blowup
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giovedì 26 dicembre 2019
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delusione
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Dopo aver letto queste po' po' di recensioni, mi apprestavo curioso alla visione. Mi sono ritrovato davanti un film davvero deludente. La prima cosa palesemente scadente è la recitazione. Il pianista è a livelli di recita parrcchiale. Così come abbiamo un Santamaria (forse all'esordio?) per niente credibile, e nel quale è difficile scorgere i segni del talento mostrato in seguito. La protagonista è appena mediocre, ma almeno non penosa come gli altri. Ma in genere un po' tutto sembra cinema amatoriale, dalle scene, alle luci, ai dialoghi. Ma il peggio è l'utilizzo che si è fatto di una vicenda drammatica di emigrazione per raccontare una storia d'amore.
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Dopo aver letto queste po' po' di recensioni, mi apprestavo curioso alla visione. Mi sono ritrovato davanti un film davvero deludente. La prima cosa palesemente scadente è la recitazione. Il pianista è a livelli di recita parrcchiale. Così come abbiamo un Santamaria (forse all'esordio?) per niente credibile, e nel quale è difficile scorgere i segni del talento mostrato in seguito. La protagonista è appena mediocre, ma almeno non penosa come gli altri. Ma in genere un po' tutto sembra cinema amatoriale, dalle scene, alle luci, ai dialoghi. Ma il peggio è l'utilizzo che si è fatto di una vicenda drammatica di emigrazione per raccontare una storia d'amore. Penso che ci siano temi, in cui si vanno a toccare tragedie umane, che o li tratti a dovere o è meglio che li lasci stare. Qui ci sono questi accenni ad una qualche dittatura in un non meglio precisato stato africano (sembra quasi che si dica, inutile che lo precisiamo, tanto l'Africa è tutta così... oppure perggio, si allude a qalcosa che sta nell'immaginario senza bisogno di approfonfimento) che sono strumentali al procedere della storia d'amore, ma a cui non viene dato alcuno spessore. Onestamente, mi pare decisamente di cattivo gusto. Tra l'altro, anche il tema principale, la storia d'amore, è mal tratteggiato. Storia d'amore incomprensibile, nata senza un perchè, che procede inesorabile senza un perchè secondo le linee descritte fin da subito. L'unica cosa davvero straordinaria è come abbia fatto questo film a ricevere tanti complimenti. Forse sarà per tutti quei simbolismi messi a casaccio di cui è infarcito il film (scale a chiocciola, fogli bianchi con punti interrogativi, ecc. ecc.) che tanto piacciono ai critici dotti.
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giuliana
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giovedì 9 maggio 2019
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un cult di bertolucci ma poco conosciuto
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Film breve,( soprattutto rispetto alla media dei film di Bertolucci,)asciutto ,dotato di un suo linguaggio ellittico e di un montaggio magistrale, capace di dare,attraverso tagli che scorciano qua e là in momenti opportuni la vicenda narrata,contraendola in scene essenziali ,massimo risalto all'incontro-scontro delle culture e delle lingue in gioco,permettendo,al tempo stesso ,allo spettatore di aprirsi varchi per la sua immaginazione,in modo da colmare i vuoti da sé.
Nell'incipit Bertolucci ci racconta ,con la consueta acutezza della sua sensibilità sociale, un' Africa alle cui vicende la cronaca ci ha purtroppo abituati,martoriata da guerre civili e oppressa dalle violenze di regimi autoritari che spesso, malauguratamente ,trionfano sulle popolazioni inermi e pacifiche ,impegnate in già faticosi percorsi di riscatto dalla povertà e dall'ignoranza.
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Film breve,( soprattutto rispetto alla media dei film di Bertolucci,)asciutto ,dotato di un suo linguaggio ellittico e di un montaggio magistrale, capace di dare,attraverso tagli che scorciano qua e là in momenti opportuni la vicenda narrata,contraendola in scene essenziali ,massimo risalto all'incontro-scontro delle culture e delle lingue in gioco,permettendo,al tempo stesso ,allo spettatore di aprirsi varchi per la sua immaginazione,in modo da colmare i vuoti da sé.
