giovanni morandi
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domenica 13 novembre 2022
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orizzonti di stupidità. giovanni morandi
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Indro Montanelli del film, parafrasando una sua intervista ,:“Non è il mio campo ma questo Stanley Kubrick ha , nel suo districarsi, un modo speciale di comunicare ;è sorprendente l’apparente semplicità che si coniuga sempre o quasi con intensità.” Certo dal 56 anno di uscita del film ad Arancia Meccanica, ne passò di acqua sotto i ponti, il Kubrick si è perfezionato, affrontando, però, col suo stile, ben sintetizzato dal nostro grande giornalista, sempre problematiche di ampio respiro.
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Indro Montanelli del film, parafrasando una sua intervista ,:“Non è il mio campo ma questo Stanley Kubrick ha , nel suo districarsi, un modo speciale di comunicare ;è sorprendente l’apparente semplicità che si coniuga sempre o quasi con intensità.” Certo dal 56 anno di uscita del film ad Arancia Meccanica, ne passò di acqua sotto i ponti, il Kubrick si è perfezionato, affrontando, però, col suo stile, ben sintetizzato dal nostro grande giornalista, sempre problematiche di ampio respiro. Il film è un vero pugno nello stomaco di tanti militari di Alto Rango, oltreché una denuncia della più grande stupidità dell'essere umano. Ma pare che le varie lezioni subite nel corso della storia l'essere umano non riesca ad imparare che la Guerra non porta mai a niente. In questo film si parla anche di onore, ma chi, seduto bellamente al posto di comando, e manda i propri soldati al massacro, non ha titolo per parlare di onore. Ma a niente, nel film, serve a Douglas per difendere i suoi soldati dalla fucilazione. Lui stesso subirà la stessa condanna.
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giulio andreetta
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domenica 27 settembre 2020
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film antimilitarista
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Rispetto molto l'arte e il perfezionismo di Stanley Kubrick, ma questo film non è a mio avviso tra i suoi capolavori. Ovviamente stiamo parlando di una pellicola molto ben congengata, e splendidamente diretta, ma a me sembra che la poetica ben definita di questo regista, evidente in capolavori quali Barry Lyndon o Arancia Meccanica, sia ancora in procinto di manifestarsi pienamente. In ogni caso emerge bene alla visione una feroce condanna della guerra, e soprattutto dell'autoritarismo dell'esercito che giudica ingiustamente tre soldati, accusati di codardia. Un magistrale Kirk Douglas interpreta un personaggio che tra le file dell'esercito è ancora capace di un sussulto di umanità, di umana pietà.
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Rispetto molto l'arte e il perfezionismo di Stanley Kubrick, ma questo film non è a mio avviso tra i suoi capolavori. Ovviamente stiamo parlando di una pellicola molto ben congengata, e splendidamente diretta, ma a me sembra che la poetica ben definita di questo regista, evidente in capolavori quali Barry Lyndon o Arancia Meccanica, sia ancora in procinto di manifestarsi pienamente. In ogni caso emerge bene alla visione una feroce condanna della guerra, e soprattutto dell'autoritarismo dell'esercito che giudica ingiustamente tre soldati, accusati di codardia. Un magistrale Kirk Douglas interpreta un personaggio che tra le file dell'esercito è ancora capace di un sussulto di umanità, di umana pietà. Sotto il profilo tecnico ci troviamo di fronte ancora una volta ad un film girato in modo impeccabile, soprattutto tenendo conto che è stato prodotto oltre sessant'anni fa.
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greatsteven
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martedì 24 ottobre 2017
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uno stupefacente pezzo di bravura antibellicista.
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ORIZZONTI DI GLORIA (USA, 1957) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da KIRK DOUGLAS, RALPH MEEKER, ADOLPHE MENJOU, GEORGE MACREADY, JOSEPH TURKEL, RICHARD ANDERSON
Prodotto dalla United Artists, fu il quarto film di Kubrick, l’ultimo in bianco e nero dei tredici che girò e, non ancora trentenne, realizzò, con la collaborazione in sceneggiatura dell’incommensurabile Calder Willingham, il migliore film antibellicista degli anni 1950. Francia, 1916: in piena Prima Guerra Mondiale, sul fronte franco-tedesco, al generale francese Paul Mirot viene proposto dal commilitone di egual rango Georges Blulart di mettere a disposizione il suo plotone per assaltare un forte germanico di fondamentale importanza denominato il Formicaio, e gli promette l’assistenza del 701° Reggimento.
