film salva il finale ottimamente: Lui, che nel mentre ha risolto i problemi aziendali trovando un socio, in una collutazione ha ucciso per errore il ragazzo rumeno, ma la moglie lo scopre, e lo scopre proprio durante la festa che ha indetto in occasione del salvataggio finanziario. Lei lo mette in condizioni di scegliere se costituirsi o meno. A questo punto dovrà scegliere se rimanere onesto anche con l'azienda ormai salva, o da buon borghese nascondere l'uccisione di quello che in fondo è solo un immigrato venuto qua i ncerca di fortuna e mischiarsi alla festa scialaquona, che ha tra gli illustri invitati proprio quelli contro cui ha combattuto fino a quel momento. Una profonda riflessione.
Nonostante le gravi pecche non è assolutamente un film da sottovalutare.
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luigi chierico
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mercoledì 22 gennaio 2014
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un film per gli amanti del cinema
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Un film, per piacere, può non essere necessariamente straordinario ed ottimo; questo, non destinato a tutto il pubblico, è uno di quelli.
La vicenda si svolge qualche anno fa, è il preludio della rovina socio economica in cui è caduto il nostro Bel Paese da Torino a Lampedusa. Questo è il nostro Stivale che dalle Alpi ovvero, come dice Papini in “Italia mia”, l’Italia è una quercia i cuoi rami propendono verso l’Europa. È verso l’Europa che l’industriale del film, e quello di oggi, chiede soccorso ed aiuto ad una ingorda Germania tanto da fargli dire : “Ho fregato i Tedeschi…”. Incombe dappertutto l’incubo del disastro finanziario che travolge tutto e tutti, è una valanga, è un fiume d’acqua in piena che tutto porta via.
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Un film, per piacere, può non essere necessariamente straordinario ed ottimo; questo, non destinato a tutto il pubblico, è uno di quelli.
La vicenda si svolge qualche anno fa, è il preludio della rovina socio economica in cui è caduto il nostro Bel Paese da Torino a Lampedusa. Questo è il nostro Stivale che dalle Alpi ovvero, come dice Papini in “Italia mia”, l’Italia è una quercia i cuoi rami propendono verso l’Europa. È verso l’Europa che l’industriale del film, e quello di oggi, chiede soccorso ed aiuto ad una ingorda Germania tanto da fargli dire : “Ho fregato i Tedeschi…”. Incombe dappertutto l’incubo del disastro finanziario che travolge tutto e tutti, è una valanga, è un fiume d’acqua in piena che tutto porta via. Non si salva il bello dal brutto, il ricco dal povero.
Chi è più in alto subirà maggiormente il colpo della caduta in basso, toccherà il fondo, un fondo mai concepito e pensato. Quanti nella disperazione nel buio arrivano a gesti folli, al suicidio. L’industriale di questo interessante ed attuale film è all’orlo della rovina, del disastro e, come tutti coloro che hanno bisogno,non troverà aiuto, soprattutto dalle banche, sarà alla mercé di speculatori o di usurai.
Si è abbandonati da amici, parenti e spesso dalla moglie e dai figli. Quando ciò accade nella disperazione di vedere distruggere anche l’affetto della moglie, vederla allontanare in un susseguirsi di silenzi e di rifiuti, si finisce col compiere anche atti inconsulti.
Laura, come la moglie di Cesare, non solo doveva essere onesta, ma anche sembrarlo, e non lo sembrava; quanti uomini che sono al potere non solo sembrano disonesti ma, ahimè, anche lo sono!!!!!
Nel film, nel tentativo di salvare il matrimonio, lui spende 40.000 euro, lei diversi milioni, ed è questo gesto d’amore, mal concepito e condotto, che invece porta alla sua triste conclusione.
Il film va visto, più che commentato. Occorre vedere una Torino povera nelle immagini, il film non è in bianco e nero, è in grigio, perché questo colore indefinito è il colore della triste vicenda, del declino; vi è qualcosa di appena colorato in cui prevale un rosso dalle varie sfumature: le bandiere della C.G.I.L. nelle mani degli operai in protesta, del maglione indossato dall’innamorato operaio rumeno, dalla bottiglia sul tavolino, il rosso del sangue. Vi è il giallo della cravatta, il colore della rabbia.
Questa tecnica di portare sullo schermo una storia dai tanti incubi affliggono l’onesto industriale, ora più che nel passato, affidandosi a delle belle riprese ed un magnifico montaggio, ne fanno un film unico e per soli intenditori.
Encomiabile il regista, coraggioso il produttore, bravo l’attore (Pierfrancesco Favino), bella ed…amabile la già Nastro d’argento Carolina Crescentini.
Chigi
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lore64
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sabato 25 agosto 2012
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fiction di livello televisivo
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E' un romanzone metà sentimentale, metà giallo che tenta di nobilitarsi coll'aggancio alla crisi. Di fatto il tema crisi viene sviluppato solo nella prima parte, di gran lunga la migliore del film. Progressivamente prende il sopravvento il tema dell'insoddisfazione da parte della moglie, tema male articolato perché il regista non riesce a stabilire un legame plausibile fra crisi dell'azienda e crisi del matrimonio.
