|
Bruce: quando il Boss non è in incognito
Sono importanti le firme sulla locandina del fortunato biopic su Bruce Springsteen, “Liberami dal nulla”. Da un lato il regista Scott Cooper, ex attore, abituato a disegnare personaggi difficili e spigolosi come le figure di Jeff Bridges in “Crazy Heart” (2009) o Christian Bale in “Hostiles” (2017). Dall’altra lo scrittore ex musicista (chitarrista dei Del Fuegos) Warren Zanes, già biografo di Tom Petty e Dusty Spingfield, autore del fondamentale libro “Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska”, sul quale si basa la sceneggiatura dello stesso regista, qui anche produttore. Primi anni ’80, il Boss si aggira nel nativo New Jersey in cerca di ispirazione per gli album a venire, dopo un trionfale tour mondiale e l’inarrivabile trilogia di album alle spalle: “Born to Run” (1975); “Darkness… (1978) e “The River” (1980), per il 32enne Bruce sembra mancare solo la consacrazione definitiva, nelle alte sfere della CBS le aspettative sono alte…ma non tutto gira per il verso giusto. Prima di tutti se ne accorge l’amico/produttore di sempre John Landau (davvero intensa e personale la pacata interpretazione di Jeremy Strong) e Faye, una ragazza madre della quale la rock star, a poco a poco, si innamora. Il Boss è perseguitato dai fantasmi di una vita, dall’opprimente della figura del padre, da una depressione strisciante ed inspiegabile che il bianco e nero (a tratti sullo schermo) restituisce con precisione. Il contesto è fatto dai luoghi solitari di un’America minore e provinciale, già così ben raccontata da Alexander Payne nelle sue pellicole, “Nebraska” (2013) su tutte. Si, proprio quel “Nebraska” che Sprigsteen incide nella camera da letto di casa sua su di un semplice registratore a 4 piste: scarno, essenziale, acustico come il tratto di esistenza che sta percorrendo. Così sarà pubblicato nei negozi di dischi di tutto il mondo in quella fine di settembre del 1982, senza una sua foto in copertina e senza fronzoli, contro tutto e contro tutti! Prendere o lasciare. A prestare il volto al Boss è il divo di “The Bear” (serie tv USA), Jeremy Allen White: mimesi perfetta, vigorosa e struggente che sa enfatizzare anche i momenti di ‘perdita di sé di cui la pellicola è costellata…ma non solo quello! Il set di “Born in the USA” è travolgente, insieme alle altre citazioni ‘on stage’, come pure l’acustica “Atlantic City” che rimanda, nelle immagini, al capolavoro omonimo di Louis Malle di soli 2 anni precedente. Tutto bene allora? Si se ci limitiamo al racconto intimista della crisi di una Rock Star, ma se vogliamo scandagliare nel profondo l’anima di un gigante pop-rock del ‘900 bisogna citofonare a casa di James Mangold e del suo inaccessibile “A Complete Unknown”.
[+] lascia un commento a ivan il matto »
[ - ] lascia un commento a ivan il matto »
|