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ORIZZONTI DI GLORIA (USA, 1957) diretto da STANLEY KUBRICK. Interpretato da KIRK DOUGLAS, RALPH MEEKER, ADOLPHE MENJOU, GEORGE MACREADY, JOSEPH TURKEL, RICHARD ANDERSON
Prodotto dalla United Artists, fu il quarto film di Kubrick, l’ultimo in bianco e nero dei tredici che girò e, non ancora trentenne, realizzò, con la collaborazione in sceneggiatura dell’incommensurabile Calder Willingham, il migliore film antibellicista degli anni 1950. Francia, 1916: in piena Prima Guerra Mondiale, sul fronte franco-tedesco, al generale francese Paul Mirot viene proposto dal commilitone di egual rango Georges Blulart di mettere a disposizione il suo plotone per assaltare un forte germanico di fondamentale importanza denominato il Formicaio, e gli promette l’assistenza del 701° Reggimento. Mirot accetta, e affida al colonnello Darques il comando dell’impresa, che però, prevista per due giorni dopo e dunque organizzata in fretta e furia, si rivela un fallimento completo: il 60% degli uomini viene massacrato dall’esercito nemico, e lo stesso Mirot, iroso per la fretta di conquistare il forte, ordina al capitano Rousseau, comandante di batteria, di aprire il fuoco sui soldati del suo reggimento per essersi ritirati dietro i reticolati della loro stessa trincea, ottenendo per due volte un rifiuto. La cosa finisce di fronte al tribunale militare: la Corte Marziale, dietro comando di Mirot, ordina che tre tenenti delle altrettante compagnie che han preso parte all’assalto del Formicaio scelgano, a caso, altrettanti soldati da spedire di fronte alla corte. A nulla vale la mossa di Darques, conscio dell’impazienza smaniosa di Mirot di veder il forte in fiamme, che si proclama avvocato difensore dei tre imputati (il caporale Paris e i soldati semplici Arnaude e Férol) e tenta di proteggerli davanti al tribunale declamandone i meriti e osteggiando l’assurdità di un simile processo. In seguito, Darques viene accusato da Blulart di manifestare pericolose ambizioni di gloria e successo, mirate soprattutto a prendere il posto dello stesso Mirot. Niente da fare: i tre soldati, che si sono invece comportati correttamente e con coraggio sul campo di battaglia (cosa di cui Darques è più che convinto, diversamente dal tribunale militare), vengono condannati alla pena capitale, colpevoli di codardia nei confronti del nemico, per fucilazione, cui presiede controvoglia il tenente Rougier, per ordine implacabile di Darques. Quando poi emerge, da una dichiarazione scritta di proprio pugno dal colonnello, che Mirot ha ordinato, mediante il capitano Rousseau l’assassinio indiscriminato dei suoi soldati per non aver oltrepassato la terra di nessuno, Darques rischia di finire nei guai per reato d’insubordinazione, ma si prende una rivincita denunciando lo spietato omicidio di tre innocenti e coprendo d’ingiurie il superiore Blulart. Nel finale, vediamo l’onesto e integerrimo colonnello assistere, dall’esterno di una birreria, all’esibizione di una cantante tedesca che viene presentata dall’oste e fischiata da un pubblico di soldati francesi in vena di facezie. Raggiunto da un sergente, il colonnello concede ancora qualche minuto di riposo alla truppa di superstiti che ha comandato durante l’attacco al Formicaio e lo vediamo scomparire dietro il portone di legno dello Stato Maggiore. È una pellicola unica nel suo genere per come prende di petto il suo antimilitarismo, puntando un dito straordinariamente accusatore contro l’incoscienza megalomanica dei generali che, pur di dare un esempio da loro ritenuto formativo ai soldati, ordiscono di tanto in tanto fucilazioni affinché i loro commilitoni rimasti in vita riescano a combattere con più furore e ferocia di prima. Un film di guerra che, come accade assai di rado, è un film d’attori pur senza essere al contempo un’opera corale: abbiamo un Douglas in formissima (che tre anni dopo lavorerà ancora con Kubrick nel tristissimo e sublime Spartacus) nei panni del colonnello, ufficiale positivo in mezzo a guerrafondai profondamente radicati e uomo dai sani principi che difende fino allo sfinimento i valori sui quali si basano l’umanità e la