Nell'incipit Bertolucci ci racconta ,con la consueta acutezza della sua sensibilità sociale, un' Africa alle cui vicende la cronaca ci ha purtroppo abituati,martoriata da guerre civili e oppressa dalle violenze di regimi autoritari che spesso, malauguratamente ,trionfano sulle popolazioni inermi e pacifiche ,impegnate in già faticosi percorsi di riscatto dalla povertà e dall'ignoranza.Quest'Africa dolorante ma indomita,resiliente e piena di dignità ,la incontriamo in Shandorai,la giovane protagonista,che coraggiosamente si mette in salvo dalle tempeste del suo Paese,pur se al prezzo di separarsi dal marito ,insegnante progressista,ormai catturato e imprigionato dal regime avverso,e viene in Italia a tentare una nuova vita.La sua risposta alle disgrazie subite è quella di trovarsi subito un lavoro come colf di un giovane musicista inglese, in un antico palazzo gentilizio,memore di un passato aristocratico luminoso,testimoniato da mille oggetti d'arte : ciò le darà la possibilità di mantenersi agli studi della facoltà di medicina che rappresentano il suo vero sogno di riscatto,oltre che il "luogo" della realizzazione dei suoi talenti. Ed è così che per la prima volta si verifica l'impatto fra due identità culturali diverse,fra due fisionomie contrapposte di "straniero ",che si sogguardano con sentimenti oscillanti fra la curiosità o la benevola apertura (di Kinski,il pianista e compositore inglese) e la cauta diffidenza e laconicita'(di Shandorai,che vorrebbe fossero interpretate soprattutto come serietà ed efficienza).
Ha ragione,in realtà Lietta Tornabuoni ,quando suggerisce che l'intera vicenda di queste due "alterita`" sembra racchiusa fra due grossi punti di domanda,il primo,tracciato in principio da Kinski sul foglio di carta da musica,destinato al primo tentativo di approccio comunicativo con la nuova arrivata,e il secondo, alla fine, che è l'interrogativo che attanaglia lo spettatore sull'esito finale della storia d'amore nata,malgrado tutti gli ostacoli,interiori ed esterni, fra i due stranieri,ed ora drammaticamente minacciata dall'improvviso ritorno del marito,salvato dalle carceri africane proprio grazie alla generosa abnegazione di Kinski.Fra l'uno e l'altro di questi interrogativi ,che riecheggiano,lasciatemelo dire,gl'insistenti punti di domanda tracciati da George ,il perplesso protagonista di "CAMERA CON VISTA" di JAMES IVORY,c'è un mondo di cose di una poesia struggente. Ci sono le ore feconde di studio e di tirocinio in ospedale,destinate a consentire a Shandorai l'appropriazione di un sapere arduo,come quello della scienza medica; c'è l'interminabile serie di scale da lavare,in quella sorta di "torre" che separa il mondo dove vive,in alto,Kinsky, con il suo pianoforte,da quello in basso, a piano terra, dove vive Shandorai ;c'è una curiosità che cresce nell'ospite attraverso piccoli momenti quasi rubati all'intimita' dell'altro,finché il sentimento divampa fino a subire la ferita mortale del rifiuto; c'è, al di sopra di tutto, e con una potenza quasi alchemica sugli stati d'animo della protagonista,la forte fascinazione della musica,che la scava dentro quasi inavvertitamente e la commuove e l'avvicina a Kinskj , prima ancora di venire a conoscenza dell'estrema generosità del suo gesto; c'è , infine quello struggente svuotarsi della casa, oggetto dopo oggetto,bellezza e storia sacrificate,cancellate d'un colpo,senza esitazioni o ripensamenti fino alla rinuncia al bene più prezioso : il piano,da cui si sprigiona la musica fascinatrice, che è anche fonte di vita e attrattiva principe di Kinski. Questo spogliarsi via via di tutto, dall'inessenziale all'essenziale e vitale,che sembra la cifra peculiare della capacità d'amare senza sconti o mezze misure,dell'amore pronto a ridurre i suoi beni e la vita sua stessa,pur di ottenere la completa felicità dell'altro,compie senza dubbio il miracolo che rende possibile lo "switch " finale della situazione : la breccia che era già stata aperta nel cuore di Shandorai viene ormai spalancata dalla scoperta del sacrificio discreto,silenzioso di Kinskj e improvvisamente si slatentizza ai nostri occhi anche il significato racchiuso simbolicamente nel titolo -"l'assedio"-...Cos'altro rappresenta ,infatti ,meglio di una guerra l'incontro-scotro fra due personalità pienamente mature e strutturate,che non pensano che la vita abbia in serbo per loro altre sorprese,e resistono e combattono una lotta destinata alla sconfitta...quale immagine potrebbe raccontare meglio tutto questo ,di quella di un lungo, paziente,ma inesorabile assedio,sferrato contro il nostro ego più intimo e i suoi relativi attaccamenti?
