giorpost
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lunedì 21 settembre 2015
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un intenso r.downey jr divide la scena con labeouf
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Dito Montiel è un quindicenne sensibile e pieno di sogni con un talento da scrittore, ma vive in un quartiere difficile del Queens, "costretto" a frequentare adolescenti sbandati e amicizie infruttuose. Tra queste c'è Antonio, personalità deviata e carattere difficile, molto affezionato al papà di Dito, essendo il suo brutalmente violento. Della comitiva fanno parte Nerf e Giuseppe, inclini a problematiche psicologiche, e tre ragazze estroverse tra le quali c'è Laurie, per cui Dito nutre una sincera passione.
Un giorno, al liceo, fa la conoscenza di Mike, coetaneo irlandese con la stessa passione per la letteratura e i due, insofferenti allo status attuale, decidono di racimolare soldi per partire quanto prima alla volta della California, trovando un lavoro part-time.
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Dito Montiel è un quindicenne sensibile e pieno di sogni con un talento da scrittore, ma vive in un quartiere difficile del Queens, "costretto" a frequentare adolescenti sbandati e amicizie infruttuose. Tra queste c'è Antonio, personalità deviata e carattere difficile, molto affezionato al papà di Dito, essendo il suo brutalmente violento. Della comitiva fanno parte Nerf e Giuseppe, inclini a problematiche psicologiche, e tre ragazze estroverse tra le quali c'è Laurie, per cui Dito nutre una sincera passione.
Un giorno, al liceo, fa la conoscenza di Mike, coetaneo irlandese con la stessa passione per la letteratura e i due, insofferenti allo status attuale, decidono di racimolare soldi per partire quanto prima alla volta della California, trovando un lavoro part-time. Di conseguenza le giornate per Dito si accorciano sempre più, esattamente come il tempo dedicato ai vecchi amici e così Antonio prima finirà per ingelosirsi per la sua nuova frequentazione (e relative trasferte a Manhattan ove lavora come dog-sitter per uno spacciatore gay), per poi difenderlo dalle angherie di un bullo di quartiere, arrivando ad ucciderlo. L' escalation diverrà incontrollabile con la prevedibile vendetta che porterà alla morte di Mike: Dito sarà costretto a prendere quel bus da solo abbandonando tutto e tutti senza voltarsi, neanche per salutare quel padre che non l' ha mai compreso fino in fondo.
Tra vari flasback, dolcemente sovrapposti, vediamo il Dito ultratrentenne, scrittore di successo, costretto a tornare da Los Angeles per assistere il padre malato e a combattare i suoi demoni una volta per tutte, rivivendo quella parentesi della sua vita che l' ha visto, in realtà, più scappare dall' inferno che inseguire il paradiso. Sarà questa la circostanza nella quale la sua fragilità subirà una svolta allorquando, in una delle sequenze più drammatiche ed intense del film, chiederà piangendo al padre se davvero l' avesse mai amato. Anche se con 15 anni di ritardo, Montiel, grazie alla spiazzante quanto semplice risposta del papà (un fantastico Palminteri) capisce che ogni singolo individuo ha un suo modo per mostrare affetto; allo stesso tempo realizzerà che Antonio, pur essendo a quei tempi nient' altro che un bulletto di periferia, aveva solo bisogno di una vera famiglia, ed oggi si ritrova in carcere, adulto, proprio per aver difeso quello che considerava un fratello. Il ravvedimento e la rivalutazione delle persone a lui care si percepisce, nel finale, dalla voce fuori campo e dal ringraziamento che precede i titoli di coda.
Dito Montiel è anche lo sceneggiatore ed il regista di questa pellicola, tratta dal suo romanzo autobiografico. Per portare una vicenda così personale sul grande schermo decide di affidarsi a Robert Downey Jr e Shia LaBeouf (rispettivamente Dito adulto e giovane), due interpreti lontani per stile e fisionomia, oltre che anagraficamente, ma accomunati da una grande sensibilità artistica, fatta soprattutto di sguardi mai banali, di frenesia dialettale e scatti di passione (ira, gioia, delusione). Onestamente stravedo per il brillante Robert che negli ultimi anni è letteralmente rinato riprendendosi una carriera che stava prematuramente scemando e, seppur con un minutaggio ridotto, in questo lavoro ci mostra tutto il suo talento e quella rabbia interiore che lo riguarda, tra l' altro, molto da vicino nella realtà e che riesce a palesare anche grazie ad un volto che non lascia mai indifferenti. In questo caso, però, deve dividere la scena e gli applausi con un efficacissimo LaBeouf, davvero intenso e convincente nei panni di un adolescente intrappolato in una vita che non sente sua. Splendidi i suoi duetti con Palminteri (qui il caratterista è ritornato ai suoi livelli), soprattutto nella sequenza che vede i due parlarsi e litigare, nel bagno, per l' ultima volta prima della partenza del giovane Dito.