benignità, e la sua recitazione perfetta per accanimento e ardore fa da adeguato contrappeso ad una coppia bizzarra, ma efficace, di insoliti antagonisti come G. Macready e A. Menjou, rispettivamente nelle vesti dei generali Mirot e Blulart, razzisti nei riguardi dell’armata avversaria e desiderosi di vincere il conflitto al più presto, disinteressandosi nella più inumana completezza di quanti uomini ai loro comandi muoiano affinché il tentativo ottenga il risultato sperato. Kubrick realizzò il suo secondo capolavoro, dopo l’ottimo Rapina a mano armata (1956), dilatando di pochi minuti la durata e imbastendo un elogio alla benevolenza disperata e intensa nell’immenso inferno della guerra di posizione, e lo si intuisce bene nelle sequenze a campo lungo nelle quali gli ufficiali passano in rassegna le truppe in trincea per vedere come procedono le battaglie. Il terzetto dei soldati innocenti condannati alla pena di morte è anch’esso una carta vincente nella recitazione complessiva del film, consegnando al pubblico, durante la scena straziante della fucilazione, uno degli stralci più commoventi che la settima arte, in qualunque epoca, abbia saputo fornire alla propria storia, e il fatto che porti la firma di S. Kubrick dimostra il suo genio registico, la sua determinata presa di posizione contro la violenza infruttuosa e ingiustificata (o meglio, ingiustificabile), la sua capacità di tirare fuori il meglio dai contributi tecnici (menzioni speciali vanno infatti ad un montaggio che rappresenta con gagliardo realismo i bombardamenti nel corso dell’aggressione frontale al forte e ad una colonna sonora che introduce l’opera con le note iniziali dell’inno nazionale francese e lo conclude con un mormorio cupo e introverso che ne sottolinea appieno il carattere ardente e focoso) e l’abilità nel condurre un mestiere difficile quando si ha a che fare con la gestione d’un materiale narrativo non certo poco scottante come la guerra, che va gestito considerando gli scivoloni in cui si può incorrere, gli onnipresenti rischi di retorica, i panegirici che possono essere tessuti addosso ai militari senza la benché minima distinzione di grado e l’esito conclusivo che può far abbordare ad un porto diametralmente opposto a quello che commina al conflitto armato la causa peggiore di perdita irreparabile di vite umane. Raccontando una triplice carneficina dominata dallo strapotere della casta militaresca, colui che fu probabilmente il più grande regista nella storia del cinema fu capace di narrare una storia che non nasconde un odio inveterato contro la caccia sanguinaria allo scranno del comando supremo (politico e soldatesco assieme, impresa molto più complicata di quanto si immagini di norma) e reagisce ad esso con un protagonista indimenticabile (un Douglas che sta ormai per compiere la veneranda età di 101 anni!) che si fa paladino della giustizia e, benché rimanga inascoltato e veda disattese le sue nobili aspettative, non rinuncia al suo onore e, nonostante un evidente pizzico di orgoglio, promuove la sua battaglia personale che è ben più importante di quella vera e propria al fronte giacché combatte disvalori imperdonabili quali l’ipocrisia, la gerontocrazia, l’arrivismo (egli stesso ne viene tacciato con ingiustizia), il tradimento verso chi invece meriterebbe fiducia e rispetto e il voltafaccia davanti ad una sconfitta per la vigliaccheria di ammettere uno sbaglio e la presunzione prepotente di attribuire la colpa di un insuccesso a coloro che non possono muovere difese perché al di sotto di una tale possibilità, o meglio, perché impossibilitati dall’uniforme che indossano. Uniforme per cui rischiano quotidianamente la vita per poi essere ricompensati con una condanna a morte. Discorso oggi più che mai attuale e applicabile a innumerevoli casi della vita militare e non del Nuovo Millennio. E malgrado Kubrick, morto nel 1999, non abbia potuto arrivarvi, lo anticipò con una lungimiranza che fa di lui una persona speciale in quanto uomo e in quanto artista, un fenomeno in carne ed ossa grandiosamente in grado di prevedere i tempi e gli svolgimenti degli eventi dalla loro prospettiva più cruenta e veritiera.