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giuliana
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giovedì 9 maggio 2019
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un cult di bertolucci ma poco noto
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Film breve,( soprattutto rispetto alla media dei film di Bertolucci,)asciutto ,dotato di un suo linguaggio ellittico e di un montaggio magistrale, capace di dare,attraverso tagli che scorciano qua e là in momenti opportuni la vicenda narrata,contraendola in scene essenziali ,massimo risalto all'incontro-scontro delle culture e delle lingue in gioco,permettendo,al tempo stesso ,allo spettatore di aprirsi varchi per la sua immaginazione,in modo da colmare i vuoti da sé.
Nell'incipit Bertolucci ci racconta ,con la consueta acutezza della sua sensibilità sociale, un' Africa alle cui vicende la cronaca ci ha purtroppo abituati,martoriata da guerre civili e oppressa dalle violenze di regimi autoritari che spesso, malauguratamente ,trionfano sulle popolazioni inermi e pacifiche ,impegnate in già faticosi percorsi di riscatto dalla povertà e dall'ignoranza.
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Film breve,( soprattutto rispetto alla media dei film di Bertolucci,)asciutto ,dotato di un suo linguaggio ellittico e di un montaggio magistrale, capace di dare,attraverso tagli che scorciano qua e là in momenti opportuni la vicenda narrata,contraendola in scene essenziali ,massimo risalto all'incontro-scontro delle culture e delle lingue in gioco,permettendo,al tempo stesso ,allo spettatore di aprirsi varchi per la sua immaginazione,in modo da colmare i vuoti da sé.
Nell'incipit Bertolucci ci racconta ,con la consueta acutezza della sua sensibilità sociale, un' Africa alle cui vicende la cronaca ci ha purtroppo abituati,martoriata da guerre civili e oppressa dalle violenze di regimi autoritari che spesso, malauguratamente ,trionfano sulle popolazioni inermi e pacifiche ,impegnate in già faticosi percorsi di riscatto dalla povertà e dall'ignoranza.Quest'Africa dolorante ma indomita,resiliente e piena di dignità ,la incontriamo in Shandorai,la giovane protagonista,che coraggiosamente si mette in salvo dalle tempeste del suo Paese,pur se al prezzo di separarsi dal marito ,insegnante progressista,ormai catturato e imprigionato dal regime avverso,e viene in Italia a tentare una nuova vita.La sua risposta alle disgrazie subite è quella di trovarsi subito un lavoro come colf di un giovane musicista inglese, in un antico palazzo gentilizio,memore di un passato aristocratico luminoso,testimoniato da mille oggetti d'arte : ciò le darà la possibilità di mantenersi agli studi della facoltà di medicina che rappresentano il suo vero sogno di riscatto,oltre che il "luogo" della realizzazione dei suoi talenti. Ed è così che per la prima volta si verifica l'impatto fra due identità culturali diverse,fra due fisionomie contrapposte di "straniero ",che si sogguardano con sentimenti oscillanti fra la curiosità o la benevola apertura (di Kinski,il pianista e compositore inglese) e la cauta diffidenza e laconicita'(di Shandorai,che vorrebbe fossero interpretate soprattutto come serietà ed efficienza).
