stenoir
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mercoledì 17 novembre 2021
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le carré, sempre una garanzia
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Tratto da un romanzo scritto da quel genio delle spy-story che risponde al nome di John le Carré (recentemente scomparso, doveroso citare almeno altri due lungometraggi derivanti dalle sue opere: La Talpa e La Spia - A Most Wanted Man). La Spia che venne dal freddo, in un bianco/nero di Oswald Morris (vincitore dell’Oscar come Migliore fotografia, qualche anno dopo, per Il Violinista sul tetto) perfetto per il contesto storico), dalla trama intricata e con ribaltamenti di sceneggiatura, come dovrebbe essere un film di spionaggio, ci mostra Richard Burton nei panni di Alec Leamas, un agente che non è riuscito a gestire la propria Sezione, situata a Berlino Ovest, proprio sul confine della cosiddetta “Cortina di ferro” (termine coniato anni addietro da Winston Churchill).
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Tratto da un romanzo scritto da quel genio delle spy-story che risponde al nome di John le Carré (recentemente scomparso, doveroso citare almeno altri due lungometraggi derivanti dalle sue opere: La Talpa e La Spia - A Most Wanted Man). La Spia che venne dal freddo, in un bianco/nero di Oswald Morris (vincitore dell’Oscar come Migliore fotografia, qualche anno dopo, per Il Violinista sul tetto) perfetto per il contesto storico), dalla trama intricata e con ribaltamenti di sceneggiatura, come dovrebbe essere un film di spionaggio, ci mostra Richard Burton nei panni di Alec Leamas, un agente che non è riuscito a gestire la propria Sezione, situata a Berlino Ovest, proprio sul confine della cosiddetta “Cortina di ferro” (termine coniato anni addietro da Winston Churchill). Ritornato a Londra, viene invitato dai propri superiori ad abbandonare il “lavoro sul campo” ed a dedicarsi a quello di ufficio; in realtà, si tratta di una strategia per far sì che Leamas, il quale nel frattempo ha iniziato a bere per poter attirare maggiormente l’attenzione, venga avvicinato da qualcuno facente parte del blocco comunista. E puntualmente ciò avviene… Aggiungere altro a un film, che ha l’obiettivo di tenere nascoste le informazioni allo spettatore e svelarle poco alla volta, sarebbe deleterio; consigliato a chi ama il genere ed a chi ha apprezzato i titoli citati in precedenza.
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onufrio
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venerdì 16 marzo 2018
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la triste vita di un'agente segreto
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Quando si parla di agenti speciali nel mondo cinematografico, il più delle volte lo si associa a James Bond. Dimenticate la "bella vita" dell'agente 007 perchè quella dell'Agente Alec Leamas, interpretato magistralmente da Richard Burton è tutt'altro che una bella vita. Dai ritmi volutamente lenti, dai continui e lunghi dialoghi, Leamas, dopo una missione andata a male, ha l'incarico di trasformarsi in una spia per incastrare un nemico della nazione britannica, ma nulla è come sembra, ed il finale lascia l'amaro in bocca.
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elgatoloco
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lunedì 31 agosto 2015
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film eccezionale
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MArtin Ritt regista e John Le Carré fonte letteraria sono di per sé una garanzia, si può dire, per un film come questo. Eccelso, però, anche Richard Burton, in una delle sue grandi interpretazioni: in Burton , che qui ci dà tutte le dimensioni dell'attore(depresso, umiliato e offeso, iroso, ironico, "selvaggio"e mi sono limitato a quelle più estreme)troviamo tutto il campionario dell'attore vero, la capacità di dirci tutto in breve, ossia nelle due ore(meno, invero)di un film. Ma tutta l'ambiguità del mondo spionistico(non solo nell'epoca della guerra fredda, però, un punto cui fare attenzione!), già magistralmente detta nei libri di Le Carré(l'anti-Jan Fleming, meglio l'anti-Bond, dato che Smiley, qui solo accennato, è un "filosofo", un"moralista"à la LaRochefoucauld, diremmo, non un"eroe"da romanzi e film di consumo)è qui espressa in modo geniale, senza cedere alle sirene illusorie dello"spettacolo".
