Berlino

Film 2023 | Azione, Drammatico

Regia di David Barrocal, Geoffrey Cowper, Albert Pintó. Una serie con Pedro Alonso, Begoña Vargas, Michelle Jenner, Tristán Ulloa, Joel Sánchez. Cast completo Genere Azione, Drammatico - Spagna, 2023, Valutazione: 3 Stelle, sulla base di 1 recensione. STAGIONI: 1 - EPISODI: 8

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Ultimo aggiornamento giovedì 28 dicembre 2023

Le più straordinarie rapine dell'iconico personaggio interpretato da Pedro Alonso.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
Un infuocato spin-off, brillante e ben realizzato, che mantiene il mix di dramma, azione e romanticismo che ha reso celebre l'originale.
Recensione di Gabriele Prosperi
giovedì 28 dicembre 2023
Recensione di Gabriele Prosperi
giovedì 28 dicembre 2023

Berlino (Pedro Alonso) guida una banda composta da Keila (Michelle Jenner), Cameron (Begoña Vargas), Damián (Tristán Ulloa), Roi (Julio Peña Fernández) e Bruce (Joel Sánchez), mentre sono a Parigi per organizzare un'ambiziosa rapina di gioielli, provenienti dalle case reali e nobiliari più importanti d'Europa. Il valore della rapina è di 44 milioni di Euro e si svolge presso la casa d'aste Chez Vienot, ma non solo: presto, il romantico ed egocentrico Berlino dovrà compiere un colpo nel colpo. Un colpo di fulmine per la precisione: un'altra rapina, quella del cuore della bellissima Camille (Samantha Siqueiros).

La storia si svolge durante gli anni d'oro di Andrés de Fonollosa, non ancora noto come Berlino, mentre progetta uno dei suoi colpi più straordinari. Con l'abilità di un illusionista, Berlino intende far sparire i preziosi gioielli con un ingegnoso trucco magico, tuttavia, il suo ambizioso piano richiede la collaborazione di una delle tre bande con cui aveva precedentemente collaborato. Forse solo due poliziotte spagnole, le formidabili Alicia Sierra (Najwa Nimri) e Raquel Murillo (Itziar Ituño) - le ricordate? - riusciranno a trovare quello che sembra essere il più abile, certamente il più appassionato, ladro europeo.

Brillante, ben realizzato, il tanto atteso spin-off di La casa di carta, conclusasi solo due anni fa mantenendo sempre alta l'attesa di un nuovo capitolo, riesce con successo a catturare l'essenza dello show originale e non solo, aggiunge anche un tocco unico.

Nonostante i dubbi iniziali sullo sviluppo di un personaggio già deceduto nella seconda stagione di La casa de papel - il compianto Andrés de Fonollosa - lo spin-off si distingue per la sua capacità di rinnovare Berlino, approfondendone in modo eccellente le caratteristiche peculiari. Con Álex Pina ed Esther Martínez Lobato dietro i suoi 8 episodi, Berlino mantiene il mix di dramma, azione e romanticismo che ha reso celebre l'originale. I registi David Barrocal e Albert Pintó, insieme al quasi esordiente Geoffrey Cowper, consegnano a Netflix una produzione curata che, sebbene non riesca a replicare completamente la novità della serie madre, si presenta come un progetto intelligente e accattivante.

Il focus sull'appassionante vita di Berlino, solo accennata in flashback nelle stagioni di La casa de papel, rivela un lato inaspettatamente interessante del personaggio. Troviamo così un ladro sì, gentiluomo, ma altrettanto egoista ed egoriferito (non potevamo che ritrovarlo così), un uomo per il quale solo due cose possono trasformare una brutta giornata in una fantastica: l'amore e un guadagno milionario, unici elementi che lo guidano verso obiettivi ambiziosi ma con qualche difficoltà nell'ammettere i propri errori - carattere che, come sappiamo, lo porterà alle terribili conseguenze nella serie originale.

Ciononostante, la scelta di concentrarsi sull'amore come chiave di lettura della caratterizzazione dei personaggi e come motore degli eventi, se da un lato aggiunge un utile elemento di vulnerabilità, dall'altro rischia di diventare, come vedremo, la principale debolezza narrativa del "nuovo" heist spagnolo. Spostandosi da Madrid a Parigi, la serie presenta un susseguirsi di cliché, pose e forzature, sostituendosi all'intrigo e a una narrazione più incisiva come fu quella di La casa di papel. Nonostante ciò, Berlino rimane un'esperienza coinvolgente e promette ulteriori sviluppi intriganti nella prossima stagione, già in fase di produzione a Roma, con Berlino protagonista nella suggestiva fontana di Trevi.

La serie è capace di mantenere intatto il personaggio di Berlino, impegnato in un nuovo colpo dove lo vediamo assumere per la prima volta, e sin dall'inizio, il ruolo di leader, precedentemente appartenuto al Professore. Qui, forse, sta però anche la forzatura dello spin-off: Berlino non è un buon leader, non è lo stesso tipo di leader, e per quanto la narrazione caratterizzi il colpo con le nuove vesti romantiche - non intellettuali - del fratello, l'aura di Sergio Marquina (Álvaro Morte) si fa sentire tutta; la sceneggiatura ripiega perciò in un secondo personaggio, fondamentale per dare un supporto programmatico e strategico al piano, quello dell'apparentemente irremovibile Damián.