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walterleonardi
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venerdì 1 settembre 2017
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la guerra come autodistruzione
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I "sentieri di gloria" (come recita il verso di Thomas Gray che dà il titolo al film) del capolavoro di Kubrick sono quelli solcati sui brandelli di anima, sangue e carne che la guerra lascia sul suo cammino. Uscito nel 1957, ma proibito in Francia fino al 1975, il quarto lungometraggio del maestro newyorkese è il film che ne rivela il genio ed è anche l'opera che anticipa e compendia tutte le tematiche care al regista. L'assurdità della guerra è qui raccontata senza remore, con una ferocia antimilitarista rara nella storia del cinema, e con una crudezza di linguaggio e di immagine ancor oggi insuperata. Ma c'è qualcosa in più, nel film di Kubrick, che lo distingue e lo eleva al di sopra di qualsiasi altra pellicola di guerra.
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I "sentieri di gloria" (come recita il verso di Thomas Gray che dà il titolo al film) del capolavoro di Kubrick sono quelli solcati sui brandelli di anima, sangue e carne che la guerra lascia sul suo cammino. Uscito nel 1957, ma proibito in Francia fino al 1975, il quarto lungometraggio del maestro newyorkese è il film che ne rivela il genio ed è anche l'opera che anticipa e compendia tutte le tematiche care al regista. L'assurdità della guerra è qui raccontata senza remore, con una ferocia antimilitarista rara nella storia del cinema, e con una crudezza di linguaggio e di immagine ancor oggi insuperata. Ma c'è qualcosa in più, nel film di Kubrick, che lo distingue e lo eleva al di sopra di qualsiasi altra pellicola di guerra. C'è, in particolare, la disamina crudele, desolante, delle dinamiche di classe, che per il regista sono il vero motore della strage. La guerra è, anzitutto, una pulsione autodistruttiva: la si combatte tra gente della stessa divisa, si alimenta delle schermaglie di casta tra ufficiali e semplici fanti, è logorante nelle parole, prima che nelle armi. Il nemico è solo menzionato, mai mostrato, perché a Kubrick non interessa raccontare lo scontro tra le nazioni, ma solo gli esiti violenti della follia e dell'ambizione umana. Nelle trincee francesi in cui si dispiega il racconto del film si muore, dunque, non più nel corpo al corpo con i tedeschi (irraggiungibili, per altro, e dunque assurti a effimera, metafisica controparte del fatto bellico), ma nelle corti marziali e davanti ai plotoni di esecuzione, tra soldati dall'uniforme del medesimo colore. La tragedia si consuma negli eleganti tribunali dove vengono allestiti processi fasulli e nei saloni da ballo dove danzano i generali, prima che nel fango e sul filo spinato dei campi di battaglia. Nell'amara elucubrazione che il film conduce sul lato oscuro dell'animo umano, dominano i personaggi più cinici e spietati del film: il generale Mireau, che organizza la disumana vendetta contro il proprio battaglione, dopo aver già tentato la strage durante l'attacco al "formicaio", ordinando al comandante dell'artiglieria di fare fuoco sulle proprie retrovie (un antesignano dell'indimenticabile generale Jack D. Ripper de "Il dottor Stranamore"), e il generale Broulard, che vede la guerra dall'alto della sua posizione privilegiata e lontana, e che contratta sul numero di soldati da fucilare come si trattasse di animali da mandare al macello. È nella definizione di questi due mefistofelici caratteri che il genio di Kubrick (e la sua proverbiale misantropia) tocca uno dei vertici drammatici della propria carriera. Di fronte ad essi, e alla durezza di un sistema di gerarchie, regole e convenzioni che appare invincibile e imperituro, la personale battaglia del colonnello Dax (un intenso Kirk Douglas) è destinata alla disperazione, e alla sconfitta. Il suo idealismo va incontro al fallimento annunciato, rimbalza contro i poteri costituiti, contro la burocrazia degli ordini, contro l'insensatezza delle stragi di stato giustificate dall'alibi del patriottismo, "l'ultimo rifugio delle canaglie". È un senso, quasi beckettiano, di assurdo, di grottesco, che domina, in questo amaro pamphlet pacifista. Assurdo è l'assalto al formicaio, vero suicidio di massa. Assurdo è il processo- farsa che viene imbastito dopo il fallito assalto. Grottesca, al limite con il ridicolo, l'esecuzione della condanna a morte dei tre soldati, con il milite Arnaud, gravemente ferito, legato al palo insieme alla barella dove è sdraiato, e svegliato a via di pizzicotti perché sia cosciente al momento della fucilazione. In questo mondo disumano, dove anche Dio sembra essere sparito (il prete che ipocritamente cerca di consolare i tre prigionieri è il primo ad annunciare la notizia della condanna), l'unica nota di umanissima pietas (peraltro rara nel cinema di Kubrick) si scorge soltanto alla fine, nel canto della ragazza tedesca all'osteria e nella commozione di tutti i soldati. Che diventano uomini, per la prima volta, al di là delle loro uniformi. Ma è una breve illusione.
