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lunedì 29 agosto 2022
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plagio
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Questo non è un tuo commento, ma quello di Pino Farinotti! Non ti vergogni?
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marco petrini
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mercoledì 13 maggio 2020
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seconda parte:
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Il secondo episodio (o sequel) di un film di un'amarezza sconvolgente e di notevole bellezza è, stranamente, all'altezza del predecessore. Ancora un'atmosfera carica di amarezza, magari a parti invertite, ma di una grande bellezza. Avati è un grande, e lo dimostra.
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sabri92
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mercoledì 13 novembre 2019
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splendido!
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Diciotto anni dopo Regalo di Natale, Pupi Avati regala al pubblico un sequel, con i medesimi personaggi. Franco Mattioli (Diego Abatantuono), che si è ampiamente rifatto della sconfitta patita nel primo film, ed è diventato imprenditore di successo in Lombardia; Ugo Cavara (Gianni Cavina), cameriere in un ristorante africano ed alle prese con problemi giustizia; Stefano Bertoni (George Eastman), omosessuale dichiarato e mantenuto dal convivente; Gabriele Lele Bagnoli (Alessandro Haber), che ha perso il posto di critico cinematografico e lavora per il Comune; l'avvocato Santelia (Carlo Delle Piane), sempre alle prese con improponibili fantasie sessuali. Attori di contorno sono Osvaldo Ruggieri e Petra Khruz, nei ruoli del sedicente oncologo Delai e della di lui moglie Elisa.
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Diciotto anni dopo Regalo di Natale, Pupi Avati regala al pubblico un sequel, con i medesimi personaggi. Franco Mattioli (Diego Abatantuono), che si è ampiamente rifatto della sconfitta patita nel primo film, ed è diventato imprenditore di successo in Lombardia; Ugo Cavara (Gianni Cavina), cameriere in un ristorante africano ed alle prese con problemi giustizia; Stefano Bertoni (George Eastman), omosessuale dichiarato e mantenuto dal convivente; Gabriele Lele Bagnoli (Alessandro Haber), che ha perso il posto di critico cinematografico e lavora per il Comune; l'avvocato Santelia (Carlo Delle Piane), sempre alle prese con improponibili fantasie sessuali. Attori di contorno sono Osvaldo Ruggieri e Petra Khruz, nei ruoli del sedicente oncologo Delai e della di lui moglie Elisa. Sosteneva Alexandre Dumas (padre) che «ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po' d'attenzione, a distinguerla dal volto». Molto più di recente, Roberto Gervaso ha rincarato la dose, affermando che «non abbiamo amici, ma interessi». La pellicola, in un certo senso, e soprattutto durante la partita a poker, è una rappresentazione di quelle due massime di enorme saggezza, in quanto la cupidigia, il tentativo di inganno, il disincanto, il desiderio di vendetta, appaiono, in maniera evidentissima, molto più forti rispetto, appunto, all'amicizia. In ogni modo, i circa cento minuti di durata del film sono molto ben spesi, poiché sia la regia sia le interpretazioni sono di altissima qualità. Molto curata anche l'ambientazione: meravigliosa la villa in cui si svolge la partita a carte, mentre è decisamente misero l'alloggio, in quel di Bologna, dell'avvocato Santelia, a voler significare il carattere d'un uomo ricchissimo, ma avido e che si nutre soltanto di patate. Addirittura miserrimo l'appartamento di Gianni Cavina, in pieno ossequio alle sue disastrose condizioni economiche. Addirittura, non ci sono i denari neppure per acquistare un modestissimo portafotografie, con la conseguenza che l'immagine di un'automobile va a sovrapporsi a quella della mamma dello stesso Ugo. Fra le note negative dl film, qualche pausa nel ritmo, un paio di dialoghi lunghi e noiosi, altrettante scene piuttosto melense. Nulla di rilevante, però. La rivincita di Natale rimane un ottimo film ,la cui visione è ampiamente consigliata.
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aristoteles
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venerdì 22 gennaio 2016
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natale tra gli infami
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Discreto Sequel che non eguaglia il fascino del primo capitolo.
Qui infatti c'è molta più strategia e più "tattica",in "Regalo di Natale" si respirava una tensione più genuina e c'era più attenzione nei dettagli e nelle vite private dei protagonisti.
Anche il mitico Delle Piane non ci viene riproposto nella sua versione più subdola e cinica,quasi cattiva,che tanto avevo apprezzato.
Il finale ,che era quasi scontato già dal titolo,tuttavia ci conserva qualche colpo di scena che però mi aspettavo ancora più "corposo".