Ha ragione,in realtà Lietta Tornabuoni ,quando suggerisce che l'intera vicenda di queste due "alterita`" sembra racchiusa fra due grossi punti di domanda,il primo,tracciato in principio da Kinski sul foglio di carta da musica,destinato al primo tentativo di approccio comunicativo con la nuova arrivata,e il secondo, alla fine, che è l'interrogativo che attanaglia lo spettatore sull'esito finale della storia d'amore nata,malgrado tutti gli ostacoli,interiori ed esterni, fra i due stranieri,ed ora drammaticamente minacciata dall'improvviso ritorno del marito,salvato dalle carceri africane proprio grazie alla generosa abnegazione di Kinski.Fra l'uno e l'altro di questi interrogativi ,che riecheggiano,lasciatemelo dire,gl'insistenti punti di domanda tracciati da George ,il perplesso protagonista di "CAMERA CON VISTA" di JAMES IVORY,c'è un mondo di cose di una poesia struggente. Ci sono le ore feconde di studio e di tirocinio in ospedale,destinate a consentire a Shandorai l'appropriazione di un sapere arduo,come quello della scienza medica; c'è l'interminabile serie di scale da lavare,in quella sorta di "torre" che separa il mondo dove vive,in alto,Kinsky, con il suo pianoforte,da quello in basso, a piano terra, dove vive Shandorai ;c'è una curiosità che cresce nell'ospite attraverso piccoli momenti quasi rubati all'intimita' dell'altro,finché il sentimento divampa fino a subire la ferita mortale del rifiuto; c'è, al di sopra di tutto, e con una potenza quasi alchemica sugli stati d'animo della protagonista,la forte fascinazione della musica,che la scava dentro quasi inavvertitamente e la commuove e l'avvicina a Kinskj , prima ancora di venire a conoscenza dell'estrema generosità del suo gesto; c'è , infine quello struggente svuotarsi della casa, oggetto dopo oggetto,bellezza e storia sacrificate,cancellate d'un colpo,senza esitazioni o ripensamenti fino alla rinuncia al bene più prezioso : il piano,da cui si sprigiona la musica fascinatrice, che è anche fonte di vita e attrattiva principe di Kinski. Questo spogliarsi via via di tutto, dall'inessenziale all'essenziale e vitale,che sembra la cifra peculiare della capacità d'amare senza sconti o mezze misure,dell'amore pronto a ridurre i suoi beni e la vita sua stessa,pur di ottenere la completa felicità dell'altro,compie senza dubbio il miracolo che rende possibile lo "switch " finale della situazione : la breccia che era già stata aperta nel cuore di Shandorai viene ormai spalancata dalla scoperta del sacrificio discreto,silenzioso di Kinskj e improvvisamente si slatentizza ai nostri occhi anche il significato racchiuso simbolicamente nel titolo -"l'assedio"-...Cos'altro rappresenta ,infatti ,meglio di una guerra l'incontro-scotro fra due personalità pienamente mature e strutturate,che non pensano che la vita abbia in serbo per loro altre sorprese,e resistono e combattono una lotta destinata alla sconfitta...quale immagine potrebbe raccontare meglio tutto questo ,di quella di un lungo, paziente,ma inesorabile assedio,sferrato contro il nostro ego più intimo e i suoi relativi attaccamenti?
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gianni
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lunedì 1 aprile 2019
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un'opera d'arte per palati raffinati
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Lo ricordo come un film molto interessante, ma faticoso da seguire per le sequenze senza dialoghi.
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francesco2
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venerdì 30 gennaio 2015
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gioiello?
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E allora perché gli dà tre stelle?
