micaelzeller
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domenica 1 marzo 2020
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bellisima recensione
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Le recensioni di Mymovies mi danno sempre molta soddisfazione. L'ultima frase fa riflettere.
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teardrop
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mercoledì 28 ottobre 2015
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e' l'amore che manca
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I film di Robert Altman che preferisco, sono "Nashville" e "America Oggi" (Short Cuts). Forse perchè hanno in comune la struttura narrativa, costituita da svariate storie che s'intrecciano l'una con l'altra, e, entrambe costituiscono una dura critica al "sogno americano". Ma se il primo mostra la politica trasformata in un luna park, uno show, in "America Oggi" si assiste alla vita di persone che hanno in comune il fatto di vivere nella stessa città e di essere infelici.
Alternando il banale e il drammatico, Altman racconta frammenti di vita, drammi privati dei suoi antieroi, antieroi nei quali ci si può rispecchiare.
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I film di Robert Altman che preferisco, sono "Nashville" e "America Oggi" (Short Cuts). Forse perchè hanno in comune la struttura narrativa, costituita da svariate storie che s'intrecciano l'una con l'altra, e, entrambe costituiscono una dura critica al "sogno americano". Ma se il primo mostra la politica trasformata in un luna park, uno show, in "America Oggi" si assiste alla vita di persone che hanno in comune il fatto di vivere nella stessa città e di essere infelici.
Alternando il banale e il drammatico, Altman racconta frammenti di vita, drammi privati dei suoi antieroi, antieroi nei quali ci si può rispecchiare. Un cinico poliziotto che pensa solo a tradire la moglie, abbandona il cagnolino di casa, colpevole di abbaiare troppo. Una casalinga fa telefonate erotiche, mentre cambia il pannolino del suo piccolo. La vita di una coppia benestante, si fa dramma, quando il loro bambino Casey, è investito involontariamente da Doreen, cameriera di un fast food. Una cantante di night club, canta "i'm a prisoner of life" il titolo è emblematico perchè allude alla condizione dei vari protagonisti del film, perdenti alla ricerca di un esistenza migliore, schiavi di quel niente chiamato routine, "prigionieri della vita", appunto.
Il regista si è ispirato ai racconti di Raymond Carver, consegnandoci un film di persone che amano, odiano, ci mostra episodi di vita comune, individui tirano avanti nella Los Angeles degli anni novanta, per trovare uno spazio, un briciolo di fortuna, o forse, solo un po' d'amore. Altman non vuole insegnare, ci invita a seguire la vita di esistenze difficili, spesso assurde. Una raffigurazione inclemente, della natura umana, della solitudine di persone che non sanno rapportarsi con la vita. Esemplare in questo senso, la rappresentazione di Paul, nonno di Casey, il quale si fa vivo all'ospedale, dopo molti anni di silenzio. Non si fa coinvolgere dalla sorte del bambino ma attacca bottone coi parenti di un altro ragazzino. Non capisce il dramma che vive la propria famiglia, così racconta i fatti suoi, disinteressandosi del nipotino. Paul è il centro, per lui la sola realtà degna d'attenzione, è lui stesso. Ritratti desolanti, dove a farne le spese sono i più deboli. La figlia della Jazzista, una fragile violoncellista che cerca di colmare il deserto di sentimenti nel quale è vissuta, prova invano a stabilire un rapporto con la madre, donna insensibile, disillusa, la gentile ragazza non regge il peso dell'ennesimo fallimento e si suicida. Il percorso del film ci porta pure a conoscere tre pescatori che scoprono nel fiume il cadavere di una donna, invece di avvertire la polizia, fissano il corpo alla sponda, per poter continuare a pescare e trastullarsi indisturbati. Il film termina con una scossa di terremoto che provoca una caduta di sassi, ma dà anche modo alla violenza di Jerry, accumulata in anni di frustrazioni, di manifestarsi nel modo più rabbioso. Un terremoto che può essere inteso metaforicamente, non esiste sciagura, dopo la quale la vita non continui, nonostante tutto.