Lo scontro finale infatti doveva ,secondo me, regalarci una battaglia all'ultima carta tra il buon Abatantuono ed il "professionista" e non mi dilungo per non rovinare il finale a quei pochi che non hanno visto il film.
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Discreto Sequel che non eguaglia il fascino del primo capitolo.
Qui infatti c'è molta più strategia e più "tattica",in "Regalo di Natale" si respirava una tensione più genuina e c'era più attenzione nei dettagli e nelle vite private dei protagonisti.
Anche il mitico Delle Piane non ci viene riproposto nella sua versione più subdola e cinica,quasi cattiva,che tanto avevo apprezzato.
Il finale ,che era quasi scontato già dal titolo,tuttavia ci conserva qualche colpo di scena che però mi aspettavo ancora più "corposo".
Lo scontro finale infatti doveva ,secondo me, regalarci una battaglia all'ultima carta tra il buon Abatantuono ed il "professionista" e non mi dilungo per non rovinare il finale a quei pochi che non hanno visto il film.
Comunque una domanda mi viene spontanea,ma ,tranne Carletto,gli altri quattro protagonisti saranno mai stati veramente amici?
Mi sembra che in tal senso si ecceda un poco troppo viste le molteplici infamità.
Siamo comunque indiscutibilmente davanti a un buon prodotto che non delude.
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elgatoloco
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lunedì 3 agosto 2015
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sempre importanti i film di avati
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"La rivincita di Natale", ossia un'altra"zampata"del "vecchio leone"Pupi Avati, innamorato del jazz, del cinema, delle donne, della Trascendenza, che appare qui nel"Natale"comunque evocato come tempo "altro". Ci sono ancora, i protagonisti del suo cinema e del suo film precedente dedicato al gioco: Cavina, Haber, Abatantuono, Delle Piane, Eastman. Tutti come pedine di un gioco che è metafora di quello della vita. Un game, con caratteristiche del"play"(pause, intervalli, momenti"aleatori"), con finte malattie e finti medici, dirsi ciò che non si è(in particolare dal punto di vista pecuniario, ovviamente), in quel poker che scandisce, appunto, i momenti topici di questi"amici-nemici", "compagni di niente"che però, puntualmente(pur se tre lustri dopo)si ritrovano per un'ennesima sfida, sfida che è rivolta all'altro, ma anche a sé, al Sé, alla vita.
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"La rivincita di Natale", ossia un'altra"zampata"del "vecchio leone"Pupi Avati, innamorato del jazz, del cinema, delle donne, della Trascendenza, che appare qui nel"Natale"comunque evocato come tempo "altro". Ci sono ancora, i protagonisti del suo cinema e del suo film precedente dedicato al gioco: Cavina, Haber, Abatantuono, Delle Piane, Eastman. Tutti come pedine di un gioco che è metafora di quello della vita. Un game, con caratteristiche del"play"(pause, intervalli, momenti"aleatori"), con finte malattie e finti medici, dirsi ciò che non si è(in particolare dal punto di vista pecuniario, ovviamente), in quel poker che scandisce, appunto, i momenti topici di questi"amici-nemici", "compagni di niente"che però, puntualmente(pur se tre lustri dopo)si ritrovano per un'ennesima sfida, sfida che è rivolta all'altro, ma anche a sé, al Sé, alla vita. E Avati, spesso poco considerato(diversissimo il suo cinema, per ex., da quello di Sorrentino, per fare solo un nome emblematico)o comunque escluso da giudizi critici magari affrettati, è invece da considerare per ciò che è, un valore sicuro del cinema italiano ed europeo(quantomeno), dove anche le auto-citazioni sarebbero da rivalutare e ri-considerare. Ma tan'è... El Gato
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stefano bruzzone
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sabato 28 dicembre 2013
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all'altezza del primo
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difficile far meglio del primo ma bisogna riconoscere che avati ancora una volta ne esce alla grandissima. di solito i sequel non sono mai all'altezza dei primi soprattutto se i primi sono dei capolavori, ma come accade di rado nel cinema, a memoria ricordo solo il padrino, questo è un sequel azzeccatissimo e splendidamente interpretato. anzi forse gli attori sono stati più grandi in questo che nel precedente dando vita ad una naturale prosecuzione di quella che fu una sfida a poker maledetta e solo apparentemente finita quella sera. da non perdere. avati si inventa una serie di intrecci e tentativi di truffe per nulla forzati e assolutamente credibili che porteranno ad un finale che, a bocce ferme, potrebbe essere prevedibile, ma in realtà non lo è.
