paolp78
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martedì 7 luglio 2020
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polpettone firmato howard hughes
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Western mal riuscito che nel tentativo di catturare l'attenzione del pubblico le prove maldestramente tutte, sino a inserire nella stessa storia tre dei maggiori miti della tradizione western: il leggendario bandito Billy the Kid; Pat Garrett, lo sceriffo che secondo la tradizione lo uccise; ed infine il pistolero Doc Holliday, che in realtà c'entrerebbe poco con gli altri due, essendo invece collegato alle vicende di Wyatt Earp e alla celeberrima sfida all'OK Corral di Tombstone.
Il primo viene interpretato da un giovane attore semisconosciuto, di cui non è rimasta traccia in cinematografia; risultato di cui non c'è da stupirsene, visto all'opera in questa pellicola.
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Western mal riuscito che nel tentativo di catturare l'attenzione del pubblico le prove maldestramente tutte, sino a inserire nella stessa storia tre dei maggiori miti della tradizione western: il leggendario bandito Billy the Kid; Pat Garrett, lo sceriffo che secondo la tradizione lo uccise; ed infine il pistolero Doc Holliday, che in realtà c'entrerebbe poco con gli altri due, essendo invece collegato alle vicende di Wyatt Earp e alla celeberrima sfida all'OK Corral di Tombstone.
Il primo viene interpretato da un giovane attore semisconosciuto, di cui non è rimasta traccia in cinematografia; risultato di cui non c'è da stupirsene, visto all'opera in questa pellicola. Pat Garrett e Doc Holliday, invece, sono interpretati da due premi oscar (entrambi come non protagonista) come Thomas Mitchell, un po' forzato nel ruolo del pistolero, e Walter Huston.
Tuttavia la scena non se la prende né l'uno, né l'altro, bensì viene rubata dalla procace e bellissima Jane Russell che, al suo esordio nel grande schermo, cattura l'attenzione del pubblico grazie a vestitini succinti e ampie scollature.
Tra le altre scene si ricorda quella in cui la Russell fa da “infermiera” al ferito Billy the Kid, fino ad infilarglisi sotto le coperte per riscaldarlo … da cui il titolo utilizzato nella versione italiana.
Nonostante tutto però il film proprio non funziona, principalmente a causa di una sceneggiatura ben poco originale e priva di uno sviluppo, che finisce per avvitarsi su se stessa.
Il finale francamente deludente, ed in qualche scelta persino ridicolo, contribuisce a lasciare un pessimo ricordo della pellicola, di cui alla fine resta davvero ben poco da salvare, eccezion fatta per la Russell ovviamente.
Gran parte delle musiche sono gravemente inadatte al genere western, contribuendo anch'esse alla cattiva riuscita del film.
Una curiosità: il produttore e regista è Howard Hughes, personaggio che senz'altro il grande pubblico dei giorni d'oggi ricorderà interpretato da Leonardo Di Caprio nel kolossal “The Aviator” di Martin Scorsese.
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mr.619
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domenica 4 luglio 2010
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quando la metafora latente è il quadro più chiaro
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Western assolutamente atipico e stravagatamente accentrante il nucleo della pan-sessualità ( di stampo soprattutto omoerotica), è una reale declamazione dell'interno stato d'animo e psichico belligerante di Howard Hughes, il quale dirige suddetta pellicola ( del tutto non ben vista dalla censura per l'immagine proliferante dell'abbondante ed estenuante grembo fruttifero della Russell) "krupha", come all'insaputa del resto dei suoi più stretti collaboratori ed assistenti, quasi che si volesse trasferire, instaurare una sorta di universo parallelo metapsicocinematografico, dai risultati ed esiti finali, però, piuttosto contorti e disarmonizzanti.
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Western assolutamente atipico e stravagatamente accentrante il nucleo della pan-sessualità ( di stampo soprattutto omoerotica), è una reale declamazione dell'interno stato d'animo e psichico belligerante di Howard Hughes, il quale dirige suddetta pellicola ( del tutto non ben vista dalla censura per l'immagine proliferante dell'abbondante ed estenuante grembo fruttifero della Russell) "krupha", come all'insaputa del resto dei suoi più stretti collaboratori ed assistenti, quasi che si volesse trasferire, instaurare una sorta di universo parallelo metapsicocinematografico, dai risultati ed esiti finali, però, piuttosto contorti e disarmonizzanti.Ecco, credo che la chiave di interpretazione di tale opera dipenda in maniera generale e relativa allo stato appetitivo, e desiderativo, del regista e produttore suddetto: difatti egli, attraverso lo strumento cinematografico, tenta, un pò come il Petrarca con l'allegoria di Laura ( seppur con i dovuti arrangiamenti), di approdare ad un'ultima e definitiva depurazione del suo essere, del suo Io fenomenisticamente vincolato al suo periodo di incubamento infantile, tentando di "ritornare", se così si può dire, al calore generato dal seno della madre e riaggrapparsi, in tutti i sensi, alla figura paterna tramite lo strattonare pedogonatico.Non si specifica la funzione nè dell'"omosessualità nè dell'"eterosessualità"; si tratta di incompletezza.
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