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casilde
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martedì 22 novembre 2016
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che assurdita' la guerra!
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Ho veduto questo splendido film giorni orsono. Lo avevo sentito nominare tanto per il passato. Che assurdità, che tragedia, che crudeltà la guerra! Gli uomini perdono il contatto con la realtà, la stupidità la fa da padrona insieme alla vanagloria e alla crudeltà! Se poi si pensa che il film trae spunto da fatti realmente accaduti lo sgomento ti serra la gola. Quello che mi ha più impressionato è l'esecuzione del soldato ferito e portato in barella al luogo del supplizio. Come si può perdere l'umana pietà fino a quel punto? In che conto si tiene la vita di uomini sbattuti dentro un'avventura non cercata, non voluta, in nome di "onore" (ma quale onore?!) che fa sì che giovani fino a poco prima pacifici e intenti alle loro occupazion vengano scaraventati in un inferno dal quale non torneranno più o se torneranno non saranno più gli stessi di prima.
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Ho veduto questo splendido film giorni orsono. Lo avevo sentito nominare tanto per il passato. Che assurdità, che tragedia, che crudeltà la guerra! Gli uomini perdono il contatto con la realtà, la stupidità la fa da padrona insieme alla vanagloria e alla crudeltà! Se poi si pensa che il film trae spunto da fatti realmente accaduti lo sgomento ti serra la gola. Quello che mi ha più impressionato è l'esecuzione del soldato ferito e portato in barella al luogo del supplizio. Come si può perdere l'umana pietà fino a quel punto? In che conto si tiene la vita di uomini sbattuti dentro un'avventura non cercata, non voluta, in nome di "onore" (ma quale onore?!) che fa sì che giovani fino a poco prima pacifici e intenti alle loro occupazion vengano scaraventati in un inferno dal quale non torneranno più o se torneranno non saranno più gli stessi di prima. Solo la figura del colonnello -avvocato conserva qualcosa che lo distingue dagli altri ipocriti, falsi, indegni Capi dello Sato Maggiore questo qualcosa è l'umanità, il rendersi conto che si è voluto condannare tre innocenti per coprire le perverse ideee dei Capi! Combatterà contro i "mulini a vento" della logica spietata, assassina che domina tutti gli altri, ma fallirà. Stupendo film di denuncia con un regista sublime!
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luigi chierico
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domenica 6 novembre 2016
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quando il cinema e’ grande
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IL 4 novembre il canale tv2000 ci ha regalato un autentico capolavoro nel suo genere del famoso bravissimo regista Stanley Kubrick. Non sembra un film girato con attori professionista ma un documentario preso dal vero. Una straordinaria scenografia sia del castello residenza dello Stato Maggiore francese che dei campi di battaglia. Un sceneggiatura eccezionale per il tema che tratta in cui il colonnello Dax affronta senza remore i suoi superiori:
il Generale George Broulard ed il Generale Paul Mireau, i tre fantastici interpreti sono attori che hanno fatto la storia del cinema rispettivamente: Kirk Douglas, Adolphe Menjou e George MacReady. Tenuto conto che il film è stato girato nel lontano 1957 quando non esistevano gli effetti speciali ed i mezzi d’oggi che consentono di fare un film di guerra come ce n’è tanti dal Salvate il soldato Ryan a La sottile linea rossa ancor più se ne apprezzano i risultati.