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difficile far meglio del primo ma bisogna riconoscere che avati ancora una volta ne esce alla grandissima. di solito i sequel non sono mai all'altezza dei primi soprattutto se i primi sono dei capolavori, ma come accade di rado nel cinema, a memoria ricordo solo il padrino, questo è un sequel azzeccatissimo e splendidamente interpretato. anzi forse gli attori sono stati più grandi in questo che nel precedente dando vita ad una naturale prosecuzione di quella che fu una sfida a poker maledetta e solo apparentemente finita quella sera. da non perdere. avati si inventa una serie di intrecci e tentativi di truffe per nulla forzati e assolutamente credibili che porteranno ad un finale che, a bocce ferme, potrebbe essere prevedibile, ma in realtà non lo è.
Voto: 8
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filippo catani
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mercoledì 17 luglio 2013
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un ottimo sequel
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A 15 anni di distanza dall'ultima e tragica sfida, i quattro amici bolognesi e l'algido avvocato si ritrovano attorno a un tavolo da poker; questo perchè il grande sconfitto della partita precedente non ha pensato ad altro che a godersi una rivincita. Troverà sulla sua strada diversi ostacoli più o meno inaspettati.
Il film si apre con una citazione secondo la quale il non potersi vendicare finisce per logorare le persone più della vendetta stessa. Alla fine è così perchè il personaggio di Abbatantuono, uscito tragicamente sconfitto e senza una lira dall'ultima partita, non solo è riuscito a costruire un impero con i cinema ma non ha mai messo da parte la voglia di sfidare nuovamente l'acerrimo avvocato.
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A 15 anni di distanza dall'ultima e tragica sfida, i quattro amici bolognesi e l'algido avvocato si ritrovano attorno a un tavolo da poker; questo perchè il grande sconfitto della partita precedente non ha pensato ad altro che a godersi una rivincita. Troverà sulla sua strada diversi ostacoli più o meno inaspettati.
Il film si apre con una citazione secondo la quale il non potersi vendicare finisce per logorare le persone più della vendetta stessa. Alla fine è così perchè il personaggio di Abbatantuono, uscito tragicamente sconfitto e senza una lira dall'ultima partita, non solo è riuscito a costruire un impero con i cinema ma non ha mai messo da parte la voglia di sfidare nuovamente l'acerrimo avvocato. Questo inizialmente non ne vuole sapere ma finirà per farsi coinvolgere nuovamente. Il film ci fa insomma anche vedere come sono andate le cose dopo la fine della tragica ultima partita per tutti i personaggi e più o meno lo spettatore non rimane sconvolto da come si sono evolute le cose. Il film continua sulla falsa riga del primo tra battute dissacranti e altroe riesce ad essere annoverato come un ottimo sequel che molto spesso è la cosa più difficile. Allo stesso tempo però allo spettatore a cui era molto piaciuto Regalo di Natale questo seguito va diciamo a riprendere una vicenda che era meravigliosamente stata lasciata aperta quasi con un intento riparatore per il personaggio di Abbatantuono. Detto questo il film di Avati è ottimo e anche il cast si conferma su altissimi livelli.
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andyflash77
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domenica 29 luglio 2012
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la vendetta è un piatto che si serve freddo
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A quindici anni di distanza dalla partita a carte della vigilia di Natale in cui perse 550 milioni di lire, Franco Mattioli torna a Bologna perché ha saputo che il suo amico Lele - di professione critico cinematografico, presente alla fatidica partita (era riuscito a vincere 500 mila lire) - ha un male incurabile. In tutti questi anni Franco ha pensato continuamente alla partita e adesso sa che è arrivato il momento della rivincita. Per questo decide di convincere le persone presenti nel 1986 (oltre a Lele, Ugo Cavara, Stefano Bertoni e Antonio Santelia) a giocare nuovamente.
Un'altra notte di Natale da profanare, come diciassette anni prima quando alle 5 e 30 del mattino si chiuse una partita a poker che costrinse Franco a lasciare assegni postdatati per oltre cinquecento milioni di vecchie lire.
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A quindici anni di distanza dalla partita a carte della vigilia di Natale in cui perse 550 milioni di lire, Franco Mattioli torna a Bologna perché ha saputo che il suo amico Lele - di professione critico cinematografico, presente alla fatidica partita (era riuscito a vincere 500 mila lire) - ha un male incurabile. In tutti questi anni Franco ha pensato continuamente alla partita e adesso sa che è arrivato il momento della rivincita. Per questo decide di convincere le persone presenti nel 1986 (oltre a Lele, Ugo Cavara, Stefano Bertoni e Antonio Santelia) a giocare nuovamente.