Bel film questo Guida per riconoscere i tuoi santi (USA, 2006), sorpendente opera prima impregnata di elementi da street-movie anni '70 con una New York che fa da sfondo-ombra, in una storia dura dove il lieto fine è tra le righe e nella quale vedi da un lato l' american dream realizzato e, dall' altro, l' incubo di un' America violenta, incapace di ascoltare tutti.
Voto: 8
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dario
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lunedì 28 aprile 2014
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monotono
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Il film è fermo, bloccato su una scrittura ammalata di se stessa. Il regista non sa andare oltre un compiacimento di sè e delle proprie modeste invenzioni descrittive. Egli vorrebbe limitarsi ad una rafigurazione delle cose, regalandoci una sorta di testimonianza di certa realtà, sicuramente vissuta. Ma tutto appare sbiadito da una rivisitazione frettolosa e decisa moralmente a priori. E' un film per un solo spettatore: il regista. Siamo stanchi di questi autocitazionismi senza sangue. Personaggi fasulli, attori fuori giri, inevitabilmente.
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dargam
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martedì 20 novembre 2012
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un racconto filmico difficilmente narrabile
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trovo difficile e sminuente parlare della trama del film, che in sé è una trama come altre.
In realtà ciò che rende originale questo film è il modo di narrare la vicenda, con passaggi tra passato e presente, che assorbe lo spettatore e lo fa rendere parte di una storia, in cui ogni personaggio appare autentico. Vero, senza ammiccamenti ad un certo modo di narrare l'America.
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framenne
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venerdì 16 settembre 2011
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giovani vite bruciate
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Dito e' uno scrittore che ritorna a New York dopo 15 anni di assenza per rivedere la sua famiglia, e in particolare per sistemare un rapporto difficile con il padre. Nel viaggio di ritorno ripercorre la sua adolescenza e i passi che lo hanno portato ad abbandonare il posto in cui e' nato e le persone con cui e' cresciuto.
Un film che si ispira a fatti realmente accaduti e che riprende le vite giovani dei ragazzi che crescono sulle strade di New York.
Chazz Palminteri e Shia LaBeouf esilaranti. Assolutamente da non perdere.
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eugenio
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martedì 7 giugno 2011
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alla ricerca delgli affetti perduti
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Ognuno di noi è un firmamento che in virtù della sua decantata forza non ha il coraggio di alzare gli occhi verso il cielo ma contempla il basso, il terreno, accontentandosi di un’esistenza grigia scandita dall’assenza degli affetti familiari.E’ quanto accade al protagonista dell’esordiente scrittore/regista Montiel, vincitore con il suo “Guida per riconoscere i tuoi santi” del premio speciale della giuria alla 63° mostra internazionale del cinema di Venezia.
Dito (Robert Downey Jr) è un affermato scrittore di successo residente a Los Angeles che ha trascorso la sua giovinezza nel quartiere di Astoria (nel Queens) tra droga, rapporti sessuali precoci e criminalità da “teppistello” di periferia.
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Ognuno di noi è un firmamento che in virtù della sua decantata forza non ha il coraggio di alzare gli occhi verso il cielo ma contempla il basso, il terreno, accontentandosi di un’esistenza grigia scandita dall’assenza degli affetti familiari.E’ quanto accade al protagonista dell’esordiente scrittore/regista Montiel, vincitore con il suo “Guida per riconoscere i tuoi santi” del premio speciale della giuria alla 63° mostra internazionale del cinema di Venezia.
Dito (Robert Downey Jr) è un affermato scrittore di successo residente a Los Angeles che ha trascorso la sua giovinezza nel quartiere di Astoria (nel Queens) tra droga, rapporti sessuali precoci e criminalità da “teppistello” di periferia.
Un mondo chiuso,avulso dalla vita reale che rifiuta ogni appoggio esterno, preferendo all’austera legge la silente omertà di lavare i panni sporchi in famiglia. Dito è membro e parte integrante di essa: il suo tempo libero è la strada, la sua compagnia il duro Antonio, il solare Nerf, la (mica tanto) dolce Laurie, le spalle su cui piangere i permissivi genitori (tra cui spicca una magistrale interpretazione di Palminteri nel ruolo del padre).
Eppure dopo qualche tempo (e l’ennesimo pestaggio) questo protettivo e animalesco macrocosmo inizia a diventare soffocante e opprimente agli occhi dell’ambizioso giovane: Dito, infatti, aspira a nuovi orizzonti e prospettive lavorative, a quell’apertura mentale possibile solo con l’allontanamento da Astoria.