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IL 4 novembre il canale tv2000 ci ha regalato un autentico capolavoro nel suo genere del famoso bravissimo regista Stanley Kubrick. Non sembra un film girato con attori professionista ma un documentario preso dal vero. Una straordinaria scenografia sia del castello residenza dello Stato Maggiore francese che dei campi di battaglia. Un sceneggiatura eccezionale per il tema che tratta in cui il colonnello Dax affronta senza remore i suoi superiori:
il Generale George Broulard ed il Generale Paul Mireau, i tre fantastici interpreti sono attori che hanno fatto la storia del cinema rispettivamente: Kirk Douglas, Adolphe Menjou e George MacReady. Tenuto conto che il film è stato girato nel lontano 1957 quando non esistevano gli effetti speciali ed i mezzi d’oggi che consentono di fare un film di guerra come ce n’è tanti dal Salvate il soldato Ryan a La sottile linea rossa ancor più se ne apprezzano i risultati. Il bianco e nero rende ancor più vera la scena, una realtà nuda e cruda,la morte non ha una serie di colori la si immagina nera perché chiudendo gli occhi alla vita si resta al buio. Il film è del 1957 appena 12 anni prima della fine della Seconda Guerra Mondiale e riporta una serie di episodi di circa 40 anni prima quando anche nella Prima Guerra Mondiale la Germania combatteva contro la Francia. La Storia è romanzata ma basata su fatti realmente accaduti i cui reali personaggi non vengono citati. Sembra che il regista nel puntare il dito contro l’obbedienza assoluta abbia voluto denunciare tutti i crimini commessi durante il secondo conflitto in nome di Hitler. Nel film chi ordina è il generale Paul Mireau a cui si deve rispondere con cieca obbedienza, andando incontro anche alla morte se così viene ordinato per esaltazione ed orgoglio personale. Un film spietato e terribile dove la ragion di Stato uccide più del nemico, dove in nome della Patria si mandano a morte anche degli innocenti; il nazismo non ha forse ammazzato milioni di suoi cittadini solo perché ebrei? A sottolineare l’atrocità della guerra, ed ancor più di chi ne è a capo,un colonnello, un avvocato penalista, un grande interprete, ripeto, Kirk Douglas nella parte di Dax. Egli non fa della guerra una ragione di vita come altri, si ribella con coraggio al sistema, non sposa la politica, non teme la stampa, egli apprezza il coraggio e premia gli ardimentosi, non li punisce in nome di principi personali come chi è “stato solo e sempre un Soldato” di cui porta i segni sul volto e decorazioni e croci al merito sul petto. In guerra ci sono eroi e traditori, ardimentosi e codardi, coraggiosi e deboli ma non si può essere se stessi, s’ha da essere soldati e non femminucce come urla lo spietato e tronfio generale Paul Mirea nella sua bella divisa.
In un film di soli uomini ma non per soli uomini. Il passaggio femminile, quasi una comparsa,a ricordare con note melanconiche che la vita continua tra una lacrima ed un rimpianto, un ricordo ed una speranza. A cantare la suggestiva canzone nel campo francese una ragazza tedesca,la venticinquenne Suzanne Christian,”una preda bellica,una perla”. Per la cronaca divenne la moglie del regista Stanley Kubrick. Sempre per la cronaca il film fu distribuito in Francia circa 20 dopo. I fatti che avrebbero dovuto essere d’esempio furono una vergogna,una macchia di sangue indelebile. chibar22@libero.it
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tomdoniphon
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domenica 10 maggio 2015
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la follia delle alte sfere
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Prima guerra mondiale. Fronte Francese. Un generale rude ed inetto ordina ai suoi uomini di lanciarsi in una missione senza speranza verso le posizioni tedesche. Quando la missione fallisce, ordina per rappresaglia la fucilazione di tre soldati accusati di codardia. Un colonnello (Kirk Douglas) assume invano la difesa dei tre.
Il film è considerato il più importante film antimilitarista della storia del cinema; per quanto possa sembrare strano, si tratta di un giudizio riduttivo. Come ha giustamente osservato Amelio, il film è qualcosa di più: un resoconto delle congiure delle alte sfere come vengono presumibilmente esercitate anche in tempo di pace. C’è chi può decidere sulla vita degli altri, trattando gli uomini come numeri e non come persone.
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Prima guerra mondiale. Fronte Francese. Un generale rude ed inetto ordina ai suoi uomini di lanciarsi in una missione senza speranza verso le posizioni tedesche. Quando la missione fallisce, ordina per rappresaglia la fucilazione di tre soldati accusati di codardia. Un colonnello (Kirk Douglas) assume invano la difesa dei tre.
Il film è considerato il più importante film antimilitarista della storia del cinema; per quanto possa sembrare strano, si tratta di un giudizio riduttivo. Come ha giustamente osservato Amelio, il film è qualcosa di più: un resoconto delle congiure delle alte sfere come vengono presumibilmente esercitate anche in tempo di pace. C’è chi può decidere sulla vita degli altri, trattando gli uomini come numeri e non come persone.