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wakefield
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martedì 7 gennaio 2014
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una perla di sensibilità
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Ho rivisto con piacere questo film dopo tanti anni. La capacità di Bertolucci di intravedere nell'animo umano riesce ad unire complessità e delicatezza, a districare con le necessarie pazienza e maestria anche i più piccoli ed apparentemente insignificanti risvolti di quel mondo. Come in Ultimo tango a Parigi e ne Il tè nel deserto, Bertolucci continua con la sua non comune sensibilità psicologica prima ed artistica poi la sempre difficile indagine dei sentimenti. Una piccola perla di grande cinema italiano troppo poco conosciuta.
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dario
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sabato 15 agosto 2009
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sterile
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Storia banale, sviluppo mediocre. Bertolucci si guarda continuamente allo specchio e smarrisce per strada la capacità narrativa (che non ha mai avuto, peraltro, in maniera eccelsa). Lentezza esasperante, recitazione oratoriale, dialoghi demenziali, tanto deja vu, presunzione insopportabile. Bertolucci, insomma, non è Bergman e si vede. Ma gode di buona stampa, come ne godeva Antonioni: che si fa, si premia la noia e l'esibizionismo?
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(di francesco2)
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erol51
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mercoledì 26 novembre 2008
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guardatelo e rimarrete colpiti e affascinati!!!!!
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splendido , interpreti di livello , colonna sonora coinvolgente ,
esiste il dvd e il cd della colonna sonora ?
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raffaele palazzo
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domenica 11 maggio 2008
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l'assedio
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In un vecchio appartamento di Roma, vive Mr. Kinski, un eccentrico pianista inglese. Shandurai, una ragazza africana che studia medicina all'Università, vive con lui e fa le pulizie in cambio di una stanza. L'uomo, che trascorre le sue giornate al pianoforte, dando lezioni di musica s'innamora della ragazza. La donna non ricambia i suoi sentimenti, anche perché ha un marito in prigione in Africa. Pian piano, Kinski si disfa di tutti gli oggetti d'arte e di antiquariato, finché Shandurai riceve una lettera dal marito in cui le comunica la sua imminente scarcerazione e che dopo la sua liberazione la raggiungerà a Roma.
Il penultimo film del regista è assai bello. Forte e robusto di una sceneggiatura arida e spoglia di attori ma che mostra un rapporto strano ma catartico che sprigiona e travolge come la suonata che Mr.
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In un vecchio appartamento di Roma, vive Mr. Kinski, un eccentrico pianista inglese. Shandurai, una ragazza africana che studia medicina all'Università, vive con lui e fa le pulizie in cambio di una stanza. L'uomo, che trascorre le sue giornate al pianoforte, dando lezioni di musica s'innamora della ragazza. La donna non ricambia i suoi sentimenti, anche perché ha un marito in prigione in Africa. Pian piano, Kinski si disfa di tutti gli oggetti d'arte e di antiquariato, finché Shandurai riceve una lettera dal marito in cui le comunica la sua imminente scarcerazione e che dopo la sua liberazione la raggiungerà a Roma.
Il penultimo film del regista è assai bello. Forte e robusto di una sceneggiatura arida e spoglia di attori ma che mostra un rapporto strano ma catartico che sprigiona e travolge come la suonata che Mr.Kinski improvvisa a contatto con la sua musa.
I movimenti di macchina del regista in questo film sono splendidi merito anche di una calda e colorata fotografia di Fabio Cianchetti.
Le suonate di Alessio Vlad rimangono impresse per la malinconia che suscitano e che risalta il tono del film dandogli quella spensieratezza e a tratti quella morbosità che lo distingue dagli altri film.
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sirdaniel
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mercoledì 21 marzo 2007
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amore impossibile o no ?
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gioiello passato quasi inosservato, film che vive sulla dicotomia tra le culture africana e europea.
invenzioni stilistiche di un grande regista, un film con due soli personaggi poche parole ma tanto cinema.
finale aperto ma la mia impressione è che sia un amore impossibile, ma che tuutta la dedizione di mr kinski ottenga il giusto premio.
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