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MArtin Ritt regista e John Le Carré fonte letteraria sono di per sé una garanzia, si può dire, per un film come questo. Eccelso, però, anche Richard Burton, in una delle sue grandi interpretazioni: in Burton , che qui ci dà tutte le dimensioni dell'attore(depresso, umiliato e offeso, iroso, ironico, "selvaggio"e mi sono limitato a quelle più estreme)troviamo tutto il campionario dell'attore vero, la capacità di dirci tutto in breve, ossia nelle due ore(meno, invero)di un film. Ma tutta l'ambiguità del mondo spionistico(non solo nell'epoca della guerra fredda, però, un punto cui fare attenzione!), già magistralmente detta nei libri di Le Carré(l'anti-Jan Fleming, meglio l'anti-Bond, dato che Smiley, qui solo accennato, è un "filosofo", un"moralista"à la LaRochefoucauld, diremmo, non un"eroe"da romanzi e film di consumo)è qui espressa in modo geniale, senza cedere alle sirene illusorie dello"spettacolo". Un bianco e nero fulminante, inquietante ad ogni sequenza, che cic interroga continuamente su noi, sulla storia, sul"non ritorno"(?)di certe problematiche. Certo, il numero di guerre"apertamente dichiarate"e sotterranee, militari e invece "solo spionistiche"susseguitesi dopo la"Mitica"caduta del"MUro"dimostra che nulla, in realtà , è cambiato in maniera sostanziale, che tutto"torna anche peggio di prima". Con una "intelligentemente romantica"soluzione finale del film, che è il contrario di un"happy end", proponendoci senza inutile retorica il dramma della ragione("di Stato") versus i sentimenti. El Gato
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mondolariano
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martedì 3 maggio 2011
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il freddo del disincanto
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Pochi film sanno trasmettere un sensazione di tristezza come questo. La storia viene presentata in tutto il suo squallore, spalmata nero su bianco (è proprio il caso di dirlo) sulla grigia realtà del muro di Berlino. Il complotto politico di quegli anni, il terrore e il totale disincanto nei confronti della vita farebbero patire i brividi di freddo a chiunque. Viene davvero dal freddo questa povera spia solitaria, che costituisce l’anti-James Bond per eccellenza: un grande Richard Burton che non si fa dimenticare.
Appesantita da un passo lento e da una trama complessa che altrove potrebbero annoiare (mentre qui sono l’essenza stessa della vicenda), la storia procede compatta fino al drammatico finale, dove la logica cinica del criminale si scontra finalmente con la scelta di morire come un essere umano.
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Pochi film sanno trasmettere un sensazione di tristezza come questo. La storia viene presentata in tutto il suo squallore, spalmata nero su bianco (è proprio il caso di dirlo) sulla grigia realtà del muro di Berlino. Il complotto politico di quegli anni, il terrore e il totale disincanto nei confronti della vita farebbero patire i brividi di freddo a chiunque. Viene davvero dal freddo questa povera spia solitaria, che costituisce l’anti-James Bond per eccellenza: un grande Richard Burton che non si fa dimenticare.
Appesantita da un passo lento e da una trama complessa che altrove potrebbero annoiare (mentre qui sono l’essenza stessa della vicenda), la storia procede compatta fino al drammatico finale, dove la logica cinica del criminale si scontra finalmente con la scelta di morire come un essere umano.
Sconsigliato per chi soffre di depressione.
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mauri
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martedì 26 agosto 2008
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film non male
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un film un po noioso nella prima parte, ma si riscatta nella seconda...
non anticipo niente della trama ...film non molto d'azione, più psicologico...un buon film, per niente banale...
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(di luciana gamboni)
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antonella
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martedì 22 aprile 2008
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mitico
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film del cuore con malinconia, grazia e brutalità sufficiente, meglio il primo tempo, grandi attori. Burton la spia più crepuscolare di tutti i tempi. E non è poco.
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(di mauri)
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maurizio /
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venerdì 14 aprile 2006
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bel film
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film bellissimo e molto amaro
grande storia,grande regista,bravi artisti
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sandro
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venerdì 21 gennaio 2005
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fenomenale
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Fenomenale e basta ! Un capolavoro !
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