paolp78
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mercoledì 16 febbraio 2022
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un cattivo indispensabile
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Talune opere cinematografiche pur cominciando bene, dopo un po’si siedono, come si dice nel gergo, ossia non riescono più a coinvolgere ed interessare lo spettatore ed a meno che non subentri qualche nuovo elemento capace di rivitalizzarle, si trascinano stancamente verso la fine.
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Talune opere cinematografiche pur cominciando bene, dopo un po’si siedono, come si dice nel gergo, ossia non riescono più a coinvolgere ed interessare lo spettatore ed a meno che non subentri qualche nuovo elemento capace di rivitalizzarle, si trascinano stancamente verso la fine.
Questa pellicola del grande Jonathan Demme arrivata a circa metà della sua durata sembra poter correre questo rischio, ma a salvarla ci pensa l'entrata in scena del cattivo, interpretato da un Ray Liotta ancora molto giovane, appena alla sua seconda prova d’attore nel grande schermo. Di qui in avanti la pellicola acquisisce nuova linfa; si sviluppa una storia del tutto nuova e molto coinvolgente che riaccende in pieno l’interesse del pubblico che si era un po’ sopito.
Il film è in fin dei conti una commedia avventurosa con qualche risvolto sentimentale e con una seconda parte che non risparmia tinte anche drammatiche, il tutto girato da Demme in chiave road movie per dirla all'inglese, ovvero con quel metodo narrativo che prevede che la trama si vada a dipanare durante un viaggio, solitamente avventuroso e pieno zeppo di imprevisti, che impegna i protagonisti per tutto il film o per buona parte di esso.
Molto buona la regia di Demme, che punta su ritmi serrati, soprattutto nella seconda parte.
La coppia protagonista è costituita dal versatile Jeff Daniels e da Melanie Griffith che onestamente non incanta.
L’opera veicola una sua filosofia che è quella espressa dal popolare motto "meglio un giorno da leoni che cent’anni da pecora", motto che in realtà non viene mai citato nel film, anzi viene ripetuto più volte in senso capovolto con l’espressione "meglio essere una pecora viva che un leone morto".
Le poche scene d’azione non convincono; in particolare è poco riuscita la resa dei conti finale che ha la pecca di svilupparsi in maniera francamente non molto credibile.
Ottime musiche.
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sergiofi
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sabato 15 gennaio 2022
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quel modo di fare cinema di jonathan demme che non passa mai di moda
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Questo film è del 1986, ma non sente affatto il peso del tempo. Rivisto a distanza di 36 anni conserva per intero la sua freschezza. Niente a che fare con la paccottiglia propinata negli ultimi tempi dalle piattaforme streaming, che si sono inventate produttrici di storie (il più spesso) copia-incolla.
Jonathan Demme, scomparso nel 2017, sapeva bene come fare cinema e incollare la gente alla poltrona. “Qualcosa di travolgente” passa con leggerezza dal genere trasgressivo a quello romantico stile ‘Peggy Sue si è sposata’ fino a chiudersi con un noir-thriller ad alta tensione. Un’idra a tre teste. Il che equivale, per lo spettatore scafato, al massimo del gradimento..
Si mette al servizio del progetto il trio formato da Melanie Griffith (che veste, o sveste a seconda dei casi, in modo splendido i panni di Lulu-Audrey), Jeff Daniels (lo yuppie tontolone che si dimostrerà alla fine assai diverso da quanto appare) e Ray Liotta (un ex marito molto luciferino).
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Questo film è del 1986, ma non sente affatto il peso del tempo. Rivisto a distanza di 36 anni conserva per intero la sua freschezza. Niente a che fare con la paccottiglia propinata negli ultimi tempi dalle piattaforme streaming, che si sono inventate produttrici di storie (il più spesso) copia-incolla.
Jonathan Demme, scomparso nel 2017, sapeva bene come fare cinema e incollare la gente alla poltrona. “Qualcosa di travolgente” passa con leggerezza dal genere trasgressivo a quello romantico stile ‘Peggy Sue si è sposata’ fino a chiudersi con un noir-thriller ad alta tensione. Un’idra a tre teste. Il che equivale, per lo spettatore scafato, al massimo del gradimento..