Le preoccupazioni iniziali riguardo alla possibilità che lo show potesse risultare poco originale e ripetitivo vengono smentite a primo acchito: il team di Berlino è ben strutturato; ogni personaggio - dalla timida e matematica Keila allo spericolato, sexy e volgare Roi, dalla turbata e folle Cameron al silenzioso e rispettoso Bruce - è splendidamente sviluppato, un cast ovviamente composto da belli e belle, anzi bellissimi e bellissime, ma non del tutto originale. Il ripetersi di alcune figure narrative, soprattutto per quanto riguarda i personaggi secondari, è la principale falla di questo spin-off, personaggi che sembrano troppo spesso richiamare quelli già presenti in La casa de papel, anche dal punto di vista fisiognomico. Cameron è troppo evidentemente una donna ferita dal suo status di genere, al pari dell'amatissima e compianta Ágata Jiménez, aka Nairobi (Alba Flores) di cui ricorda anche i tratti fisici.

Così come viene da chiedersi se basti cambiare il genere del nerd (Aníbal Cortés, aka Río, interpetato in La casa di carta da Miguel Herrán) e fornirci una nerd (Kelia) altrettanto timida, che si scopre, similmente stupita, innamorata di un fisicatissimo e volgare Roi (che, neanche a farlo apposta, scambia giusto due vocali del nome Rio). Un innamoramento che è anche sottilmente misogino, dato che questa passione si muove prevalentemente sulla dimensione sessuale e solo in calce si scopre un qualche interesse romantico e profondo tra i due. Al contrario questo avveniva nella storia d'amore tra la formidabile Silene Oliveira, aka Tokyo (Úrsula Corberó) e Rio. Queste forme di ripetizione e specularità distolgono dal pieno coinvolgimento, mancano di originalità nella creazione di nuovi volti e personalità e, sebbene il legame con la serie madre sia comprensibile e possa generare un senso di continuità, l'eccessiva somiglianza tra i personaggi secondari di Berlino e quelli di La casa di carta offusca l'opportunità di sviluppare nuove e uniche dinamiche nel contesto di questa nuova produzione a lungo raggio. La diversificazione dei personaggi avrebbe potuto arricchire ulteriormente la trama, contribuendo a rendere il prequel/spin-off un'entità narrativa più autonoma e distintiva, cosa che potremo verificare nel 2024 con la sua seconda stagione.

Berlino non è priva di pecche, quindi, malgrado la sua buona riuscita, evidenziate principalmente da una tendenza eccessivamente retorica e ridondante nell'affrontare il tema dell'amore. Sebbene la scelta di focalizzarsi sulle dinamiche sentimentali dei personaggi aggiunga un elemento di vulnerabilità alla trama, la ripetitiva enfasi sull'amore risulta stucchevole e prevedibile. Non manca anche qui una ridondanza strutturale: nuovamente la serie fa l'occhiolino alla cultura italiana - forse uno dei principali trait d'union con la serie madre, e che troverà pieno sfogo nella sua seconda stagione, ambientata a Roma - includendo nel penultimo episodio la canzone "Felicità", nella sua versione spagnola.

Questa intromissione italiana appare, però, in questo caso del tutto gratuita rispetto, invece, a quella di "Bella Ciao" in La casa di carta: se "Bella Ciao", allora, fu in grado di cristallizzare il soggetto della serie, il motore degli eventi di un'epopea quale fu La casa de papel, richiamandone il significato, aggiornandolo, rimediandolo nel contemporaneo, il brano di Albano e Romina Power non ha le stesse fondamenta e non traina lo spettatore verso quel core narrativo. "Felicità", cantata in maniera barbina dalle due menti del colpo a un matrimonio di sconosciuti... risulta gratuita, pleonastica, possiamo dirlo: imbarazzante.

Se da un lato mira a creare un legame nostalgico, dall'altro sembra essere una scelta superficiale che non contribuisce in modo significativo alla trama, risultando più un omaggio forzato che arricchisce poco la narrazione complessiva, e più quelle strategie di marketing che riescono a trasformare anche Albano in un efficace testimonial di una serie Netflix, in un improbabile featuring con Pedro Alonso alla Terrazza del Pincio.

Malgrado queste note a sfavore, possiamo comunque riconoscere altre differenziazioni rispetto alla serie originale: a differenza di La casa de papel, Berlino non è confinata in una singola location e non è infarcita di flashback, fattore che rende lo spin-off molto più fluido e rapido nel suo evolversi. D'altronde, lo show stesso è un flashback che mira a offrire uno sguardo alle vite personali dei personaggi e al processo di preparazione del colpo, fattore che viene ben sviluppato con i cameo estremamente eccitanti ed efficacissimi di Itziar Ituño (nella parte di una Raquel Murillo non ancora sconvolta sentimentalmente dal Professore) e di Najwa Nimri, che riporta in scena la spigolosa e spassosissima Alicia Sierra.

Una prospettiva perciò rinfrescante, che lo distingue dal suo predecessore, forte di una fotografia eccezionale, che evidenzia il miglioramento qualitativo rispetto alla prima stagione della serie originale. Il cast è straordinariamente sviluppato e divertente, con Pedro Alonso che offre una performance eccezionale come Berlino, approfondendo in modo interessante il personaggio e aggiungendo uno strato di complessità alla trama, lasciandoci quindi desiderosi di vederne le evoluzioni romane.

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