In "America Oggi" non c'è sogno nè allegria, uno spaccato amaro, senza speranza, della società americana. Dura tre ore, ma se entriamo nel meccanismo del film, se capiamo lo sviluppo delle storie, è inevitabile essere conquistati da quest'opera sincera, dal sapore veritiero. Straordinaria anche la sceneggiatura, perchè lega magistralmente storie, che nei racconti di Carver non hanno niente in comune.
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teardrop
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mercoledì 28 ottobre 2015
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gente comune alla ricerca d'amore.
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I film di Robert Altman che preferisco, sono "Nashville" e "America Oggi" (Short Cuts). Forse perchè hanno in comune la struttura narrativa, costituita da svariate storie che s'intrecciano l'una con l'altra, e, entrambe costituiscono una dura critica al "sogno americano". Ma se il primo mostra la politica trasformata in un luna park, uno show, in "America Oggi" si assiste alla vita di persone che hanno in comune il fatto di vivere nella stessa città e di essere infelici.
Alternando il banale e il drammatico, Altman racconta frammenti di vita, drammi privati dei suoi antieroi, antieroi nei quali ci si può rispecchiare. Un cinico poliziotto che pensa solo a tradire la moglie, abbandona il cagnolino di casa, colpevole di abbaiare troppo.
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I film di Robert Altman che preferisco, sono "Nashville" e "America Oggi" (Short Cuts). Forse perchè hanno in comune la struttura narrativa, costituita da svariate storie che s'intrecciano l'una con l'altra, e, entrambe costituiscono una dura critica al "sogno americano". Ma se il primo mostra la politica trasformata in un luna park, uno show, in "America Oggi" si assiste alla vita di persone che hanno in comune il fatto di vivere nella stessa città e di essere infelici.
Alternando il banale e il drammatico, Altman racconta frammenti di vita, drammi privati dei suoi antieroi, antieroi nei quali ci si può rispecchiare. Un cinico poliziotto che pensa solo a tradire la moglie, abbandona il cagnolino di casa, colpevole di abbaiare troppo. Una casalinga fa telefonate erotiche, mentre cambia il pannolino del suo piccolo. La vita di una coppia benestante, si fa dramma, quando il loro bambino Casey, è investito involontariamente da Doreen, cameriera di un fast food. Una cantante di night club, canta "i'm a prisoner of life" il titolo è emblematico perchè allude alla condizione dei vari protagonisti del film, perdenti alla ricerca di un esistenza migliore, schiavi di quel niente chiamato routine, "prigionieri della vita", appunto.
Il regista si è ispirato ai racconti di Raymond Carver, consegnandoci un film di persone che amano, odiano, ci mostra episodi di vita comune, individui tirano avanti nella Los Angeles degli anni novanta, per trovare uno spazio, un briciolo di fortuna, o forse, solo un po' d'amore. Altman non vuole insegnare, ci invita a seguire la vita di esistenze difficili, spesso assurde. Una raffigurazione inclemente, della natura umana, della solitudine di persone che non sanno rapportarsi con gli altri. Esemplare in questo senso, la rappresentazione di Paul, nonno di Casey, il quale si fa vivo all'ospedale, dopo molti anni di silenzio. Non si fa coinvolgere dalla sorte del bambino ma attacca bottone coi parenti di un altro ragazzino. Non capisce il dramma che vive la propria famiglia, così racconta i fatti suoi, disinteressandosi del nipotino. Paul è il centro, per lui la sola realtà degna d'attenzione, è lui stesso. Ritratti desolanti, dove a farne le spese sono i più deboli. La figlia della Jazzista, una fragile violoncellista che cerca di colmare il deserto di sentimenti nel quale è vissuta, prova invano a stabilire un rapporto con la madre, donna insensibile, disillusa, la gentile ragazza non regge il peso dell'ennesimo fallimento e si suicida. Il percorso del film ci porta pure a conoscere tre pescatori che scoprono nel fiume il cadavere di una donna, invece di avvertire la polizia, fissano il corpo alla sponda, per poter continuare a pescare e trastullarsi indisturbati. Il film termina con una scossa di terremoto che provoca una caduta di sassi, ma dà anche modo alla violenza di Jerry (Chris Penn) accumulata in anni di frustrazioni, di manifestarsi nel modo più rabbioso. Un terremoto che può essere inteso metaforicamente, non esiste sciagura, dopo la quale la vita non continui, nonostante tutto.