Un'altra notte di Natale da profanare, come diciassette anni prima quando alle 5 e 30 del mattino si chiuse una partita a poker che costrinse Franco a lasciare assegni postdatati per oltre cinquecento milioni di vecchie lire. La rovina o la rinascita? È la notte della rivincita, del riscatto, di un passato da chiudere e dal quale allontanarsi e soprattutto - come avverte la citazione di Cioran all'inizio del film - della vendetta, dell'animo, in ogni caso, avvelenato. A fare da mazziere è Pupi Avati che ritrova i suoi personaggi e i suoi bravissimi attori (Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Alessandro Haber, George Eastman e Carlo Delle Piane), trasformati naturalmente dal tempo, affinati nella tecnica e diretti benissimo, per chiudere la partita di una vita. Per rispondere a quella domanda impellente che balugina alla fine di ogni bella storia: ora che cosa accadrà ai protagonisti? Che cosa faranno? Dove andranno? Chi incontreranno? Cambieranno? Il cinema ha escogitato l'espediente dei sequel per vendere risposte e gadget. Avati pensa, invece, a una tradizione letteraria classica, sa come auscultare il cuore dei protagonisti e sa immaginarne le mosse, i segnali di intesa, le ferite, le frustrazioni, la voglia di rivalsa, l'intenzione di pareggiare i conti con il destino cinico e baro. L'azzardo di una puntata al buio, il rischio di un rilancio, il bluff e l'inganno sono "incidenti" ed espedienti abbastanza normali nell'esistenza condensata dei personaggi cinematografici e si verificano anche in quella più distesa degli spettatori. Questa connessione dona al poker un fascino metaforico che Avati, da ottimo regista, sa descrivere e proporre con un tocco preciso, incisivo, serrato. Il suo intreccio, in cui i flashback sono presi da Regalo di Natale, ha molte analogie con una partita ricca di sorprese, di dettagli (i riferimenti al cinema vanno aldilà delle multisale possedute da Franco o dell'impiego in Cineteca di Lele), di sfumature e di ribaltamenti. Una mano di gioco si può passare. Il tempo, con un'ombra di pessimismo, ci passa dentro e si accaparra tutte le poste. “È lecito non vendicarsi?
Non vendicarsi avvelena l’animo almeno quanto vendicarsi, se non di più” sostiene Emil Cioran in apertura. Più che una rivincita, al centro del sequel del cult movie del 1986 c’è la vendetta. Se è vero che si serve fredda, diciott’anni è un buon lasso di tempo per prepararla. A cucinarla ci pensa sempre il demiurgo Pupi nella fase più fertile della sua carriera, riproponendo quei cinque giocatori con qualche anno in più sulle spalle ed esperienze diverse. Franco, che si è ripreso dalla batosta e continua la sua attività gestendo sale cinematografiche, viene a sapere che a Bologna quella partita raccontata nel Regalo è diventata una leggenda nella città delle due torri e che Lele, decaduto a dipendente comunale alla cineteca, è gravemente malato. Franco allora ricontatta Stefano – rimasto sostanzialmente uguale – e Ugo – finito a servire in un ristorantino etnico – e ripesca l’avvocato Santelia, sempre più viscido. Ed ecco quindi il secondo round del gioco al massacro: chi la spunterà? E non si sottovaluti il fatto che spesso la vecchiaia inacidisce, rende più cinici, e se si coniuga con la disperazione sono, senza usare tante perifrasi perché il film è duro ed aspro, cazzi amari. Un film, ancor di più rispetto al prequel, sullo squallore e sulla solitudine, non lasciando per strada nemmeno una speranza, finendo col realizzare una delle opere più pessimiste e senza scrupoli dell’ultimo cinema nostrano.
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toty bottalla
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sabato 12 novembre 2011
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doveroso sequel senza magia!
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Come tutti i sequel perde il confronto, ma lo svolgimento thriller del racconto in qualche modo ripaga lo spettatore, poi diciamocelo chiaramente, quanti di noi hanno immaginato di vedere il seguito della storia pur certi di non trovare la magia che nel primo atto ci ha rapiti, questo è però più divertente, e dentro la sua metafora amara, ci trovi anche un sorriso. Saluti.
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mondolariano
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sabato 4 giugno 2011
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esagerato
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Il sequel del "Regalo di Natale" punta le sue carte sull’impatto emotivo del tempo: gli attori invecchiati di 18 anni fanno impressione davvero. Purtroppo, però, il gioco si fa talmente pesante da rasentare l'assurdo, oltre che essere troppo complicato nello svolgimento della trama. Due stellette in meno.
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