Non si capisce di cosa sia insoddisfatta la moglie, dato che dalle risposte date alla madre sembra condividere tutte le scelte di fondo del marito (il rifiuto dei soldi facili e dei metodi di finanza creativa che hanno devastato le economie dei Paesi ex-sviluppati), che segue i suoi principi con coerenza encomiabile ed avrà pure il diritto di essere un po' depresso se un'epoca di sfacelo gli impedisce di salvare con metodi onesti la propria azienda e il lavoro dei suoi operai.
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E' un romanzone metà sentimentale, metà giallo che tenta di nobilitarsi coll'aggancio alla crisi. Di fatto il tema crisi viene sviluppato solo nella prima parte, di gran lunga la migliore del film. Progressivamente prende il sopravvento il tema dell'insoddisfazione da parte della moglie, tema male articolato perché il regista non riesce a stabilire un legame plausibile fra crisi dell'azienda e crisi del matrimonio.
Non si capisce di cosa sia insoddisfatta la moglie, dato che dalle risposte date alla madre sembra condividere tutte le scelte di fondo del marito (il rifiuto dei soldi facili e dei metodi di finanza creativa che hanno devastato le economie dei Paesi ex-sviluppati), che segue i suoi principi con coerenza encomiabile ed avrà pure il diritto di essere un po' depresso se un'epoca di sfacelo gli impedisce di salvare con metodi onesti la propria azienda e il lavoro dei suoi operai.
Il finale ci offre il peggio del film con una serie di stereotipi filmici cuciti insieme nella migliore tradizione del polpettone televisivo di quart'ordine. La moglie sta per farsi l'amante ma all'ultimo momento rimane pura, il marito che uccide l'amante rigorosamente per errore, la moglie che scopre l'accaduto proprio quando la riconciliazione sembrava avvenuta e proprio durante la festa trionfale per celebrare la salvezza dell'azienda, le luci della polizia che sceglie di venire ad arrestarlo nell'istante esatto in cui la moglie fugge nauseata. Una caterva di scemenze già poco verosimili di per sé, che diventano grottesche grottesche nel loro incastrarsi perfettamente l'una nell'altra, aprezzabili soltanto dai poveri di spirito abituati alla fruizione dei mezzi di comunicazione di massa.
Peccato per un film che avrebbe potuto dare molto nell'analisi di una società allo sfascio, e che ha invece scelto - it's the business my dear - di risoversi in un puerile e improbabile giallone.
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lo straniero
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venerdì 20 luglio 2012
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tutti antipatici tranne uno
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In questo film schematico, l'industriale, la moglie, l'avvocato, le banche, gli operai…. tutti sono dei personaggi antipatici. Si salva solo uno: il ragazzo romeno. Lui è bello, è un inventore, è un artista, sensibile, romantico e estremamente onesto. La banalità arriva all'apice quando rifiuta i soldi e da dei giudizi sulla sua moglie e il suo rapporto con lei.
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salvatore scaglia
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lunedì 16 luglio 2012
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le luci della ribalta di una società vuota
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Bel film, volutamente girato da Montaldo quasi in toni da bianco e nero, in una ripetuta alternanza tra la luce del giorno (quello del lavoro in fabbrica di Ranieri, con il suo pervicace tentativo di salvataggio della sua azienda) ed il buio della notte (quella dei presunti tradimenti di Laura, degli inseguimenti e degli appostamenti di lui). Ma persino la luce del giorno ha un che di cupo, metafora dell'oscurità che attraversa l'intera pellicola, a significare la crisi non solo economica, ma anche morale della nostra epoca. Il protagonista (Favino) si affanna nell'orgogliosa ricerca di soluzioni dignitose: rifiuta l'insistente aiuto della suocera e della moglie - Crescentini -, ma si vede chiuse le porte in faccia da banche e finanziarie.
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Bel film, volutamente girato da Montaldo quasi in toni da bianco e nero, in una ripetuta alternanza tra la luce del giorno (quello del lavoro in fabbrica di Ranieri, con il suo pervicace tentativo di salvataggio della sua azienda) ed il buio della notte (quella dei presunti tradimenti di Laura, degli inseguimenti e degli appostamenti di lui). Ma persino la luce del giorno ha un che di cupo, metafora dell'oscurità che attraversa l'intera pellicola, a significare la crisi non solo economica, ma anche morale della nostra epoca. Il protagonista (Favino) si affanna nell'orgogliosa ricerca di soluzioni dignitose: rifiuta l'insistente aiuto della suocera e della moglie - Crescentini -, ma si vede chiuse le porte in faccia da banche e finanziarie. Fino a quando, alla fine, con un colpo di genio recitatorio, pare averla avuta vinta sui tedeschi, interessati a rilevare solo una quota minoritaria dell'impresa. A questo punto un sorriso spontaneo prende lo spettatore, convinto che l'onesto atteggiamento di Ranieri, di ripulsa di qualsiasi compromesso, abbia trionfato. Ma nello scorcio della pellicola, la scena è completamente capovolta e chi guarda viene assalito dall'amarezza. Il finale, pur nel buio, illumina tutta l'opera: l'imprenditore che tenta di resistere alle lusinghe delle vie di mezzo, che un po' tutti gli suggeriscono, si ritrova addirittura omicida preterintenzionale: a dover scegliere tra le luci della ribalta, dei lampadari della festa in cui ipocritamente si agitano i comprimari di una società che ha la stessa consistenza etica e spirituale del vuoto, e le luci, che si intravedono a distanza, dei lampeggianti delle macchine della Polizia, venute a scortare i vip e forse a prelevare il protagonista. Che, kafkianamente, è, sì, responsabile dell'uccisione accidentale del damerino rumeno della moglie, ma che non è più colpevole degli altri, festanti, essendo rimasto vittima dei meccanismi di quello stesso mondo rispetto al quale intendeva distinguersi.