In "America Oggi" non c'è sogno nè allegria, uno spaccato amaro, senza speranza, della società americana. Dura tre ore, ma se entriamo nel meccanismo del film, se capiamo lo sviluppo delle storie, è inevitabile essere conquistati da quest'opera sincera, dal sapore veritiero. Straordinaria anche la sceneggiatura, perchè lega magistralmente storie, che nei racconti di Carver non hanno niente in comune.
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enzo70
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giovedì 3 settembre 2015
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un film discreto ampiamente sopravvalutato
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L’America di oggi, anzi di ieri visto che il film è del 1993 è la perfetta rappresentazione dei disagi della società civile di sempre, chiusa nei propri vizi, incapace di trovare una dimensione dove collocare le proprie virtù. E nel rappresentare un mondo che non va, o che va accettato per quello che è, forse questo il messaggio vero, Altman gioca con i difetti dei singoli, con una sorta di sovrapposizione di varia (dis)umanità. Il ritratto, impietoso, dei singoli denuncia il problema collettivo della perdita di valori, tra alcool, tradimenti, bugie e bassezze. La scelta narrativa del regista è quella di dare al film una grande linearità con un ritmo lento e privo di scossoni, anche sotto il profilo emotivo.
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L’America di oggi, anzi di ieri visto che il film è del 1993 è la perfetta rappresentazione dei disagi della società civile di sempre, chiusa nei propri vizi, incapace di trovare una dimensione dove collocare le proprie virtù. E nel rappresentare un mondo che non va, o che va accettato per quello che è, forse questo il messaggio vero, Altman gioca con i difetti dei singoli, con una sorta di sovrapposizione di varia (dis)umanità. Il ritratto, impietoso, dei singoli denuncia il problema collettivo della perdita di valori, tra alcool, tradimenti, bugie e bassezze. La scelta narrativa del regista è quella di dare al film una grande linearità con un ritmo lento e privo di scossoni, anche sotto il profilo emotivo. America Oggi fa parte della storia del cinema contemporaneo per l’approccio entusiastico della critica, poi alla fine basta poco, criticare gli States e le penne voleranno sui fogli per decantare la grandezza del progetto, ma, a mio parere, si tratta di un discreto film sopravvalutato.
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fabal
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giovedì 27 agosto 2015
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tre ore di armonia marcia
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Nove vicende riprese dai racconti di Raymond Carver in Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.
Robert Altman riesce ad intrecciare storie diverse in un film solido e immediato, in cui la coerenza di fondo è alimentata da una mancata redenzione dei personaggi. Lo svolgimento è cadenzato, il ritmo piuttosto sostenuto dai dialoghi interminabili offerti da un cast stellare, benché le tre ore di durata siano eccessive. Bene tutti gli interpreti, ciauscuno superficiale a modo suo: particolarmente irritante Tim Robbins nei panni di un poliziotto farfallone che tradisce sistematicamente la moglie per poi tornare in famiglia a testa bassa. Da questa ipocrisia nessuno è esente, salvo forse la musicista e la moglie (Andie Mc Dowell) di un celebre showman, ma non a caso questi due personaggi sono quelli colpiti più duramente da una sceneggiatura spietata.
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Nove vicende riprese dai racconti di Raymond Carver in Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.