Nessuno come Kubrick ha saputo evocare i profili e i risvolti dell’umana follia, ed in particolare bellica (si veda il successivo “Full metal Jacket”); nessuno come lui ha saputo unire “rabbia ed umanesimo senza bisogno di alzare i toni” (Amelio).
Indimenticabile il personaggio del colonnello, interpretato da Douglas, che fa di tutto per cercare di evitare ai suoi soldati il plotone di esecuzione; memorabile, in particolare, la sua arringa davanti al tribunale militare: “Signori della corte, vi sono occasioni in cui mi vergogno di appartenere al genere umano, e questa è una di quelle…un processo così condotto è un’offesa ad ogni principio di giustizia… Non posso credere che il più nobile impulso dell’uomo, la pietà verso il prossimo, manchi completamente qui. Quindi vi prego umilmente: abbiate pietà di questi uomini!”.
Ma ancora più toccante la sequenza finale del film, senz’altro la più commovente della filmografia del regista: una squadra di soldati francesi spinge una ragazza tedesca a divertirli cantando una canzone; ma quando, con le lacrime agli occhi, comincia a cantare nella sua lingua, i soldati francesi fanno silenzio e l’ascoltano cantando insieme a lei con il groppo in gola. Mentre Kirk Duoglas, il loro comandante, aspetta che la canzone finisca prima di richiamare i suoi uomini e farli andare al massacro.
Capita ogni tanto di imbattersi in un capolavoro. Ma i film di Kubrick vanno al di là.
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jackiechan90
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lunedì 15 dicembre 2014
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il gioco della guerra in kubrick
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Il grande gioco della guerra visto dagli occhi di un regista che, più di tutti gli altri, ha saputo coglierne tutte le sfumature. Orizzonti di gloria si inserisce in una trilogia sulle dinamiche della guerra che comprende Paura e desiderio e Full Metal Jacket(il più compiuto dei tre e summa di tutta la ricerca kubrickiana su questo tema). In essi Kubrick analizza il "sistema" guerra con tutti i suo iriti e le sue ideologie. E rappresenta gli avvenimenti come un grande gioco dove i soldati sono delle pedine(spesso guidati da ufficiali inetti e guidati solo dal desiderio di gloria personale). Il film, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, si concentra sui processi sommari che avvenivano tra le trincee in cui spesso si prendevano a caso dei soldati e si fucilavano come esempio per tutti gli altri.
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Il grande gioco della guerra visto dagli occhi di un regista che, più di tutti gli altri, ha saputo coglierne tutte le sfumature. Orizzonti di gloria si inserisce in una trilogia sulle dinamiche della guerra che comprende Paura e desiderio e Full Metal Jacket(il più compiuto dei tre e summa di tutta la ricerca kubrickiana su questo tema). In essi Kubrick analizza il "sistema" guerra con tutti i suo iriti e le sue ideologie. E rappresenta gli avvenimenti come un grande gioco dove i soldati sono delle pedine(spesso guidati da ufficiali inetti e guidati solo dal desiderio di gloria personale). Il film, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, si concentra sui processi sommari che avvenivano tra le trincee in cui spesso si prendevano a caso dei soldati e si fucilavano come esempio per tutti gli altri. Il tema della violenza visto nel suo spietato cinismo è un tema caro a molti film del regista e il suo occhio scorre imperterrito dentro e fuori le trincee con i suoi bellissimi piani-sequenza. Il film ebbe parecchi problemi di distribuzione soprattutto nei paesi europei dove il ricordo degli avvenimenti era ancora piuttosto forte(in Francia, paese dove si svolge la vicenda, il film uscirà nelle sale solo nel 1975). Nonostante i problemi di censura il film è considerato uno dei migliori di Kubrick per la qualità tecnica e l'interpretazione convincente e sofferta dei personaggi. Ne rimane un ritratto indimenticabile dell'animo umano e delle sue qualità anche nei momenti peggiori della Storia.
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luca scial�
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lunedì 12 maggio 2014
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gli ideali di un colonnello contro le disumanità
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Prima guerra mondiale, anno 1916. La Francia cerca di difendersi dal tentativo di invasione della Germania. L'esercito francese è allo stremo e il Colonnello che guida le milizie in trincea lo sa bene, mentre il Generale vorrebbe che gli uomini attaccassero ugualmente i tedeschi. Le truppe battono in ritirata, ma ciò comporta un contrasto tra i due gerarchi. Lo scontro tra gli ideali del primo e il fanatismo del secondo si fa aspro.