Deciderà quindi di partire per la California nonostante il volere contrario del padre e la silenziosa sofferenza della madre per costruirsi quel destino da lui fortemente desiderato. Quindici anni dopo, il passato sottoforma di telefonata, busserà sua alla porta costringendolo a ripercorrere nuovamente quelle strade (solo in apparenza) dimenticate per il saldo dell’antico debito affettivo mai colmato.
Attraverso il ritratto della singola vicenda di Dito, Montiel, spinto dalla sua esperienza autobiografica, descrive una generazione di giovani “bruciati” dalla vita il cui unico credo sembra essere l’odio, la sopraffazione e l’inciviltà nei confronti degli altri. Ne sono esempio le numerose scorribande del branco di Antonio (cui Dito,volente o nolente appartiene), i violenti pestaggi per futili motivi, il doloroso significato della parola vendetta. Tuttavia tali scene di ordinaria violenza metropolitana narrate secondo l’usuale tecnica del flashback, sono sapientemente bilanciate dall’utilizzo di un’arte filmica intimista e spontanea, variabile da un registro costituito da lunghe e immobili riprese del quartiere a intensi primi piani di Dito a confronto con i suoi fantasmi del passato.
Primo tra tutti l’anziano e morente padre che rifiuta ogni ricovero ospedaliero attendendo la morte su un divano (molto potente lo scambio di battute con il rinnegato figlio), la saggia madre così preoccupata per le condizioni di Dito da non rendersi conto del suo disfacimento morale, la bella Laurie con figlia al seguito (avuta da chissà chi) fredda e indifferente nei confronti dell’ex ganzo di una volta e il vecchio protettore Antonio condannato all’ergastolo per l’uccisione di un violento “graffitaro”.I santi della pellicola si riconoscono subito: sono le stelle del cielo, coloro che vegliano su di te dall’alto e che ti accompagnano e accompagneranno sempre in ogni tua azione senza dimenticarti: una lezione che il giovane protagonista,seppur in ritardo, imparerà ad accettare e a condividere.
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lisadp
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martedì 4 gennaio 2011
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onesto, reale, potente
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Quando un film fa successo è un'affare, quando non lo fa, è un capolavoro! E' questo che succede al giorno d'oggi nel mondo del cinema: il pubblico vuole film e storie commerciali e non sa più apprezzare le vere trame, come questa.
E' una storia vera, che non insegna a come comportarsi fisicamente, ma a come essere moralmente ed è per questo che meriterebbe un monumento. Lasciando da parte le buone o ottime recitazioni degli attori e prendendo solamente la trama tra le mani possiamo vedere un pozzo di umanità tra l'amore, la vendetta, l'amicizia, la paura, quella vera, gli affetti che si affievoliscono ma legati da qualcosa di concreto e che quindi non si possono spegnere.
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Quando un film fa successo è un'affare, quando non lo fa, è un capolavoro! E' questo che succede al giorno d'oggi nel mondo del cinema: il pubblico vuole film e storie commerciali e non sa più apprezzare le vere trame, come questa.
E' una storia vera, che non insegna a come comportarsi fisicamente, ma a come essere moralmente ed è per questo che meriterebbe un monumento. Lasciando da parte le buone o ottime recitazioni degli attori e prendendo solamente la trama tra le mani possiamo vedere un pozzo di umanità tra l'amore, la vendetta, l'amicizia, la paura, quella vera, gli affetti che si affievoliscono ma legati da qualcosa di concreto e che quindi non si possono spegnere. E' un film che ha molto, non da insegnare, ma da far capire: fa capire alle persone come siamo davvero, cioè non supereroi pronti a lanciarci nella battaglia nel caso scceda qualcosa, ma uomini terrorizzati da ciò che nella vita accade: perdereun amico, crescere nel luogo sbagliato, essere rifiutati dai genitori..... voto questo film almeno con un nove.
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jasonbourne
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sabato 1 gennaio 2011
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"sono dito montiel e abbandonerò tutti"
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Film duro, crudo e senza mezzi termini. Il brutto rapporto di Dito con il padre, il fratello dell'amico Antonio che muore nelle rotaie, i pestaggi. Mentre Shia LaBeuf continua ad affermarsi, Robert Downey Jr. interpreta la sua parte con maestria, è inquieto, vorrebbe dimenticare il suo passato, ma non può, forse non avrebbe mai voluto andarsene ma ormai quello che è fatto è fatto e deve affrontare la situazione come è.
C'è un buon uso di flashback che non confondono lo spettatore e lunghe inquadrature dirette. Un film ben costruito che lascia disorientati e commossi.