Robert Altman riesce ad intrecciare storie diverse in un film solido e immediato, in cui la coerenza di fondo è alimentata da una mancata redenzione dei personaggi. Lo svolgimento è cadenzato, il ritmo piuttosto sostenuto dai dialoghi interminabili offerti da un cast stellare, benché le tre ore di durata siano eccessive. Bene tutti gli interpreti, ciauscuno superficiale a modo suo: particolarmente irritante Tim Robbins nei panni di un poliziotto farfallone che tradisce sistematicamente la moglie per poi tornare in famiglia a testa bassa. Da questa ipocrisia nessuno è esente, salvo forse la musicista e la moglie (Andie Mc Dowell) di un celebre showman, ma non a caso questi due personaggi sono quelli colpiti più duramente da una sceneggiatura spietata. La prima col suicidio, la seconda con la perdita del figlio. Più il film va avanti più lo spettatore, specie se già avvezzo allo stile di Altman, si rende conto che il finale non sarà una catarsi ma un continuo accumulo di scheletri nell'armadio. Il paradosso del film è il persistere di un'armonia marcia, che nemmeno spinge le coppie alla rottura: anzi, nel finale, l'ubriacone e fragile Tom Waits ritorna dalla sua Doreen che ha da poco investito il bambino con la macchina.
I due cataclismi naturali, la piaga iniziale della mosca della frutta e la catastrofe finale, possono essere interpretati come un castigo divino o come l'ennesimo effetto di un meccanicismo sadico e calcolatore. A questo finale aperto e tragico si ispira A serious man dei fratelli Coen, che nel limbo amorale dei loro personaggi trovano più di un punto in comune con il cinema di Altman.
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toty bottalla
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domenica 9 marzo 2014
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estenuante mosaico di zombie!
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Un campione d'umanità cruda divisa in storie convergenti fatte di egoismo, indifferenza, vuoti d'anima e follia, cast e doppiaggio eccellenti per un film a cui forse avrebbe giovato una durata di visione più ragionevole, storie nelle quali si osserva la vita del quotidiano orrore sapendo bene di non essere spettatore immune da contagio e quando è finito, ti guardi già intorno! Saluti.
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stefano bruzzone
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giovedì 26 luglio 2012
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il fellini d'america
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un piccolo capolavoro del maestro Altman con un cast impressionante. L'inizio con questi elicotteri che sorvolano los angeles è molto Felliniano. geniale il finale con il terremoto. e in mezzo? 188 minuti per raccontare storie di vita ordinaria ed extraordinaria, in un giorno qualsiasi a los angeles.
Voto: 8.
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un piccolo capolavoro del maestro Altman con un cast impressionante. L'inizio con questi elicotteri che sorvolano los angeles è molto Felliniano. geniale il finale con il terremoto. e in mezzo? 188 minuti per raccontare storie di vita ordinaria ed extraordinaria, in un giorno qualsiasi a los angeles.
Voto: 8.5
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josef k.
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lunedì 25 luglio 2011
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da vedere, anche se...
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Ho conosciuto il film dopo aver letto 'Cattedrale' di Raymond Carver e devo dire che mi è piaciuto decisamente di più il libro. Penso però che non sia per demeriti di Altman. Non credo infatti che si potesse trasmettere meglio quello che trasmette Carver con i suoi racconti.
Leggo inoltre che ha vinto un Leone d'oro pari merito con Tre colori-Film Blu di Kieslowski, film che reputo decisamente superiore.
Nonostante tutto ciò un film che va sicuramente visto, ottimo il cast e perfetto il modo di intrecciare le singole vicende.
Se vi è piaciuto il film vi consiglio caldamente il libro. Non ne rimarrete delusi.
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themichtemp
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martedì 25 gennaio 2011
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grande film.
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paride86
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giovedì 20 gennaio 2011
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stupendo
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Una grande prova di regia per Robert Altman e un meritatissimo Leone D'Oro.
"America Oggi" non è solo un attuale ritratto della società occidentale di fine XX secolo, ma anche un nuovo modo di fare cinema e di raccontare storie.
Cast strepitoso.
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