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astromelia
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martedì 5 giugno 2012
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finale irrisolto
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finale irrisolto quindi deludente,ho visto un favino non al massimo della sua capacità,inoltre il rapporto coniugale troppo poco empatico e settico per essere tale, poteva risultare un film perfetto ma invece è incompiuto
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maria f.
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giovedì 2 febbraio 2012
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evviva i buoni film!
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Il film nella parte riguardante la descrizione della sofferenza dell’imprenditore nel voler in tutti i modi difendere il suo prodotto e battersi per salvare il posto di lavoro ai suoi collaboratori e alle loro famiglie è credibile e molto ben interpretato.
Sono corposi anche i dialoghi della coppia – la quale tenta di riacciuffare un rapporto logoro.
La conclusione del film invece, dove avviene l’omicidio del ragazzo rumeno, è falsa, completamente scollegata con il corpo della storia.
Un finale scisso dalla vicenda e non verosimile né logico nella gestione di quella situazione.
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Il film nella parte riguardante la descrizione della sofferenza dell’imprenditore nel voler in tutti i modi difendere il suo prodotto e battersi per salvare il posto di lavoro ai suoi collaboratori e alle loro famiglie è credibile e molto ben interpretato.
Sono corposi anche i dialoghi della coppia – la quale tenta di riacciuffare un rapporto logoro.
La conclusione del film invece, dove avviene l’omicidio del ragazzo rumeno, è falsa, completamente scollegata con il corpo della storia.
Un finale scisso dalla vicenda e non verosimile né logico nella gestione di quella situazione.
Peccato, il film così godibile e credibile nell’affrontare argomenti purtroppo così attuali, alla fine però mi ha lasciato delusa. Ma perché questa scelta? Maria f.
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spike
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sabato 28 gennaio 2012
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soddisfatto
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Film solido che parla dei nostri tempi. Una pellicola impegnata che non priva lo spettatore di colpi di scena clamorosi... Bravi gli interpreti (favino poco credibile con il suo accento veneto), buona la regia, ottima la fotografia che dà allo spettatore quel senso di freddezza che pervade gran parte del film. Poco credibile la figura del protagonista: più che un industriale è un medio imprenditore.
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karlito74
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mercoledì 25 gennaio 2012
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il neoralismo del xxi secolo
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Malinconico ed attuale ritratto dell'Italia di oggi, con una crisi economica che si ripercuote nelle relazioni familiari ed in quelle sociali. Bellissima fotografia che si intona alla perfezione con la trama del film e le vicende dei personaggi. Non c'è altro da aggiungere. Il cinema italiano che vorrei sempre vedere. Il botteghino non rende giustizia ad una pellicola di grande valore (e me ne dispiace a fronte di tanti cinepanettoni campioni d'incassi) che forse sarà adeguatamente valorizzata tra qualche decennio, quando l'oggi sarà storia. Non sono un critico cinematografico di professione, e quindi non so se quello che dico è appropriato, ma la sensazione è stata quella di trovarmi alla proiezione di un nuovo genere, il neorealismo del XXI secolo.
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Malinconico ed attuale ritratto dell'Italia di oggi, con una crisi economica che si ripercuote nelle relazioni familiari ed in quelle sociali. Bellissima fotografia che si intona alla perfezione con la trama del film e le vicende dei personaggi. Non c'è altro da aggiungere. Il cinema italiano che vorrei sempre vedere. Il botteghino non rende giustizia ad una pellicola di grande valore (e me ne dispiace a fronte di tanti cinepanettoni campioni d'incassi) che forse sarà adeguatamente valorizzata tra qualche decennio, quando l'oggi sarà storia. Non sono un critico cinematografico di professione, e quindi non so se quello che dico è appropriato, ma la sensazione è stata quella di trovarmi alla proiezione di un nuovo genere, il neorealismo del XXI secolo. Ai posteri la sentenza.
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felicino
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martedì 24 gennaio 2012
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crisi economica ed adulterio
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Film molto bello anche se per capire certe parti occorre qualche competenza in economia,materia che per me è quasi arabo. Il film affronta contemporaneamente due temi:crisi economica e tradimento coniugale,anche se qui industriale e moglie sembravano già separati di fatto. Ottima recitazione e dettagli ben curati. Visione consigliatissima.
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