Film storico di Kubrick, uno dei tanti sulla Prima guerra mondiale, puntando però lo sguardo agli uomini più che ai soldati. Una pellicola che fa riflettere sull'assurdità della guerra, nella quale i valori umani vengono messi da parte in favore di famigerate motivazioni belliche e patriottiste.
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Prima guerra mondiale, anno 1916. La Francia cerca di difendersi dal tentativo di invasione della Germania. L'esercito francese è allo stremo e il Colonnello che guida le milizie in trincea lo sa bene, mentre il Generale vorrebbe che gli uomini attaccassero ugualmente i tedeschi. Le truppe battono in ritirata, ma ciò comporta un contrasto tra i due gerarchi. Lo scontro tra gli ideali del primo e il fanatismo del secondo si fa aspro.
Film storico di Kubrick, uno dei tanti sulla Prima guerra mondiale, puntando però lo sguardo agli uomini più che ai soldati. Una pellicola che fa riflettere sull'assurdità della guerra, nella quale i valori umani vengono messi da parte in favore di famigerate motivazioni belliche e patriottiste. Intensa recitazione di tutti i protagonisti.
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filippo catani
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lunedì 8 aprile 2013
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l'assurdità della guerra e di chi la comanda
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1916 fronte franco-tedesco. Uno scellerato generale ordina ad un manipolo di uomini di assaltare una posizione tedesca pur essendo consapevole delle perdite a cui dovrà andare incontro. Dopo una prima ondata, diversi uomini non accettano di eseguire l'ordine o non posssono proprio farlo a causa della potenza del fuoco nemico. Il generale allora allestirà una corte marziale per fare fucilare tre soldati per codardia perchè ciò sia d'esempio alle truppe.
Orizzonti di gloria insieme al Dottor Stranamore e a Full Metal Jacket compone la trilogia di film che Kubrick ha dedicato alle assurdità delle guerre e alle assurdità degli uomini che le vogliono fare e le conducono.
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1916 fronte franco-tedesco. Uno scellerato generale ordina ad un manipolo di uomini di assaltare una posizione tedesca pur essendo consapevole delle perdite a cui dovrà andare incontro. Dopo una prima ondata, diversi uomini non accettano di eseguire l'ordine o non posssono proprio farlo a causa della potenza del fuoco nemico. Il generale allora allestirà una corte marziale per fare fucilare tre soldati per codardia perchè ciò sia d'esempio alle truppe.
Orizzonti di gloria insieme al Dottor Stranamore e a Full Metal Jacket compone la trilogia di film che Kubrick ha dedicato alle assurdità delle guerre e alle assurdità degli uomini che le vogliono fare e le conducono. Quì infatti non solo si dà ampio risalto a quella che fu la carneficina un po' su tutti i fronti causata dalla guerra di trincea (al posto di quella che avrebbe dovuto essere lampo) con centinaia di migliaia di uomini sacrificati per pochi metri di terreno. Si vede anche come questa guerra fosse guidata da generali senza scrupoli e assolutamente furoi da ogni cognizione di causa e non era certo solo il caso dei francesi infatti lo stesso avveniva sul fronte italiano (basti citare un titolo su tutti che ha raccontato questa situazione come Uomini contro). Come dice un generale i soldati sono come bambini che devono essere educati; poco importa quindi se le persone scelte per essere fucilate come codardi vengono o estratte a sorte o scelte per invidie personali. Allo stesso tempo scorre un brivido nella schiena quando il generale spiega ai suoi uomini che dovranno attaccare non sfruttando il buio o la nebbia ma in una splendida giornata di sole o quando, tra lo sconcerto dei presenti, ordinerà all'artiglieria di sparare contro i suoi stessi elementi per stanarli dalle trincee. Il colonnello cercherà strenuamente di difendere i suoi uomini ma addirittura verrà tacciato di idealismo e considerato quasi una donnetta. Un ottimo cast (dove spicca un grandissimo Kirk Douglas) e una splendida regia per questo film che nel breve asso di tempo della sua durata ci restituisce tutta l'asurdità di un conflitto che ha causato milioni di morti e feriti.
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