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cronix1981
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lunedì 9 agosto 2010
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una vita difficile
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Quando un film ti colpisce in maniera imprevedibile, non è facile trovare le parole per descriverlo. Un paragone che può sembrare ardito, ma che meglio di tutti esprime lo stato d'animo alla fine del film è il gancio di un pugile allo stomaco che ti fa barcollare.
Perchè si, questo film è un pugno nello stomaco che scuote per la sua brutalità. Tuttavia ha la capacità di far riflettere sui temi che maggiormente riguardano l'esistenza dell'essere umano nella società moderna: famiglia, amicizia e amore.
Dito Montiel debutta sul grande schermo con un'opera davvero convincente: il racconto autobiografico della sua adolescenza.
1986 Astoria, Queens. Sobborgo degradato di New York. Dito è un giovane come i tanti del quartiere.
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Quando un film ti colpisce in maniera imprevedibile, non è facile trovare le parole per descriverlo. Un paragone che può sembrare ardito, ma che meglio di tutti esprime lo stato d'animo alla fine del film è il gancio di un pugile allo stomaco che ti fa barcollare.
Perchè si, questo film è un pugno nello stomaco che scuote per la sua brutalità. Tuttavia ha la capacità di far riflettere sui temi che maggiormente riguardano l'esistenza dell'essere umano nella società moderna: famiglia, amicizia e amore.
Dito Montiel debutta sul grande schermo con un'opera davvero convincente: il racconto autobiografico della sua adolescenza.
1986 Astoria, Queens. Sobborgo degradato di New York. Dito è un giovane come i tanti del quartiere. Vita più sulla strada che altrove. Un gruppo di amici guidato dal difficile Antonio. Un rapporto complicato con il padre. Una situazione e una ambiente opprimente convincono Dito a fare delle scelte che segneranno per sempre il seguito della sua vita. Il racconto si articola magistralmente tra le vicende del 1986 e quelle del 2005.
Chaz Palminteri ci regala una prova sublime nel momento in cui sveste i panni del mafiosetto italo-americano per interpretare il padre di Dito. Come non citare poi l'eclettico Robert Downey J., tanto bravo quanto bad boy.
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cantastorie
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giovedì 21 gennaio 2010
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"e' tutto quello che ti rimane"
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Il passato non ti molla mai. Qualunque cosa succeda, i ricordi tornano anche se abbiamo cercato di lasciarceli alle spalle. Dito, che per sfuggire all'atmosfera asfissiante di Queens, NY, se ne è andato in California, ad anni di distanza rivive la sua adolescenza riscrivendola in libro. E quando ritorna a casa, pregato dalla madre, nulla è cambiato. Gli amici, il branco, la dolce madre, il padre 'sordo' sono sempre lì, con le loro vite spezzate. C'è un dolore sordo nel giovane Dito, quella sofferenza che a sedici anni è difficile esprimere razionalmente; si percepisce il clima senza vie d'uscita nella cerchia di amici. C'è una violenza inaudita e uno strazio che colpiscono lo spettatore, ammutolendolo.
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Il passato non ti molla mai. Qualunque cosa succeda, i ricordi tornano anche se abbiamo cercato di lasciarceli alle spalle. Dito, che per sfuggire all'atmosfera asfissiante di Queens, NY, se ne è andato in California, ad anni di distanza rivive la sua adolescenza riscrivendola in libro. E quando ritorna a casa, pregato dalla madre, nulla è cambiato. Gli amici, il branco, la dolce madre, il padre 'sordo' sono sempre lì, con le loro vite spezzate. C'è un dolore sordo nel giovane Dito, quella sofferenza che a sedici anni è difficile esprimere razionalmente; si percepisce il clima senza vie d'uscita nella cerchia di amici. C'è una violenza inaudita e uno strazio che colpiscono lo spettatore, ammutolendolo. Una storia intensissima resa egregiamente da una recitazione favolosa: da Shia laBeouf a Robert Downey Jr, si viene catapultati in una realtà di cui non sembra lecito parlare se non la si è vissuta sulla propria pelle. Ancora una volta abbiamo la conferma di quanti mondi e modi di vivere esistano in parallelo, fianco a fianco, senza apparentemente stridere, quasi senza influenzarsi l'uno con l'altro. E ancora una volta è chiaro che non sia possibile dimenticare ed essere dimenticati ma che bisogna affrontare tutto di petto, cercando di sbrogliare la matassa, per quanto essa sia ingarbugliata e per quanto ogni nodo sia una spina che ci si stacca dal cuore con le unghie. Il regista è contemporaneamente lo sceneggiatore, l'autore del libro da cui è stata tratta la sceneggiatura, ed il protagonista: Dito Montiel è il cardine di questa storia che ti rimane nella testa girando vorticosamente. E merita un lungo applauso dalle labbra serrate. Un sincero grazie va a Downey Jr che ha reso possibile la trasposizione del libro in film.
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