Si mette al servizio del progetto il trio formato da Melanie Griffith (che veste, o sveste a seconda dei casi, in modo splendido i panni di Lulu-Audrey), Jeff Daniels (lo yuppie tontolone che si dimostrerà alla fine assai diverso da quanto appare) e Ray Liotta (un ex marito molto luciferino).
Ne esce un film godibile come pochi, anche grazie al soundtrack che fa da sottofondo. Splendida l’inquadratura iniziale, girata a pelo del fiume Hudson, che ci mostra dal basso la New York degli anni ’80 con il suo corredo di torri gemelle ancora intatte.
Un ‘must’ o un ‘cult’, scegliete voi il termine che preferite. Ogni buon cinefilo dovrebbe inserirlo nella sua personale lista dei preferiti.
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vitosay
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sabato 14 aprile 2012
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scuola di recitazione
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Il thriller sembra sceneggiato per mettere alla prova le abilità di recitazione degli attori. Psicopatici o 'disturbati' che tornano sulla retta (la Griffith), persone razionali e dalla vita 'organizzata' che invece vanno 'fuori di senno' ( Daniels) e psicopatici che restano tali (Ray Liotta). Ne esce fuori un film che si lascia ricordare prevalentemente per la recitazione di questi 3 attori, destinati ad una fulgida carriera. In particolare Ray Liotta, lo psipcopatico 'puro' in questo film, rappresenta l'esordiente, sorpresa come caratterista.
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francesco2
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sabato 16 gennaio 2010
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stati uniti un poco diversi
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Vi sono film come “Forrest Gump” in cui una scena dà la svolta a tutto il film. Lì è il comizio improvvisato da Forrest davanti la folla;qui, invece, è la scena della rimpatriata degli ex-compagni. Anziché fare come in “Rachel sta per sposarsi”, dove usava il digitale(bene) e tecniche “Da teatro”(Maluccio) qui Demme fa centro disegnando nella scena che ho citato una sceneggiatura con personaggi come l’amica che cerca di adescare ma poi rimane con niente in mano, e la bruttina-bassina amante di uno dei protagonisti. Negli anni ’80, in cui gli Stati Uniti più conosciuti erano quelli di “Dallas” e “Dynasty”, esce fuori un’immagine dell’America fatta di motel e negozietti, costruendo un film non trascendentale(Ma forse lo scopo non era questo)ma in cui la telecamera rinuncia a volte ai primi piani per seguire”da lontano”dei personaggi che finiranno per completarsi l’uno con l’altro; come aveva fatto prima con l’aiuto dei protagonisti, quasi ad anticipare il destino che li attendeva.
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Vi sono film come “Forrest Gump” in cui una scena dà la svolta a tutto il film. Lì è il comizio improvvisato da Forrest davanti la folla;qui, invece, è la scena della rimpatriata degli ex-compagni. Anziché fare come in “Rachel sta per sposarsi”, dove usava il digitale(bene) e tecniche “Da teatro”(Maluccio) qui Demme fa centro disegnando nella scena che ho citato una sceneggiatura con personaggi come l’amica che cerca di adescare ma poi rimane con niente in mano, e la bruttina-bassina amante di uno dei protagonisti. Negli anni ’80, in cui gli Stati Uniti più conosciuti erano quelli di “Dallas” e “Dynasty”, esce fuori un’immagine dell’America fatta di motel e negozietti, costruendo un film non trascendentale(Ma forse lo scopo non era questo)ma in cui la telecamera rinuncia a volte ai primi piani per seguire”da lontano”dei personaggi che finiranno per completarsi l’uno con l’altro; come aveva fatto prima con l’aiuto dei protagonisti, quasi ad anticipare il destino che li attendeva. Il contesto non mi sembra troppo addolcito, perché a parte le giuste considerazioni della Gandolfi vi sono spunti come quello della madre della protagonista, che non crede alle bugie della figlia. E non condivido moltissimo questa lettura del finale:la frase della donna “Io non dico mai addio”, se non ci risparmia assolutamente il lieto fine hollywoodiano, fa capire che la sua è una concezione della vita aperta all’impredevibilità.
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marvelman (quello vero!)
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domenica 22 marzo 2009
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appena visto in dvd !!!
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Il film , pur essendo il più bello del regista , comunque non decolla mai , e l'unica cosa che lo salva è la colonna sonora e l'interpretazione straordinaria di Ray Liotta , ma per il resto è da evitare : Meglio cercasi Susan disperatamente !!!
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(di francesco2)
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